T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 15-11-2011, n. 8898

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il datore di lavoro del ricorrente, società A.B. S.r.l. con sede in Roma, ha presentato l’istanza di rilascio del nulla osta ai sensi dell’art. 22 del D.Lgs. 287/98 per l’assunzione del ricorrente.

Con provvedimento del 21/9/09 lo Sportello Unico per l’Immigrazione di Roma ha rilasciato il nulla osta ex art. 22 del D.Lgs. 286/98 (provvedimento prot. n. PRM/L/Q/2007/141257).

Ricevuto il nulla osta, il ricorrente, cittadino siriano, in data 8/10/09 si è recato presso l’Ambasciata d’Italia a Damasco per ottenere il rilascio del visto di ingresso per lavoro subordinato.

L’istanza è stata formalizzata in data 9/11/09.

L’Ambasciata non ha mai rilasciato il visto di ingresso nonostante fosse stato rilasciato il nulla osta dallo S.U.I. di Roma, avendo ricevuto la comunicazione da parte dello Sportello Unico per l’Immigrazione della rinuncia di assunzione dello straniero da parte del suo datore di lavoro con preannuncio della revoca del nulla osta.

A distanza di mesi, il ricorrente non ha neppure ottenuto un visto turistico essendo "ancora in corso il precedente visto per lavoro subordinato" ed è entrato in Italia attraverso la Spagna.

Ha quindi chiesto alla Questura il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione.

La sua istanza è stata dichiarata inammissibile con il provvedimento impugnato.

Il ricorrente ha quindi impugnato il silenzio rifiuto formatosi sulla sua domanda di rilascio del visto di ingresso deducendo il seguente motivo di gravame:

1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 22 del D.Lgs. 286/98, 5 del D.P.R. n. 394/99 e 2 della L. 241/90. Eccesso di potere. Violazione di legge. Disparità di trattamento. Silenzio diniego.

Lamenta il ricorrente l’omessa conclusione del procedimento da parte dell’Ambasciata italiana a Damasco, non avendo mai provveduto né a rilasciare il visto, né a negarlo formalmente nonostante egli fosse titolare del nulla osta all’ingresso in Italia.

Avverso il decreto della Questura di Roma ha dedotto la seguente censura:

2. Erronea motivazione e travisamento dei fatti. Eccesso di potere. Violazione di legge.

Contesta il ricorrente le motivazioni addotte dalla Questura in quanto egli non sarebbe entrato clandestinamente in Italia ed avrebbe avuto diritto al visto di ingresso (titolo esistente ma mai apposto sul passaporto); il rifiuto di assunzione da parte del datore di lavoro consentirebbe il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione, titolo da lui richiesto.

Insiste quindi il ricorrente per l’accoglimento del ricorso.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Con ordinanza n. 567/11 la domanda cautelare è stata accolta.

All’udienza pubblica del 13 ottobre 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso avverso il silenzio rifiuto formatosi sulla domanda di rilascio del visto di ingresso per lavoro subordinato presentata dal ricorrente presso l’Ambasciata d’Italia a Damasco in data 9/11/09 è fondato.

Come ha correttamente rilevato il ricorrente nel primo motivo di impugnazione, la P.A. è tenuta a concludere i procedimenti amministrativi mediante l’adozione di un provvedimento espresso e non può lasciarli perennemente sospesi.

L’obbligo di conclusione del procedimento si desume dalla norma dell’art. 2 della L. 241/90, che è norma applicabile a tutti i procedimenti amministrativi.

Nel caso di specie, poi, l’art. 5 comma 8 del D.P.R. n. 394/99 stabilisce che il visto di ingresso è rilasciato entro 90 giorni dalla richiesta: ne consegue che trascorso detto termine l’Ambasciata di Italia a Damasco era tenuta a concludere il procedimento.

L’inerzia deve essere dunque ritenuta illegittima.

Inoltre, nel caso di specie, il nulla osta dello Sportello Unico per l’Immigrazione di Roma n. PRM/L/Q/2007/141257, non risulta essere stato mai revocato dello S.U.I., come dichiarato dalla stessa Ambasciata d’Italia a Damasco con nota del 14/8/11 prot. n. 1887 prodotta in giudizio dall’Avvocatura erariale, e dunque l’esistenza del nulla osta all’ingresso comportava l’obbligo per l’Ambasciata di concludere nei termini il procedimento tenendo conto della persistenza di detto presupposto, e ciò a prescindere da ipotetiche revoche dell’autorizzazione preannunciate, ma mai formalmente adottate.

L’Ambasciata d’Italia a Damasco è pertanto tenuta a concludere il procedimento iniziato in data 9/11/09 mediante l’adozione di un provvedimento espresso entro il termine di giorni trenta dalla data di notificazione o comunicazione della presente sentenza, tenendo conto di quanto in precedenza rilevato dal Collegio.

Non può essere invece accolto il ricorso proposto avverso il provvedimento della Questura.

Il permesso di soggiorno per attesa occupazione – titolo richiesto dal ricorrente – presuppone (in situazioni analoghe a quella in questione) il previo rilascio del visto di ingresso per lavoro subordinato a seguito di rilascio del nulla osta ex art. 22 del D.Lgs. 286/98 e la constatazione dell’impossibilità di stipulare il contratto di soggiorno per indisponibilità del datore di lavoro, e non può essere richiesto dal cittadino straniero entrato in Italia con visto turistico come nel caso di specie.

Correttamente, quindi, la Questura di Roma ha dichiarato inammissibile la sua domanda atteso che non si è compiuto nel caso di specie il procedimento propedeutico al rilascio del titolo di soggiorno, difettando il visto di ingresso per lavoro subordinato conseguente al nulla osta rilasciato dallo S.U.I.

Il ricorso avverso il provvedimento della Questura deve essere pertanto respinto.

Quanto alle spese di lite, sussistono tuttavia giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

così dispone:

– accoglie il ricorso avverso il silenzio rifiuto formatosi sulla domanda di rilascio del visto di ingresso in Italia per lavoro subordinato presentata dal ricorrente il 9/11/09, e per l’effetto ordina all’Amministrazione di concludere il procedimento entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione o comunicazione, se anteriore, della presente sentenza;

– respinge il ricorso avverso il decreto della Questura di Roma del 20/9/2010;

– compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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