Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 08-07-2011) 14-10-2011, n. 37352

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione M.J. avverso la sentenza della Corte di appello di Torino in data 19 febbraio 2010 con la quale è stata confermata la condanna inflitta in primo grado – all’esito di giudizio abbreviato – in ordine al reato di false dichiarazione della propria identità a pubblico ufficiale.

L’accertamento era avvenuto il (OMISSIS) quando peraltro il prevenuto aveva declinato le sue vere generalità.

In quella occasione erano emerse le diverse generalità che l’imputato aveva dichiarato negli anni precedenti a diversi organi di Polizia.

Il Gup dapprima e la Corte di merito dopo ritenevano che la formulazione del capo di imputazione fosse tale da consentire di reputare oggetto di contestazione ciascuna delle condotte integratrici il reato di falso espressamente citate e non solo quella – fatta oggetto di assoluzione perchè il fatto non sussiste – posta in essere nella data dell’accertamento delle pregresse condotte omologhe.

Deduce il vizio della motivazione derivante dal fatto che la Corte non aveva argomentato in ordine al rilievo della difesa che avrebbe dovuto considerarsi oggetto di contestazione la sola condotta – già ritenuta irrilevante sul piano penale – posta in essere nel febbraio 2009 e non anche le precedenti, citate ma non fatte oggetto di contestazione nel capo di imputazione.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Il capo di imputazione, come già rilevato dalla Corte di merito, conteneva la elencazione delle condotte consistite nella declinazione di generalità ritenute false, da parte del ricorrente.

E’ evidente che non si è realizzata alcuna violazione del diritto di difesa posto che già la contestazione della circostanza aggravante ex art. 495 c.p., comma 2 rendeva evidente che il prevenuto era chiamato a rispondere anche di azioni diverse da quella specifica del 2009.

La censura a tale condivisibile conclusione già raggiunta dai giudici del merito è d’altra parte del tutto generica e meramente ripropositiva del corrispondente motivo di appello senza che siano chiariti gli eventuali termini della violazione dei diritti difensivi.

Di ufficio va anche rilevato che la contestazione della circostanza ex art. 61 c.p., n. 11 bis non impone l’annullamento della sentenza, attesa la mancanza di interesse in capo all’imputato il quale ha già beneficiato di circostanze attenuanti ritenute prevalenti sulla aggravante e quindi non ha risentito degli effetti della circostanza dichiarata illegittima dalla corte costituzionale (analogamente vedi Rv. 248705).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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