Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 05-07-2011) 14-10-2011, n. 37348

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 21-5-2010 il Tribunale di La Spezia, sez. dist. di Sarzana, confermando quella in data 9-4-2009 del GdP di quest’ultima località, riconosceva C.F. responsabile del reato di minaccia telefonica in danno di P.A., compagno della sua ex moglie.

Il fatto era confermato dal teste M.E., presente alla telefonata in quanto in compagnia del P., con il quale si trovava pure la Mi., moglie separata del prevenuto, che a propria volta confermava il fatto.

Ricorre C. per il tramite del difensore P. Barsotti, deducendo erronea applicazione dell’art. 612 c.p., in quanto l’espressione pronunciata, lungi dal rappresentare la prospettazione di un male fisico, come ritenuto nella sentenza impugnata, equivale, o almeno vi è ragionevole dubbio al riguardo, alla prospettazione di una querela per le parole ingiuriose con le quali P. avrebbe poco prima apostrofato l’imputato.

Si chiede quindi l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il tribunale ha fatto corretta applicazione dell’art. 612 c.p., attribuendo all’espressione "appena ti incontro ti spacco il culo", il significato della prospettazione di un grave male fisico (nel senso che P. sarebbe stato picchiato a sangue), e quindi riconoscendole portata sicuramente intimidatoria.

Per contro l’interpretazione proposta nel ricorso, di prospettazione della presentazione di una querela, si scontra, oltre che con il chiaro significato, di comune accezione, della frase – avvalorato dall’esordio "appena ti incontro", distonico rispetto alla presentazione di una querela -, dalla totale assenza, nel provvedimento gravato, cui il ricorrente non ha ascritto travisamento della prova, di riferimenti ad ingiurie che, secondo il ricorrente, sarebbero state pronunciate poco prima, nel contesto della medesima telefonata, dal P..

Alla declaratoria di inammissibilità seguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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