T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 15-11-2011, n. 8892

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente, cittadino senegalese, ha presentato in data 5/3/08 la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo.

Con il provvedimento impugnato la sua istanza è stata respinta in quanto il ricorrente risulta condannato con sentenza del 2/2/07 del Tribunale di Roma, irrevocabile il 18/9/07, per violazione delle norme sul diritto di autore e ricettazione, relativamente a fatti accertati a Roma il 14/10/03.

La Questura di Roma ha ritenuto detta condanna ostativa ai sensi dell’art. 26 comma 7 bis del D.Lgs. 286/98 al rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo.

Avverso detto provvedimento il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di impugnazione:

1. Eccesso di potere per carenza dei presupposti legittimanti il provvedimento di diniego. Violazione e falsa applicazione dell’art. 26 comma 3 e comma 7 bis del D.Lgs 286/98 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 5 del D.Lgs. 286/98.

2. Violazione dell’art. 10 bis della L. 241/90.

3. Violazione dell’art. 7 della L. 241/90.

Insiste il ricorrente per l’accoglimento del ricorso.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Con ordinanza n. 2283/10 la domanda cautelare è stata accolta.

All’udienza pubblica del 27 ottobre 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 26 comma 7 bis del D.Lgs. n. 286/98.

Sostiene il ricorrente, in estrema sintesi, che l’Amministrazione non avrebbe potuto respingere la sua richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno in via automatica, considerando esclusivamente la condanna comminata dal Tribunale di Roma il 2/2/07 per ricettazione e violazione delle norme sul diritto di autore, ma avrebbe dovuto svolgere accertamenti sulla sua pericolosità sociale e sul suo grado di inserimento sociale.

La censura è infondata.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, in caso di condanne penali per reati ostativi ex sé al rilascio o successivo rinnovo del permesso di soggiorno, il provvedimento di diniego ha carattere vincolato, non essendo consentita la permanenza nel territorio dello Stato di stranieri, per i quali detta pericolosità sia stata individuata dallo stesso legislatore, in corrispondenza della riconosciuta colpevolezza, in sede penale, per determinate tipologie di reati (Cons.Stato Sez.VI 25/6/08 n. 3222); detto principio risulta autorevolmente confermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 148 del 16/5/08, che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 4 comma 3 e 5 comma 5 del D.Lgs. 286/98.

La Corte Costituzionale ha chiarito, infatti, che "l’automatismo espulsivo altro non è che un riflesso del principio di stretta legalità che permea l’intera disciplina dell’immigrazione e che costituisce, anche per gli stranieri, presidio ineliminabile dei loro diritti, consentendo di scongiurare possibili arbitri da parte dell’autorità amministrativa".

Nel caso di specie la condanna del ricorrente è ostativa di per sé al rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, titolo richiesto dal ricorrente.

Con il secondo ed il terzo motivo lamenta il ricorrente la violazione degli artt. 7 e 10 bis della L. 241/90.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, non sussiste in materia di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno l’obbligo di comunicazione ex art. 7 della L. 241/90, atteso che si tratta di procedimenti ad istanza di parte (cfr. tra le tante, T.A.R. Campania Sez, VI Napoli, 5/3/08 n. 1129; T.A.R. Valle d’Aosta 14/4/05 n. 47; T.A.R Liguria Sez. II 6/9/04 n. 1343).

La violazione dell’art. 10 bis della L. 241/90 – norma applicabile al procedimento in questione – non comporta però automaticamente l’obbligo per il giudice di disporre l’annullamento dell’atto, in quanto, trattandosi di vizio di forma, il giudice può superare il vizio procedimentale, facendo applicazione dell’art. 21 octies della stessa legge, qualora sia palese che l’atto non avrebbe potuto avere un contenuto diverso (cfr. tra le tante T.A.R. Lazio sez. I 9/9/09 n. 8425; Cons. Stato sez. V 28/7/08 n. 3707; Cons. Stato Sez. VI 8/2/08 n. 415; T.A.R. Sicilia sez. IV Catania 8/6/09 n. 1065; T.A.R. Campania Napoli Sez. VI 30/4/09 n. 2225).

Nel caso di specie, il provvedimento risulta vincolato, atteso che è la stessa legge ad imporre il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno in caso di particolari condanne penali irrevocabili: ne consegue l’infondatezza della censura.

Pertanto, per i suesposti motivi, il ricorso deve essere respinto perché infondato.

Quanto alle spese di lite, sussistono tuttavia giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *