Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 05-07-2011) 14-10-2011, n. 37347

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il (OMISSIS) veniva rinvenuto in agro di (OMISSIS) il cadavere di N.V. per il cui omicidio era indagato ed arrestato il cittadino albanese I.F., marito di G.G. (sorella del ricorrente) ed amante di A.A., con entrambe le quali l’ucciso aveva intrattenuto relazioni sentimentali (donde la ritenuta matrice di natura passionale del fatto). Fra i testimoni di quel procedimento vi erano i fratelli P.A. e P. F., e il padre della vittima, N.G..

All’attuale ricorrente G.M. veniva ascritto il reato di cui all’art. 611 c.p. per aver in più occasioni (rispettivamente in data (OMISSIS)) minacciato di morte i predetti per indurli a commettere il reato di falsa testimonianza, dovendo P.F. ed il N. deporre all’udienza del 16 (o 19)-9-2005 e avendo P.A. già deposto all’udienza dibattimentale del 14-7- 2005.

P.A., in tale udienza, aveva reso dichiarazioni accusatorie nei confronti di I. affermando in particolare che l’ucciso aveva avuto una relazione sia con la moglie che con l’amante di questi e che I. il giorno dell’omicidio si trovava a (OMISSIS) (mentre i G. avevano sostenuto che egli si trovasse a (OMISSIS)). Pochi giorni dopo, il (OMISSIS), G. lo aveva avvicinato invitandolo a smettere di parlare e minacciandolo di fargli fare la fine di V., aggiungendo che avrebbe spaccato la testa a lui, al fratello e a quell’altro (da identificarsi in N.G. – come conferma il diminutivo (OMISSIS) riferito da P.A. nelle prime dichiarazioni, contestategli in dibattimento-, che, come P.F., avrebbe dovuto deporre nel settembre di quell’anno).

In precedenza, circa un anno e mezzo prima ((OMISSIS)), P. F., già sentito nel corso delle indagini relative all’omicidio, era stato avvicinato dall’imputato il quale aveva affermato di sapere che lui e il fratello avevano reso dichiarazioni a carico di I., il quale peraltro, essendovi testimoni a favore, sarebbe di lì a poco uscito dal carcere e quindi sarebbero stati "cazzi" loro.

La Corte d’Appello di Lecce, con sentenza in data 25-11-2009, confermava la sentenza di condanna emessa nei confronti di G. dal Tribunale di Brindisi, sez. di Ostuni, il 21-2-2008.

Ricorre avverso tale decisione l’imputato per il tramite del difensore avv. Gianvito Lillo, deducendo tre motivi.

1) Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, essendosi la corte territoriale riservata di decidere sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento, ad esito della discussione, in violazione dell’art. 603 c.p.p., comma 5 (che impone l’adozione di ordinanza in contraddittorio) e dell’art. 602 c.p., comma 4 e art. 523 c.p.p., (che prevedono che si proceda alla discussione al termine dell’istruttoria), con ciò ledendo il diritto di difesa e determinando una nullità ex art. 178 c.p.p., lett. c) a regime intermedio.

2) Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione conseguente alla mancata ammissione dei testi C. L., ex fidanzata del ricorrente, e M.G., i quali avrebbero potuto fornire una diversa chiave di lettura dell’episodio del (OMISSIS), in quanto la prima era stata presente, il secondo avrebbe dovuto deporre sul fatto che P.A. aveva diffuso la voce di una presunta relazione tra la moglie di M. e il G..

Il che poteva costituire una motivazione alternativa della ricerca di un chiarimento con il P. da parte dell’imputato. La terza teste di cui era stata richiesta l’audizione ex art. 603 c.p.p., G. G., sorella del ricorrente e moglie di I., avrebbe dovuto riferire su tentativi di molestie subiti da parte di P. F., con ciò fornendo una chiave di lettura alternativa dell’episodio in data (OMISSIS). La corte d’appello aveva quindi illogicamente escluso la presenza di altre ragioni alla base delle minacce, dopo averne precluso la possibilità di prova. 3) Violazione dell’art. 611 c.p., per mancata prova del dolo specifico in quanto la sussistenza di un nesso tra le minacce e la posizione di testi delle tre pp.oo., è frutto di mera deduzione degli stessi, con conseguente necessità di riqualificazione del reato in quello di minaccia semplice. Considerato in diritto: Il ricorso è inammissibile.

La manifesta infondatezza del primo motivo discende dal rilievo che, mentre nessuna norma sancisce la nullità in caso di mancata pronuncia di ordinanza sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento, costituisce jus receptum il principio secondo il quale, essendo la rinnovazione del dibattimento istituto a carattere eccezionale, correlato alla ritenuta impossibilità di decidere allo stato degli atti, la decisione di disporla deve essere specificamente motivata, occorrendo dar conto dell’uso del relativo potere discrezionale, mentre, in caso di rigetto, la motivazione può anche essere implicita nella struttura argomentativa della sentenza, da cui risulti la sussistenza di elementi sufficienti per la decisione, con conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (Cass. 15320/2009; 24294/2010).

Nel caso in esame la corte territoriale, dopo essersi riservata la decisione sul punto, ha dato conto in sentenza, con ampia motivazione, delle ragioni del mancato accoglimento dell’istanza di rinnovazione.

Il secondo motivo risulta caratterizzato da genericità se si considera che gli argomenti alla base di esso sono stati tutti oggetto di specifica e puntuale disamina nella sentenza impugnata, che ha concluso per la non decisività della eventuale sussistenza anche di altri motivi di risentimento di G. nei confronti dei fratelli P. – oggetto del testimoniale di cui era stata chiesta l’assunzione mediante rinnovazione del dibattimento, mentre avrebbe potuto, tra l’altro, essere oggetto di apposita lista nella fase di deduzione delle prove -, in quanto non escludeva quello di aver reso, o di poter rendere, dichiarazioni sfavorevoli alla posizione processuale del cognato I., che l’imputato si era sforzato fin dall’inizio di tutelare, come dimostrato dal contenuto della conversazione intercettata con la sorella, cui la corte ha fatto espresso richiamo.

Con il terzo motivo, infine, il ricorrente si limita a prospettare un’interpretazione diversa da quella ritenuta in sentenza, dell’esito delle testimonianze, per contro correttamente valutato dai giudici di secondo grado, che hanno puntualmente evidenziato lo scopo, neppure tanto larvato, del prevenuto, di intimidire da un lato P.F. per indurlo a rendere dichiarazioni favorevoli al cognato, dall’altro sia P.A., in quanto avrebbe anche potuto essere nuovamente sentito, sia, suo tramite, il fratello F., e il padre del defunto N., che dovevano ancora deporre.

Alla declaratoria di inammissibilità seguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p. e la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di parte civile, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonchè alla rifusione delle spese della parte civile, liquidate in complessivi Euro 1500, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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