Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-07-2011) 14-10-2011, n. 37345 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 21 gennaio 2010 la Corte d’Appello di Roma, in ciò confermando la decisione assunta dal Tribunale di Civitavecchia, ha riconosciuto G.E. responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale in relazione al fallimento della società "Piccadilly di Gessato Ernesto & C. s.n.c", della quale era stato amministratore e socio; ha quindi tenuto ferma la sua condanna alla pena di legge, peraltro ridotta in conseguenza dell’esclusione della continuazione.

Ma proposto ricorso per Cassazione l’imputato, affidandolo a quattro motivi.

Col primo motivo il ricorrente contesta l’esistenza della distrazione; lamenta che la Corte di merito abbia omesso di indicare i fatti e le condotte da cui si sarebbe dovuto trarre la dimostrazione dell’intento di recar danno ai creditori; sottolinea di aver ipotecato la propria casa per ottenere un mutuo a favore della società.

Col secondo motivo nega la sussistenza dell’elemento soggettivo, che sostiene dover consistere nel dolo specifico, sub specie dell’intento di recar danno ai creditori (quanto alla bancarotta patrimoniale) e di trarre profitto (quanto alla bancarotta documentale).

Col terzo e quarto motivo, esposti congiuntamente, denuncia carenza di motivazione in ordine alla richiesta di revisione del bilanciamento fra circostanze, nel senso della prevalenza delle attenuanti generiche.

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

La condotta ascritta al G. quale elemento costitutivo della bancarotta fraudolenta patrimoniale consiste nella distrazione della somma di L. 232.000.000, utilizzata per estinguere mutui personali;

nella distrazione dell’immobile adibito a bar, nel quale si svolgeva l’attività d’impresa; nella sottrazione della somma di L. 29.371.645, corrispondente al saldo contabile della cassa sociale alla data di apertura del fallimento. A fronte dell’oggettività di tali condotte, accertate nel giudizio di merito, non era necessario per il giudice dedicarsi a una particolare indagine di carattere psicologico per giungere alla conclusione che vi fosse, da parte dell’imputato, la consapevolezza di sottrarre i corrispondenti beni alla garanzia dei creditori: il che è quanto basta ad integrare l’elemento soggettivo del reato di cui si tratta, essendo richiesto a tale fine – contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – il solo dolo generico e non quello specifico (Cass. 14 gennaio 2010 n. 11899; Cass. 10 giugno 1998 n. 2876/99).

Analogamente è a dirsi in ordine alla bancarotta fraudolenta documentale. E’ emerso dal giudizio di merito che il G., venendo meno agli obblighi inerenti alla sua qualità di amministratore della società, ha tenuto irregolarmente le scritture contabili apponendovi annotazioni non rispondenti alle reali movimentazioni di denaro. Anche sotto tale profilo la Corte d’Appello ha correttamente individuato l’elemento psicologico del reato nel dolo generico, ravvisandolo nella consapevolezza che la confusa tenuta della contabilità avrebbe potuto rendere impossibile la ricostruzione delle vicende patrimoniali della società (Cass. 25 marzo 2010 n. 21872; Cass. 17 dicembre 2008 n, 1137/09). Per completezza di motivazione vale la pena di rimarcare, ancora in linea con la giurisprudenza di legittimità, che il fine specifico di procurarsi un ingiusto profitto o di recar danno ai creditori è invece necessario a integrare le diverse fattispecie di sottrazione, distruzione o falsificazione delle scritture contabili, prese in osservazione dal primo periodo della L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2.

Quanto fin qui osservato rende ragione della insussistenza della denunciata contraddittorietà della motivazione, non essendovi alcuna logica incompatibilità fra l’escludere che l’intento perseguito dall’imputato fosse quello specifico di recar danno ai creditori e il riconoscere, invece, che le condotte realizzate dovevano essere necessariamente accompagnate dalla piena coscienza delle conseguenze che ne sarebbero derivate.

Irrilevante, per la sua neutralità rispetto alla struttura del reato, è la circostanza che il G. abbia cercato di evitare il fallimento attraverso l’iscrizione di un’ipoteca sulle sue proprietà personali.

Sulla richiesta di revisione del giudizio di bilanciamento fra circostanze, in funzione dell’invocata prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti (in luogo dell’equivalenza ritenuta dal primo giudice), la Corte d’Appello è rimasta, in effetti, silente.

Senonchè non si può omettere di considerare che, secondo un principio da tempo affermatosi nella giurisprudenza di legittimità, il giudice dell’impugnazione, pur essendo tenuto in linea di principio a dar conto delle ragioni poste a fondamento del rigetto dei motivi di appello, non è tuttavia obbligato a motivare in ordine al rigetto di istanze improponibili per genericità o per manifesta infondatezza. Tale è la situazione riscontrabile nel caso di specie, nel quale l’imputato appellante, dopo aver ottenuto l’applicazione delle attenuanti generiche in considerazione del suo stato di incensuratezza, aveva preteso di farlo valere una seconda volta – unitamente a una pretesa limitata capacità criminale – per farne derivare un’ulteriore determinazione favorevole, basata sullo stesso parametro: così ponendo in essere una richiesta manifestamente infondata.

Pur in assenza di eccezioni sul punto, vale la pena di osservare che la prescrizione dei reati non è maturata a tutt’oggi; infatti al termine massimo di anni dodici e mesi sei (tenuto conto degli atti interruttivi) dalla data del fallimento, che sarebbe venuto a naturale scadenza il 30 dicembre 2010, sono da aggiungere altri 224 giorni corrispondenti alla durata complessiva delle sospensioni verificatesi nel corso del processo: la prima per rinvio dell’udienza dal 23 maggio 2005 al 5 dicembre 2005 per malattia dell’imputato, contenuta nel limite di legge di 60 giorni; la seconda per rinvio dal 30 ottobre 2006 al 26 febbraio 2007 per malattia del difensore, anch’essa contenuta in 60 giorni; la terza per rinvio dal 23 settembre 2009 al 6 novembre 2009 per malattia del difensore; la quarta dal 6 novembre 2009 al 21 gennaio 2009, ancora per malattia del difensore, contenuta nel limite di 60 giorni. La data finale di compimento della prescrizione è, perciò, quella del giorno 11 agosto 2011, tuttora appartenente al futuro.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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