Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-07-2011) 14-10-2011, n. 37341 Falsità materiale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 13 aprile 2010 la Corte d’Appello di Catania, riformando la pronuncia assolutoria emessa dal Tribunale di Caltagirone, sezione distaccata di Grammichele, ha dichiarato S.S. colpevole del delitto di cui agli artt. 482 e 476 c.p., condannandolo alla pena di legge.

In fatto era accaduto che il S. avesse alterato il certificato medico rilasciatogli dal sanitario della A.S.L., attestante la diagnosi di una sua infermità, con l’apporvi la dicitura "causa di servizio".

Ha proposto personalmente ricorso per Cassazione l’imputato, affidandolo a un solo motivo articolato in due censure. Con esso impugna, per un verso, l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui non si verte in un’ipotesi di falso grossolano; per altro verso deduce l’innocuità dell’alterazione, sul rilievo che per effetto di essa il certificato non ha visto mutata la sua valenza documentale, non essendo destinato a provare la circostanza cui l’aggiunta si riferiva.

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

Il giudizio di esclusione della grossolanità del falso, espresso dalla Corte d’Appello, si fonda su due autonome rationes decidendi;

la prima di esse si riferisce al fatto che l’alterazione è stata accortamente apposta a un certificato medico per il resto autentico, la cui compilazione avrebbe ben potuto essere stata solo parzialmente effettuata dal sanitario che l’aveva rilasciato; la seconda tende a valorizzare, quale dimostrazione della non evidenza della falsità, il fatto che per accertarla si sia ricorsi a un’indagine tecnica, e, in sede di giudizio, alla prova testimoniale.

La seconda ratio decidendi è viziata dal punto di vista logico- giuridico, non potendo tradursi in una prova a carico dell’imputato lo scrupolo impiegato dal pubblico ministero nell’acquisizione del materiale istruttorio, sia nel corso delle indagini sia in sede dibattimentale.

La prima ratio integra, invece, una motivazione conforme a diritto e logicamente congrua in quanto si basa sull’aspetto esteriore del documento, di cui evidenzia la genuinità originaria e la plausibilità di una compilazione in due fasi anteriormente alla sottoscrizione.

L’elaborazione giurisprudenziale ha enucleato la nozione di grossolanità del falso ricollegandola ad ipotesi in cui la falsità sia avvertibile ictu oculi, così da escludere la possibilità stessa – e non la mera probabilità – che esso venga riconosciuto da qualsiasi persona di comune discernimento e avvedutezza (Cass. 4 giugno 2008 n. 36647; Cass. 3 aprile 2008 n. 16821). Avendo riscontrato nella fattispecie l’insussistenza di tali requisiti in base a un giudizio di fatto non censurabile in Cassazione, correttamente il giudice di merito ha escluso che ricorresse la causa di non punibilità di cui all’art. 49 c.p., comma 2.

Altrettanto corretta è la valutazione espressa nella sentenza impugnata in ordine all’attitudine della falsità a ledere l’interesse pubblico tutelato dalla norma incriminatrice. Anche in tema di innocuità del falso la giurisprudenza di legittimità ha focalizzato gli elementi caratterizzanti, enunciando il principio a tenore del quale "sussiste il falso innocuo quando esso si riveli in concreto inidoneo a ledere l’interesse tutelato dalla genuinità dei documenti e cioè quando non abbia la capacità di conseguire uno scopo antigiuridico, nel senso che l’infedele attestazione o la compiuta alterazione appaiano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell’atto e del suo valore probatorio" (così Cass. 7 novembre 2007 n. 3564/08; v. anche Cass. 21 aprile 2010 n. 35076);

sicchè, avendo l’alterazione falsamente apposta dal S. prodotto l’effetto di estendere la portata dell’attestazione contenuta nel certificato medico, bene è stata riconosciuta la lesione della pubblica fede che la norma incriminatrice s’indirizza a reprimere.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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