Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-06-2011) 14-10-2011, n. 37086

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Il Magistrato di Sorveglianza di Reggio Emilia, con il provvedimento indicato in epigrafe, ha rigettato l’istanza di remissione del debito per spese di giustizia e di mantenimento in carcere proposta da M.A., per insussistenza sia del requisito delle disagiate condizioni economiche, sia del requisito della regolarità della condotta.

In particolare il giudicante, ai fini dell’esclusione del primo requisito, ha valorizzato sia la possibilità di applicazione, nel caso in esame, della "presunzione di disponibilità reddituale" dettata in materia di gratuito patrocinio dalla L. n. 125 del 2008, art. 12 ter, risultando l’istante condannato per reati connessi alla criminalità organizzata di stampo mafioso nonchè allo spaccio di sostanze stupefacenti, tipologia di reati alla quale si ricollega, per altro, la disponibilità di ingenti capitali; sia anche l’accertata posizione di vertice occupata dal M. all’interno della mafia palermitana (la famiglia di Brancaccio) e la pregressa condizione di latitanza, il cui mantenimento, comporta dei costi economici notevoli non sostenibili, evidentemente, da chi versi in disagiate condizioni economiche.

Quanto invece al requisito della regolarità della condotta, esso è stato escluso dal giudicante, malgrado la sussistenza del dato della "buona condotta inframurale", a ragione della circostanza che nel caso in esame le relazioni relative all’osservazione personale del condannato, attestavano "la mancata acquisizione di elementi in ordine alla maturazione di un serio percorso di ravvedimento e distacco dalle scelte criminali del passato e dall’associazione delinquenziale di riferimento", con conseguente impossibilità di concessione del beneficio.

2. – Avverso il predetto provvedimento hanno proposto impugnazione, sia il condannato personalmente, sia il suo difensore, deducendone l’illegittimità, quanto al ricorso personale, per avere il giudice di merito totalmente svalutato sia il dato della pregressa ammissione al gratuito patrocinio, quanto alle disagiate condizioni economiche;

sia il fattivo percorso di recupero intrapreso, caratterizzato dal conseguimento di laurea in filosofia e lo svolgimento di studi specialistici; quanto al ricorso del difensore, per l’erronea applicazione della presunzione L. n. 125 del 2008, ex art. 12 ter e la conseguente esclusione del requisito delle disagiate condizioni economiche in assenza di qualsiasi indagine patrimoniale e per l’assenza di adeguata motivazione relativamente all’esclusione del requisito della regolarità della condotta, incongruamente ancorato al contenuto di informazioni degli organi di informazione, relative ad una asserita persistente posizione di vertice occupata dal ricorrente all’interno dell’associazione per delinquere di appartenenza, senza considerare in alcun modo la ininterrotta carcerazione sofferta da quindici anni, svalutando, di contro, l’unico dato effettivamente rilevante al sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 6, rappresentato dalla irreprensibile condotta intramuraria dell’istante.

Motivi della decisione

1. – L’impugnazione è basata su motivi infondati e va per ciò rigettata.

1.1 – Al riguardo occorre considerare, preliminarmente, che ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 6, per la concedibìlità della remissione del debito sono necessarie due condizioni: le disagiate condizioni economiche e la regolare condotta per tutto il periodo di detenzione (in tal senso ex multis, Sez. 1, Sentenza n. 721 del 6/3/2000, Rv. 215497). Ciò posto, seppure l’esclusione della prima non può, in effetti, legittimamente ricollegarsi ad una presunta disponibilità reddituale affermata sul presupposto che la condanna attiene a determinati reati, e ciò per il divieto di applicazione analogica "in malam partem" delle disposizioni in materia di patrocinio a spese dello Stato (in tal senso si veda Sez. 1, Sentenza n. 16901 del 08/04/2010, dep. il 4/05/2010, Rv. 247583, imp. Grizzaffi), questo Collegio deve però rilevare che nel caso In esame il complesso apparato motivazionale svolto dal giudice di merito sul punto, non si risolve nella sola errata affermazione della operatività della predetta presunzione, avendo il giudice del merito valorizzato, nel provvedimento impugnato, con motivazioni assolutamente plausibili, anche dei concreti dati fattuali indicativi di significative disponibilità economiche in capo all’istante, quali il coinvolgimento in attività delittuose (spaccio di sostanze stupefacenti) che presupponevano operazioni di riciclaggio dei denaro proveniente da attività illecite e soprattutto la sua protratta condizione di latitanza.

1.2 – Anche l’esclusione della seconda condizione, per altro, risulta adeguatamente motivata dal giudice di merito, in quanto ricollegata non solo alla gravita dei reati commessi ma anche al contenuto delle relazioni di osservazione della persona del detenuto che segnalavano l’adesione solo formale del M. alle attività trattamentali intramurarie e l’assenza di elementi comprovanti l’effettiva "rottura del vincolo associativo", laddove le deduzioni sviluppate nei ricorsi relative alla regolarità della condotta quale desumibile dal conseguimento della laurea e dall’assenza di sanzioni disciplinari, lungi dal dimostrare un effettivo travisamento delle risultanze processuali apprezzate dal giudicante, si risolvono In una richiesta di "rivalutazione" delle stesse in senso più favorevole al ricorrente, non consentita nel giudizio di legittimità. 2. – Al rigetto del ricorso consegue per legge ( art. 616 cod. proc. pen.) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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