Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 17-06-2011) 14-10-2011, n. 37012 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha confermato la dichiarazione di colpevolezza dell’imputato, per i reati di rapina aggravata, sequestro di persona a scopo di violenza sessuale, lesioni personali aggravate e violenza privata, riducendo, in parziale riforma, la pena in misura di anni otto e mesi sette di reclusione, ricorre la difesa dell’imputato, chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo a motivo:

a) l’inosservanza o erronea applicazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) dell’art. 605, con riferimento all’art. 533 c.p.p., comma 1 e art. 192 c.p.p. lamentando che non è stata verificata l’attendibilità delle dichiarazioni della parte lesa nè per quanto attiene agli aspetti oggettivi relativi ai luoghi ove sarebbe avvenuta la violenza nè per quanto riguarda il modello dell’autovettura utilizzata dall’aggressore; non risulta riscontrato il modus operandi con un precedente episodio di violenza per il quale C. ha patteggiato la pena, in altro procedimento. La parte lesa non ha ricordato particolari di rilievo come quello dei denti mancanti fornendo così dell’autore dell’aggressione una descrizione assai generica. b) Lamenta inoltre il ricorrente la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione relativa alla valutazione delle dichiarazioni del teste S.A. datore di lavoro dell’imputato. Se la Corte ha ritenuto di dover accogliere l’istanza di integrazione probatoria della difesa è evidente che il quadro probatorio fino al momento raccolto sulle mosse del C., il giorno dell’aggressione, era insufficiente e tale in sostanza è rimasto anche in seguito all’escussione del S. se la Corte ha confermato la decisione di condanna, sicchè contraddittoria è la motivazione di colpevolezza.

Con memoria depositata per l’udienza del 17 giugno 2011 il difensore ha formulato nuove argomentazioni a sostegno della inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla parte offesa, insistendo per l’accoglimento del ricorso, ed una nuova censura.

MOTIVI DELLA DECISIONE 2. Il ricorso è manifestamente infondato.

2.1 Il primo motivo di ricorso,che postula vizio di motivazione per mancanza e illogicità in relazione alle dichiarazioni della parte lesa, è inammissibile perchè, la consolidata giurisprudenza di questa Corte ha già deciso, ed il collegio condivide la valutazione e la fa propria, che la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e che non può essere rivalutata in sede di legittimità, a meno che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni.

Sentenza n. 8382 del 2008 Rv. 239342. Sempre in relazione alla non credibilità del narrato della parte lesa, il sindacato di legittimità è limitato alla sola verifica della sussistenza dell’esposizione dei fatti probatori e dei criteri adottati al fine di apprezzarne la rilevanza giuridica nonchè della congruità logica del ragionamento sviluppato nel testo del provvedimento impugnato rispetto alle decisioni conclusive.

2.2 Ne consegue che resta esclusa la possibilità di sindacare la scelta compiuta dal giudice in ordine alla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, come invece vorrebbe il ricorrente che ha enumerato una serie di alternative valutazioni dei fatti e delle circostanze emerse dalle dichiarazioni della persona offesa, senza riuscire ad individuare,invece, reali e manifesti motivi di illogicità della motivazione.

Anche la doglianza relativa alla testimonianza del datore di lavoro dell’imputato è inammissibile perchè si sostanzia, anch’essa, in una alternativa al giudizio già espresso dalla Corte di merito.

2.3 Riguardo all’ultimo motivo che censura il fatto che la prova di tutti i reati ascritti al C. si sostanzia esclusivamente nelle dichiarazioni della persona offesa, soccorre la giurisprudenza, costante e ripetuta di questa Corte, secondo la quale la deposizione della persona offesa, anche se rappresenta l’unica prova del fatto da accertare e manchino riscontri esterni, può essere posta a base del convincimento del giudice, perchè a tali dichiarazioni non si applicano le regole di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4. In particolare, le dichiarazioni della persona offesa, vittima del reato di violenza sessuale,che siano state sottoposte a un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva, possono essere assunte, da sole, come prova della responsabilità dell’imputato, (Rv. 225232) perchè, secondo una visione realistica dei fatti, alla violenza sessuale di norma non assistono testimoni (rv 249136) e difficile, se non impossibile, potrebbe rivelarsi la ricerca dei riscontri.

Per questi stessi motivi deve ritenersi manifestamente infondato anche il terzo motivo che si duole che dell’arma, della rapina, delle percosse,delle minacce vi sono solo, come prova, le dichiarazioni della parte lesa. Lo scrupoloso vaglio cui sono state sottoposte tali dichiarazioni da parte dei giudici di entrambi i gradi di giudizio di merito, rendono anche tale motivo di ricorso inammissibile.

2.4 Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

3. Con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso il ricorrente che lo ha proposto,deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art.616 c.p.p. e – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità- al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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