Cass. civ. Sez. V, Sent., 28-03-2012, n. 4947 Ingiunzione fiscale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La controversia concerne le opposizioni proposte dalla Sud Pesca s.p.a. avverso le ingiunzioni n. 23/99 e n. 24/99, notificate alla società il 28/8/1999, nonchè avverso la cartella esattoriale notificata il 20/10/2000. Il Giudice Unico del Tribunale di Palermo, con sentenza del 29/7/2002, dichiarava l’illegittimità delle ingiunzioni di pagamento e la nullità della cartella. La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 22/1/2007, nell’accogliere parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle Dogane e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, affermava "se anche le ingiunzioni fiscali in oggetto …sono state correttamente dichiarate illegittime, il primo giudice avrebbe dovuto ugualmente procedere all’esame della fondatezza della pretesa dell’amministrazione finanziaria"; dopo aver richiamato alcune pronunce della Corte di Giustizia in ordine al controllo a posteriori, escludeva l’esistenza di un errore attivo dell’autorità doganale e dichiarava la società debitrice nei confronti dell’Amministrazione finanziaria dell’importo di L. 332.688.760.

Il ricorso proposto dalla società si articola in due motivi.

Resistono con controricorso l’Agenzia delle Dogane ed il Ministero dell’Economia che hanno proposto ricorso incidentale. La ricorrente ha depositato istanza di trattazione ai sensi della L. n. 183 del 2011, art. 26.

Motivi della decisione

1. Vanno preliminarmente riuniti il ricorso principale e quello incidentale ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

2. Nel merito, con il primo motivo (con cui deduce: "Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4"), la Sud Pesca s.r.l. lamenta che il "giudice di appello avrebbe erroneamente valutato il petitum proposto dalla Dogana; o, comunque, non avrebbe esaminato la domanda principale proposta dalla società.

Formula il quesito di diritto:" se sussista vizio di ultrapetizione ai sensi dell’art. 112 c.p.c., ove il Giudice decida la controversia modificando il petitum formulato dalla parte; in forza del principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, se il giudice che accoglie la domanda principale di una parte possa prendere in esame e decidere sulla domanda che la medesima parte abbia proposto solo in via subordinata anche se tra le stesse domande sussista un rapporto di obiettiva compatibilita".

La censura è inammissibile in quanto il quesito di diritto è generico e privo di espresso riferimento alla fattispecie concreta.

Il motivo è comunque infondato. Il vizio di extrapetizione ricorre quando il giudice pronunzia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio, ma non allorchè il giudice accolga solo in parte la domanda fatta valere in giudizio. Ciò ricorre nel caso in esame laddove la CTR, mantenendo ferma la dichiarazione di illegittimità delle ingiunzioni fiscali, ha emesso una pronuncia di accertamento relativamente al credito vantato dall’Amministrazione Doganale.

Con secondo motivo (con cui deduce: "violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 220 CDC in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa,insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 220 CDC) la ricorrente principale assume che il giudice di appello "ha, in violazione dell’art. 2697 c.c., affermato che sarebbe stato onere del ricorrente dimostrare la provenienza della merce. Per altro verso ha palesemente errato nella valutazione effettuata sugli elementi di fatto rinvenibili nel giudizio". Formula i quesiti di diritto:" se in relazione all’art. 2697 c.c. e all’art. 220 CDC gravi sulla dogana l’onere di provare, in forza di giudicato, la falsa dichiarazione dell’esportatore che abbia indotto in errore l’autorità doganale del paese esportatore. Se a mente dell’art. 220 CDC in carenza della prova di una falsa dichiarazione dell’esportatore sussiste l’errore attivo dell’autorità doganale del paese d’esportazione e la buona fede dell’importatore".

Il secondo motivo di ricorso è infondato. Il giudice di 2^ grado, dopo aver richiamato alcune pronunce della Corte di Giustizia circa l’"errore delle autorità competenti" e la buona fede dell’importatore, ha escluso il diritto della Sud Pesca di sottrarsi al recupero dei dazi erroneamente non riscossi…in quanto l’iniziale erronea determinazione della dogana italiana non è stato frutto di un equivoco ad essa ascrivibile ma la conseguenza del fatto doloso dell’esportatore, la società F.M. CA di Agadir, che ha reso all’autorità marocchina dichiarazioni false sulla provenienza dei filetti di acciughe di cui alle cinque bollette sopra menzionate, come successivamente accertato. Tali circostanze di fatto – il cui accertamento da parte della Corte di Appello non è sindacabile in questa sede – escludono che nel caso in esame, siano ravvisatali le condizioni per l’applicazione dell’esenzione prevista dall’art. 220, comma 2, lett. b), del Reg. CEE n. 2913 del 1992 (cosiddetto Codice doganale comunitario), (a) un errore imputabile alle autorità competenti; b) un errore di natura tale da non poter essere riconosciuto dal debitore in buona fede, nonostante la sua esperienza e diligenza, ed in ogni caso determinato da un comportamento attivo delle autorità medesime, non rientrandovi quello indotto da dichiarazioni inesatte dell’operatore; c) l’osservanza da parte del debitore di tutte le disposizioni previste per la sua dichiarazione in dogana dalla normativa vigente (Sez. 5, Sentenza n. 15297 del 10/06/2008). Inammissibile è la censura in ordine alla motivazione in quanto priva di una precisa indicazione di carenze o lacune nelle argomentazioni sulle quali si basa la decisione, nonchè della precisa ed oggettiva indicazione del fatto materiale in ordine alla prova del quale a sentenza impugnata sia stata inadeguatamente motivata, nonchè delle specifiche concrete ragioni di tale denunzia di inadeguatezza motivazionale.

Con ricorso incidentale (con cui deduce: violazione ed errata applicazione del D.P.R. n. 43 del 1988, art. 130, comma 2, in riferimento al D.P.R. n. 43 del 1973, art. 82, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) l’Agenzia delle Dogane assume che la CTR avrebbe violato tali norme nell’affermare la illegittimità delle ingiunzione oggetto di opposizione.

La censura è inammissibile. L’interesse all’impugnazione, il quale costituisce manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire – sancito, quanto alla proposizione della domanda ed alla contraddizione alla stessa, dall’art. 100 cod. proc. civ. – va apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento del gravame e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata;

sicchè è inammissibile, per difetto d’interesse, un’impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta quindi all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico (Sentenza n. 13373 del 23/05/2008).

Orbene, Questa corte ha già avuto occasione di affermare che l’ingiunzione doganale prevista dal D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 82, che rinvia al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, deve ritenersi sopravvissuta al disposto del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, art. 130, comma 2, il quale ha abrogato tutte le disposizioni che regolavano la riscossione coattiva delle imposte mediante rinvio al detto R.D. n. 639 del 1910, e ha conservato la residuale funzione di atto impositivo con efficacia di accertamento della pretesa erariale, idoneo ad introdurre un giudizio sull’obbligazione inadempiuta (Cass. 6 settembre 2006 n. 19194, 20 settembre 2006 n. 20361, 18 giugno 2010 n. 14812). Avendo la CTR, pur dopo l’affermazione di illegittimità delle ingiunzioni, comunque ritenuto di dover procedere all’esame della pretesa dell’amministrazione finanziaria – esame conclusosi con l’accertamento del debito della Sud Pesca dell’importo di L. 332.688.760, è da escludere la rilevanza della questione della legittimità o meno delle ingiunzioni e, con ciò, l’interesse dell’Agenzia delle Dogane ad una pronuncia sul punto.

Alla pronuncia consegue la condanna della Sud Pesca s.p.a. alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle Dogane, di due terzi delle spese di giudizio, liquidate per tale misura in complessivi Euro 3.300,00, oltre spese prenotate a debito, dichiarando compensato tra le parti l’ulteriore terzo.

P.Q.M.

la Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile quello incidentale, compensa tra le parti 1/4 delle spese del giudizio, condannando la Sud Pesca s.p.a. alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle Dogane, degli ulteriori 3/4, liquidati per tale misura in Euro 3.300,00 oltre spese prenotate a debito.

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