Cass. civ. Sez. I, Sent., 29-03-2012, n. 5111

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di nomina di arbitro notificato il 13 febbraio 2003 la LINDORAN- Comercio International e Consultadoria Economica Lda attivava la procedura di arbitrato irrituale prevista dall’art. 25 dello statuto della Pegaso s.r.l. – società costituita per procedere all’acquisto del pacchetto azionario di controllo di altra s.p.a. operante nel settore delle macchine per caffè – per ottenere la dichiarazione di inefficacia di una cessione della quota del 59,4% del capitale della predetta società dalla SIREFID-Società Italiana di Revisione e Fiduciaria s.p.a. alla SAECO Internationa Group s.p.a., avvenuta tre anni prima in violazione di una clausola di prelazione statutaria: con il conseguente riscatto di tale partecipazione ad un prezzo pari al valore nominale delle azioni.

Integrato il contraddittorio con le controparti SIREF, SAECO E SANTARIZA, che resistevano alla pretesa, il collegio arbitrale di cinque membri con lodo 8 marzo 2004, all’unanimità, respingeva integralmente le domande, in considerazione della carenza di legittimazione attiva, per difetto di prova della titolarità di una quota del capitale sociale della Pegaso, e della acquiescenza mostrata dalla LINDORAN nei tre anni successivi al trasferimento della partecipazione.

Il lodo irrituale veniva impugnato dalla Lindoran dinanzi al Tribunale di Milano, per nullità del mandato collettivo per indeterminatezza dell’oggetto e per l’inesistenza di alcuna domanda effettivamente svolta; nonchè per omessa pronunzia del collegio su tutte le domande e per errore nella percezione dei fatti di causa in relazione alla ritenuta sussistenza dell’acquiescenza al trasferimento della quota.

In via subordinata, la Lindoran riproponeva in via rescissoria, le domande contenute nell’atto di nomina dell’arbitro.

Si costituivano ritualmente la Sirefid e la Saeco che resistevano all’impugnazione.

Restava invece contumace la Santariza.

Con sentenza 19 giugno 2006 il Tribunale di Milano rigettava le domande e confermava il lodo irrituale.

Anche il successivo gravame della Lindoran era respinto dalla Corte d’appello di Milano con sentenza 21 dicembre 2009.

La corte motivava:

– che l’oggetto del lodo era determinato dai vari atti di nomina delle parti che avevano conferito un mandato collettivo agli arbitri;

– che, anche se valutato singolarmente, l’atto di nomina del proprio arbitro da parte della Lindoran conteneva l’esposizione dei fatti rilevanti, corredata con la relativa documentazione probatoria, e le conseguenze che si dovevano trarre dalla dedotta violazione della clausola statutaria di prelazione; nonchè la domanda subordinata proposta per l’eventuale fase rescissoria;

– che era pure inefficace la rinunzia alla procedura arbitrale da parte della Lindoran, non accettata ex adverso e non accompagnata dalla contestuale revoca dell’arbitro già nominato;

– che era irrilevante nell’ambito di un lodo irrituale la dedotta incompletezza della motivazione ed assorbente l’accertamento della carenza di legittimazione attiva e della acquiescenza all’intercorsa cessione della quota;

– che anche la censura sull’erronea percezione dei fatti si risolveva nella prospettazione di un error in iudicando, inammissibile in sede di impugnazione di un lodo irrituale, dovendosi considerare assorbente l’accertamento della carenza di legittimazione attiva e dell’acquiescenza alla cessione della quota;

– che il regolamento delle spese di procedura era stato correttamente ancorato al valore della causa, determinato dalla domanda di riscatto.

Avverso la sentenza, non notificata, la Lindoran proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi e notificato il 22 giugno 2010.

Deduceva:

1) la violazione di legge in ordine al mancato rilievo della nullità del lodo in assenza di un preciso oggetto del mandato: essendo pacifico che il collegio si era insediato in data successiva alla propria rinunzia al procedimento;

2) la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per la divergenza tra il chiesto e il giudicato;

3) la violazione degli artt. 10 e 12 cod. proc. civ. nella determinazione del valore della causa ai fini della liquidazione delle spese processuali.

Resistevano con controricorso la Saeco e la Sirefid.

All’udienza del 28 febbraio 2012 il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la Lindoran deduce la violazione di legge in ordine al mancato rilievo della nullità del lodo, emesso nonostante la propria rinunzia al procedimento.

Il motivo è infondato.

Premesso che la rinunzia alla domanda deve essere accettata dalle controparti – e ciò vale anche nell’ambito di un arbitrato, rituale o irrituale – valgono per il mandato collettivo che investe gli arbitri della soluzione della controversia le regole sulla formazione del contratto: incluso l’art. 1328 cod. civ. ai fini della revoca dell’arbitro prima che questi accetti l’incarico, insieme con gli altri membri del collegio. Sulla base di una ricostruzione fattuale, non contestata in questa sede, la Corte d’appello di Milano ha pertanto giustamente negato efficacia preclusiva dell’arbitrato alla mera rinunzia al procedimento, da parte della Lindoran, non accompagnata dalla revoca dell’arbitro.

Con il secondo motivo si censura la violazione dell’art. 112 cod. proc. Civile.

Il motivo è inammissibile per assoluta genericità, restando inidoneo ad enucleare una precisa critica all’affermazione, contenuta in sentenza, dell’esistenza di domande svolte dalla Linderman. Il terzo motivo, relativo alla violazione degli artt. 10 e 12 cod. proc. civ. nella determinazione del valore della causa, è infondato, dal momento che la domanda di inefficacia della cessione di quota sociale per violazione della clausola statutaria di prelazione cumulata con quella, sia pure subordinata, di riscatto, è stata correttamente ancorata, ai fini della liquidazione delle spese processuali, al valore effettivo della partecipazione alienata, desunto dagli atti.

La contestazione sul punto specifico ha natura di merito e non può essere quindi esaminata in questa sede.

Il ricorso è dunque infondato e va respinto, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese giudiziali, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa ritenuto in sentenza e del numero e complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate, per ciascuna parte, in Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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