Cons. Stato Sez. III, Sent., 16-11-2011, n. 6048 Aggiudicazione dei lavori Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con bando spedito alla GUUCE il 23.3.2010 l’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCSS) ha indetto una procedura aperta, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per il conferimento di un incarico per la progettazione preliminare, definitiva, esecutiva, etc., in vista della realizzazione di un edificio, per un ammontare complessivo di euro 627.914,14.

La Commissione giudicatrice ha escluso l’ATI P. sul rilievo che il mandante Arch. S. non avesse il requisito di qualificazione corrispondente alla parte di servizio da svolgere, sia per quanto concernente il fatturato globale che per il personale.

2. Proposto ricorso avverso tale esclusione, impugnata unitamente al disciplinare di gara, il Tar per la Basilicata ha ritenuto infondate le censure dedotte sulla base delle seguenti motivazioni:

la necessità, in premessa, di assicurare l’effettiva corrispondenza sostanziale tra quota di qualificazione, quota di partecipazione all’ATI e quota di esecuzione anche negli appalti di servizi;

la circostanza che facendo applicazione di tale principio, nel caso di specie, l’arch. S., mandante dell’ATI esclusa, pur avendo dichiarato di partecipare all’ATI per il 20%, non aveva la corrispondente qualificazione quanto al fatturato ed al numero dei dipendenti richiesti al punto 6 del disciplinare di gara.

3. Avverso la sentenza è stato proposto il presente appello, deducendo tra l’altro:

in linea generale la violazione degli artt. 65 e 66 del d.P.R.. 554/1999 che vietano, per i servizi in oggetto, alla stazione appaltante di chiedere, alle mandanti di un’ATI, percentuali di possesso dei requisiti minimi;

sempre sul piano generale, l’impossibilità di estendere il principio di corrispondenza sostanziale tra quota di qualificazione, quota di partecipazione all’ATI e quota di esecuzione, dagli appalti di lavori anche a quelli di servizi e forniture;

nel caso di specie, la circostanza dirimente che l’arch. S. non avrebbe assunto l’impegno di eseguire da solo il 20% dell’intera prestazione dedotta in contratto – come invece ritenuto erroneamente dal Tar – ma il 20% della sola attività di direzione dei lavori, essendo la restante parte svolta dalla mandataria, con la conseguenza che il fatturato necessario pro quota sarebbe di gran lunga inferiore a quello di euro 305.859,00 da lui dichiarato.

Si è difesa l’Amministrazione aggiudicatrice, con articolata memoria difensiva.

Nella camera di consiglio del 6.5.2011 è stata accolta l’istanza cautelare e sospesa l’esecutività della sentenza, ai fini dell’ammissione con riserva alla gara dell’ATI appellante.

In vista della discussione nel merito, è" intervenuto ad opponendum lo S. T. G. M., frattanto dichiarato aggiudicatario della procedura, eccependo l’improcedibilità dell’appello per mancata impugnazione dell’atto di aggiudicazione da parte dell’appellante.

All’udienza pubblica del 4.11.2011 la causa è passata in decisione.

4. Osserva preliminarmente il Collegio, anche per una migliore comprensione dei fatti di causa, come, nonostante l’accoglimento della domanda cautelare all’esito della camera di consiglio del 6.5.2011, l’amministrazione aggiudicatrice non abbia proceduto alla (ri)ammissione con riserva dell’ATI appellante alla gara, come disposto da questa Sezione, ma abbia dato ulteriore seguito alla procedura, aggiudicando la gara allo S. Marche, con deliberazione del 9.5.2011, comunicata all’odierna appellante il successivo 13.5.2011.

4.1. Ciò posto, anche ai fini della procedibilità dell’originario ricorso avverso l’esclusione, si tratta di valutare se fosse onere della parte attrice impugnare anche tale nuovo atto, sebbene adottato in difformità rispetto ad una pronuncia cautelare in appello, l’ordinanza n. 1941/2011, con la quale era stato ordinato all’amministrazione aggiudicatrice di riammettere in gara l’ATI guidata dalla P. e, quindi, di esaminarne l’offerta ponendola a confronto con quelle degli altri concorrenti.

Il che vuol dire, prima ancora, stabilire se l’aggiudicazione definitiva del 9.5.2011 sia da considerare un atto efficace, come tale immediatamente lesivo e quindi impugnabile nel termine decadenziale di trenta giorni, o meno.

4.2. Ebbene, reputa il Collegio che la risposta a tale quesito debba essere, anche sulla scorta del dato normativo offerto ora dall’art. 114 co. 4 lett. C) del c.p.a., nel senso di considerare tale atto come radicalmente inefficace, in quanto emesso in palese violazione di un provvedimento giurisdizionale, in disparte il dubbio, difficilmente superabile in questa sede, se la violazione, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, non costituita nel presente giudizio, sia stata consapevole o meno.

4.3. E’ bene tuttavia precisare che l’inefficacia dell’atto di aggiudicazione, pur dispensando la parte dall’onere di un’immediata ed onerosa impugnazione (tanto più onerosa, nel caso di specie, in quanto sarebbe dovuta avvenire dinanzi al Tar, non essendo consentita l’impugnazione di nuovi atti direttamente in appello), non la esime dall’onere di dimostrare, comunque, il perdurare del proprio interesse all’originaria impugnazione.

Si vuole sottolineare, in particolare, come il permanere dell’interesse all’impugnazione della propria esclusione presupponga che la parte, ove riammessa in gara, abbia una ragionevole possibilità di aggiudicarsi la stessa, circostanza rilevante ai fini della c.d. prova di resistenza e che nel caso in esame non è stata neppure allegata.

5. Si può peraltro prescindere da un più approfondito esame della questione, sul rilievo che l’originario ricorso è comunque infondato nel merito, per le ragioni di seguito chiarite.

5.1. Per prima cosa il Collegio deve prendere atto dell’orientamento accolto dalla Sezione, nel periodo successivo alla data dell’ordinanza cautelare 6.5.2011, in ordine alla questione di massima concernente il criterio di corrispondenza tra quota di qualificazione, quota di partecipazione e quota di esecuzione (anche) negli appalti di servizi (v. sentenze 11.5.2011 n. 2804 e 15.7.2011 n. 4323 cui si fa rinvio). Nel senso, quindi, di richiedere che le quote di partecipazione all’ATI siano indicate già in sede di offerta, anche in assenza di una espressa previsione del bando o della lettera d’invito, e che la singola impresa componente dell’ATI abbia la qualifica, ovvero i requisiti di ammissione, in misura corrispondente a tale quota di partecipazione, a garanzia della stazione appaltante e del buon esito del programma contrattuale nella fase di esecuzione.

Dalla mancata osservanza di tale obbligo discende la conseguenza che l’offerta contrattuale, che provenga da un’associazione di più imprese in términi che non assicurino la predetta, effettiva, corrispondenza, è inammissibile, perché comporta l’esecuzione della prestazione da parte di un’impresa priva (almeno in parte) di qualificazione in una misura simmetrica alla quota di prestazione ad essa devoluta dall’accordo associativo ovvero dall’impegno delle parti a concludere l’accordo stesso.

5.2. Tale principio, di portata generale, vale anche per i concorsi di progettazione.

Se è vero, infatti, che l’art. 65 co. 4 del d.P.R. 554/1999, applicabile ratione temporis, vieta alle stazioni appaltanti di imporre, ai mandanti di un raggruppamento temporaneo, percentuali minime di possesso dei requisiti; ciò non toglie che, ove i mandanti dichiarino di partecipare al raggruppamento in una certa percentuale, da essi liberamente scelta, gli stessi mandanti debbano poi dimostrare, di conseguenza, di avere i requisiti di qualificazione in misura corrispondente.

6. Così chiarito e ribadito il principio generale in materia, nel caso di specie l’esclusione è stata motivata dall’amministrazione per la ragione che il mandante Arch. S. non avrebbe la percentuale di fatturato e di personale dipendente corrispondente alla quota di partecipazione in ATI.

6.1. Si muove dal presupposto che detta quota di partecipazione fosse pari al 20%, presupposto contestato invece dall’appellante sull’assunto che il 20% dichiarato in atti non fosse da rapportare all’intero servizio ma alle sole funzioni di direzione dei lavori, che sarebbero state affidate all’Arch. S. in misura pari ad un quinto e per la restante parte, quindi per l’80%, alla mandataria P..

6.2. Così riassunte le contrapposte tesi di parte, reputa il Collegio che, ad un più approfondito esame, quella prospettata dall’amministrazione sia la più plausibile, sulla scorta di un’interpretazione tanto letterale quanto teleologica della dichiarazione resa in sede di gara.

6.3. Infatti, la formula, riferita all’Arch. S., del "20% nell’ambito dell’ufficio di direzione lavori", deve essere intesa come riassuntiva di due proposizioni distinte, sebbene strettamente coordinate: l’una che indicava il dato quantitativo, ovvero la quota del 20% dell’intero incarico professionale; l’altra che ne specificava la qualità, precisando che tale 20% sarebbe consistito nella prestazione concernente la direzione dei lavori.

Del resto, altrimenti opinando, è il caso di dire che non tornerebbero i conti. Perché dichiarando i mandanti Ing. T. ed Ing. S., rispettivamente, il 5% ed il 2%, e la mandataria P. il 73%, ove il 20% dell’Arch. S. non fosse da riferire al totale del servizio ma solo ad una sua parte, alcune prestazioni oggetto dell’appalto rimarrebbero in cerca di autore e la stessa dichiarazione sarebbe allora, nell’insieme, indeterminata e perciò inattendibile.

6.4. Sicché, una volta ribadito come la quota di partecipazione dichiarata dall’Arch. S. dovesse intendersi come pari al 20% del tutto, è evidente che tale candidato non aveva i necessari requisiti di qualificazione, atteso che il fatturato richiesto era nel suo caso pari ad almeno euro 376.748,48 (tale essendo il 20% del fatturato complessivo richiesto dal disciplinare di gara sub 6 lett. a) mentre il fatturato dimostrato si fermava ad euro 305.859,00.

6.5. Né, infine, vale invocare l’istituto dell’avvalimento, neppure nella sua versione interna all’ATI, in assenza di qualunque dichiarazione in tal senso resa in corso di gara; non essendo all’evidenza ammissibile un avvalimento implicito, né possibile un avvalimento postumo.

7. In conclusione, l’appello è infondato e va respinto, anche in ordine alla domanda risarcitoria, difettandone i presupposti a fronte di un’esclusione legittima.

8. Si ravvisano giustificati motivi per compensare le spese, tenuto anche conto dell’evoluzione giurisprudenziale e della condotta dell’amministrazione aggiudicatrice.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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