Cass. civ. Sez. I, Sent., 29-03-2012, n. 5109 Divorzio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 6.12.2007, il Tribunale di Roma, nel contraddittorio delle parti, dichiarava inammissibile la domanda proposta (con ricorso del 17.11.2004) da M.G. e volta alla declaratoria di cessazione degli effetti civili del matrimonio da lui contratto il 15.04.1955, con A.G., mentre respingeva la richiesta del medesimo M. di condanna dell’ A. alla restituzione delle somme da lei percepite a titolo di assegno separatizio di mantenimento, compensando le spese processuali.

Il Tribunale, premesso che le parti si erano separate consensualmente con verbale del 16.01.1979 omologato il 27.01.1979, riteneva che la loro separazione personale fosse stata solo apparente, che la convivenza coniugale non si fosse mai interrotta e che le somme versate dal marito per il mantenimento della moglie fossero da lui irripetibili in quanto costituivano adempimento di obbligazione naturale.

Con sentenza del 4.06-8.09.2010, la Corte di appello di Roma respingeva sia l’appello principale del M. che quello incidentale della A., solo argomentando in difformità dal primo giudice ed in particolare precisando che l’inammissibilità della domanda di divorzio discendeva dalla sopravvenuta riconciliazione dei coniugi e che l’irripetibilità delle somme da lui erogate alla moglie a titolo di assegno maritale di mantenimento derivasse dalla loro natura alimentare.

La Corte territoriale osservava:

– che la A. aveva contestato il gravame di cui aveva chiesto il rigetto ed aveva inoltre instato per la continuazione della corresponsione da parte del M. dell’assegno separatizio di mantenimento, sul presupposto che la separazione consensuale fosse fittizia e che, non essendo impugnabile per simulazione assoluta, continuasse ad esplicare i suoi effetti giuridici tra i coniugi che dopo che il M., ricorrente in primo grado per la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con l’ A., aveva aderito all’eccezione sollevata dalla resistente di insussistenza dei presupposti per la pronuncia di divorzio, il dibattito tra le parti si era concentrato sulle ragioni della riconosciuta inammissibilità, se discendente dalla sopravvenuta riconciliazione dei coniugi dopo la predetta separazione ovvero dalla simulazione della medesima separazione in tesi determinata solo da interessi di natura fiscale, onde consentire ai coniugi di beneficiare, a condizioni agevolate, dell’acquisto di un immobile tramite la partecipazione ad una cooperativa edilizia. che quest’ultima alternativa, sostenuta dalla A. e funzionale al riconoscimento anche attuale del suo diritto all’assegno maritale di mantenimento, era stata decisamente contestata dal M.;

che la sentenza impugnata non aveva chiaramente risolto il dilemma giuridico come sopra prospettato, e postulava, dunque, un’integrazione della sua motivazione che il tenore del libero interrogatorio dei coniugi, svoltosi all’udienza del 30 gennaio 2007 davanti al Giudice istruttore, confortava la versione della riconciliazione sopravvenuta ad una reale separazione, posto che sia il M. che l’ A. avevano riconosciuto che, al tempo dell’accordo di separazione, nel gennaio 1979, il loro rapporto era già in crisi per incompatibilità di caratteri (secondo il marito) e per la relazione extraconiugale del coniuge (secondo la moglie), e che vi era stata una breve ripresa della loro coabitazione dopo la concordata interruzione del rapporto coniugale, che, tuttavia, era durata poco, poichè, dal febbraio 1981, i coniugi si erano separati definitivamente senza mai più riprendere la convivenza;

che conseguentemente, in adesione alle conclusioni del M., l’inammissibilità della sua originaria domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio andava dichiarata per sopravvenuta, seppure breve, riconciliazione dei coniugi, dopo la separazione consensuale del gennaio 1979;

che in ordine alla ripetibilità delle somme versate dal M. a titolo di assegno di mantenimento della moglie ed alla richiesta della A. di condannare il coniuge al versamento anche attuale del medesimo assegno, ingiustamente interrotto, a suo avviso, dal febbraio 2008, andava premesso che l’obbligo del marito di erogare alla moglie il ripetuto assegno trovava fondamento nel decreto emesso dal locale Tribunale, ai sensi degli artt. 710-711 c.p.c., in data 24-30 marzo 2000, in sede di modifica delle condizioni della separazione consensuale che l’irripetibilità delle somme erogate da parte del M. fino al gennaio 2008 andava confermata, non per la natura di obbligazione naturale della prestazione adempiuta bensì per il carattere fondamentalmente alimentare di essa, tenuto conto della modesta entità dell’importo mensilmente versato e della destinazione di esso, quindi, al soddisfacimento delle esigenze primarie della beneficiaria, di fatto effettivamente separatasi dal coniuge, com’è pacifico tra le parti, fin dai primi mesi del 1981, dopo la breve riconciliazione di cui si è detto;

che non sussistendo valido titolo giuridico, attesa la sopravvenuta riconciliazione dei coniugi che aveva vanificato la separazione consensuale presupposta dal citato provvedimento di modifica delle sue condizioni, non poteva accogliersi, invece, la domanda dell’ A. di condanna del M. al versamento, anche attuale, del predetto assegno di mantenimento con la rivalutazione monetaria medio tempore intervenuta e gli interessi legali dalla scadenza al saldo effettivo.

Avverso questa sentenza la A. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo, illustrato da memoria e notificato al M., che ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

A sostegno del ricorso la A. denunzia "Illogicità, erroneità e contraddittorietà della motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5".

Si duole che sia stata accertata l’intervenuta riconciliazione quando invece in realtà l’unico intento comune ad entrambi i coniugi era stato quello di simulare la separazione per ottenere che i propri redditi non venissero più cumulati.

Precisa che i fatti controversi, decisivi per il giudizio, rispetto ai quali la motivazione si rivela viziata, sono costituiti:

a) dall’illogica interpretazione dei fatti e del contenuto dell’interrogatorio nel senso che essi, secondo la Corte di Appello, conforterebbero la tesi della esistenza di un accordo di separazione non simulato;

b) dall’illogica interpretazione del contenuto del libero interrogatorio delle parti nel senso che esso, secondo la Corte di Appello, conforterebbe la tesi della esistenza di una breve ed effettiva separazione intervenuta a seguito della autorizzazione concessa al riguardo dal Tribunale di Roma;

c) dall’erronea ricostruzione del libero interrogatorio delle parti, dalla quale la Corte desume la esistenza di una riconciliazione".

Aggiunge che, oltre alle affermazioni contenute nei primi scritti difensivi delle parti, emergono fatti relativi al comportamento dei coniugi che impongono una conclusione opposta a quella della Corte d’appello, quali, in sintesi, gli anomali accordi della separazione consensuale, le dichiarazioni rese dalla stessa ricorrente in rapporto all’iniziativa comune di acquistare un alloggio, il contenuto di altra sentenza pronunciata in relazione a tale vicenda, le dichiarazioni del marito sulla convivenza coniugale dopo la separazione e quelle da lei rese sul medesimo tema, secondo le quali non era sopravvenuto alcun mutamento delle loro precedenti abitudini di vita e la convivenza non era stata interrotta. Il motivo è inammissibile.

Le censure formulate dalla ricorrente risultano, infatti, in parte prive di autosufficienza, essendo stato trascritto non interamente ma solo per incompleti passi, il contenuto del verbale del 30.01.2007, cui rinvia l’impugnata sentenza, in parte ancorate al richiamo o del contenuto di pronuncia e documenti non valutati dalla Corte distrettuale e di cui non si specifica l’intervenuta acquisizione nelle pregresse fasi di merito o di contegni del M. solo apoditticamente descritti e non inequivoci nell’auspicato senso, in parte ancora fondate sulla valorizzazione della asserita mancata interruzione della coabitazione coniugale dopo l’intervenuta separazione, peraltro di per sè sola contrastata dalla prospettata ubicazione in diversa città della sede lavorativa del marito e, comunque, nel loro complesso inammissibilmente intese ad un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie apprezzate dai giudici d’appello, la cui decisione appare confortata anche da seppure concise, puntuali e plausibili argomentazioni, implicanti pure la riscontrata incontroversa preesistenza e concomitanza rispetto alla separazione consensuale di una profonda crisi coniugale in atto e non contraddette da decisive, contrarie emergenze.

Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della A., soccombente, al pagamento in favore del M. delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la A. a rimborsare al M. le spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, comma 5, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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