Cons. Stato Sez. IV, Sent., 16-11-2011, n. 6049 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La signora N. M. ha impugnato la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha respinto, previa loro riunione, i ricorsi proposti dal suo genitore e dante causa avverso le determinazioni adottate dal Comune di Roma in ordine alla destinazione urbanistica di un suolo in sua proprietà, contenute in tre provvedimenti succedutisi nel corso del tempo (c.d. "variante di salvaguardia", delibera di adozione del Nuovo P.R.G. e c.d. "Piano delle Certezze").

A sostegno dell’appello, ha dedotto:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 10 della legge 17 agosto 1942, nr. 1150, e s.m.i.; eccesso di potere per vizio del procedimento e difetto di istruttoria; in subordine, eccesso di potere per difetto di motivazione; error in iudicando; travisamento (in relazione al mancato esame delle osservazioni prodotte dal ricorrente in occasione della c.d. "variante di salvaguardia");

2) error in iudicando; difetto o carenza di motivazione in relazione a: violazione dei principi generali in materia di pianificazione urbanistica; eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifeste nonché per difetto dei presupposti; in subordine, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; eccesso di potere per illogicità, difetto dei presupposti e difetto di istruttoria; eccesso di potere per difetto di motivazione; illegittimità derivata; violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 7 della legge nr. 1150 del 1942 e s.m.i.; eccesso di potere per vizio della funzione; sviamento; violazione e falsa applicazione dell’art. 14 delle Disposizioni sulla legge in generale; eccesso di potere per difetto o insufficienza di motivazione (in relazione alle motivazioni a sostegno della destinazione agricola impressa al suolo per cui è causa ed all’illegittima imposizione con essa di un’anomala e atipica misura di salvaguardia);

3) error in iudicando e travisamento in relazione a: eccesso di potere per illogicità, inesistenza del pubblico interesse, difetto dei presupposti, ingiustizia manifesta; in subordine, eccesso di potere (sotto altro profilo) per illogicità, inesistenza del pubblico interesse, difetto dei presupposti, ingiustizia manifesta (in relazione alla reiezione delle doglianze articolate avverso l’art. 64, comma 3, delle N.T.A. del Nuovo P.R.G. e comunque all’insussistenza di motivazione per il mantenimento della destinazione agricola del suolo in tale strumento urbanistico);

4) eccesso di potere per contraddittorietà, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta; error in iudicando; difetto e/o carenza di motivazione (in relazione alla mancata ammissione a compensazione del suolo per cui è causa);

5) error in iudicando; difetto e/o carenza di motivazione in relazione a: violazione degli artt. 7 e segg. della legge nr. 1150 del 1942 e s.m.i.; violazione dei principi generali in materia di pianificazione urbanistica; eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifeste nonché per difetto dei presupposti; in subordine, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; violazione dei principi generali in materia di pianificazione urbanistica; eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifeste nonché per difetto dei presupposti; in subordine, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; eccesso di potere per illogicità, difetto dei presupposti e difetto di istruttoria; eccesso di potere per difetto di motivazione; illegittimità derivata; violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 7 della legge nr. 1150 del 1942 e s.m.i.; eccesso di potere per vizio della funzione; sviamento; violazione e falsa applicazione dell’art. 14 delle Disposizioni sulla legge in generale; eccesso di potere per difetto o insufficienza di motivazione (in relazione alla reiezione delle doglianze articolate avverso il c.d. "Piano delle Certezze");

6) in subordine, violazione dei criteri in materia di compensazione edificatoria; eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta e disparità di trattamento; error in iudicando; omessa pronuncia; difetto e/o carenza di motivazione (in relazione alla mancata ammissione a compensazione urbanistica del suolo per cui è causa).

Si è costituito il Comune di Roma (oggi Roma Capitale), replicando analiticamente ai motivi di appello e chiedendone la reiezione, oltre ad assumere la parziale inammissibilità della domanda attorea per difetto di interesse (con ciò reiterando apposita eccezione sollevata in primo grado e non esaminata dal T.A.R.).

All’udienza del 4 novembre 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. L’odierna appellante, signora N. M., è proprietaria di un suolo sito in territorio del Comune di Roma, già situato parte in zona M2 ("servizi generali e locali di proprietà privata") e parte in zona agricola in base alla variante di P.R.G. approvata con d.m. 6 dicembre 1971.

Successivamente, il suolo in questione è stato integralmente assoggettato a destinazione agricola per effetto della c.d. "variante di salvaguardia" approvata dalla Giunta Regionale del Lazio con deliberazione nr. 426 del 15 aprile 2002, poi confermata sul punto sia dalla successiva variante denominata "Piano delle Certezze" (approvata con deliberazione giuntale nr. 856 del 10 settembre 2004) sia dalla delibera di adozione del Nuovo P.R.G. della città di Roma (deliberazione di Consiglio Comunale nr. 33 del 2003).

Tutti i provvedimenti testé indicati sono stati impugnati dinanzi al T.A.R. del Lazio dal padre dell’odierna appellante (all’epoca titolare del suolo) con successivi ricorsi, riuniti e respinti tutti con la sentenza oggetto dell’odierno gravame.

2. Con un primo motivo di impugnazione, si reitera la doglianza di mancato esame da parte del Comune delle osservazioni proposte dall’originario ricorrente nella fase di approvazione della c.d. "variante di salvaguardia": censura respinta dal T.A.R. sul rilievo che in ricorso non erano stati neanche richiamati i contenuti delle osservazioni medesime, di modo che non era dato comprendere se e come il divisato vizio procedimentale avesse pregiudicato le ragioni dell’istante.

Il motivo è infondato, dovendo richiamarsi il pacifico indirizzo giurisprudenziale secondo cui le osservazioni dei privati ai progetti di strumenti urbanistici sono un mero apporto collaborativo alla formazione di detti strumenti e non danno luogo a peculiari aspettative, con la conseguenza che il loro rigetto non richiede una specifica motivazione, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 12 gennaio 2011, nr. 133; id., 15 settembre 2010, nr. 6911; Cons. Stato, sez. III, 26 agosto 2010, parere nr. 3146; Cons. Stato, sez. IV, 11 ottobre 2007, nr. 5357).

Ciò premesso, e rilevato che la censura attorea muove dall’assunto che il Comune avrebbe completamente omesso, prima ancora che di motivare su di esse, di esaminare le osservazioni presentate, può tranquillamente affermarsi l’irrilevanza in concreto di siffatto vizio "formale" – quand’anche sussistente – alla luce dell’indoneità delle osservazioni stesse a modificare le determinazioni dell’Amministrazione in ordine alla destinazione del suolo de quo (come sarà appresso evidenziato nell’esame delle successive doglianze, che delle dette osservazioni sono sostanzialmente riproduttive).

3. Privi di pregio sono anche i motivi con i quali vengono reiterate le censure dirette avverso la motivazione addotta dal Comune a sostegno della contestata destinazione agricola del suolo.

Al riguardo, va richiamata la consolidata giurisprudenza secondo cui le scelte effettuate dall’Amministrazione nell’adozione degli strumenti urbanistici costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità, sicché anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnicodiscrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione al piano regolatore generale, salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni; in sostanza le uniche evenienze, che richiedono una più incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali, sono date dal superamento degli standards minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con riferimento alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree; dalla lesione dell’affidamento qualificato del privato, derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi fra il Comune e i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di concessioni edilizie o di silenzio rifiuto su una domanda di concessione e, infine, dalla modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, nr. 133/2011, cit.; id., 9 dicembre 2010, nr. 8682; id., 13 ottobre 2010, nr. 7492; id., 12 maggio 2010, nr. 2843).

Nessuna aspettativa, invece, deriva dalla diversa destinazione urbanistica pregressa della medesima area, rispetto alla quale l’Amministrazione conserva ampia discrezionalità, potendo modificare in peius rispetto agli interessi del proprietario la destinazione urbanistica (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 dicembre 2009, nr. 9006).

Nel caso di specie, è la stessa appellante a riconoscere implicitamente di non essere stata titolare di alcuna aspettativa qualificata riconducibile alle situazioni sopra richiamate, laddove insiste sulla circostanza dell’essere stato, all’epoca dell’adozione della variante, unicamente reso un parere favorevole endoprocedimentale su una proposta di Piano di lottizzazione (mai però approvato né convenzionato).

In tale prospettiva, essendo evidente l’insussistenza in capo al Comune di un più incisivo onere motivazionale, scolora anche l’ulteriore questione relativa all’inserimento del suolo per cui è causa nell’ambito del "Parco di Veio": questione sulla quale parte appellante insiste esservi stato un chiaro errore del primo giudice, essendo l’istituzione del predetto Parco cronologicamente successiva alla variante de qua.

Tale errore, se anche sussistente, è del tutto irrilevante ai fini delle conclusioni in punto di infondatezza delle censure qui esaminate, potendo l’inserimento dell’area nel "Parco di Veio" essere inteso anche come prova ex post del particolare pregio dell’area (e, quindi, richiamato a conferma della correttezza delle precedenti determinazioni comunali).

4. Vanno disattese anche le ulteriori doglianze con le quali si assume un utilizzo distorto della richiamata destinazione urbanistica, cui il Comune sarebbe ricorso impropriamente per perseguire finalità di conservazione paesaggistica e ambientale.

Sul punto, la Sezione reputa sufficiente richiamare il proprio pregresso indirizzo secondo cui la destinazione agricola di un suolo non deve rispondere necessariamente all’esigenza di promuovere specifiche attività di coltivazione, e quindi essere funzionale ad un uso strettamente agricolo del terreno, potendo essere concretamente volta a sottrarre parti del territorio comunale a nuove edificazioni (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 luglio 2011, nr. 4505; id., 16 aprile 2010, nr. 2166), ovvero a garantire ai cittadini l’equilibrio delle condizioni di vivibilità, assicurando loro quella quota di valori naturalistici e ambientali necessaria a compensare gli effetti dell’espansione dell’aggregato urbano (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2010, nr. 7478; id., 6 luglio 2009, nr. 4308).

Né può convenirsi con l’assunto dell’istante secondo cui con la destinazione de quo sarebbe stata introdotta sul suolo una anomala e atipica misura di salvaguardia, a carattere sostanzialmente espropriativo, al di fuori delle ipotesi consentite dalla legge: ciò perché, alla luce di quanto fin qui esposto, l’imposizione della destinazione urbanistica risulta costituire legittimo esercizio dell’ordinaria potestà pianificatorie e conformativa dei suoli riconosciuta al Comune.

5. Privo di pregio è anche il mezzo col quale sono reiterate le censure avverso l’art. 64, comma 3, delle N.T.A. del c.d. "Piano delle Certezze", laddove è previsto che saranno soggette alle prescrizioni di detto Piano, e successivamente del Nuovo P.R.G., le aree già incluse nel perimetro del Parco, che da questo dovessero essere stralciate in sede di formazione del Piano di assetto del Parco medesimo.

Al riguardo, va innanzi tutto rilevata la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità della doglianza per difetto di interesse, sollevata dal Comune in primo grado ed espressamente riproposta in questa sede: infatti, è evidente che la prescrizione testé richiamata potrà assumere carattere lesivo per le ragioni della istante solo se e quando il suolo in sua proprietà verrà stralciato dal Piano del Parco (allo stato non ancora intervenuto), e pertanto assoggettato al "regime" di cui al citato art. 64, comma 3, delle N.T.A.

In ogni caso, la censura è anche infondata nel merito: infatti essa muove dal presupposto che, una volta stralciato un suolo dal perimetro del parco a seguito delle determinazioni pianificatorie assunte dall’Ente competente, in capo al Comune non residuerebbe alcuna possibilità di adottare ulteriori prescrizioni a tutela del suolo, dovendo considerarsi in re ipsa il definitivo venir meno di ogni valore paesaggistico e ambientale; tale assunto è palesemente erroneo, stante quanto osservato al punto che precede in ordine alla facoltà del Comune di perseguire, attraverso gli ordinari strumenti di zonizzazione dei suoli, anche obiettivi di conservazione e di limitazione dell’attività edificatoria diversi e ulteriori rispetto a quelli cui è preposta l’Autorità deputata alla salvaguardia di valori paesaggistici e ambientali.

6. Restano da esaminare i motivi con i quali la parte appellante, reiterando le censure mosse in primo grado sia avverso il c.d. "Piano delle Certezze" che avverso il Nuovo P.R.G. adottato, lamenta in via subordinata la mancata ammissione del suolo per cui è causa a compensazione urbanistica, così come previsto espressamente dalla normativa adottata in una al medesimo "Piano delle Certezze".

Al riguardo, la Sezione reputa necessario acquisire dal Comune documentati chiarimenti in ordine a quanto dedotto dalla istante, secondo cui la compensazione sarebbe stata disposta in relazione ad altro suolo, sito in via della Giustiniana e anch’esso ricadente nel perimetro del Parco di Veio, asseritamente ricadente in situazione identica a quella dell’area in proprietà dell’odierna appellante (cfr. pagg. 4546 dell’appello); infatti, l’Amministrazione comunale non risulta aver replicato sul punto specifico né la questione, dedotta al fine di lamentare il vizio di disparità di trattamento, risulta esaminata nella sentenza impugnata.

Pertanto, nel termine di trenta giorni dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, il Comune di Roma dovrà depositare in Segreteria documentati chiarimenti sul punto innanzi richiamato, ogni ulteriore statuizione restando riservata al definitivo (per il quale si provvede in dispositivo all’indicazione della relativa udienza).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), parzialmente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto:

– respinge in parte l’appello, come precisato in motivazione;

– ordina al Comune di Roma di procedere all’incombente di cui in motivazione, fissando per il prosieguo l’udienza del 13 marzo 2012.

Spese al definitivo.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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