Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 29-04-2011) 14-10-2011, n. 37337

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 14 gennaio 2010 la Corte d’Appello di Napoli, confermando la decisione assunta dal Tribunale di Benevento, ha riconosciuto C.A. responsabile del delitto di falsità ideologica in atto pubblico continuata per avere, quale pubblico ufficiale addetto alle riscossioni per conto della Sari s.p.a., formato trentasei verbali di pignoramento negativo, attestanti il compimento di atti in realtà mai eseguiti; ha quindi tenuto ferma la sua condanna alla pena di legge e al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Ha proposto personalmente ricorso per cassazione l’imputato, affidandolo a due motivi.

Col primo motivo il ricorrente lamenta che non si sia riconosciuta la valenza di prova contraria ai verbali di pignoramento negativo redatti in altre occasioni a carico di sette dei soggetti esecutati, a confutazione della loro affermazione di non avere mai subito pignoramenti di sorta.

Col secondo motivo rinnova la richiesta di applicazione della continuazione rispetto ad altri analoghi reati, per i quali aveva già subito condanna passata in giudicato; segnala di aver provveduto fin dal primo grado a produrre copia della relativa sentenza, mancante solo dell’attestazione del passaggio in giudicato (comunque desumibile dall’iscrizione nel casellario giudiziale).

Il ricorso è solo in parte fondato, onde va accolto per quanto di ragione.

Ciò non è a dirsi in ordine al primo motivo, il quale costituisce nulla più che la reiterazione della linea difensiva – già adeguatamente confutata dai giudici di primo e di secondo grado – secondo la quale l’attendibilità dei vari testi, che hanno affermato di non aver mai subito pignoramenti, sarebbe contrastata dall’esistenza di altri verbali di pignoramento negativo.

La motivazione addotta nella sentenza qui impugnata, con l’osservare che l’esistenza di precedenti verbali di pignoramento non è sufficiente a smentire i testi, non essendo ormai più possibile accertare la veridicità di tali verbali, rende ragione con logica ineccepibile del convincimento raggiunto dal giudice di merito in esito al libero apprezzamento del materiale probatorio acquisito:

onde resiste al controllo di legittimità.

Nè giova contrapporre, come fa il ricorrente, che i prodotti verbali di pignoramento siano muniti di efficacia fidefacente, atteso che nel procedimento penale non vale il canone normativo di cui all’art. 2699 c.c.; infatti, a seguito dell’espunzione dell’istituto dell’incidente di falso, non più presente nell’attuale codice di rito, il giudice penale è chiamato a conoscere direttamente della eventuale falsità degli atti introdotti nel procedimento, ancorchè fidefacenti ai fini civilistici (cfr. Cass. 19 ottobre 1999 n. 12622).

Merita, invece, accoglimento la censura inerente al mancato riconoscimento della continuazione rispetto ai fatti accertati con sentenza del Tribunale di Benevento in data 20 aprile 2005. Non è, invero, conforme alle regole di diritto la motivazione con la quale la Corte d’Appello ha disatteso la relativa istanza, osservando che la difesa non aveva prodotto la precedente sentenza con l’attestazione del passaggio in giudicato; in proposito va ricordato il principio giurisprudenziale ripetutamente enunciato da questa Corte Suprema, a tenore del quale l’onere di provare i fatti dai quali dipende l’applicazione della continuazione è da ritenersi soddisfatto non necessariamente con la produzione della copia della sentenza rilevante ai fini del richiesto riconoscimento, ma anche soltanto con la semplice indicazione degli estremi di essa, ben potendo in tale ipotesi l’acquisizione del documento essere disposta dal giudice, come si ricava tra l’altro dalla esplicita previsione dell’art. 186 disp. att. c.p.p., che, pur riguardando l’applicazione della continuazione in sede di esecuzione, esprime un principio di valore generale (Cass. 29 gennaio 2007 n. 9180; Cass. 24 novembre 1999 n. 2934/00).

S’impone, pertanto, l’annullamento in parte qua della sentenza impugnata per la ragione or ora indicata. Il giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della Corte d’Appello di Napoli, si pronuncerà sull’istanza di applicazione della continuazione in piena libertà decisionale, col solo obbligo di fornire adeguata e corretta motivazione al deliberato.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla invocata continuazione, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli. Rigetta il ricorso nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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