Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 16-11-2011, n. 856 Silenzio-assenso della Pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con provvedimento n. 35 dell’11 dicembre 1996, l’Assessorato regionale industria – Corpo regionale delle miniere – Distretto minerario di Caltanissetta, autorizzava il sig. Fr.La.Ba. a esercire la cava di quarzareniti da utilizzare come materiale ornamentale denominata "Basciana".

Con successivo provvedimento n. 10 del 6 luglio 2000, lo stesso Ufficio annullava in autotutela la citata autorizzazione.

Il sig. La.Ba. proponeva ricorso gerarchico che era accolto dall’Assessore all’industria con decreto del 31 maggio 2001, che accoglieva la censura di mancata comunicazione di avvio del procedimento.

Con nota del 13 giugno 2001, l’Assessorato regionale all’industria, Distretto minerario di Caltanissetta comunicava l’avvio del procedimento amministrativo in ordine alla possibile riforma dell’autorizzazione all’esercizio della cava.

All’esito del procedimento, con determinazione dell’ingegnere capo del Distretto minerario di Caltanissetta del 19 settembre 2001, veniva disposto l’annullamento dell’autorizzazione dell’11 dicembre 1996.

Avverso tale determinazione, il sig. La.Ba. proponeva ricorso gerarchico che era respinto del decreto del 26 maggio 2003.

Detto decreto era basato sulla considerazione, pronunciata dal Consiglio regionale delle miniere nell’adunanza del 30 gennaio 2003, che "… l’appezzamento di terreno destinato all’attività estrattiva della cava è assoggettato ai vincoli boschivo ( D.Lgs. n. 490/99 L.r. n. 78/76) e idrogeologico …".

2) Il sig. La.Ba. adiva, quindi, il T.A.R. della Sicilia, Sezione staccata di Catania, chiedendo l’annullamento della determinazione del 19 settembre 2001 e del decreto del 26 maggio 2003.

3) Con sentenza n. 1316 del 14 luglio 2009, il giudice adito respingeva il gravame.

4) Il sig. La.Ba. ha proposto appello contro la summenzionata sentenza.

Resiste al ricorso l’Amministrazione regionale.

5) Con il primo motivo di appello, il ricorrente ha dedotto le censure di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili.

In particolare, il secondo procedimento di riforma dell’autorizzazione n. 35/1996, comunicato con nota del 13 giugno 2001, è viziato ab origine, in quanto avviato dal Distretto minerario di Caltanissetta dopo cinque anni dal rilascio dell’autorizzazione e, comunque, dopo appena un anno dal precedente annullamento in autotutela, gravato con ricorso gerarchico, senza che nel frattempo fossero emersi fatti nuovi che potessero giustificare un nuovo procedimento in autotutela con conseguente revoca dell’autorizzazione.

Ad avviso dell’appellante, l’excursus del procedimento è illegittimo in quanto non tiene conto che, ai sensi dell’art. 31-quinquies della legge n. 241 del 1990, introdotto dalla legge n. 15 del 2005, il provvedimento amministrativo a efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge, solo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.

Nella specie non si sono verificate le condizioni che avrebbero giustificato la revoca dell’autorizzazione, peraltro, intervenuta cinque anni prima.

Inoltre, il procedimento risulta illegittimo per violazione dell’art. 5, ultimo comma, del D.P.R. n. 1191/1971, poiché la decisione proposta sul ricorso gerarchico è carente di motivazione, non avendo esaminato tutte le doglianze proposte nel gravame. Ciò anche in considerazione del fatto che, con provvedimento del 3 luglio 2000, il G.I.P. di Caltanissetta aveva revocato il decreto di sequestro preventivo del 18 novembre 1998, rilevando, tra l’altro, che il vincolo idrogeologico "non potrebbe dirsi presente, nel caso in esame, perché non notificato al La.Ba. o comunque perché coperto dal meccanismo procedurale del silenzio assenso".

In definitiva, l’Amministrazione avrebbe violato il principio in base al quale essa può discostarsi da una precedente pronuncia solo se siano sopraggiunti fatti nuovi che rimettano in discussione l’assetto degli interessi presi in esame.

Il motivo di appello è infondato.

Come rettamente eccepito dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, il primo ricorso gerarchico è stato accolto per l’esistenza di un vizio procedurale, consistente nel mancato avviso dell’inizio del procedimento.

Per il resto, deve osservarsi che le censure in questione sono formulate come se oggetto del gravame fosse un procedimento di riesame per motivi di merito e non di legittimità

Peraltro, siffatta impostazione è palesemente è errata.

È sufficiente al riguardo esaminare l’impugnato decreto dell’Ingegnere capo del Distretto minerario di Caltanissetta del 19 settembre 2001 dal quale emerge, in modo chiaro ed esaustivo, attraverso il richiamo della nota dell’Ispettorato ripartimentale delle foreste di Enna del 12 settembre 2001, che l’appezzamento di terreno, sul quale l’appellante intendere esercitare la cava di quarzarenite, è soggetto a vincolo idrogeologico e boschivo, sicché "l’attività di cava ai sensi dell’art. 7 della Lire 157.1991, n. 24, non è compatibile con i vincoli sopradescritti". Trattasi, quindi, di rilievi che attengono alla legittimità e non al merito amministrativo.

Quanto alla questione relativa al silenzio assenso, deve escludersi l’esistenza nel caso di specie dei presupposti per la formazione del silenzio stesso.

Va osservato in proposito che l’appellante non ha mai chiesto il nulla osta per l’esercizio di cava in presenza dei summenzionati vincoli, limitandosi ad autocertificarne l’esistenza e che l’attività dell’Amministrazione, pur nel fluire del tempo, è stata diretta ad accertare, attraverso l’attività dei propri organi tecnici, la veridicità di tale autocertificazione.

Ove pure potesse ammettersi la formazione del silenzio assenso, dovrebbe, comunque, tenersi presente che l’art. 20 della legge n. 241 del 1990 è stato interamente riformulato dall’art. 3, comma 6-ter, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazione nella legge 14 maggio 2005 n. 80 e che il nuovo testo, al comma 3, esplicitamente accoglie il principio, già enunciato dalla giurisprudenza, che il silenzio assenso, formatosi per decorso del tempo trascritto dall’inoltro dell’istanza, non può essere considerato dall’Amministrazione tamquam non esset, ma può formare oggetto di provvedimenti caducatori nella via dell’autotutela (cfr. C.d.S., Sez. V, 20 marzo 2007, n. 1339).

6) Con il secondo motivo di appello, il ricorrente sostiene che il superamento del termine per il rilascio dell’autorizzazione ha comportato la formazione del provvedimento secondo la procedura del silenzio assenso, come del resto rilevato dal G.I.P di Caltanissetta.

Il motivo di appello è infondato perché riproduttivo delle censure contenute nel primo motivo di appello che, come rilevato, sono infondate.

In ogni caso, va in questa sede osservato che le osservazioni del giudice penale sono circoscritte al procedimento penale al solo scopo di escludere la configurabilità dei reati ipotizzati in sede penale, senza che le stesse possano ritenersi rilevanti nel contenzioso instaurato innanzi al giudice amministrativo.

7) Con il terzo motivo d’appello, il ricorrente ha osservato che il T.A.R. non si sarebbe pronunciato in merito alla sua domanda relativa alla restituzione di tutte le somme versate a seguito del rilascio dell’autorizzazione del 1996, nonché del deposito di Lire 8.000.000 a favore della Regione siciliana per l’effettuazione delle opere di recupero ambientale.

Inoltre, a seguito della revoca dell’autorizzazione, l’appellante, come assume, avrebbe subito un danno economico, quantificabile in Euro 6.050.000,00, avendo potuto sfruttare la cava, a fronte dei dodici anni previsti, per non più di un biennio.

Le suesposte censure sono inammissibili perché formulate per la prima volta in sede di appello.

8) In conclusione, per le suesposte considerazioni, l’appello deve essere respinto.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Circa le spese e gli altri oneri del giudizio, gli stessi sono posti a carico dell’appellante e sono liquidati a favore dell’Amministrazione regionale appellata nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, respinge l’appello indicato in epigrafe.

Condanna l’appellante al pagamento a favore dell’Amministrazione regionale appellata delle spese, competenze e onorari di giudizio che liquida complessivamente in Euro 5.000,00 (cinquemila/00).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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