Cass. civ. Sez. I, Sent., 29-03-2012, n. 5097 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso alla Corte d’appello di Lecce D.T.D. proponeva domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, per violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata del giudizio instaurato nei confronti dell’I.N.P.S. dinanzi al Tribunale di Trani – sezione lavoro nel marzo 2005, definito con sentenza del febbraio 2008. La Corte d’appello, ritenuta la durata ragionevole del giudizio presupposto, ha rigettato la domanda, con onere a carico della parte ricorrente delle spese di lite. Avverso tale decreto D.T.D. ha proposto ricorso a questa Corte per due motivi, cui resiste il Ministero della Giustizia con controricorso.

Motivi della decisione

Il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. e degli artt. 24 e 111 Cost., nonchè la mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, deducendo che la corte territoriale: a) ha omesso di considerare che l’Amministrazione resistente, nel costituirsi, non aveva sostanzialmente contestato l’an della responsabilità; b) ha considerato la sola durata complessiva del procedimento presupposto, omettendo di tener conto – nonostante i criteri di valutazione indicati in premessa nel decreto – del lungo lasso di tempo intercorso tra il deposito del ricorso e la data della prima udienza e tra questa e quella di rinvio fissata dal giudice (ancorchè su richiesta del difensore di esso ricorrente), per una causa non complessa che avrebbe potuto essere decisa in non più di otto mesi invece che nei trentasei mesi impiegati; b) ha aggiunto l’affermazione, priva di indicazione delle prove a sostegno, secondo la quale esso ricorrente avrebbe instaurato il giudizio presupposto quando era già stato soddisfatto della sua pretesa, quindi consapevole della infondatezza.

Tali doglianze sono prive di fondamento.

La determinazione della durata ragionevole del giudizio presupposto, onde verificare la sussistenza della violazione del diritto azionato, costituisce oggetto di una valutazione che il giudice di merito deve compiere caso per caso tenendo presenti gli elementi indicati dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, anche alla luce dei criteri di determinazione applicati dalla Corte europea e da questa Corte.

Criteri ai quali rettamente la Corte d’appello ha fatto riferimento, applicando (nella sua valutazione discrezionale che non può costituire oggetto di riesame in questa sede senza violare i limiti del giudizio di legittimità) il parametro tendenziale di tre anni per il primo grado per cause non complesse.

Va inoltre esclusa la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c., sia perchè la valutazione discrezionale in concreto sulla ragionevolezza della durata del processo presupposto compete al giudice e non alla parte contro la quale è svolta l’azione, sia perchè le espressioni contenute nella comparsa di costituzione del Ministero (trascritte nel ricorso) comprendevano la contestazione della infondatezza della domanda di equa riparazione anche in relazione alla effettiva durata del giudizio. Quanto poi alla critica in ordine alla ulteriore ratio decidendi riguardante la consapevolezza nel ricorrente della infondatezza della sua pretesa, tale critica, ove anche fondata, non potrebbe comunque produrre in nessun caso l’annullamento del provvedimento impugnato, che resta validamente sorretto dalla ratio, infondatamente criticata, riguardante la ragionevolezza della durata del processo presupposto.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, in Euro 900,00 per onorati oltre le spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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