Cass. civ. Sez. I, Sent., 29-03-2012, n. 5095 Ammissione al passivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. L’Intercontinentale s.r.l., in liquidazione, dichiarata fallita nel marzo 2005 dal Tribunale di Roma, ha, unitamente al suo liquidatore in proprio, proposto ricorso ex art. 111 Cost. a questa Corte avverso i provvedimenti, adottati dal giudice delegato nel subprocedimento di formazione dello stato passivo, con i quali è stata dichiarata la nullità, per contrarietà a norme imperative, di tutti gli atti di fideiussione emessi dalla società fallita, e sono stati ammessi al passivo, in via chirografaria e condizionata alla verifica dell’eventuale recupero dal debitore principale, alcuni soggetti, in possesso degli atti di fideiussione, in relazione alla loro istanza subordinata di risarcimento danni ex art. 1338 cod. civ., dichiarando infine esecutivo lo stato passivo così formato.

2. La Curatela intimata non ha svolto difese; altrettanto i singoli creditori ammessi, ad eccezione del creditore Lux s.a., che resiste con controricorso nel quale preliminarmente eccepisce l’inammissibilità del ricorso, sotto più profili.

Motivi della decisione

1. La società fallita, sulla premessa che è fuori dubbio il carattere decisorio dei provvedimenti impugnati (in quanto vanno ad incidere su diritti soggettivi del fallito, oltre che dei creditori muniti di titolo esecutivo, ed in quanto non rendono più praticabile la azione di rivalsa e regresso nei confronti dei debitori principali), espone cinque motivi di ricorso.

Nei quali deduce:

– che l’accertamento della nullità dei contratti di fideiussione sarebbe al di fuori della competenza del giudice delegato in sede di formazione dello stato passivo (violazione dell’art. 5 l.fall.);

– che detto accertamento sarebbe privo dei presupposti cui si richiama (violazione dell’art.25 l.fall.);

– che la società avrebbe avuto sei mesi dall’approvazione del bilancio da cui emergeva la prevalenza dell’attività finanziaria per adeguare il proprio capitale all’importo di legge (violazione del D.M. 2 aprile 1999, art. 2);

– che la dichiarazione di nullità degli atti di fideiussione precluderebbe la possibilità della manleva, di surroga e regresso nei confronti dei debitori principali da parte della società fallita (violazione degli artt. 1949, 1950, 1951, 1952 e 1953 cod. civ.);

– che sarebbero stati erroneamente ammessi al passivo crediti basati non su titoli esecutivi bensì su mere domande di risarcimento, con conseguente alterazione del passivo fallimentare (violazione dell’art. 95 l.fall.).

2. Preliminarmente all’esame del merito del ricorso, occorre verificarne la ammissibilità, tenuto conto che il creditore Lux s.a. ha eccepito (fra l’altro) la carenza di legittimazione della società fallita. L’eccezione è fondata. L’impedimento del fallito alla impugnazione dei crediti ammessi, chiaramente espresso dall’art. 100 l.fall. (ed ora dall’art. 98), trova fondamento nella natura stessa del procedimento di verifica dei crediti, delineato dalla legge fallimentare (prima e dopo le modifiche introdotte dai D.Lgs. n. 5 del 2006, peraltro non applicabili ad una procedura aperta nel marzo 2005) come procedimento interno alla procedura concorsuale, che si svolge tra creditori e non contro il fallito, nei cui confronti i provvedimenti di ammissione, aventi efficacia endofallimentare finalizzata alla ripartizione dell’attivo, sono inopponibili nell’ipotesi di un ritorno in bonis (cfr. ex multis Cass. n. 19653/06; n. 12823/03; n. 2573/02). Il suddetto impedimento trova inoltre riscontro nella legittimazione processuale del curatore, prevista dall’art. 43 l.fall., in relazione alle controversie relative a rapporti patrimoniali del fallito compresi nel fallimento:

legittimazione che peraltro il nuovo testo dell’art. 98 riferisce anche alla impugnazione dei crediti ammessi. Tale essendo il sistema normativo in materia – la cui legittimità costituzionale è peraltro stata più volte riconosciuta (cfr. Cass. n. 19653/06; Corte Cost. n. 205/92) -, la preclusione da esso derivante nei confronti del fallito non può evidentemente essere aggirata avvalendosi dello strumento straordinario previsto dall’art. 111 Cost., al cui ricorso da parte del fallito restano opponibili non solo gli argomenti già indicati in ordine alla efficacia endofallimentare dei provvedimenti impugnati, ma anche la non definitività dei provvedimenti stessi, costituente ulteriore motivo di inammissibilità del ricorso ex art. 111. 3. Si impone dunque la declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, in Euro 1500,00 per onorari e Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2012

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