Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-03-2012, n. 5087 Ordinanza ingiunzione di pagamento: opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 8/20.10.2009 la Corte di appello di Trento dichiarava inammissibile l’appello proposto da M.P. e dalla Mondini spa avverso la decisione di primo grado che aveva rigettato l’opposizione dagli stessi avanzata avverso l’ordinanza ingiunzione notificata il 3.7.2006 ad istanza del Servizio lavoro della Provincia autonoma di Trento.

Osservava la Corte territoriale che, avendo previsto il D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 26 del la generale appellabilità delle sentenze in materia di opposizione a sanzione amministrativa, il giudizio di gravame doveva svolgersi dinanzi al Tribunale secondo le regole ordinarie, sicchè l’impugnazione, da proporsi mediante atto di citazione ai sensi dell’art. 325 c.p.c., era da ritenersi intempestiva, giacchè proposta oltre il termine di trenta giorni dalla notifica della relativa sentenza.

Per la cassazione della sentenza propongono ricorso M.P. e la Mondini spa con due motivi.

Resiste con controricorso, illustrato con memoria, la Provincia autonoma di Trento-Servizio lavoro.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 359 c.p.c. ed, al riguardo, osservano che la Corte territoriale aveva erroneamente escluso l’applicabilità al giudizio di appello delle norme relative al procedimento di primo grado, regolato dalla L. n. 689 del 1981, che non risultavano incompatibili con lo stesso; doveva ritenersi, quindi, regolare l’impugnazione tramite ricorso, e non con atto di citazione.

Con il secondo motivo, prospettando ancora violazione di legge ( art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione agli artt. 442 e 433 c.p.c.), i ricorrenti osservano che, anche a ritenere applicabili le norme processuali ordinarie, e non la disciplina prevista dalla L. n. 689 del 1981, in ogni caso avrebbe dovuto farsi riferimento al rito del lavoro, trattandosi di controversia rientrante nella previsione dell’art. 442 c.p.c..

2. I motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e vanno rigettati.

Come noto, il D.L. n. 40 del 2006, art. 26, modificando la L. n. 689 del 1981, art. 23, ha disposto che le sentenze e le ordinanze di convalida (ma non anche quelle di inammissibilità) sono soggette ad appello.

Il legislatore, tuttavia, si è limitato ad assoggettare ad appello i provvedimenti in questione, ma nulla ha specificato circa le norme applicabili nel giudizio di gravame, con la conseguenza che si è posto il problema se, a tal fine, possa trovare applicazione il principio della "ultrattività del rito", dal quale viene fatto discendere l’applicabilità, nei giudizi di appello aventi ad oggetto sanzioni amministrative, delle particolari norme previste per il giudizio di primo grado (fra le quali la proposizione dell’opposizione con ricorso anzichè con citazione).

A tal riguardo, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha già avuto modo di precisare che l’introduzione di una deroga al principio generale posto dall’art. 359 c.p.c., secondo cui nel giudizio di gravame vanno osservate, in quanto applicabili e nei limiti della compatibilità, le norme ordinarie che disciplinano lo svolgimento di quello di primo grado davanti al tribunale, avrebbe potuto essere ravvisata solo in presenza di una esplicita disposizione in tal senso (cfr. SU n. 23285/2010).

Ed, al riguardo, si osserva come esplicite disposizioni hanno inserito elementi di specialità, per il giudizio di secondo grado, in procedimenti che già nel primo ne erano dotati, come è avvenuto con riferimento alle controversie di lavoro (art. 433 e ss. c.p.c.), alle controversie previdenziali ( art. 442 c.p.c.), a quelle di locazione, comodato o affitto (art. 447 bis c.p.c.), di separazione e divorzio ( L. n. 898 del 1970, art. 4 come mod. dalla L. n. 74 del 1987, art. 8) e altre ancora.

Il che conferma come all’"ultrattività del rito speciale" si sarebbe potuto far riferimento solo in presenza di una espressa previsione legislativa in tal senso e come sia, piuttosto, la norma dell’art. 359 c.p.c. a costituire la regola generale applicabile per la soluzione dei problemi posti dalla nuova disposizione in tema di appellabilità delle sentenze rese nei giudizi di opposizione ad ordinanza ingiunzione.

Ne discende, nel caso, che l’impugnazione andava proposta secondo le regole ordinarie e che, quindi, la notifica del gravame doveva intervenire entro il termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza previsto dall’art. 325 c.p.c..

E’ appena il caso di soggiungere che, ancorchè proposto con ricorso, e non con atto di citazione, l’introduzione in tale forma del giudizio ben avrebbe potuto conseguire l’effetto suo proprio ( art. 156 c.p.c.), e quindi un effetto sanante, ove il ricorso fosse stato, comunque, notificato alla Provincia entro il termine previsto, per come nella specie non è, però, avvenuto.

Deve, infine, rilevarsi che nemmeno utile risulta il riferimento operato, in via subordinata, dai ricorrenti al rito del lavoro quale rito applicabile, ai sensi dell’art. 442 c.p.c., al giudizio di appello, essendo consolidata la giurisprudenza di questa Suprema Corte nel senso di ritenere che la L. n. 689 del 1981, art. 35, comma 4 ha assoggettato al rito del lavoro solo le opposizioni alle ordinanze-ingiunzioni emesse dagli enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie per le violazioni relative all’omissione del versamento dei contributi e dei premi, ovvero implicanti quale conseguenza la suddetta omissione, di modo che resta esclusa l’applicazione di tale rito ove si tratti di sanzioni amministrative (come nel caso) relative a violazioni in materia di legislazione del lavoro (v. ad es. Cass. n. 4564/2004; Cass. n. 15819/2004; Cass. n. 17073/2007).

E non casualmente si precisa in sentenza che il giudice di primo grado non aveva trattato l’opposizione secondo le norme del rito del lavoro, tant’ è che la pronuncia era stata resa dal "Tribunale di Trento in composizione monocratica quale Giudice di primo grado". 3. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Sussistono giusti motivi, in considerazione della originaria incertezza delle questioni trattate, per compensare tra le parti le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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