Cass. civ. Sez. III, Sent., 29-03-2012, n. 5076 Fideiussione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con atto di citazione dinanzi al Tribunale di Roma, l’Impresa Costruzioni Ingg. Giorgio e Maurizio Natoli s.r.l. esponeva: che con contratto di appalto del 20.10.1999 aveva commesso alla Tre G Appalti e Costruzioni s.r.l., la costruzione di due edifici di civile abitazione in (OMISSIS); che, come previsto all’art. 21 del contratto, a garanzia dell’esatto ed integrale adempimento delle obbligazioni e di quanto altro indicato nel contratto, l’appaltatrice aveva costituito cauzione dell’importo di L. 300 milioni in favore della Natoli, mediante polizza fideiussoria rilasciata dalla Vittoria Assicurazioni; che con appendice al contratto di appalto, la Natoli aveva concesso all’appaltatrice un’anticipazione contrattuale di L. 300 milioni, da recuperare mediante una trattenuta del 15% sui SAL;

che a garanzia della restituzione dell’anticipazione, la Tre G aveva rilasciato altra polizza fideiussoria; che l’appaltatrice il 13 novembre aveva sospeso i lavori, eseguiti fino al 7 SAL, lasciando incustodito il cantiere; che con raccomandata del 15.11.2000 la Natoli aveva diffidato la Tre G all’immediata ripresa dei lavori ed aveva quindi notificato il 21.11.2000 atto di diffida e messa in mora, sollecitando nuovamente la ripresa dei lavori; che in mancanza di riscontro, era stata effettuata una visura presso la Cancelleria del Tribunale fallimentare di Roma, dalla quale era emerso che detta società era stata dichiarata fallita con sentenza in data 11 ottobre 2000; che con lettera raccomandata del 29 novembre 2000 la Natoli aveva comunicato l’intervenuto fallimento alla Vittoria Assicurazioni ed aveva escusso le garanzie, precisando, quanto all’anticipazione, che residuava un debito di L. 64.063.200; che la richiesta non aveva avuto riscontro; che con istanza al curatore del fallimento della Tre G la Natoli aveva chiesto la verifica dei lavori; che il tecnico nominato dal giudice delegato al fallimento aveva redatto una relazione dalla quale era emersa la parziale esecuzione dei lavori;

che in sede fallimentare era stato redatto l’inventario dei beni esistenti nel cantiere; che ultimate le descritte operazioni di inventario e di verifica il giudice delegato aveva autorizzato la Natoli alla ripresa dei lavori; che questa aveva proposto istanza di insinuazione al passivo del fallimento per la somma di L. 364.063.200; che vani erano stati gli ulteriori solleciti alla Vittoria di far fonte alle garanzie prestate. La conveniva pertanto in giudizio e chiedeva che la stessa fosse condannata al pagamento della somma indicata, oltre interessi e rivalutazione monetaria. La convenuta non si costituiva ed era dichiarata contumace. All’esito dell’istruzione, il Tribunale, ritenuto che la documentazione prodotta desse piena prova delle circostanze esposte nell’atto di citazione, accoglieva la domanda. La sentenza è stata appellata dalla Vittoria, che, per quanto qui rileva, ha eccepito 1 inammissibilità della domanda di escussione della garanzia, perchè in entrambe le polizze era previsto all’art. 7 che la garanzia aveva funzione sussidiaria e non poteva essere escussa "prima che l’assicurato abbia costituito in mora il contraente ai sensi dell’art. 1219 c.c. e che sia inutilmente decorso il termine stabilito a favore dello stesso per l’adempimento dell’obbligazione garantita"; la garanzia non poteva dunque operare, secondo l’appellante, atteso che alla data del 7 SAL, redatto venti giorni dopo il fallimento, la società appaltatrice era risultata addirittura creditrice e che l’interruzione dei lavori era stata conseguenza della dichiarazione di fallimento. Aggiungeva che nessuna contestazione era stata formulata dalla committente nel corso del rapporto e che anzi, per stessa ammissione della Natoli e come del resto era emerso dalla relazione tecnica redatta in sede fallimentare, tutti i lavori realizzati fino alla chiusura del cantiere erano stati regolarmente eseguiti ed erano "in oggettiva avanzata fase di realizzazione". Rilevava che in sede fallimentare era stata respinta l’istanza di insinuazione al passivo della Natoli, appunto per mancanza in capo alla stessa di un titolo di credito. In mancanza di un credito principale della Tre G non sussisterebbe l’obbligazione accessoria della Vittoria.

2. Con la sentenza oggetto del presente ricorso, depositata l’11.2.2010 e notificata il successivo 18.5, la Corte di Appello di Roma, accogliendo l’appello della Vittoria, respingeva la domanda introduttiva della Natoli e compensava le spese del doppio grado.

Rilevava che l’interpretazione complessiva delle polizze induceva ad escludere che le garanzie avessero natura autonoma ed atipica. Al di là del dell’intestazione della polizza ("polizza fideiussoria cauzioni") e del contenuto del contratto di appalto, ove si parlava di "cauzione definitiva…mediante fideiussione bancaria…", era decisiva la disciplina di cui agli artt. 6 e 7 delle "condizioni generali di assicurazione". Nell’art. 6 si prevedeva che il pagamento dell’indennità sarebbe avvenuto, fermo il disposto del successivo art. 7, entro trenta giorni "da quando, verificandosi le condizioni di legge e di contratto, l’Assicurato avrà acquisito il diritto di rivalersi sulla cauzione…"; l’art. 7, dopo aver precisato la natura "sussidiaria" della garanzia, disponeva che la stessa non potrà venire escussa prima che l’Assicurato (cioè la Natoli) avesse costituito in mora il Contraente (la Tre G) ai sensi dell’art. 1219 c.c. e che fosse inutilmente decorso il termine stabilito a favore dello stesso per l’adempimento…"; lo stesso art. 7 inoltre stabiliva che "dal risarcimento dovuto all’Assicurato la Società avrà diritto di dedurre l’importo di ogni eventuale credito del Contraente verso l’Assicurato e degli eventuali recuperi effettuati…prima del pagamento dell’indennità". Ne risultava una disciplina del tutto coerente con la normale accessorietà della garanzia e della fideiussione tipica, nella quale l’obbligazione del garante è subordinata alla preventiva escussione del debitore principale – con l’evidente scopo di porre quest’ultimo in condizione di contestare tempestivamente la pretesa avversaria qualora sussistano ragioni da eccepire al creditore – ed il garante ha la facoltà di opporre al creditore le eccezioni che spettano al debitore principale (in applicazione alla regola essenziale della fideiussione, posta dall’art. 1945 c.c.), non essendo decisivo, ai fini della configurabilità di un contratto autonomo di garanzia oppure di un contratto di fideiussione, l’impiego o meno delle espressioni "a semplice richiesta" o "a prima richiesta" del creditore, ma la relazione in cui le parti hanno inteso porre l’obbligazione principale e l’obbligazione di garanzia; ne consegue che la carenza dell’elemento dell’accessorietà, che caratterizza il contratto autonomo di garanzia (performance bond) e lo differenzia dalla fideiussione, deve necessariamente essere esplicitata nel contratto con l’impiego di specifica clausola – nella specie mancante – idonea ad indicare l’esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, ivi compresa l’estinzione del rapporto. Pertanto, secondo la Corte territoriale, la pretesa della Natoli non poteva trovare accoglimento, essendo fondata l’eccezione della Vittoria (non preclusa in appello, trattandosi di eccezione in senso lato, in quanto attinente ad fatto estintivo dei diritti nascenti dal contratto, accettabile anche di ufficio dal giudice), di estinzione dell’obbligazione principale, cui quella di garanzia accede, dato che, la solo parziale esecuzione dei lavori è conseguita non ad un inadempimento della Tre G (era pacifico che al momento della dichiarazione di fallimento il rapporto era in corso ed i lavori avanzavano seguendo i tempi pattuiti), ma all’impossibilità legale derivante dal fallimento, che ha comportato lo scioglimento automatico del contratto ( L. Fall., ex art. 81), fatto di per sè improduttivo di danno (Cass. n. 2646/63; 3529/80; 8295/94). Attesa:

poi la definizione nell’ambito fallimentare dei rapporti tra l’appaltatrice e la Natoli (in tale occasione questa avrebbe avuto modo di far valere ogni sua eventuale residua ragione di credito derivante dall’appalto e, in particolare, il proprio credito alla restituzione della somma anticipata e non interamente: recuperata), non può che concludersi per la legittimità del rifiuto ad adempiere della Vittoria Assicurazioni.

3. L’impresa propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, di seguito indicati, illustrati con memoria. La Compagnia non ha svolto attività difensiva.

3.1. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLE REGOLE LEGALI DI ERMENEUTICA CONTRATTUALE E, IN PARTICOLARE, DEGLI ARTT. 1362 – 1363 – 1370 E 1371 C.C. ( ART. 360 C.P.C., N. 3) IN RELAZIONE ALLE CONDIZIONI GENERALI DI ASSICURAZIONE. La ricorrente ritiene errata la qualificazione delle garanzie, operata dalla Corte territoriale, come fideiussioni tipiche, caratterizzate dal requisito della accessorietà, anzichè come contratti autonomi di garanzia. La previsione dell’art. 7 delle Condizioni Generali (che afferma la necessità di costituire in mora il debitore principale prima di escutere la polizza) non escluderebbe infatti, l’autonomia delle garanzie prestate dalla Vittoria Assicurazioni, conformemente alla giurisprudenza di questa Corte di legittimità in tema d contratto autonomo di garanzia. Nella specie le Condizioni Generali (che, in base all’art. 1370 c.c., nel dubbio, vanno interpretate a favore del creditore) prevedono (v. art. 6, comma 2) che "il pagamento dell’indennità da parte della Società avverrà dopo un semplice avviso al contraente, senza bisogno di preventivo consenso da parte di quest’ultimo, che nulla potrà eccepire alla Società in merito al pagamento fatto a richiesta dell’Assicurato". E’ dunque esclusa la legittimazione del debitore principale a chiedere al garante di opporre al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, atteso che il garante deve effettuare il pagamento a semplice richiesta dell’assicurato senza che nulla possa essere eccepito dal contraente – debitore principale. Ciò troverebbe inequivocabile conferma nella clausola contenuta nella Appendice contrattuale del 20.3.2000 (doc. 3 del fascicolo di primo grado) ove l’Impresa appaltatrice ha rinunciato espressamente a qualsiasi opposizione alla messa in mora da parte dell’Impresa Committente.

Menziona, inoltre, a conferma della natura autonoma delle garanzie, l’art. 5 delle Condizioni Generali di Assicurazione, dal quale si evincerebbe che la liberazione della Società garante dalle responsabilità inerenti la garanzia prestata non avrebbe potuto verificarsi in assenza di consenso della ditta garantita (da manifestarsi con apposita dichiarazione ovvero anche tacitamente mediante restituzione dell’originale della polizza al contraente- appaltatore). Non verificandosi quanto sopra, non avrebbe potuto esservi estinzione della garanzia, che la Vittoria Assicurazioni sarebbe stata tenuta ad adempiere a prescindere dalle vicende del rapporto di base tra committente e appaltatore. Pertanto, a seguito del fallimento e dello scioglimento del contratto di appalto L. Fall., ex art. 81, non si sarebbe verificata l’estinzione delle garanzie, essendo queste ultime insensibili alle vicende del rapporto principale.

3.2. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 112 E 345 C.P.C. E DELL’ART. 1945 C.C. ( ART. 360 C.P.C., N. 3).

3.2.a. La Vittoria Assicurazioni, non ha mai formulato in appello l’eccezione di estinzione dell’obbligazione principale (a seguito dello scioglimento del contratto di appalto L: Fall., ex art. 81) e, di conseguenza, della obbligazione accessoria di garanzia. La Vittoria ha fondato l’appello su tutt’altre questioni. Ha eccepito, richiamando in particolare l’art. 7 delle Condizioni Generali, la "funzione sussidiaria" della fideiussione, non escutibile prima della messa in mora del contraente (onere assolto dall’Impresa Natoli). Si veda in proposito l’atto di appello (pag. 9) e la stessa sentenza impugnata ove, alle pagg. 4 – 5, si afferma che la società assicuratrice ha eccepito l’inammissibilità della domanda di escussione, stante la "funzione sussidiaria" della garanzia che "non poteva essere escussa prima che l’assicurato abbia costituito in mora il contraente". Pertanto, contrariamente a quanto affermato dal Giudice di merito, l’eccezione della Vittoria riguardava la sussidiarietà della garanzia; mentre non ha formato oggetto delle argomentazioni dell’appellante l’accessorietà della fideiussione, nè è stata eccepita l’estinzione della obbligazione di garanzia quale conseguenza dell’estinzione dell’obbligazione principale. Altra questione proposta in appello dalla Società garante è stata quella concernente l’asserita mancanza di inadempimento dell’appaltatrice in ragione del fatto che l’incompleta esecuzione dei lavori sarebbe la mera conseguenza della dichiarazione di fallimento. Tale argomento, trattato nel successivo terzo motivo di ricorso, non avrebbe, secondo la ricorrente, alcuna attinenza con l’accessorietà della fideiussione e la conseguente opponibilità delle eccezioni spettanti al debitore principale (in particolare per quanto riguarda l’estinzione del rapporto). Pertanto, la sentenza impugnata sarebbe illegittima per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato) poichè la Corte di Appello ha accolto l’eccezione in esame senza che la stessa fosse stata proposta dalla appellante.

3.2.b. Anche qualora l’eccezione di estinzione dell’obbligazione principale (e di quella accessoria di garanzia) dovesse considerarsi proposta dalla Vittoria sulla base della complessiva valutazione delle sue deduzioni in appello, sarebbe, comunque, errata l’affermazione della Corte territoriale secondo cui si tratterebbe di "eccezione in senso lato, non preclusa in questa sede, in quanto attinente al fatto estintivo dei diritti nascenti dal contratto, accertabile anche di ufficio dal Giudice", avendo la giurisprudenza di legittimità precisato che il divieto in grado di appello di nuove eccezioni (la Vittoria è rimasta contumace nel giudizio di primo grado) che non siano rilevabili anche d’ufficio – posto dall’art. 345 c.p.c., comma 2 – riguarda le eccezioni vere e proprie che sono riservate alla disponibilità della parte, tra le quali rientrano quelle che hanno ad oggetto fatti estintivi, impeditivi o modificativi del diritto fatto valere; al contrario non rientrano nel divieto e sono quindi proponibili in appello le eccezioni in senso lato o improprio che hanno ad oggetto fatti costitutivi della domanda e operano ipso iure. Pertanto l’eccezione in esame, "attinente al fatto estintivo dei diritti nascenti dal contratto", costituisce eccezione in senso proprio, non rilevabile d’ufficio e vietata in appello dall’art. 345 c.p.c., sicchè il garante non può eccepire le vicende del rapporto principale ex art. 1945 c.c..

3.3. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 1957 C.C. E DELLA L. FALL., ART. 81 – R.D. 16 MARZO 1942, N. 267 ( ART. 360 C.P.C., N. 3).

OMESSA E CONTRADDITTORIA MOTIVAZIONE CIRCA UN FATTO CONTROVERSO E DECISIVO ( ART. 360 C.P.C., N. 5).

3.3.a. La ricorrente ritiene superficiale e non condivisibile l’affermazione della Corte di Appello secondo cui "la solo parziale esecuzione dei lavori è conseguita non ad un inadempimento della Tre G (è pacifico che al momento della dichiarazione di fallimento il rapporto era in corso ed i lavori avanzavano seguendo i tempi pattuiti), ma all’impossibilità legale derivante dal fallimento, che ha comportato lo scioglimento automatico del contratto ( L. Fall., ex art. 81)… ". Sottolinea di avere ampiamente evidenziato nei precedenti gradi di giudizio (Comparsa di Costituzione in appello, pagg. 9-12 sub. 5,f) di aver conservato la garanzia del fideiussore, anche dopo lo scioglimento del contratto di appalto L. Fall., ex art. 81, con la presentazione in data 20.2.2001 (quindi entro il termine di sei mesi previsto dall’art. 1957 c.c., comma 1, risalendo la dichiarazione di fallimento all’11.10.2000) d’istanza di ammissione al passivo del fallimento dell’appaltatrice (doc. 16 fase, di primo grado). Persistendo la fideiussione prestata dalla Vittoria anche dopo il fallimento dell’appaltatrice e il conseguente scioglimento del contratto di appalto, è evidente che l’inadempimento della Tre G andava valutato con riferimento alle obbligazioni garantite.

3.4. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA l. Fall., ARTT. 55 E 81 ( R.D. 16 MARZO 1942, N. 267).

3.4.a. Con riferimento alla garanzia prestata per la restituzione dell’anticipazione, la Corte d’Appello osserva (sent. pag. 8) che legittimamente la Vittoria Assicurazioni si è rifiutata di adempiere "attesa la definizione dell’ambito fallimentare dei rapporti tra l’appaltatrice e la Natoli", che in tale sede "avrebbe avuto modo di far valere il proprio credito alla restituzione della somma anticipata e non interamente recuperata". Anche in tale caso si tratta di motivazioni prive di fondamento.

3.4.b. L’istanza di insinuazione al passivo del fallimento è stata respinta, stante l’impossibilità per il creditore di far valere un valido titolo, essendosi l’inadempimento manifestato in data 13.11.2000, successivamente alla dichiarazione di fallimento dell’11.10.2000 (istanza di ammissione al passivo doc. 16 del fascicolo di primo grado; nota del curatore con cui si comunica la non ammissione del credito per mancanza di titolo, ultimo doc. del fascicolo detto, depositato all’udienza del 5.2.2002). Sicchè in sede fallimentare la ricorrente non ha potuto recuperare la somma residua di L. 64.063.200 ancora dovuta dall’appaltatrice.

3.4.c. Invoca, pertanto, l’orientamento di questa S.C. che, proprio con riferimento a polizza fideiussoria prestata a garanzia della restituzione dell’anticipazione versata, ha precisato che il fallimento dell’obbligato principale non determina l’estinzione dell’obbligazione garantita.

4. Osserva la Corte che il terzo ed il quarto motivo – da trattarsi congiuntamente data l’intima connessione – sono fondati ed il loro accoglimento assorbe ogni decisione in ordine alle censure formulate con i primi due motivi.

4.1. Diversamente da quanto ritenuto nella sentenza impugnata, infatti, il fallimento dell’appaltatore – che ha comportato lo scioglimento del contratto d’appalto ai sensi della L. Fall., art. 81 – ha determinato non già l’estinzione dei debiti pecuniari garantiti, bensì l’esigibilità dei corrispondenti crediti del committente.

4.2. Si deve, infatti ribadire che "Il fallimento determina L. Fall., ex art. 81, lo scioglimento del contratto di appalto, con conseguente diritto del committente, in caso di fallimento dell’appaltatore (salva l’ipotesi di subingresso del curatore) alla restituzione dell’anticipazione versata. Per effetto della L. Fall., art. 55 (comma 2) i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso, dalla data di dichiarazione di fallimento, ma la scadenza è evidentemente cosa diversa, ed anzi addirittura contrapposta, rispetto alla liberazione del medesimo, in quanto proprio essa, determinandone la esigibilità, importa l’obbligo del pagamento. Il fallimento, pertanto, non produce nessuna forma di liberazione per alcuno dei soggetti implicati, dando luogo solo a particolare disciplina concorsuale con preclusione di ogni azione nei confronti del debitore (salve le eccezioni di legge) e con persistenza dei connessi obblighi di terzi (Cass. Sez. 1^, 19.6.1987 n. 5373, in motivazione). Invero, "qualora la fidejussione garantisca un debito di facere, quale quello dell’appaltatore, e si traduca quindi nell’impegno di far fronte al risarcimento che sia dovuto a norma dell’art. 1218 cod. civ., ed alla restituzione della controprestazione già pagata, il sopravvenuto fallimento dell’appaltatore medesimo, e la conseguente risoluzione del rapporto secondo la previsione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 81, segnano la definitività dell’inadempimento ed il momento a partire dal quale l’appaltante può avanzare le sue richieste contro il debitore, e, pertanto, anche il giorno in cui inizia a decorrere il termine fissato a pena di decadenza della garanzia fideiussoria dall’art. 1957 cod. civ. (Cass. 24 gennaio 1986, che ha aggiunto che resta irrilevante che alla suddetta data non sia ancora quantificata l’indicata obbligazione sostitutiva; v., anche Cass. n. 1025 del 1982).

4.3. L’impresa appaltante creditrice, per non perdere la garanzia fideiussoria, ove in questi termini resti qualificata la polizza in lite, aveva (soltanto) l’onere di proporre nei confronti del debitore principale, e nel termine fissato dall’art. 1957 cod. civ., l’istanza prevista dal primo comma di tale disposizione, consistente in un atto esprimente iniziativa giudiziale tesa ad accertare la sua pretesa creditoria, rispettando la forma imposta dalla regola del concorso.

Come questa Corte ha già avuto modo d’affermare, la decadenza di cui si discute "non è resa inoperante dall’apertura a carico del debitore principale della procedura concorsuale siccome essa non implica l’impossibilità giuridica di proporre istanze contro il debitore e di coltivarle diligentemente ma comporta soltanto che la diligenza del creditore sia valutata in relazione alle possibilità concesse dall’ordinamento in questi casi" (Cass. n. 16807/2009;

24060/2006). Il fallimento del debitore principale non rappresenta, quindi, impedimento giuridico ostativo alla realizzazione della pretesa del creditore, il quale resta solo onerato, per non incorrere in decadenza, di fare uso dello strumento che l’ordinamento gli consente d’attivare, seppur limitato alla mera richiesta di riconoscimento del suo credito.

4.4. Nella specie, la richiesta d’insinuazione allo stato passivo era stata tempestivamente proposta; nè la circostanza che essa non sia stata accolta in sede concorsuale assume rilievo decisivo in questa sede, nella quale è stata azionata la pretesa quale originariamente definita e fondata sull’obiettiva constatazione della mancata esecuzione delle obbligazioni garantite alla data del fallimento. Nè – diversamente da quanto affermato nell’impugnata sentenza – poteva assumere rilievo la "definizione in sede fallimentare" dei rapporti tra appaltante ed appaltatore fallito, perchè anche quelli, eventuali, tra fideiussore escusso ed appaltatore avrebbero potuto e dovuto trovare definizione in quella stessa sede fallimentare.

5. L’accoglimento del terzo e del quarto motivo – sulla base della ritenuta mancata estinzione dell’obbligazione principale – assorbe ogni decisione in ordine ai primi due, in quanto idoneo a far ritenere operante la garanzia anche in caso di riconduzione del rapporto allo schema classico della fideiussione. Ne deriva il difetto di interesse del ricorrente ad impugnare le statuizioni sul punto contenute nella sentenza impugnata (1^ motivo), al pari di quelle relative all’introduzione nel presente giudizio della questione dell’estinzione dell’obbligazione principale (2^ motivo).

6. Pertanto, accolti il terzo ed il quarto motivo, assorbiti i primi due, la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla medesima Corte territoriale, in diversa composizione, che procederà a nuovo esame alla luce dei principi di cui ai precedenti punti 4.2. e 4.3., previa verifica dell’effettivo scioglimento del rapporto di appalto in questione a norma della L. Fall., art. 81, comma 2 (non essendo perspicua nella parte in fatto della sentenza impugnata, nè negli atti del presente giudizio, l’indicazione di tutto il contesto concorsuale (sempre nei limiti in cui assuma rilievo nella presente controversia), tra l’altro, ove si afferma, che l’impresa appaltante era stata autorizzata dal giudice delegato alla ripresa dei lavori.

Il giudice di rinvio pronuncerà anche sul governo delle spese, incluse quelle del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il terzo ed il quarto motivo del ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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