Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-09-2011) 17-10-2011, n. 37488

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di Torre Annunziata, con sentenza 11 aprile 2003 ha ritenuto E.A. e F.C. responsabili del reato di violenza sessuale ai danni di due minori B.L. e D.F.V., rispettivamente di anni nove e dieci (art. 609 quater c.p., comma 1) e, concesse le attenuanti generiche, ha condannato ciascuno alla pena di anni otto di reclusione; con la stessa sentenza, il Tribunale ha assolto gli imputati N. A. e C.R. con la formula "perchè il fatto non sussiste". I Giudici hanno evidenziato il "deprecabile" metodo con il quale sono state raccolte le prime dichiarazioni dei minori che non sono state videoregistrate o fonoregistrate per cui non sono più fruibili nella loro interezza; il B.L. è stato,poi, escusso alla presenza del fratello maggiore F., che aveva fatto personali indagini per individuare i molestatori, ed è intervenuto schermando le risposte della parte lesa; D.F. ha modificato la sua primitiva versione (nella quale sosteneva di non essere stato abusato) sotto la minaccia di un arresto del padre e dopo essere stato notiziato delle dichiarazioni di L.; anche le modalità con le quali le parti lese hanno effettuato la ricognizione personale è stata censurata dai Giudici di merito. Ciononostante, il Tribunale ha ritenuto che le accuse dei minori (che il perito aveva riconosciuto capaci di testimoniare) sulle violenze sessuali, che si confortano a vicenda, fossero circostanziate e credibili e che l’individuazione del F. e dello E. quali autori dei reati avessero i connotati della certezza che non rivestiva, invece, l’individuazione dei residui imputati.

Con sentenza 27 maggio 2010, la Corte di Appello di Napoli ha confermato la impugnata decisione in tema di responsabilità ed ha diminuito la pena per ciascun imputato ad anni sette di reclusione.

I Giudici hanno rilevato come la conclusione del Tribunale fosse condivisibile perchè il racconto accusatorio delle due parti lese posto in essere in sede di audizione protetta fosse credibile e l’attendibilità della narrazione ragazzi, in gran parte sovrapponibile, fosse confermata dal riconoscimento degli imputati e dalla identificazione dei luoghi ove sì realizzavano gli abusi; la perizia svolta sui due minorenni ha escluso con certezza che il loro racconto sia frutto di fantasia.

La Corte, per le modalità esecutive dell’abuso e le circostanze dell’azione, ha negato l’applicabilità della fattispecie dell’art. 609 bis c.p., u.c..

Per l’annullamento della sentenza, gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione, in particolare, rilevando:

– che la sentenza ha una motivazione di stile ,è estremamente sintetica e non risponde alle vibrate censure degli appellanti;

– che le evidenti abnormità metodologiche nella assunzione della dichiarazione dei minori hanno determinato una ricostruzione artificiosa dei fatti ed hanno ricadute sulla individuazione dei presunti violentatori: vi era stata una influenza esterna nella elaborazione della vicenda da parte dei ragazzi non tenuta in considerazione dal Tribunale;

– che la narrazione di L. che è inquinata dalle sollecitazioni del fratello e quelle di V. dalla minaccia dello arresto del padre;

– che non è stato considerato che F. aveva un alibi.

La prima censura dell’atto di ricorso è meritevoli di accoglimento e tale conclusione, per il suo carattere assorbente, esonera il Collegio dal prendere in esame le residue deduzioni degli imputati.

E’ appena il caso di rilevare come la Corte di Appello possa rifarsi alla struttura motivazionale della prima sentenza per la materiale ricostruzione del fatto, se la reputa puntuale, e per le parti della decisione non oggetto di specifica doglianza.

Nel caso in cui le censure dell’appellante non contengano argomenti o elementi nuovi e diversi da quelli sottoposti all’esame dal primo Giudice (e correttamente confutati nella relativa sentenza), la Corte territoriale può rifarsi alla motivazione ed alla conclusione del Tribunale avendo, tuttavia, cura di esplicitare la ragione per la quale sono condivisibili.

Nella ipotesi, poi, che l’imputato formuli specifiche critiche su uno o più punti della gravata sentenza, la Corte territoriale non può motivare limitarsi a trascrivere o sunteggiare la impugnata decisione senza dare la doverosa risposta ai rilievi sollevati nell’atto di gravame (salva la loro palese infondatezza); in caso contrario, verrebbe meno la funzione del secondo grado del processo che consente di sottoporre al sindacato di un nuovo giudice le ragioni argomentative del primo.

In base a tali rilievi, si deve concludere che la sentenza in esame si pone al di fuori del, sia pure legittimo in certi casi, ricorso alla motivazione per relationem ed è viziata per carenza argomentativa e per mancata puntuale risposta alle censure dell’atto di appello: in esso, gli imputati avevano articolato varie critiche alla sentenza del Tribunale che non sono state prese nella dovuta considerazione.

Il provvedimento impugnato si limita riprodurre in sintesi quello del primo Giudice dichiarando di condividerlo senza specificare la ragione di tale adesione, ripercorrendo lo stesso percorso argomentativo del Tribunale, senza darsi carico delle confutazioni, non palesemente inconsistenti, degli appellanti. Ad esempio, la Corte territoriale considera, senza spiegazione alcuna, genuino il riconoscimento da parte dei minori degli attuali imputati quali autori delle violenze sottovalutando la circostanza che questo tema costituiva il fulcro dei motivi di appello.

Per la rilevata lacuna argomentativa, la impugnata sentenza deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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