Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-09-2011) 17-10-2011, n. 37487 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In parziale riforma della decisione del Tribunale, la Corte di Appello di Bologna, con sentenza 23 giugno 2010, ha ritenuto C.R. responsabile del reato di violenza sessuale continuata (art. 609 bis c.p., art. 609 ter c.p., n. 1) ai danni due ragazze M. e E. minori degli anni quattordici e – ravvisata l’ipotesi attenuata e valutate le attenuanti generiche prevalenti sulla aggravante – lo ha condannato alla pena di anni tre di reclusione.

Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno reputato non necessario procedere a perizia psicologica per accertare la capacità a testimoniare delle minori stante la loro età al momento dei fatti ed all’epoca dello incidente probatorio e l’assenza di particolari indicazioni da cui desumere patologie incidenti sui processi cognitivi o predisposizioni ad elaborazioni fantastiche.

Indi, i Giudici hanno ritenuto attendibile e credibile il racconto accusatorio delle giovani le quali hanno riferito, prima ai parenti ed poi nel corso dello incidente probatorio, che in varie occasioni, quando andavano a trovare una loro amica A., dovevano subire le attenzioni sessuali del di lei nonno.

Il vero pilastro della accusa è stato individuato nella circostanza che le due parti lese (che non si conoscevano e non potevano influenzarsi a vicenda) abbiano attribuito all’imputato identici comportamenti erotici.

Nè a sminuire la attendibilità di M. si poneva la circostanza, segnalata dalla difesa, secondo la quale l’episodio del bacio narrato dalla ragazza fosse impossibile per la presenza di parenti (dal momento che tale presenza era riferibile ad una diversa occasione); ad analoga conclusione, la Corte è pervenuta per una omissione di E. che, in sede di incidente probatorio, non ha riferito del primo episodio di violenza avvenuto sulle scale, perchè il nucleo centrale della sua deposizione è rimasto identico.

Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:

– che è illogica ed incongrua la motivazione sul diniego della perizia psicologica sulle minori ( con conseguente mancata assunzione di una prova decisiva) in quanto le caratteristiche del teste adolescente e le eventuali problematiche collegate alle fantasie sessuali possono determinare distorsioni mestiche che dovevano essere approfondite: l’analisi doveva riguardare sìa il momento dei fatti sia quello delle dichiarazioni dibattimentali perchè il ricordo può essere trasformato dalla ripetizione degli avvenimenti o dalle modalità degli interrogatori;

– che le dichiarazioni di E. non rispettano i criteri della spontaneità,della costanza narrativa indicato dalla Corte come linea guida per accertare la attendibilità dei minori;

– che i Giudici non hanno preso in considerazione la possibilità che l’episodio del bacio fosse innocente e sia stato frainteso dalla persona offesa;

– che mancano riscontri alle dichiarazioni delle minori in quando i testi hanno riferito solo quanto dalle stesse loro narrato;

– che è illogica la motivazione sulla riduzione di pena per le attenuanti generiche e sull’aumento per la continuazione.

La circostanza che qualunque soggetto possa assumere la qualità di testimone e la insussistenza di preclusioni soggettive in materia, non esclude che possa rendersi necessario una indagine sulla idoneità del dichiarante sia fisica (per accertare la funzionalità degli organi sensoriali) sia mentale (per verificare le sue condizioni psichiche) a rendere testimonianza come permette l’art. 196 c.p.p., comma 2; tra la tipologia degli accertamenti esperibili (effettuabili con "i mezzi consentiti dalla legge") va annoverata una perizia psicologica. Dal tenore della citata norma, discende che l’indagine sulle condizioni fisiche o psichiche del testimone non è obbligatoria e, di solito, è disposta quando vi siano concreti indici rilevatori della sua incapacità a testimoniare non valutabili, nella loro entità e ricadute, dalle sole competenze del giudice.

Se il dichiarante è un minore in tenera età, si pone costantemente il problema della sua capacità a comprendere i fatti, a memorizzarli ed a riferirli in modo utile, del suo discernimento a distinguere accadimenti reali da quelli solo immaginati e della sua suggestionabilità.

Di conseguenza, anche se è non normativamente imposto, è opportuno che l’esame dei bambini piccoli sia preceduto da una perizia psicologica sulla loro maturità psicofisica.

Tale problematica non è trasferibile alla ipotesi che ci occupa nella quale le giovani testimoni avevano dodici e tredici anni all’epoca dei fatti e quindici al momento della loro deposizione giudiziaria. Pertanto, era ragionevolmente prevedibile che non confondessero la realtà con le loro immaginazioni o confabulazioni e fossero in grado di riferire con precisione esperienze autobiografiche; una tale competenza è stata dimostrata dalle ragazze in sede testimoniale.

Diverso è il problema, risolvibile dal solo Giudice e non delegabile al perito, della credibilità della giovani dichiaranti. Per sminuire la ragionevole conclusione della Corte territoriale sul tema, il ricorrente prospetta la possibilità di distorsioni mnestiche nei minorenni senza indicare alcun elemento o argomento dal quale trarre la conclusione che tale teorica possibilità fosse di attualità nei casi concreti.

Naturalmente la capacità a testimoniare può coniugarsi con la non attendibilità delle dichiarazioni rese e su questo punto il ricorrente riproduce al vaglio di legittimità le censure già sottoposte all’esame dei Giudici di merito e da questi disattese con apparato argomentativo congruo e completo; di questa motivazione, il ricorrente non tiene conto nella redazione delle sue censure che sotto tale profilo, pur essendo prolisse, sono prive della necessaria concretezza perchè non in sintonia con le ragioni giustificatrici della gravata decisione. Sulla affidabilità delle giovani , la Corte territoriale ha concluso positivamente dopo una accurata, logica disamina e ponderazione del materiale istruttorio che tiene anche conto delle deduzioni dell’appellante puntualmente confutate; la motivazione è congrua, completa, corretta, immune da errori logici o giuridici e, pertanto, insindacabile in questa sede.

In tale contesto, tutte le censure dell’atto di ricorso tendono ad una rinnovata ponderazione del coacervo probatorio – alternativa a quella correttamente operata dai Giudici di merito – ed introducono problematiche che esulano dai limiti cognitivi della Cassazione. Ciò in quanto, la novazione legislativa dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e ha attribuito alla Corte di legittimità solo la facoltà di verificare la tenuta logica del provvedimento impugnato oltre i limiti testuali, con riguardo agli atti processuali che il ricorrente ritiene arbitrariamente considerati o mali interpretati.

Rimane fermo il divieto per la Cassazione- in presenza di una motivazione non manifestamente illogica o contraddittoria- di una diversa ponderazione delle prove.

Per quanto concerne la quantificazione della pena, si osserva che la Corte non ha valutato nella massima espansione le attenuanti generiche (perchè concesse solo a ragione della incensuratezza); per il quantum di continuazione interna non è riscontrabile una specifica motivazione, ma il generico riferimento ai criteri dell’art. 133 c.p. che può ritenersi sufficiente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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