Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-09-2011) 17-10-2011, n. 37393 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti sono stati condannati dal gip presso il tribunale di Napoli per il reato di bancarotta fraudolenta ed altro; contro la sentenza che ha applicato la pena su richiesta delle parti, tutti i ricorrenti propongono ricorso.

D.R.P. espone due motivi di ricorso:

– con un primo motivo denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione alla violazione degli artt. 444 e 129 c.p.p., L. Fall., artt. 216, 219 e 223;

– con un secondo motivo denuncia violazione di legge e mancanza, contraddittorietà manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 444 c.p.p. e art. 240 c.p.;

– con un terzo motivo denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 129 e 444 c.p.p., nonchè artt. 476, 48, 479, 319, 323 e 321 c.p..

P.P. espone a sua volta tre motivi di ricorso, analoghi a quelli proposti dal D.R.:

– con un primo motivo denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione alla violazione degli artt. 444 e 129 c.p.p., L. Fall., artt. 216, 219 e 223;

– con un secondo motivo denuncia violazione di legge e mancanza, contraddittorietà manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 444 c.p.p. e art. 240 c.p.;

– con un terzo motivo denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 129 e 444 c.p.p., nonchè artt. 319, 323 e 321 c.p..

G.A. propone ricorso per violazione di legge in riferimento all’art. 129 c.p.p., artt. 378, 81 e 110 c.p., L. Fall., artt. 216, 219 e 223.

Il procuratore generale della cassazione ha formulato osservazioni scritte, con le quali ha sostenuto l’infondatezza di tutti i ricorsi, ad eccezione della censura relativa alla confisca disposta con la sentenza di patteggiamento, che non sarebbe stata in alcun modo motivata.

Motivi della decisione

D.R.P., con i motivi di ricorso esposti nella parte in fatto, si lamenta perchè il giudice avrebbe dovuto pronunciare sentenza di assoluzione per la insussistenza del fatto di cui al capo A – non essendo sufficiente l’esistenza di un divario fra passivo ed attivo per integrare il reato di bancarotta, ma essendo necessaria la presenza di condotte fraudolente finalisticamente orientate a danno dei creditori – e non avrebbe dovuto pronunciare la confisca della società in sequestro, evidenziando come non vi sia alcuna motivazione in ordine alla sussistenza delle condizioni di legge per operare la confisca stessa.

Per quanto riguarda gli altri capi contestati (capi C, D, ed E), vi sarebbe, secondo la difesa, violazione dell’obbligo di motivazione e violazione dell’obbligo di declaratoria ex art. 129 c.p.p..

Per questi motivi chiede l’annullamento della sentenza e in subordine l’annullamento della confisca dei beni in sequestro.

P.P., con i motivi di ricorso esposti nella parte in fatto, si lamenta perchè il giudice avrebbe dovuto pronunciare sentenza di assoluzione per la insussistenza del fatto di cui al capo A – non essendo sufficiente l’esistenza di un divario fra passivo ed attivo per integrare il reato di bancarotta, ma essendo necessaria la presenza di condotte fraudolente finalisticamente orientate a danno dei creditori – e non avrebbe dovuto pronunciare la confisca della società in sequestro, evidenziando come non vi sia alcuna motivazione in ordine alla sussistenza delle condizioni di legge per operare la confisca stessa.

Afferma, poi, alla pagina 3 del ricorso, che non vi è alcuna motivazione, neppure sintetica, circa la sussistenza delle condotte di cui al capo A. Per questi motivi chiede l’annullamento della sentenza e in subordine l’annullamento della confisca dei beni in sequestro.

G.A. censura il provvedimento impugnato, sostenendo che il gup avrebbe dovuto riqualificare il fatto di bancarotta al più come reato di favoreggiamento, punito in maniera molto più lieve, dal momento che egli, attraverso le condotte a lui attribuite nell’imputazione avrebbe fornito un apporto all’imprenditore fallito per assicurargli il profitto del già commesso reato di bancarotta fraudolenta. Il gup, in sostanza, avrebbe dovuto controllare la corretta qualificazione giuridica del fatto, così come ascritto al ricorrente, secondo il quale ".. Tutti gli elementi di fatto contenuti nell’imputazione rimandavano alla fattispecie prevista dall’art. 378 c.p.".

I ricorsi proposti da D.R. e P. pongono due questioni analoghe: una inerente alla violazione dell’art. 129 c.p.p. per non avere il giudice pronunciato sentenza di assoluzione per sussistenza del fatto; l’altra inerente all’omessa motivazione sulla confisca dei beni sequestro. Entrambi lamentano inoltre carenza di motivazione in ordine ai reati per cui vi è stata applicazione della pena. I motivi possono essere trattati congiuntamente. Quanto al primo si deve condividere quanto affermato dal procuratore generale, nel richiamo della precedente giurisprudenza di questa corte. Ed in effetti le sezioni unite di questa corte insegnano che "L’obbligo della motivazione, imposto al giudice dall’art. 111 Cost. e art. 125 c.p.p., comma 3 per tutte le sentenze, opera anche rispetto a quelle di applicazione della pena su richiesta delle parti. Tuttavia, in tal caso, esso non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p." (Cassazione penale, sez. un., 27/09/1995, n. 10372). Orbene, va notato che la sentenza impugnata non si limita ad un’affermazione di questo tipo, ma approfondisce i fatti e città gli elementi di prova sulla base dei quali il giudice stesso, nell’esercizio delle sue funzioni di merito, ha ritenuto sussistente infatti ascritti agli imputati (si veda il quarto capoverso della pagina sette della sentenza).

Quanto al problema della confisca si deve rilevare che effettivamente la sentenza impugnata non contiene alcuna motivazione, contrariamente agli insegnamenti della giurisprudenza, la quale ritiene che "Anche con la sentenza di patteggiamento il giudice che disponga la confisca facoltativa delle cose sequestrate deve motivare sulla circostanza che la libera disponibilità del bene possa costituire un incentivo alla reiterazione della condotta criminosa e la sua valutazione, se correttamente e logicamente motivata, si sottrae al sindacato di legittimità. (Nella specie, in cui, contestualmente all’applicazione della pena, era stata disposta la confisca del telefono cellulare dell’imputato senza alcuna motivazione, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza, disponendo la restituzione del bene all’interessato)" (Cassazione penale, sez. 4, 26/10/2010, n. 41560;

conf. Cassazione penale, sez. 5, 03/11/2009, n. 47179 ed altre).

Quanto al ricorso di G.A., lo stesso deve essere rigettato in quanto la qualificazione giuridica del fatto operato delle parti, della cui correttezza il giudice deve farsi carico, non presuppone affatto un’indagine approfondita sulle prove in atti, ma deve essere condotta con riferimento agli addebiti per cui si procede; è dunque corretta l’affermazione del procuratore generale, laddove rileva che al G. era stato contestato in capo di imputazione anche un concorso morale nella bancarotta fraudolenta, per cui il fatto successivo dell’acquisto delle quote sociali si pone, sotto tale profilo, come elemento ulteriore e non invece come parametro di valutazione per la qualificazione giuridica operata dalle parti e ritenuta in sentenza. (1. In argomento si veda anche Cassazione penale sez. 5, 25 marzo 2010, n. 21287: "E’ inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti della sentenza di patteggiamento e diretto a far valere asseriti vizi afferenti a questioni incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato e per la relativa qualificazione giuridica risultante dalla contestazione, poichè l’accusa, come giuridicamente formulata, non può essere rimessa in discussione, in quanto l’applicazione concordata della pena presuppone la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato". (Conforme, sez. 2, 14 gennaio 2009, n. 5240).

Per questi motivi il ricorso di G.A. deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, mentre i ricorsi di D.R. e P. devono essere accolti in parte, con l’annullamento della sentenza limitatamente alla parte in cui dispone la confisca dei beni in sequestro.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca e nei confronti di D.R. e P., con rinvio al tribunale di Napoli per nuovo esame. Rigetta nel resto i ricorsi e condanna G. al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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