T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 16-11-2011, n. 907 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 Il sig. R.L.U. con atto notificato il 3 luglio 2001 – depositato il successivo 31 – esponeva: (a) di esser proprietario di un lotto di terreno sito in Latina Lido – località Capoportiere – recintato, non distante dalla spiaggia demaniale, pianeggiante sul quale era stata allocata una casetta in legno di mq. 30 circa, regolarmente costruita e dotata di allaccio alle reti idrica, elettrica e fognante; sul lotto dotato di essenze arboree, insistevano anche un comodo piazzale per il parcheggio di 5 – 6 automobili ed una piccola tettoia in legno per il ricovero di un’autovettura al coperto; (b) che la casetta "arredata in modo essenziale ed al massimo della fruibilità consentiva alla famiglia del ricorrente di trascorrere comodamente la stagione balneare, e di ospitare amici"; (c) che detto manufatto, con l’entrata in vigore del piano particolareggiato dei comprensori costieri o PPE Latina Lido era dichiarato abusivo e soggetto a demolizione con ordinanza n. 5305 del 4 maggio 1981, quindi che il comune negava le autorizzazioni edilizie per una manutenzione dello stesso poi pervenuto a totale distruzione; (d) che con sentenza 4253 del 30 maggio 2000 il Consiglio di Stato dichiarava illegittimo il citato PPE; (e) che inutilmente instava per la concessione e/o autorizzazione al ripristino del manufatto ed altrettanto inutilmente chiedeva una soluzione diversa, in via transattiva e conciliativa.

1.1 Il ricorrente deduceva quindi che il comportamento, del comune e del dirigente, integrava violazione di legge – violazione dell’art. 97, comma 1, della Costituzione – violazione dell’art. 31 della legge 1942 n° 1150, dell’art. 9 della legge 28.01.1977 n° 10 e dell’art. 107 del D. Lgs. 18.08.2000 – violazione dell’art. 2043 cod. civ.; tanto con riguardo: (ì) al diniego di autorizzazione e/o concessione alla ricostruzione del manufatto, preesistente e al PRG ed al PPE annullato, diniego lesivo del diritto acquisito in forza delle precedenti concessioni; (ìì) alla sussistenza del danno risarcibile, sostanziato dalle poste e secondo i valori indicati o comunque da quantificare a mezzo consulenza tecnica.

2 Con atto depositato il 28 gennaio 2002 si è costituto il comune di Latina. Con delega in calce all’atto introduttivo, depositato il 20 gennaio 2003, si è costituito il dirigente del comune di Latina.

3 Con atto notificato il 24 marzo 2004 – depositato il 1° aprile 2004 – si sono costituiti G.L. ved. R.L.U. (deceduto il 10 agosto 2003), R.C., R.E., R.M. e R.R..

4 I ricorrenti hanno quindi depositato documentazione (25 luglio 2011), memorie di discussione e di replica (19 – 29 settembre 2011) al pari del comune (19 – 29 settembre 2011) e del dirigente del settore (15 – 28 settembre 2011), i quali hanno argomentato l’inammissibilità e comunque l’infondatezza della domanda.

5 Alla pubblica udienza del 20 ottobre 2011 il ricorso è stato chiamato ed introdotto per la decisione.

Motivi della decisione

1 Il Collegio è chiamato a definire la domanda di risarcimento dei danni rapportati al mancato rilascio dei titoli edilizi necessari alla ricostruzione di un manufatto e delle sue pertinenze, demoliti in forza di ordinanza comunale n. 5305 del 4 maggio 1981 successiva all’entrata in vigore del piano particolareggiato dei comprensori costieri o PPE Latina Lido annullato della Sezione con decisioni non incise dalla definizione dell’appello proposto dal comune. Tali vicende implicherebbero la violazione del diritto veicolato dai permessi che avevano consentito la costruzione del manufatto e delle altre opere in ricorso indicate, diritto ricostituito per effetto di dette decisioni e che avrebbe imposto il rilascio, appunto, di ogni provvedimento utile alla ricostruzione del bene a suo tempo demolito, quindi alla ricostituzione dell’originaria situazione giuridica soggettiva.

2 In via preliminare occorre ricostruire la vicenda alla luce della documentazione in atti, per individuare l’evento di danno quindi il fatto, giuridicamente rilevante, che lo avrebbe prodotto; il tutto in relazione al principale assunto per il quale la demolizione dei manufatti, alla ricostruzione dei quali il comune si è opposto e che sostanzia l’istanza riparatoria in esame, sarebbe occasionata dal predetto strumento esecutivo poi travolto in sede giurisdizionale.

2.1 Dagli atti allegati al ricorso emerge che: (ì) il lotto veniva recintato con pali di castagno nel 1960, sullo stesso si installava una baracca in legno nel 1961 e che il de cuius dei ricorrenti, nel 1962, sostituiva la vecchia recinzione ed apportava "… inoltre delle modifiche alla vecchia baracca in legno aumentandone la superficie coperta…"; tali indicazioni si traggono dal rapporto di servizio del 26 febbraio 1981 prot. n. 92, richiamante anche l’autorizzazione del capo del compartimento marittimo di Roma – da ricondurre all’articolo 55 del codice della navigazione – per la costruzione di un villino mai realizzato; (ìì) nel 1964, 1965 e 1966 l’amministrazione provinciale concedeva la possibilità di aprire due accessi (uno pedonale ed uno carrabile), l’attraversamento in cavo di linea elettrica, la recinzione e la pavimentazione del marciapiede antistante la proprietà, quindi la posa in opera di conduttura per acqua potabile sotto la strada lungomare Pontino al km. 12 + 800; (ììì) dal predetto rapporto di polizia locale originava l’ordinanza n. 5305/2681, prot. n. 18324 del 4 maggio 1981, con la quale si ingiungeva la demolizione di una baracca in legno (ml. 6,40 x ml. 3,60 per h pari a ml. 3,00) e della recinzione "… in pannelli di cemento prefabbricato…" eseguita in sostituzione della preesistente; (ìv) nello specifico detta ordinanza presupponeva: – la mancanza di preventiva autorizzazione ex articolo 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497; – le previsioni del p.r.g. approvato con D.M. del 13 gennaio 1971, n. 6476 "… dal quale si ricava che la fascia compresa tra la strada Lungomare e la Linea di battigia è destinata a Vincolo Generale di Inedificabilità e Demolizioni", nonché quelle del Piano Particolareggiato dei Comprensori Costieri della Marina di Latina; – quindi che "… la costruzione abusiva de quo contrasta con le norme di Legge e con le prescrizioni del P.R.G. e P.P.E.;"; (v) infine che il dante causa degli attuali ricorrenti richiedeva la ricostruzione del manufatto e che tale richiesta era negativamente esitata.

3 Da siffatta ricostruzione emergono vicende che contrastano quanto addotto a fondamento della domanda. Ed, infatti: (a) è certamente erronea la tesi della legittimità edilizia – urbanistica dei manufatti demoliti e dei quali si è chiesto la ricostruzione, tesi fondata su atti della provincia che tuttavia non autorizzano – per i profili che interessano – la costruzione e l’ampliamento della baracca; gli invocati provvedimenti provinciali poi, riferibili agli altri manufatti, rilevano sul piano concessorio, cioè dell’assentimento della facoltà di eseguire opere in prossimità e/o su aree provinciali, aspetto questo che si trae con evidenza dal titolo e dalla sua corrispettività (rilascio di licenza dietro pagamento di un canone; cfr. nota provinciale del 25 settembre 1965); (b) parimenti privo di adeguato sostegno è l’ulteriore assunto per il quale la demolizione dei manufatti sarebbe da collegare al citato P.P.E. il cui travolgimento avrebbe comportato l’illegittimità dell’ordinanza e la ricostituzione della situazione giuridica soggettiva (diritto alla ricostruzione dei manufatti demoliti) lesa ed ora risarcire per equivalente; il che è escluso dai contenuti della menzionata ordinanza di demolizione dalla quale, come anticipato, si ricava che la sostituzione della baracca in legno – con manufatto di ben altre dimensioni – e della recinzione, contrastava al tempo con norme specificamente citate, non ultime, quelle del P.R.G.; tanto certifica la connotazione abusiva delle opere in sé ed a prescindere dal P.P.E. le vicende del quale quindi non possono esser invocate a sostegno dell’istanza risarcitoria.

4 Quanto esposto già di per sé solo depone per la reiezione della domanda perché non può predicarsi la preesistenza di una situazione giuridica soggettiva, la sua ricostituzione – in dipendenza delle vicende che hanno interessato il P.P.E. – ora risarcire per equivalente, stante la connotazione abusiva dei manufatti edificati senza il conseguimento dei permessi, delle autorizzazioni e/o concessioni, imposto dalle disposizioni citate nel provvedimento sanzionatorio.

5 Nell’esame della domanda rileva altresì la circostanza per la quale l’amministrazione si è opposta alla ricostruzione.

6 Sul punto, deve innanzitutto convenirsi con la difesa del dirigente comunale secondo la quale la reiezione delle istanze di ricostruzione è stata formalizzata con provvedimenti lesivamente connotati ma mai contestati. Non può tuttavia convenirsi con la proposta inammissibilità della relativa domanda per decadenza, in quanto il relativo termine è stato fissato solo con il codice del processo amministrativo.

7 Ciò detto, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (23 marzo 2011, n. 3; ma anche Consiglio di Stato, IV, 31 marzo 2011, n. 1983) nel definire una vicenda anteriore al codice del processo amministrativo alla stregua del principio di autonomia tra azione di risarcimento e di annullamento, ha sottolineato che la mancata attivazione della seconda – o di ogni altro rimedio – rileva nello scrutinio della prima, tanto in forza degli articoli 32, comma 3, c.p.a. e 1227, comma 2, c.c. In particolare poi "… la rilevanza sostanziale delle condotte negligenti, eziologicamente preganti…", opererebbe non "… sul piano dell’ingiustizia del danno… (ma) su quello della causalità…", introducendo così un giudizio "… sulla cd. causalità ipotetica, in forza del quale non deve esser risarcito un danno che il creditore non avrebbe subito se avesse serbato il comportamento collaborativo cui è tenuto secondo correttezza.", comportamento implicante, non "… attività straordinarie o gravose…", ma comunque utili ad evitare o a contenere il danno. Il mancato utilizzo del "… ricorso per annullamento finalizzato a rimuovere la fonte del danno…, condotta esigibile alla luce del dovere di solidale cooperazione…" quindi, "… spezza il nesso causale e, per l’effetto, impedisce il risarcimento del danno evitabile.", sempre che "… l’interesse all’annullamento oggettivamente non esista, sia venuto meno e, in generale, non sia suscettibile di soddisfazione.". Infine, sempre secondo la citata decisione: (ì) "… la mancata proposizione del ricorso di annullamento va apprezzata nel quadro di una valutazione più ampia del comportamento complessivo della parte in seno al quale l’omissione processuale si colloca."; (ìì) il giudice è "… chiamato a valutare,… se il presumibile esito del ricorso di annullamento o l’utilizzazione degli altri strumenti di tutela avrebbe, secondo un giudizio di causalità ipotetica,… evitato in tutto o in parte il danno.".

8 Dai su richiamati principi si traggono ulteriori argomenti che depongono per l’infondatezza della domanda rapportata al danno da mancata ricostruzione degli immobili.

8.1 Quanto ai possibili esiti delle iniziative contro i dinieghi – del 1992 e del 2001- opposti dal comune e motivati in ragione della necessità del conseguimento della concessione edilizia, deve rilevarsi che nel caso, le stesse non avrebbero comunque sortito esiti favorevoli e ciò perché come già dimostrato, l’intervenuta demolizione dei manufatti che la parte intendeva ricostruire, è originata dal carattere abusivo, il che, come anticipato, esclude la sussistenza della lesione di una situazione giuridica titolata da un punto di vista urbanistico ed edilizio pregiudicata dal P.P.E. le vicende del quale, pertanto, non rilevano ai fini de quibus.

8.2 Sul piano poi del comportamento complessivo per come certificato dagli atti, l’intima connessione tra demolizione dei manufatti, dinieghi opposti alla ricostruzione e correlata istanza risarcitoria, implica la rilevanza degli esiti delle iniziative di tutela attivate contro la sanzione. In argomento, infatti, non va omesso di considerare che dopo l’iniziale tutelare cautelare (cfr. nota del procuratore del comune in quale giudizio acquisita dall’amministrazione al prot. n. 02432 del 15 giugno 2001) accordata dalla Sezione, il giudizio di impugnazione della, più volte citata, ordinanza n. 5305/2681, prot. n. 18324 del 4 maggio 1981 è stato definito, su espressa indicazione di parte ricorrente, nel senso dell’improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse con sentenza confermata in appello (cfr. la documentazione allegata alla memoria di replica depositata dalla difesa del dirigente il 28 settembre 2011).

8.3 Infine, va rilevato che presupposta, per quanto già detto, l’inesistenza di un "diritto" alla ricostruzione in dipendenza dell’annullamento del P.P.E., l’originario richiedente non avrebbe comunque potuto conseguire la concessione edilizia "… perché le norme attuali non consentono quanto richiesto." (cfr. nota depositata presso il comune il 12 marzo 2001 in risposta al diniego di cui alla nota n. 21360 del 20 febbraio 2001).

9 La domanda va pertanto rigettata in ragione dell’inesistenza di una situazione giuridica e della sua lesione da risarcire per equivalente. Le spese seguono, come per legge, la soccombenza per l’ammontare in dispositivo liquidato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione staccata di Latina (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 4.000,00 (quattromila,00) ed in misura uguale per ciascuna delle parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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