Cass. civ. Sez. III, Sent., 29-03-2012, n. 5057 Parti comuni dell’edificio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 25-10-2010 la Corte di Appello di Venezia ha confermato la sentenza di rigetto della domanda proposta dalla Gardasol s.r.l., volta ad ottenere il rilascio di un monolocale, adibito a ricezione, acquistato con rogito del 13-11-1992, e di diciannove appartamenti di sua proprietà, siti nel fabbricato denominato (OMISSIS), asseritamene detenuti senza titolo dalla s.r.l Millenium s.r.l., con conseguente condanna di quest’ultima al risarcimento del danno per la illegittima detenzione degli immobili a far data dal 1-1-97.

La Corte di appello ha ritenuto che la s.r.l. Millenium deteneva gli immobili in base ad un contratto di locazione per cui aveva pagato il canone e che il locale adibito a ricezione risultava essere bene condominiale, locato alla Millenium dal Condominio, come risultava dal verbale di assemblea del 29-10-99.

Propone ricorso la Gardasol s.r.l con due motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la s.r.l Millenium illustrato memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo viene denunziato difetto motivazione e violazione degli artt. 1117 e 2909 c.c. e della L. n. 679 del 1969, art. 5, in relazione alla negazione della proprietà del locale ad uso ricezione in capo alla Gardasol.

Sostiene la ricorrente che erroneamente la Corte di appello ha ritenuto la natura condominiale di tale bene, censito al subalterno 310, locato dal Condominio alla società Millenium, sul rilievo che questo risultava venduto come bene condominiale dalla Residence Club Verona Sud con atto del 18-10-91 alla condomina P.S., ritenendo irrilevante la successiva vendita del bene in data 13-11-92 alla società Guardasol, sulla base di un frazionamento di parte, come da denunzia di variazione dell’8-11-91.

Assume la ricorrente che con l’atto del 18-10-91 era stato venduto un bene diverso dal quello oggetto del trasferimento successivo del 13- 11-92, e che il frazionamento menzionato aveva riguardato un immobile diverso, come era rilevabile dall’atto di vendita del 18-10-91 e dalla planimetria ad esso allegata.

Inoltre l’elenco dei subalterni dell’atto del 18-10-91 conteneva un errore in quanto la portineria al piano terra era indicata fra i beni comuni non censibili al piano terra, quando non era mai esistita una portineria, essendovi invece l’ufficio oggi occupato dalla Millenium.

Tale circostanza era rilevabile anche dal regolamento di condominio dove non erano indicati beni comuni, come confermato anche dalla teste B. e dal teste M..

Assume che la Corte ha erroneamente applicato l’art. 1117 c.c. e – L. n. 679 del 1969, art. 5, senza considerare che il bene adibito a reception era del tutto autonomo e non destinato ad esigenze comuni, con conseguente irrilevanza della Delib. Condominiale 29 ottobre 1999. 2. Il motivo è infondato.

La censura con cui la ricorrente denunzia che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto, in contrasto con le risultanze probatorie, che i due successivi atti di vendita riguardassero lo stesso bene, mentre in realtà essi riguardavano beni diversi, è inammissibile sia perchè privo di autosufficienza, sia perchè si risolve in una censura di travisamento del fatto.

La ricorrente fonda il motivo sul contenuto di una serie di documenti e di alcune testimonianze, senza riportare in ricorso nemmeno nelle parti rilevanti il contenuto degli stessi.

Difatti il ricorrente per cassazione, il quale intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile. Cass. ord. 4 settembre 2008, n. 22303. 3. Il travisamento del fatto non può costituire motivo di ricorso per cassazione poichè, risolvendosi in un’inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, costituisce un errore denunciabile con il mezzo della revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4, Cass. 10 marzo 2006, n.5251;

Cass. 20 giugno 2008, n. 16809; Cass. 30 gennaio 2003, n. 1512; Cass. 27 gennaio 2003, n. 1202. 4. La censura nella parte in denunzia la violazione dell’art. 1117 c.c. e la L. n. 679 del 1969, art. 5 è infondata e non congruente con la decisione impugnata.

La Corte di appello ha ritenuto che la natura condominiale del bene si evinceva dall’atto di compravendita del 18-10-91 con cui il Condominio aveva venduto a P.S., fra l’altro, anche i diritti di proprietà condominiale sullo stesso e che dalla delibera condominiale 29-10.99 risultava che la società Millenium deteneva a titolo di locazione l’immobile a piano terreno adibito a ricezione.

5. Tale decisione non è in violazione dell’art. 1117, che prevede la natura condominiale di alcuni beni, se il contrario non risulti dal titolo. Tale previsione non esclude la natura condominiale di beni anche non inclusi in tale elencazione, potendo la natura comune di un bene derivare anche dalla destinazione ad esso impressa dall’originario unico proprietario.

Il ricorrente denunzia la erronea applicazione dell’art. 1117 c.c., censurando la motivazione solo in relazione alla presunzione di condominialità di alcuni beni, senza esaminare la diversa ipotesi di bene comune in base al titolo.

6. Il riferimento alla violazione della L. n. 679 del 1969, art. 5 è assorbito dal rigetto della censura con cui si denunzia il vizio di natura revocatoria.

7. Con il secondo motiva si denunzia difetto di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 in ordine all’accertata esistenza di un contratto di locazione dei 19 appartamenti di proprietà della società Guardasol.

La ricorrente denunzia la contraddittorietà fra le testimonianze del testi T., M., B. e Ma..

8. Il motivo è infondato.

Il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione non può essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non vi si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’ "iter" formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). In caso contrario, il motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, ovvero di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione. Cass. civ., Sez. lavoro, 22 febbraio 2006, n. 3881. 9. La Corte di Appello ha ritenuto provata l’esistenza del contratto di locazione sulla base delle risultanze delle prove testimoniali, che avevano confermato la conclusione fra le parti di un accordo sul canone i sul pagamento degli oneri condominiali relativi a detti appartamenti, e confermata dalla produzione di bonifici bancari mensili con specifica indicazione della causale, regolarmente incassati dalla Guardasol per anni senza riserva.

La ricorrente non segnala alcuna caduta di consequenzialità del ragionamento del giudice di merito, ma la censura si risolve in una richiesta di una nuova valutazione delle risultanze probatorie inammissibile in sede di legittimità. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in Euro 5.200, 00, di cui Euro 200, 00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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