Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-07-2011) 17-10-2011, n. 37494

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.V. è stato condannato alla pena di anni due, mesi otto di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa per il delitto di cui all’art. 600 bis c.p. (favoreggiamento della prostituzione del minore S.S.) con sentenza 28.12.2007 del GIP del Tribunale di Taranto, confermata dalla Corte di Appello di Lecce e divenuta irrevocabile il 3.3.2010.

Il D. ha avanzato poi richiesta di revisione fondata, ai sensi dell’art. 630 c.p.p., lett. c), su prove sopravvenute, costituite dalle dichiarazioni successivamente rese dalla parte offesa S. S., acquisite in sede di indagini difensive, con cui il dichiarante asserisce che le accuse formulate a carico dell’imputato, sulle quali si basa la sentenza di condanna non corrispondono al vero.

La Corte di appello di Potenza, con ordinanza del 16.9.2010, ha dichiarato inammissibile la richiesta, rilevando che la prova nuova costituita dalle dichiarazioni della parte offesa non era idonea a giustificare la revisione della sentenza di condanna, poichè le allegazioni defensionali "non erano dotate di capacità ed efficacia dirimente rispetto al complessivo compendio probatorio emerso a suo tempo a carico del D. nel corso del giudizio penale".

La Corte territoriale ha argomentato, in particolare, che "la lettura della sentenza offre un solido spaccato probatorio dell’impianto accusatorio, basato prevalentemente sui risultati di intercettazioni telefoniche genuine e dal significato inequivoco … che sono state oggetto di un attento e rigoroso vaglio di attendibilità nei tre gradi di giudizio in cui si è snodato il processo". "A fronte delle conversazioni intercettate, captate nel rispetto della rigorosa disciplina processuale prevista in materia, da cui emergono con evidente chiarezza gli estremi del delitto per cui è intervenuta condanna, la difesa ha allegato dichiarazioni, verosimilmente condizionate dal rapporto amicale esistente tra il dichiarante ed il condannato che … risultano inidonee a contrastare il quadro probatorio granitico formatosi intorno alle condotte criminose addebitate al ricorrente".

Avverso l’anzidetta ordinanza di inammissibilità ha proposto ricorso per cassazione il difensore del D., il quale ha eccepito:

– che la Corte d’appello ha deciso de piano, previa acquisizione del parere (favorevole) del Procuratore generale, che però, in violazione dei diritti della difesa, non è stato notificato all’interessato pur dandosene atto nella premessa del provvedimento;

– che la fase rescindente del giudizio di revisione è diretta a verificare che tale mezzo straordinario di impugnazione sia proposto nei casi previsti, con l’osservanza delle norme di legge, e che non sia manifestamente infondato. La Corte d’appello di Potenza, invece, avrebbe "proceduto ad una anticipazione del giudizio di merito entrando, di fatto e certamente non prognosticamente, in una valutazione globale dell’insieme anche nel divieto imposto dalle norme del codice di procedura penale". Sarebbe stata illegittimamente effettuata, nella specie, una valutazione approfondita (riservata, invece, alla fase rescissoria, nel pieno contraddittorio delle parti) dell’efficacia dei nuovi elementi di prova di incidere in modo favorevole sulle prove già raccolte e sul connesso giudizio di colpevolezza;

– che la Corte d’appello avrebbe incongruamente omesso di considerare che la parte offesa, nel giudizio di merito già svoltosi, non è stata mai sentita, sicchè le dichiarazioni del S. (di nuova acquisizione) assumono particolare valore in ordine alla ricostruzione dei fatti, risultando priva di qualsiasi giustificazione l’affermazione secondo la quale quelle dichiarazioni sarebbero "verosimilmente" condizionate dal rapporto amicale esistente tra il dichiarante ed il condannato.

Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso è fondato e merita accoglimento.

1. Osserva preliminarmente il Collegio che, nel giudizio di revisione, è conforme a legge l’adozione di una procedura non partecipata per il vaglio iniziale di ammissibilità della richiesta.

Nel sistema delineato dal codice di rito attualmente vigente resta esclusa l’articolazione del giudizio di revisione in una fase rescindente e in una fase rescissoria ma le valutazioni preliminari di inammissibilità della richiesta di revisione (assimilabili alla usuale valutatone preliminare sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del procedimento d’impugnazione) possono essere compiute anche "de plano", spettando invece alla Corte di appello l’adozione del rito camerale con la garanzia del contraddittorio per i casi di inammissibilità che non siano di evidente ed immediato accertamento (vedi Cass.: sez. 5, 8.4.2010, n. 21296, Scuderi; sez. 2, 27.1.2009, n. 5609, Scopece; sez. 1, 30.3.2005, n. 26967, Pagano).

2. Tanto premesso, il Collegio rileva che deve ritenersi fondato il rilievo relativo alla mancata comunicazione alla parte del parere espresso dal Procuratore generale, di cui si da atto nella premessa dell’ordinanza impugnata.

Nessuna disposizione impone, in via generale, che il pubblico ministero produca le sue conclusioni in vista di decisioni da assumere d’ufficio, senza ritardo nè formalità, in punto di ammissibilità di un atto d’introduzione del procedimento.

Non è previsto, in particolare, dall’art. 634 c.p.p. che sia sentito il pubblico ministero (nella persona del Procuratore generale presso la Corte d’appello).

Pur tuttavia, ove in concreto conclusioni del rappresentante dell’ufficio del pubblico ministero siano state offerte alla valutazione del giudicante, esse – secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass.: sez. 5, 14.6.2007, n. 31132, Cucinotta; sez. 1, 24.6.2010, n. 29389, Zito) – devono essere comunicate e conoscibili dalla controparte che, anche in relazione a tali conclusioni, deve essere messa in grado di svolgere le sue difese ed esercitare il contraddittorio in condizione di parità (interpretazione conforme ai più recenti principi affermati dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo in materia di tutela dei diritti di difesa dell’imputato).

3. L’anzidetta comunicazione, nella specie, non è stata effettuata ed il provvedimento impugnato va di conseguenza con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro, individuata ex art. 11 c.p.p., affinchè proceda all’esame della domanda di revisione proposta dal ricorrente, restando assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso.

4. la Corte territoriale dovrà essere comunque presente che – secondo principi consolidati (ribaditi dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 624 del 2002, Pisano) – la delibazione preliminare di ammissibilità della domanda di revisione deve, per quel che concerne la valutazione circa la sussistenza di ciascuna delle ipotesi di cui all’art. 630 c.p.p., arrestarsi al riscontro oggettivo della "presenza di specifiche situazioni ritenute dalla legge sintomatiche delle probabilità di errore giudiziario e della ingiustizia della sentenza irrevocabile" di cui si chiede la revisione.

Sicchè, ai fini dell’inammissibilità da dichiararsi "de plano", l’attributo "manifesta", che contrassegna l’infondatezza della richiesta di revisione, deve considerare nella assolutamente evidente delle ragioni poste a base della richiesta stessa a consentire una verifica sull’esito del giudizio; con la precisazione che tale capacità deve ritenersi requisito "tutto intrinseco alla domanda", o meglio alla forza persuasiva della richiesta da sola considerata:

essendo riservata alla delibazione del merito, da svolgersi con la garanzia del contraddittorio, ogni valutazione sulla effettiva idoneità delle nuove allegazioni a travolgere, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio, il giudicato.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Annulla il provvedimento impugnato e rinvia, per nuovo esame, alla Corte d’Appello di Catanzaro.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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