Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-07-2011) 17-10-2011, n. 37484

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Svolgimento del processo

La Corte di appello dì Calamaro, con sentenza del 9.2.2011, confermava la sentenza 14.5.2008 del Tribunale monocratico di quella città, che aveva affermato la responsabilità penale di F. M. in ordine ai delitti di cui:

– alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. c), per avere abusivamente detenuto, al fine di porti in commercio, n. 47 CD musicali abusivamente riprodotti;

– all’art. 648 cpv. cod. pen., per avere acquistato o comunque ricevuto, al fine di trarne profitto, i supporti anzidetti, di provenienza illecita in quanto abusivamente riprodotti (acc. in Catanzaro, il 15.1.2004) e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., lo aveva condannato alla pena principale complessiva di mesi 3 di reclusione ed Euro 400,00 di multa ed alle pene accessorie di legge, con la concessione dei doppi benefici.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore del Fanti, il quale ha eccepito la inconfigurabilità del delitto dì ricettazione, prospettando che tale delitto non potrebbe ritenersi sussistente nell’ipotesi in cui l’imputato sia chiamato a rispondere, per la medesima condotta, anche del reato previsto dalla L. Speciale n. 633 del 1941.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perchè manifestamente infondato.

Sulla questione della possibilità del concorso fra il delitto di ricettazione e quelli di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, le Sezioni Unite si sono pronunciate con la sentenza n. 47164 del 20.12.2005, rie. Marino, ed hanno stabilito che, soltanto per le condotte successive alla L. 18 agosto 2000, n. 248, entrata in vigore il 19.9.2000, ma anteriori alla modifica legislativa di cui al D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 68, entrato in vigore il 29.4.2003, non può ritenersi il concorso fra i reati di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter e quello di cui all’art. 648 cod. pen..

Le Sezioni Unite, in particolare, hanno affermato che:

"E’ ammissibile il concorso delle condotte di acquisto o ricezione punite dall’art. 648 cod. pen. con le successive condotte di immissione in commercio punite dalla L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 171 ter.

Nel vigore della L. n. 248 del 2000 la condotta di acquisto di supporti audiovisivi fonografici o informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni legali, ove non costituisse concorso ex art. 110 c.p. in uno dei reati previsti dalla L. 22 aprile 1941, n. 633, artt. 171 e 171 octies, integrava l’illecito amministrativo di cui all’art. 16 della stessa legge, che, in virtù del principio di specialità previsto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 9, prevaleva in ogni caso sull’art. 648 cod. pen., che punisce lo stesso fatto, anche se l’acquisto fosse destinato al commercio.

Sopravvenuto il D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 68, che ha abrogato la L. n. 248 del 2000, art. 16 (art. 41) e l’ha sostituito con il nuovo testo della L. n. 633 del 1941, art. 174 ter (art. 28), è possibile il concorso tra il reato di ricettazione e quello di cui alla L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 171 ter, e successive modificazioni, quando l’agente, oltre ad acquistare supporti audiovisivi fonografici o informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni legali, li detenga a fine di commercializzazione; configurandosi l’illecito meramente amministrativo previsto dalla L. n. 633 del 1941, art. 174 ter soltanto quando l’acquisto o la ricezione siano destinati a uso esclusivamente personale.

La situazione normativa così ricostruita non è mutata con il D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella L. 14 maggio 2005, n. 80, perchè l’incauto acquisto di cose provenienti da taluno dei reati previsti dalla L. n. 633 del 1941 può integrare gli estremi della contravvenzione prevista dall’art. 712 cod. pen.; mentre solo l’incauto acquisto di cose di provenienza altrimenti illecita, vale a dire di cose non provenienti da reato, può integrare gli estremi dell’illecito amministrativo previsto dall’art. 1, comma 1, del citato decreto legge".

Tale orientamento è stato ribadito dalla 2 Sezione penale con le sentenze nn. 19566/2006 e 23544/2009.

Nel caso in esame, non caratterizzato da detenzione dei supporti ad uso esclusivamente personale, i fatti contestati risalgono al 15 gennaio 2004, sicchè resta fermo il concorso fra i due delitti contestati al ricorrente.

Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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