Cass. civ. Sez. III, Sent., 29-03-2012, n. 5052 Risarcimento del danno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 21/7/2009 la Corte d’Appello di Milano respingeva il gravame interposto dal sig. C.P. nei confronti della pronunzia Trib. Busto Arsizio 18/6/2007 di rigetto, per ritenuto decorso della prescrizione, della domanda proposta contro il sig. D.R. e la di lui compagnia Assitalia Le Assicurazioni d’Italia s.p.a. nonchè contro il sig. C.F. e la di lui compagnia Mediolanum Assicurazioni s.p.a., di risarcimento dei danni sofferti in conseguenza di sinistro stradale avvenuto in (OMISSIS).

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il C. P. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi.

Resistono con separati controricorsi le compagnie Mediolanum Assicurazioni s.p.a. ed Ina Assitalia s.p.a. (incorporante la Assitalia Le Assicurazioni d’Italia s.p.a.).

Motivi della decisione

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., "in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5".

Si duole che la corte di merito abbia dichiarato l’inammissibilità dell’appello erroneamente ravvisando generici i motivi di appello, laddove "i motivi di impugnazione contrastano con sufficiente puntualità e determinatezza le argomentazioni e il fondamento logico- giuridico della sentenza impugnata".

Con il 2 motivo denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 342 e 324 c.p.c., art. 2909 c.c., "in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5".

Lamenta che nel dichiarare prescritto il diritto azionato la corte di merito ha evidentemente compreso quale fosse la censura mossa alla sentenza di prime cure, a conferma della specificità delle censure mosse con l’atto di appello.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la specificità dei motivi di appello esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico giuridico delle prime, e a tal fine l’onere di specificità dei motivi di impugnazione (da valutarsi in correlazione con il tenore della motivazione della sentenza impugnata) deve considerarsi integrato in sufficiente grado quando emerge la contrapposizione dell’appellante alle argomentazioni ivi esposte in guisa tale da inficiarne il fondamento logico giuridico, come nel caso in cui lo svolgimento dei motivi sia compiuto in termini incompatibili con la complessiva argomentazione della sentenza, restando in tal caso superfluo l’esame dei singoli passaggi argomentativi, sicchè la sussistenza del carattere di specificità dei motivi di gravame è ben ricavabile dell’esame dello snodo motivazionale decisivo ai fini della raggiunta decisione impugnata (cfr. Cass., 24/11/2005, n. 24817).

Orbene, nell’affermare che "l’atto di appello incorre nella sanzione dell’inammissibilità, non essendo state sufficientemente specificate le ragioni di fatto e di diritto per le quali l’appellante insiste nella riforma della sentenza" di primo grado, in quanto "l’appellante si è limitato a dedurre l’errore del Giudice adducendo semplicemente che "per le ragioni già illustrate nel corso del giudizio di primo grado che qui si richiamano, il termine prescrizionale applicabile alla fattispecie è quello quinquennale" e che anche a voler seguire l’impostazione adottata dal giudice di prime cure risulta documentalmente che il termine prescrizionale non è maturato nel caso di specie, avendo il Sig. C.P. tempestivamente provveduto ad interromperne il corso", pervenendo quindi a dichiarare (in termini tra l’altro pure intrinsecamente contraddittori) "il rigetto dell’inammissibile appello principale", altresì osservando che la "ritenuta inammissibilità dell’appello sui motivi concernente la prescrizione dichiarata dal tribunale, è assorbente, e non lascia spazio per alcun altro accertamento" sicchè "anche in questa sede … ogni domanda inerente alla responsabilità dell’incidente ed ai danni … resta preclusa dal giudicato sulla prescrizione dichiarata dal tribunale, reso intangibile dalla evidenziata inammissibilità dei motivi di appello", la corte di merito ha nell’impugnata sentenza invero disatteso i suindicati principi.

A parte il rilievo che la specificità dei motivi di impugnazione richiesta dagli artt. 342 e 434 c.p.c. è invero verificabile dal giudice di legittimità direttamente, riconducendo la censura nell’ambito degli errores in procedendo, attraverso l’interpretazione autonoma dell’atto di appello (v. Cass., 21/1/2009, n. 9760; Cass., 15/1/2009, n. 806; Cass., 24/11/2005, n. 24817; Cass., 21/1/2004, n. 967, Contra v. peraltro Cass., 1/2/2007, n. 2217; Cass., 22/02/2005, n. 3538), consentito anche in ossequio al precetto costituzionale sul giusto processo (v. Cass., 14/8/2008, n. 21676), va osservato che diversamente da quanto nell’impugnata sentenza affermato i motivi recati dall’atto di appello si appalesano non essere affatto generici.

La contrapposizione dell’appellante in ordine alla ritenuta applicabilità nel caso della prescrizione biennale anzichè quella più lunga ex art. 2947 c.c., comma 3, emerge infatti chiaramente, come sintomaticamente si coglie anche alla stregua di quanto riportato nella stessa sentenza.

In particolare là dove si da atto che "Secondo l’appellante la sentenza era errata nella parte in cui aveva dichiarato l’intervenuta prescrizione del proprio diritto al risarcimento per il decorso di due anni decorrenti dallo spirare del termine per proporre querela, quando questa non era stata proposta, dovendosi applicare il termine quinquennale, e comunque avendo C.P. tempestivamente provveduto ad interrompere il termine, come risultante documentalmente. Inoltre, la corresponsione da parte di Assitalia della somma risarcitoria di Euro 82.000,00 era una condotta incompatibile con la volontà di valersi della prescrizione".

Un tanto a fortiori ove si consideri che all’epoca della proposizione dell’appello (21/12/2007) la questione costituiva oggetto di annoso contrasto interpretativo, poi risolto da Cass., Sez. Un., 18/11/2008, n. 27337 nel senso dell’applicabilità all’azione risarcitoria, ove l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche per difetto di querela, dell’eventuale più lunga prescrizione prevista per il reato giusta il disposto dell’art. 2947 c.p.c., comma 3.

A tale stregua, a fronte di una chiaramente espressa censura su questione di diritto di centrale rilevanza ai fini della decisione della controversia sottoposta al suo esame la corte di merito avrebbe dovuto non sottrarsi alla sollecitata relativa disamina.

Dell’impugnata sentenza, assorbiti gli altri motivi, va pertanto disposta la cassazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Milano perchè, in diversa composizione, in applicazione dei suindicati principi faccia luogo alla non compiuta disamina.

Il giudice di rinvio provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il 1 ed il 2 motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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