Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-07-2011) 17-10-2011, n. 37477Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Ancona, con sentenza del 26.1.2010, in parziale riforma della sentenza 29.5.2009 del Tribunale collegiale di Pesaro, pronunziata in esito a giudizio celebrato con il rito abbreviato:

a) ribadiva l’affermazione della responsabilità penale di – P. A., S.A. e Z.T. (alias A. B.) in ordine ai reati di cui:

– all’art. 628 c.p., commi 1 e 3, rapina aggravata di due telefoni cellulari in danno di B.R.;

– agli artt. 582, 583, 585 e 576 cod. pen. lesioni personali volontarie gravi infette volontariamente al B. in occasione della rapina e consistite in un trauma contusivo all’emivolto destro con frattura completa della mandibola – in Fano, località Ponte Sasso, il 21.4.2009;

– S.A. e Z.T. (alias A.B.) in ordine al reato di cui:

– agii artt. 110, 81 cpv. cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 concorso nella illecita detenzione, anche a fini di spaccio, di sostanze stupefacenti del tipo hashish e cocaina;

– in Pesaro, il 22.4.2009;

– P.A. in ordine al reato di cui:

– all’art. 385 c.p., commi 1 e 3, evasione dagli arresti domiciliari – in Fano, località Ponte Sasso, il 21.4.2009;

– Z.T. (alias A.B.) in ordine ai reati di cui:

– all’art. 497-bis c.p., commi 1 e 2, possesso di falso documento di identificazione valido per l’espatrio – in Pesaro, il 22.4.2009;

– agli artt. 477 e 482 cod. pen. contraffazione della patente di guida – in Pesaro, il 22.4.2009;

b) riconosceva a S. e Z. circostanze attenuanti generiche anche in relazione al reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti e (correggendo il calcolo effettuato da primo giudice, ma non potendo modificare in pejus il trattamento sanzionatorio contenuto nella sentenza di primo grado) ribadiva le condanne alle pene complessive:

– per il P., di anni 2, mesi 4 di reclusione ed Euro 600,00 di multa (ritenuta la continuazione tra tutti i reati contestati);

– per il S., di anni 4, mesi 2 di reclusione ed Euro 12.300,00 di multa (ritenuta la continuazione soltanto tra i reati di rapina e di lesioni personali volontarie);

– per lo Z. di anni 5 di reclusione ed Euro 12.500,00 di multa (ritenuta la continuazione, rispettivamente, tra i reati di rapina e di lesioni personali volontarie, nonchè tra quello di detenzione di sostanze stupefacenti ed i falsi);

c) ribadiva le pene accessorie inflitte a S. e Z. e l’applicazione a tutti gli imputati della misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato a pena espiata;

d) confermava la condanna solidale al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile B.R., liquidati in via definitiva nella complessiva somma di Euro 10.000,00.

Avverso tale sentenza hanno proposto separati ricorsi gli imputati.

Il P. ha eccepito: la carenza di prove in punto di affermazione della responsabilità; la assoluta mancanza di riscontri obiettivi alle accuse formulate dalla parte offesa; il vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio anche per la mancata valutazione della marginalità della sua condotta ai sensi dell’art. 114 cod. pen.;

Il S. ha prospettato di essere rimasto estraneo al reato di rapina, "essendosi limitato ad accompagnare altri soggetti presso l’abitazione della persona offesa". Ha lamentato, altresì, la "mancata applicazione della disciplina del reato continuato" a tutti i reati a lui ascritti.

Lo Z. ha eccepito:

– la inutilizzabilità delle dichiarazioni accusatorie della parte lesa, nei cui confronti non erano state osservate le formalità di cui agli artt. 63 e 64 c.p.p., "nonostante a suo carico (per espressa affermazione del Tribunale di Pesaro) sussistessero chiari indizi di reità in ordine al reato di acquisto a fini di spaccio di sostanze stupefacenti";

– la illegittimità della valutazione frazionata delle dichiarazioni della parte offesa, operata dai giudici del merito i quali, con apprezzamento palesemente contraddittorio, avevano ritenuto inattendibile il B. quando diceva che il debito per il quale aveva subito l’aggressione nasceva da un prestito, mentre gli avevano poi attribuito piena credibilità per la parte della narrazione riferita all’impossessamento dei suoi telefoni cellulari;

– la manifesta illogicità della motivazione, per non avere unificato nella disciplina del reato continuato tutti i delitti di cui era stato ritenuto responsabile.

Con dichiarazione del 27.6.2011 P.A. ha formalmente rinunziato al ricorso, affermando di avere interesse al passaggio in giudicato della sentenza già da lui impugnata.

Motivi della decisione

Tutti i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.

1. Il ricorso proposto da P.A. è inammissibile per sopravvenuta rinunzia, ex art. 589 c.p.p. e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. d).

2. Il ricorso di S.A. è genericamente formulato, in violazione di quanto prescritto dall’art. 581 c.p.p., lett. c), poichè privo dell’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono la richiesta.

Il requisito della specificità implica infatti, per la parte impugnante, l’onere non solo di indicare con esattezza i punti oggetto di gravame, ma di spiegare anche le ragioni per le quali si ritiene ingiusta o contra legem la decisione, all’uopo evidenziando, in modo preciso e completo, ancorchè sintetico, gli elementi che si pongono a fondamento della censura (vedi Cass., Sez. 3, 3.3.1999, n. 2896, La Mantia). Tali elementi non caratterizzano, in concreto, la laconica impugnazione in oggetto.

3. Il ricorso di Z.T. (alias A.B.) è manifestamente infondato.

3.1 La sanzione delineata dall’art. 63 c.p.p., comma 2 – secondo il quale sono inutilizzabili erga omnes le dichiarazioni assunte senza garanzie difensive presso un soggetto che avrebbe dovuto essere sentito in qualità di imputato o persona soggetta alle indagini – opera nei soli casi in cui, a carico dell’interessato, sussistano od emergano indizi non equivoci di reità.

Nella specie lo Z. ha riferito di avere dato 500,00 Euro in prestito al B. e di avere ricevuto in restituzione soltanto 100,00 Euro: il debitore, poi, pure avendo promesso di estinguere interamente il suo debito estro un mese, non vi aveva ottemperato ed aveva smesso persino di rispondergli al telefono.

La parte lesa ha dichiarato, a sua volta, di avere ricevuto in prestito 1.000,00 Euro e di non avere restituito nulla.

Il giudice di primo grado ha soltanto supposto "che la somma dovuta dalla parte civile avesse quale causale una precedeste cessione di stupefacente", ma – allo stesso tempo – ha messo addirittura in dubbio che Z. vantasse effettivamente un credito.

In una situazione siffatta è davvero azzardato prospettare che il B. abbia reso "dichiarazioni indizianti" circa l’acquisto di sostanze stupefacenti, riconducibili alle previsioni dell’art. 63 c.p.p..

3.2 Deve ribadirsi poi la giurisprudenza costante di questa Corte secondo la quale le testimonianze, se non veritiere in una parte, non possono per ciò solo essere disattese nella loro alterezza, essendo compito del giudice di merito procedere alla verifica ed alla individuazione delle parti che trovano riscontro, non necessariamente oggettivo, ed espungere invece quelle altre parti che appaiono prive di conforto, dando motivata spiegazione delle scelte differenziate.

E’ stata così affermata la legittimità di una valutazione frazionata delle dichiarazioni della parte offesa, rilevandosi che l’eventuale giudizio di inattendibilità, riferito al alcune circostanze, non inficia la credibilità delle altre parti del racconto, sempre che non esista un’interferenza fattuale e logica tra le parti del narrato per le quali non si ritiene raggiunta la prova della veridicità e le altre parti che siano intrinsecamente attendibili, tenendo conto che tale interferenza si verifica solo quando tra una parte e le altre esiste un rapporto di causalità necessaria o quando l’una sia imprescindibile antecedente logico dell’altra e sempre che l’inattendibilità di alcune delle parti della narrazione non sia talmente macroscopica, per conclamato contrasto con altre sicure emergenze probatorie, da compromettere per intero la stessa credibilità del dichiarante.

Alla stregua di tale principio i giudici del merito – nella vicenda che ci occupa – hanno dato conto, con adeguata motivazione, delle ragioni che li hanno indotti a ritenere incerta solo la parte del racconto accusatorio del B. riferita alla genesi dell’aggressione portata ai suoi danni; razionalmente operando, invece, una valutazione di attendibilità quanto alle narrate modalità dell’aggressione stessa e dell’avvenuta apprensione violenta dei due cellulari.

Deve concludersi, pertanto, che la Corte territoriale – previo adeguato raffronto con le obiezioni mosse dalla difesa degli elementi di responsabilità acquisiti a carico degli imputati – è razionalmente pervenuta, attraverso una ricostruzione coerente, ad un’affermazione di colpevolezza sulla base di un apparato argomentativo della cui logicità non è dato dubitare.

3.3 Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, la unicità del disegno criminoso, necessaria per la configurabilità del reato continuato ex art. 81 cpv. cod. pen., presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale già presenti nella mente del reo nella loro specificità e la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi dell’unitario dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere.

L’unicità della previsione delle singole violazioni, deliberate sin dall’origine nelle loro linee essenziali e riconducibili ad un unico momento volitivo, può essere riconosciuta anche tra reati non omogenei, purchè sia riscontrabile, comunque, l’elemento finalistico, ossia l’unicità dello scopo che l’agente si è prefissato.

A carico dell’interessato si pone, in proposito un onere di allegazione, che viene assolto con la specificazione di elementi concreti dai quali possa desumersi – attraverso un ragionamento condotto alla stregua di rigorosi criteri di ordine logico – la sussistenza delle condizioni alle quali l’art. 81 cod. pen. subordina l’applicazione della disciplina della continuazione.

Tali principi, nella fattispecie in esame, risultano correttamente applicati dalla Corte di merito, la quale – in carenza della specificazione di un programma unitario dell’attività delinquenziale – legittimamente ha escluso la sussistenza di un’unica deliberazione originaria in relazione a fatti-reato disomogenei, dei quali non esiste alcuna effettiva dimostrazione logica di una preordinazione di fondo.

4. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "le parti abbiano proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della stessa segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., per ciascun ricorrente, l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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