T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 16-11-2011, n. 1568 Piano per gli insediamenti produttivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nel ricorso 692/2009 il Comune di Capriano del Colle ed il Parco regionale del Monte Netto impugnano:

– con il ricorso principale, il provvedimento del 8. 4. 2009 di esclusione dalla valutazione ambientale strategica per la realizzazione del nuovo centro di distribuzione e logistica merci di Azzano Mella proposto dalla controinteressata S. (e, con esso, le deliberazioni della Giunta comunale di Azzano Mella del 11. 10. 2008 e del 20. 12. 2008 per l’attivazione della procedura della variante per insediamenti produttivi ex d.p.r. 447/98 e di nomina dell’autorità competente per la valutazione ambientale strategica relative al medesimo polo logistico);

– con il primo ricorso per motivi aggiunti, la deliberazione del Consiglio comunale di Azzano Mella del 20. 2. 2010 di approvazione della variante per insediamenti produttivi ex d.p.r. 447/98 relativa al polo logistico (e, con esso, alcuni atti propedeutici, nonchè il verbale del 27. 10. 2009 della conferenza di valutazione finale della valutazione ambientale strategica riferita al P.G.T. in itinere)

– con il secondo ricorso per motivi aggiunti, la convenzione urbanistica tra Comune di Azzano Mella e S. del 1. 10. 2010, degli atti unilaterali d’impegno di S. di pari data e del permesso di costruire del 5. 10. 2010;

– con il terzo ricorso per motivi aggiunti, la deliberazione del 23. 9. 2010 del Consiglio comunale di Azzano Mella di approvazione del P.G.T. (e con esso la delibera di adozione e gli atti relativi alla valutazione ambientale strategica resa in quel contesto).

Nel ricorso 509/2010 il Comune di Dello impugna:

– con il ricorso principale, il provvedimento del Consiglio comunale di Azzano Mella del 20. 2. 2010 che ha approvato la variante per insediamenti produttivi ex art. 5 d.p.r. 447/98 relativa al progetto del nuovo centro di distribuzione e logistica merci presentato dalla controinteressata S. (e, con esso, il verbale del 27. 10. 2009 della conferenza di valutazione finale della valutazione ambientale strategica riferita al P.G.T. in itinere, il parere di compatibilità al P.T.C.P. reso dalla provincia di Brescia il 16. 12. 2009);

– con il primo ricorso per motivi aggiunti, il Comune di Dello impugna anche la convenzione del 1. 10. 2010 tra il Comune di Azzano Mella e la S., gli atti unilaterali d’obbligo, ed il permesso di costruire del 5. 10. 2010 rilasciato alla controinteressata;

– con il secondo ricorso per motivi aggiunti, il Comune di Dello impugna anche la delibera del Consiglio comunale di Azzano Mella del 26. 3. 2010 recante adozione del P.G.T. e la delibera 23. 9. 2010 recante approvazione del P.G.T..

In definitiva, pur se i motivi non sono sempre coincidenti, per oggetto dell’impugnazione:

– il ricorso principale del Comune di Dello è sovrapponibile al primo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano del Colle e del Parco;

– il primo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Dello è sovrapponibile al secondo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano del Colle e del Parco;

– il secondo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Dello è sovrapponibile al terzo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano del Colle e del Parco.

Il Comune di Capriano del Colle e del Parco hanno proposto in più, con il ricorso principale, l’impugnativa della delibera originaria di esclusione dalla V.A.S. resa nel procedimento di variante per insediamenti produttivi ex d.p.r. 447/98 (in realtà, anche il Comune di Dello aveva proposto impugnativa contro tale provvedimento, ma con separato ricorso 691/2009, che non è stato unito agli altri due, e che quindi non viene trattato in questa decisione).

Si costituivano in giudizio il Comune di Azzano Mella (ed, in proprio, l’arch. V.F., convenuta in giudizio dal solo Comune di Capriano e dal Parco), la Provincia di Brescia e la controinteressata S., che deducevano l’inammissibilità dei ricorsi per mancanza di legittimazione ad agire, e comunque l’infondatezza dei relativi motivi.

Interveniva in giudizio ad adiuvandum anche Legambiente onlus, che chiedeva invece l’accoglimento del ricorso.

Nei ricorsi di entrambi i ricorrenti era formulata altresì istanza cautelare di sospensione dei provvedimenti impugnati.

Con ordinanze del 27. 1. 2011, nn. 107 e 108 il Tribunale accoglieva l’istanza cautelare.

Con ordinanze del 27. 5. 2011, nn. 2131, 2132, 2135, 2136 e 2137 il Consiglio di Stato respingeva le varie istanze di appello cautelare.

I ricorsi venivano discussi nel merito nella pubblica udienza del 26. 10. 2011, all’esito della quale venivano trattenuti in decisione.

Motivi della decisione

I. I ricorsi vengono riuniti per la decisione ai sensi dell’art. 70 c.p.a..

II. L’intervento edilizio oggetto del giudizio

L’oggetto dei ricorsi che arrivano all’attenzione del Tribunale è il progetto di realizzare nel territorio del Comune di Azzano Mella (ma a confine con quello di Dello, ed a poca distanza da quello di Capriano), in un’area classificata come agricola dal previgente strumento di piano e destinata prevalentemente alla coltura del mais, un centro di distribuzione e logistica merci.

Le ragguardevoli dimensioni dell’insediamento produttivo oggetto dei ricorsi hanno scatenato le iniziative giurisdizionali dei Comuni confinanti.

Il progetto prevede infatti (tutti i dati che seguono vengono tratti dalla relazione istruttoria di compatibilità al P.T.C.P. del 3. 12. 2009 versata in atti) la realizzazione di un complesso di edifici destinati alla logistica su un unico lotto fondiario che si affaccia sulla strada provinciale quinzanese. Gli edifici sono destinati allo stoccaggio ed allo smistamento di merci destinati ad essere vendute in altri luoghi.

L’area su cui si progetta l’intervento, e di cui viene chiesta la variazione di destinazione urbanistica da zona E – agricola a zona D3 – produttiva, ha una dimensione di 394.950 m2 (ambito ATP1sub A).

Essa, peraltro, è affiancata da altra area di altri 117.300 m2 (ambito ATP1- sub B), pure appartenente alla stessa società che intende realizzare l’intervento e di cui pure viene chiesta la variazione di destinazione urbanistica, anche se apparentemente non interessata dal progetto di edificazione.

L’intervento si propone di realizzare 124.458 m2 di superficie coperta di edifici (di cui 8.500 m2 con altezza superiore a 11 m.). L’altezza massima dei corpi altri degli edifici che si prevede in variante è di 37,50 m., con una soglia di tolleranza da assentire del 10%, che consentirebbe di sforare – sia pure di poco – i 40 m. di altezza. Nella relazione istruttoria sulla compatibilità con il P.T.C.P. si pone l’attenzione anche su questo aspetto visivo dell’intervento che prevede altezze superiori ai 35 m. in un territorio pianeggiante caratterizzato dalla peculiarità del Monte Netto quale rilievo isolato della pianura, e si segnala come elementi di criticità la perdita del ruolo di emergenza di ogni singolo rilievo.

L’intervento genera una necessità di standard pubblici di 20.000 m2, di cui però vengono previsti come dotazione soltanto 5.213 m2 (2.048 m2 come parcheggi, 3.165 m2 come verde), mentre i residui 14.787 m2 sono assolti tramite monetizzazione.

La stima dei flussi di traffico che saranno indotti dalla realizzazione del polo logistico prevede un traffico di autovetture pari a circa 40 veicoli per ora, ed un traffico di mezzi pesanti pari a circa 40 veicoli l’ora, che però nella stima diventano 100 veicoli equivalenti considerando che i mezzi pesanti saranno in parte camion ed in parte tir. Per sostenere questi aumentati volumi di traffico si propone di trasformare in bretella autostradale la provinciale 19 e si prevedono una serie di interventi sulla viabilità ordinaria (raddoppio delle corsie della provinciale 9, realizzazione di una controstrada alla provinciale 9, allargamento della provinciale 16, variante all’abitato di Dello) per favorirne lo scorrimento, pur in presenza dei quali, nella relazione di compatibilità a P.T.C.P. si ritiene ugualmente che "l’intervento previsto presenta una sostenibilità critica pur considerando attuati gli interventi (di adeguamento della viabilità, n.d.E.) sopra richiesti".

Quanto all’inquadramento paesistico, nel P.T.P.R. l’area oggetto dell’intervento era stata qualificata come ambito di particolare rilevanza paesistica, ricadendo nel c.d. ambito di criticità delle Colline del Mella; nel P.T.C.P. come zona agricoloboschiva.

Nell’area non sono presenti vincoli paesaggistici, ma in prossimità dell’area oggetto dell’intervento vi è il vincolo ex lege della fascia di rispetto del fiume Mella, mentre il limitrofo Comune di Capriano del Colle (oggi ricorrente) ricade nel territorio del Parco regionale del Monte Netto (anch’esso ricorrente).

La collina del Monte Netto è anche vincolata come bellezza d’insieme da uno specifico decreto ministeriale del 1976 (D.M. 24. 3. 1976), che in parte ricomprende anche il Comune di Azzano Mella, in cui si progetta l’intervento. Sempre nella stessa area altro specifico decreto ministeriale del 1958 (D.M. 5. 11. 1958) ha apposto un vincolo di tutela di un bosco di querce.

Dal punto di vista geomorfologico l’area si trova in pianura; è caratterizzata da seminativi avvicendati con presenza diffusa di filari arborei; ad est dell’area sono collocate quattro cascine ed aree agricole di valenza paesistica contestualizzanti il corso del fiume Mella; a nord due cascine; sono evidenziati filari arborei in lato sudest ed a nord.

Nella relazione istruttoria sulla compatibilità con il P.T.C.P. si riporta che il Settore agricoltura aveva evidenziato che "rispetto all’enorme consumo di suolo le indagini compiute evidenziano un notevolissimo impatto sul sistema agricolo". Sempre secondo il Settore agricoltura, la sottrazione di suolo interesserebbe superfici ad elevato valore agroforestale.

Nella relazione istruttoria sulla compatibilità con il P.T.C.P. si evidenzia che la struttura insediativa esistente è caratterizzata da un urbanizzato pari a circa 1.000.000 m2 e che l’intervento in oggetto prevede nuovo consumo di suolo per oltre 390.000 m2. L’ipotesi di una futura conurbazione tra il nucleo urbano esistente a nord e l’area della nuova realizzazione tramite future aggiunte edificatorie, innescherebbe uno sviluppo compatto verso meridione con uno sbilanciamento baricentrico dell’abitato ed una compromissione dell’ambito agricolo meridionale.

L’impatto paesistico del progetto, secondo il tipo di esame vigente in Lombardia che prevede una classificazione prevista dalla D.G.R. VII/11045/2002, è pari a punti 9,24, che è superiore alla soglia di rilevanza, ma inferiore alla soglia di tolleranza. Nella relazione istruttoria sulla compatibilità con il P.T.C.P. si ritiene, peraltro, che "tali valori appaiono sottostimare l’impatto territoriale di un intervento di tale estensione, in rapporto alle caratteristiche dei luoghi in cui si contestualizza".

III. Sulle eccezioni di inammissibilità dei ricorsi presentate da S.

La S. eccepisce la inammissibilità del ricorso per mancanza di legittimazione dei Comuni ricorrenti, nonché per mancata impugnazione del permesso di costruire del 5. 10. 2010 e del successivo P.G.T. del 23. 9. 2010, che recepisce il contenuto della variante semplificata.

Queste ultime due censure di inammissibilità sono venute meno in corso di giudizio, perché nei termini sono stati impugnati anche il permesso di costruire (con i secondi motivi aggiunti di Capriano e del Parco, e con i primi motivi aggiunti di Dello) ed il P.G.T. (con i terzi motivi aggiunti di Capriano e del Parco, e con i secondi motivi aggiunti di Dello). Ci si concentra, pertanto, sulla questione della esistenza di un interesse differenziato a ricorrere.

Nella memoria di costituzione S. sostiene che i comuni confinanti non soltanto non sarebbero in alcun modo danneggiati dall’approvazione del progetto del polo logistico, ma anzi ne riceverebbero vantaggi in termini di snellimento del traffico dalle opere stradali che verrebbero ad essere realizzate in conseguenza dell’approvazione del progetto. La S. sostiene inoltre che non sarebbe prospettabile neanche un danno all’ambiente, posto che l’area oggetto dell’intervento sarebbe priva di particolari valori paesaggistici.

In realtà – premesso che legittimazione ed interesse a ricorrere si esauriscono nella mera affermazione (e non nella prova) della necessità di tutela giurisdizionale derivante dalla lesione di un proprio interesse, perché legittimazione ed interesse non sono altro che modalità della domanda giudiziale, ma non attengono ancora al merito – si ritiene che non possa essere fondatamente messa in discussione la legittimazione da parte dei Comuni ricorrenti e del Parco ad impugnare provvedimenti che recano pregiudizio all’ambiente per opere che vengono localizzate in territorio prossimo a quello di competenza.

La legittimazione ad agire dell’ente locale in materia ambientale, in quanto titolare di un interesse collettivo, è riconosciuta dalla giurisprudenza fin da T.a.r. Lazio 1064/90 (secondo cui "il comune, quale ente territoriale esponenziale di una determinata collettività di cittadini della quale cura istituzionalmente gli interessi a promuovere lo sviluppo, è pienamente legittimato ad impugnare dinanzi al giudice amministrativo i provvedimenti ritenuti lesivi dell’ambiente).

Sarebbe d’altronde alquanto irragionevole riconoscere legislativamente all’ente territoriale la possibilità di agire in giudizio (in via successiva) per il risarcimento del danno all’ambiente (come fa l’art. 18, co. 3, l. 349/86), e negargli invece la possibilità di agire (in via preventiva) per impedire la produzione di quello stesso danno.

Sarebbe altrettanto irragionevole riconoscere la titolarità di un interesse collettivo ad associazioni ambientaliste, il cui collegamento con il territorio interessato dall’abuso è talora costituito soltanto dal fine statutario, e non individuarlo nell’ente istituzionalmente esponenziale della comunità di riferimento.

In punto di interesse differenziato ad agire, premesso in punto di ricostruzione del sistema che in materia urbanistica ed edilizia "sono legittimati all’impugnazione coloro che possono lamentare una pregiudizievole alterazione del preesistente assetto urbanistico ed edilizio per effetto della realizzazione dell’intervento controverso" (T.r.g.a. Trento 46/2010), nel caso di specie:

– anche la sola circostanza che in prossimità del confine con i comuni ricorrenti si stia realizzando un insediamento produttivo che necessita di una dotazione di standard di 20.000 m2, di cui però soltanto 5.213 m2 vengono assolti, e ben 14.787 m2 monetizzati, sta a significare che della monetizzazione si avvantaggerà il solo Comune di Azzano Mella, mentre la mancanza degli standard monetizzati sarà scaricata sull’intero territorio viciniore. Va quindi affermato il principio di diritto secondo cui la (anche parziale) monetizzazione degli standard è circostanza che da sola è sufficiente a configurare un interesse a ricorrere dei soggetti fisici e delle collettività insediate nell’area interessata, perché monetizzare gli standard significa autorizzare una edificazione che avrà un impatto sul territorio superiore a quanto essa riesca a restituire attraverso gli standard;

– per di più, nel caso in esame l’insediamento produttivo in questione è destinato a prendere il posto di circa 394.000 m2 di aree agricole, cioè di una tipologia di destinazione urbanistica che, oltre ad avere una finalità economica in quanto produttrice di ricchezza, assolve per sua essenza una funzione di equilibrio di tutto il territorio circostante garantendo l’equilibrio dei valori ambientali tra aree urbanizzate ed aree naturali. Va quindi affermato il principio di diritto secondo cui la sottrazione di aree agricole è circostanza che da sola è sufficiente a configurare un interesse a ricorrere dei soggetti fisici e delle collettività insediate nell’area interessata, perché sottrarre aree agricole significa autorizzare una edificazione che altererà gli equilibri dei valori ambientali tra aree urbanizzate ed aree naturali;

– in definitiva, la maggiore antropizzazione di un territorio determinata dall’aumento del carico urbanistico, generando l’obbligo per chi era già insediato sul territorio di dividere standard e servizi con i nuovi arrivati e di patire la presenza di altre fonti di rumori e polveri, induce a ritenere sussistente l’interesse al ricorso di chi agisce contro il provvedimento che determina tale aumento del carico

L’eccezione di inammissibilità deve, pertanto, essere rigettata.

IV. Sulla delibera di esclusione della V.A.S. nella procedura di variante per insediamenti produttivi

Il ricorso principale del Comune di Capriano del Colle e del Parco del Monte Netto è fondato.

Con il ricorso principale gli enti pubblici ricorrenti hanno impugnato la delibera di esclusione dalla V.A.S. adottata nel corso della variante semplificata per insediamenti produttivi.

Essi hanno sostenuto che il piano dovesse essere sottoposto a V.A.S., che la decisione di escluderla è stata illegittima, e che comunque la esclusione dalla V.A.S. è avvenuta secondo modalità procedurali non conformi a legge.

Queste conclusioni sono corrette in quanto:

– il tipo di piano che veniva approvato comportava la distruzione di circa 400.000 m2 di terreno agricolo coltivato prevalentemente a mais, che veniva trasformato in capannoni e piazzali destinati alla movimentazione di camion ed al carico e scarico di merci;

– l’approvazione del piano era destinato a cambiare definitivamente la struttura urbanistica di Azzano Mella, trasformando le aree produttive dal 26% circa del totale delle aree urbanizzate al 41% delle stesse (i dati sono stati tratti da pag. 6 del ricorso), incidendo quindi in modo considerevole sulle condizioni di vivibilità del paese e delle aree circostanti;

– l’insediamento di aree produttive, infatti, anche di dimensioni meno consistenti di quello oggetto del ricorso, è per sua natura portatore di un aggravio dei carichi urbanistici;

– al contrario, le aree agricole (che il polo logistico dovrebbe sostituire) svolgono sul piano urbanistico la doppia funzione di essere (da un lato) attività economiche che producono reddito e concorrono a creare il benessere della collettività locale, (dall’altro) fattore di riequilibrio dei valori ambientali che vengono compromessi dalle esigenze dello sviluppo della stessa comunità;

– con la decisione di impiantare il polo logistico, pertanto, il Comune di Azzano Mella brucia in un colpo solo circa 400.000 m2 di terreno agricolo, consumando definitivamente una parte considerevole del proprio territorio (la superficie complessiva di Azzano Mella è di circa 10,5 km2), ed incidendo in modo sensibile sulla qualità della vita che – in forza del principio dello sviluppo sostenibile evocato nell’undicesimo motivo di ricorso – era tenuto a garantire alle generazioni future;

– per realizzare l’intervento ed adeguare ai nuovi carichi urbanisti la viabilità nell’istruttoria di compatibilità svolta dalla Provincia si rende necessario trasformare in bretella autostradale la provinciale 19, si deve raddoppiare le corsie della provinciale 9, si deve realizzare una controstrada alla provinciale 9, si deve allargare la provinciale 16, si deve realizzare la variante all’abitato di Dello;

– la norma attributiva di potere dell’art. 6, co. 3, codice dell’ambiente consente di escludere la V.A.S. "per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l’uso di piccole aree a livello locale",

– ma una situazione quale quella descritta non è idonea ad essere attratta nella norma in parola in quanto – pur nella genericità della formula utilizzata dal legislatore – un programma di così radicale trasformazione di 400.000 m2 che altera gli equilibri urbanistici in modo così considerevole da dover realizzare una piccola bretella autostradale, nonché una variante all’abitato di uno dei Comuni ricorrenti, ed altre controstrade destinate ad alleggerire il traffico, non è un piano che determina l’uso di piccole aree a livello locale;

– d’altronde, la stessa circostanza che alla Conferenza di servizi convocata per decidere se procedere o meno alla V.A.S. ex art. 9 codice dell’ambiente, fossero stati invitati, anche a causa dell’impatto considerevole sulla viabilità della realizzazione del polo logistico, ben 5 comuni confinanti (tra cui i due odierni ricorrenti), è ulteriore indice della circostanza della impossibilità di considerare il progetto in esame come un piano che determina l’uso di una piccola area a livello locale;

– infine, se anche si dovesse ritenere che un’area di 400.000 m2 possa rientrare nella definizione di "piccole aree a livello locale", si dovrebbe comunque convenire con la difesa dei ricorrenti che ricordano che anche per le piccole aree a livello locale non si può procedere ad escludere la V.A.S. "qualora l’autorità competente valuti che producano impatti significativi sull’ambiente", e per i motivi che sono stati sopra spiegati sull’impatto del progetto (sia per ciò che si andava a realizzare, sia per ciò che si andava a sostituire) si trattava di un piano che produce effetti molto significativi sull’ambiente;

– a ciò si aggiunga che è comunque corretta la censura mossa dal Parco regionale del Monte Netto nel quarto motivo di ricorso, che evidenzia come il Parco neanche è stato convocato per la Conferenza di servizi citata, nonostante che il suo perimetro ricada in parte nel territorio di Capriano del Colle, comune che invece la stessa autorità procedente per la V.A.S. ha riconosciuto essere coinvolto nel progetto, tanto da invitarlo alla Conferenza.

Ne deriva in conclusione che, in punto di esclusione dalla V.A.S., il ricorso principale del Comune di Capriano e del Parco del Monte Netto deve essere accolto relativamente al terzo (non applicabilità della norma sulle piccole aree locali), quarto (mancata convocazione del Parco) ed undicesimo (violazione del principio dello sviluppo sostenibile) motivo di ricorso, con assorbimento degli ulteriori motivi proposti contro la esclusione dalla V.A.S..

V. Sulla delibera di esclusione della V.I.A. nella procedura di variante per insediamenti produttivi

Ma sono fondate le censure contenute nel ricorso principale del Comune di Capriano e del Parco anche per ciò che riguarda la decisione del Comune di Azzano Mella di escludere non solo la V.A.S., ma anche la V.I.A. (censure contenute nel secondo motivo del ricorso principale).

La decisione del Comune di Azzano Mella di escludere la V.I.A. è stata fondata sulla circostanza che l’opera in progetto non rientrerebbe nelle tipologie di opere assoggettate a V.I.A., né per tipo di attività, né per dimensione:

– per tipo di attività si tratta della realizzazione di un’area produttiva destinata al deposito ed allo scambio di merci;

– le dimensioni dell’opera sono, invece, di 394.950 m2.

Infatti:

– l’art. 6, co. 5, codice dell’ambiente prevede che vadano sottoposti a V.I.A. "i progetti che possono avere impatti significativi e negativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale";

– il successivo co. 6, statuisce che "viene effettuata altresì una valutazione per" i progetti degli allegati II e III, ed (a certe condizioni) anche IV del codice,

– il successivo co. 7 aggiunge che "la valutazione è inoltre necessaria, qualora, in base alle disposizioni di cui al successivo articolo 20, si ritenga che possano produrre impatti significativi e negativi sull’ambiente, per" (tra gli altri) i progetti dell’allegato IV del codice,

– l’allegato IV del codice comprende anche i "progetti di sviluppo di zone industriali o produttive con una superficie interessata superiore ai 40 ettari", ossia 400.000 m2;

– qual è l’estensione del progetto del polo logistico di Azzano Mella? Lo si è detto prima: 394.950 m2; l’intervento sarebbe escluso dalla V.I.A. per circa 5.000 m2, ovvero circa 1/80 del totale;

– ulteriori perplessità in ordine alla esclusione della V.I.A. nascono dalla circostanza che l’area in esame è affiancata da altra area di altri 117.300 m2 (ambito ATP1- sub B), pure appartenente alla stessa società che intende realizzare l’intervento, anche se apparentemente non interessata dal progetto di edificazione;

– in ogni caso, se il co. 6 si limita a restringere la discrezionalità tecnica dell’amministrazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per procedere alla V.I.A., prevedendo dei casi in cui essa è obbligatoria, la norma generale è nel co. 5 dell’art. 6 ed è formulata sui progetti che possono "avere impatti significativi e negativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale";

– ne consegue che il Comune di Azzano Mella non avrebbe dovuto soltanto verificare se il progetto rientra tra quelli previsti dagli allegati II, III, ed (a certe condizioni) anche IV del codice dell’ambiente, ma avrebbe dovuto verificare se il progetto proposto dalla controinteressata poteva "avere impatti significativi e negativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale";

– per le ragioni che sono state esposte sopra parlando della esclusione dalla V.A.S., il combinato tra le dimensioni dell’area produttiva e la tipologia dell’attività che in essa era destinata a svolgersi (sul punto si leggano le interessati notazioni contenute nella nota del 13. 6. 2011 della Regione Lombardia che ha chiesto al Comune di Azzano Mella di revocare il provvedimento rilevando, tra l’altro, che i progetti per la realizzazione di piattaforme logistiche destinate alla raccolta e distribuzione di merci generano significativi impatti su una molteplice serie di matrici ambientali) induce a ritenere che il progetto avesse "impatti significativi e negativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale", e pertanto dovesse essere sottoposto a V.I.A..

Ne consegue che anche il secondo motivo del ricorso principale del Comune di Capriano e del Parco deve essere accolto.

Deve conseguentemente essere accolto anche il quattordicesimo motivo, contenuto nei primi motivi aggiunti del ricorso del Comune di Capriano e del Parco, che ripropone l’argomento della mancanza di V.I.A. anche con riferimento alla delibera del 20. 2. 2010 di approvazione della variante per insediamenti produttivi.

VI. Sull’approvazione della variante per insediamenti produttivi

E’ fondato anche il primo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano del Colle e del Parco regionale del Monte Netto presentato contro la deliberazione di approvazione della variante semplificata per insediamenti produttivi.

La deliberazione conclusiva di approvazione della variante semplificata per insediamenti produttivi è illegittima anzitutto a titolo di illegittimità derivata perché la mancanza della V.A.S. vizia ex art. 11, co. 5, codice dell’ambiente gli atti amministrativi successivi che si reggono su di essa, vizio di illegittimità derivata dedotto (meglio precisarlo, non si sa mai) a pagina 5, righe da 8 a 11, del primo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano e del Parco.

Per gli stessi motivi deve essere accolto anche il quindicesimo motivo del ricorso del Comune di Capriano e del Parco contenuto nei primi motivi aggiunti, in cui si censura sempre per la mancanza della V.A.S. anche la delibera del 20. 2. 2010 di approvazione finale della variante semplificata per insediamenti produttivi.

Ne consegue, inoltre, l’accoglimento anche del ricorso principale del Comune di Dello, perché al motivo rubricato con il numero 0 ("zero") viene proposto proprio il vizio di illegittimità derivata dalla mancanza della V.A.S..

La deliberazione conclusiva di approvazione della variante semplificata per insediamenti produttivi è, inoltre, illegittima anche in via autonoma, essendo fondata la censura compendiata nel tredicesimo motivo del primo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano del Colle e del Parco del Monte netto, in cui si sostiene la violazione di legge, in particolare degli artt. 2 e 5 d.p.r. 447/98, e comunque l’eccesso di potere per difetto di motivazione ed istruttoria, in quanto il Comune avrebbe accolto una richiesta di localizzare con la variante semplificata una attività produttiva in deroga alle norme di piano sul solo presupposto della inesistenza di aree idonee a localizzarla e senza porsi il problema del se tale nuova area produttiva rispondesse ai fabbisogni della domanda (endogena) della comunità locale.

Nel ricorso si sostiene (pagina 16 del primo ricorso per motivi aggiunti, punto XIII.3) che l’esigenza che sta all’origine della procedura di variante in esame è tutta esogena, e non è in alcun modo diretta ad agevolare la concretizzazione di attività economiche presenti nell’area.

Questo Tribunale, in effetti, ha già sostenuto nella sentenza 1. 7. 2010 n. 2411 che, come tutti gli strumenti di piano sono approvati a seguito di ricognizione del fabbisogno della comunità locale (fabbisogno di nuovi alloggi, che porta all’individuazione di nuove aree destinate a residenza o all’ampliamento degli indici di edificabilità di quelle già individuate come tali; fabbisogno di nuovi servizi pubblici per effetto dell’incremento della popolazione locale, che porta all’ampliamento delle aree destinate ad attrezzature; fabbisogno di nuove aree a verde per garantire il rispetto degli standard a fronte dell’aumento di altri parametri urbanistici), anche la variante per insediamenti produttivi può essere approvata solo a seguito di una ricognizione del fabbisogno di nuovi impianti produttivi ed alla valutazione del Comune che effettivamente ritenga che per l’ordinato sviluppo della comunità locale occorrano nuovi impianti produttivi la cui localizzazione non sia possibile nel contesto del piano vigente per insufficienza delle aree a ciò destinate.

Il principio in esame è stato espresso anche da questo Tribunale nella pronuncia 85/05 in cui si è ritenuta l’illegittimità di una decisione del pianificatore comunale sul rilievo che "il potere dell’amministrazione di modificare le scelte contenute nel precedente P.R.G. deve essere esercitato con ragionevolezza e coerenza, per cui nella fattispecie era indispensabile dare congruamente conto delle ragioni che inducevano a prevedere due nuove aree di espansione non soltanto attraverso un generale raffronto tra la zona prescelta dallo strumento urbanistico e le altre zone potenzialmente utilizzabili ricomprese nel territorio comunale, ma anche alla luce dei risultati dell’indagine sul fabbisogno che non hanno evidenziato un deficit di nuovi alloggi per uso abitativo".

Questi principi di diritto, dettati per la pianificazione comunale che segue le vie ordinarie, valgono a maggior ragione per la variante per insediamenti produttivi, che – si è detto -è sottoposta a procedure semplificate di approvazione, che però non stravolgono le regole dell’urbanistica, e che anzi proprio per essere approvata come modalità semplificate richiede oneri motivazionali ancora più penetranti, come rilevato da T.a.r. Lombardia, Milano, II, sentenza n. 4046 del 10/09/2008, secondo cui "le ragioni di pubblico interesse specifico che spingono l’amministrazione ad adottare un P.I.P. devono essere adeguatamente specificate con particolare riferimento alla tipologia di attività che si intendono insediare con tale strumento, alle finalità di promozione dell’attività d’impresa perseguite, ai benefici economici e sociali particolari che l’amministrazione si prefigge da tale strumento. Né tali ragioni ed interessi pubblici possono ridursi alla semplice localizzazione di attività economiche ed all’urbanizzazione primaria e secondaria che sono finalità perseguibili con gli ordinari strumenti urbanistici e nell’ambito di una dialettica ordinaria con i proprietari delle aree".

Nel caso in esame, pertanto, il Comune di Azzano Mella- ricevuta la richiesta della S. – non doveva limitarsi a verificare soltanto se vi fossero aree disponibili nel territorio comunale per realizzare l’insediamento produttivo richiesto, ma doveva anzitutto verificare se questo insediamento fosse o meno proporzionato per le esigenze di sviluppo della comunità locale.

Ne consegue che deve essere rilevata la illegittimità del provvedimento impugnato, che deve pertanto essere annullato.

Gli ulteriori motivi di ricorso contro il medesimo provvedimento sono assorbiti.

VII. Sulla posizione di conflitto d’interessi dell’arch. M.S.

Nel ricorso principale del Comune di Dello il sesto motivo di ricorso censura l’illegittimità del provvedimento impugnato (che è la delibera di approvazione della variante per insediamenti produttivi del 20. 2. 2010), anche per violazione dell’art. 41bis l. 1150/42, che dispone che "1. I professionisti incaricati della redazione di un piano regolatore generale o di un programma di fabbricazione possono, fino alla approvazione del piano regolatore generale o del programma di fabbricazione, assumere nell’ambito del territorio del Comune interessato soltanto incarichi di progettazione di opere ed impianti pubblici. 2. Ogni violazione viene segnalata al rispettivo Consiglio dell’ordine per i provvedimenti amministrativi del caso".

La difesa del Comune di Dello contesta che l’arch. M.S. ha cumulato troppi ruoli nella procedura di approvazione dell’insediamento del polo logistico di Azzano Mella, perché (si riporta dalle pagine 33 e 34 del ricorso):

– è il progettista dell’intervento;

– interviene quale "consulente dell’amministrazione" alla conferenza di servizi finale della procedura di variante semplificata per insediamenti produttivi (che approva il progetto da lui stesso redatto);

– redige (per conto dell’amministrazione comunale) la "proposta tecnica di controdeduzioni alle osservazioni al progetto" (progetto che ha redatto lui stesso per conto della S.");

– è l’estensore del P.G.T. che localizza nell’area in esame il progetto di polo logistico di Azzano Mella da lui stesso redatto, consentendo a tale progetto di godere della conformità urbanistica che è essenziale per poter edificare.

Le circostanze del cumulo di incarichi sembrano incontestate, perché nella memoria 10. 12. 2010 la difesa di S. si limita a sostenere che non sarebbe stato provato che il cumulo di incarichi possa aver inciso in qualche modo sulla legittimità delle determinazioni amministrative impugnate, e che comunque il cumulo di incarichi giustifica al più l’applicazione di una sanzione disciplinare, ma non vizia i provvedimenti amministrativi approvati (e sul punto richiama la pronuncia della Cassazione civile 2481/91, che in realtà afferma che non è nullo il contratto d’opera intellettuale stipulato in violazione della norma dell’art. 41bis, ma non parla della sorte dei provvedimenti amministrativi stipulati in conflitto d’interessi).

Gli approfondimenti del caso sulla individuazione degli specifici atti imputabili alla persona dell’arch. Mauro Salvatori, e sul ruolo che egli ha svolto in ciascuno di essi, si preferisce lasciarli all’autorità giudiziaria – cui con questo provvedimento vengono trasmessi gli atti per verificare se nella condotta dell’arch. M.S. debba essere configurato, oltre che un illecito disciplinare, anche il reato previsto e punito dall’art. 323 c.p. per aver agito in violazione della specifica norma dell’art. 41bis l. 1150/42, e per di più in conflitto d’interessi tra la sua posizione di progettista privato dell’intervento e di organo dell’amministrazione che ha approvato il suo stesso progetto.

Invece, quanto al giudizio demandato a questo Tribunale sul sesto motivo del ricorso principale del Comune di Dello (in cui si deduce il vizio di imparzialità e buon andamento conseguente a questa posizione di conflitto d’interessi di un progettista che approva il progetto da lui stesso presentato), non si può che convenire con il ricorrente nel riconoscere che la posizione di conflitto d’interessi, oltre che di violazione di una specifica disposizione di legge denunciata nel caso in esame, comporti l’illegittimità degli atti amministrativi la cui procedura è stata indirizzata dal vizio di imparzialità e buon andamento, senza che si debba aprire la porta in alcun modo a prove di resistenza (Tar Sardegna785/2009) o alla verifica di pregiudizi in concreto (Consiglio di Stato, IV, 693/2011).

Anche per questo motivo, quindi, il ricorso principale del Comune di Dello contro la delibera di approvazione della variante per insediamenti produttivi deve essere accolto.

VIII. Sulla convenzione urbanistica, gli atti unilaterali d’impegno, il permesso di costruire

E’ fondato conseguentemente anche il ventunesimo motivo contenuto nel secondo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano e del Parco, in cui si censura a titolo di illegittimità derivata gli atti sopra indicati.

Lo stesso motivo è contenuto anche nel primo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Dello, che quindi è conseguentemente anch’esso fondato.

Si tratta di una censura corretta. Il permesso di costruire, la convenzione urbanistica e gli atti unilaterali che ad essa accedono trovano, infatti, il loro fondamento urbanistico nella variante per insediamenti produttivi approvata il 20. 2. 2010, e sulla cui illegittimità ci si è spesi nei paragrafi precedenti.

Cadendo l’atto che a quella data fondava urbanisticamente il progetto di realizzazione del polo logistico, cadono conseguentemente anche gli atti di natura urbanistica di dettaglio (quale la convenzione egli atti d’impegno) o di natura edilizia (come il permesso di costruire), che vi hanno dato attuazione.

La circostanza che nel momento in cui sono stati emessi la convenzione urbanistica, gli atti unilaterali ed il permesso di costruire, fosse in corso l’iter di approvazione del P.G.T., che era stato approvato pochi giorni prima ma era ancora in regime di mera salvaguardia (verosimilmente per la decorrenza dei termini per la pubblicazione), non è utile in alcun modo per sanare l’illegittimità.

Un P.G.T. in salvaguardia, infatti, esplica effetto immediato soltanto per restringere l’edificazione (appunto le c.d. misure di salvaguardia), ma non per le prescrizioni che consentono l’edificazione. Per queste ultime occorre aspettare l’entrata in vigore dello stesso.

Ne consegue che – al di là del fatto che anch’esso era illegittimo, come si specifica nel punto successivo di questa motivazione – fino al momento dell’entrata in vigore del P.G.T., tale strumento era del tutto inidoneo ad essere utilizzato come fondamento urbanistico del rilascio di permessi per costruire o per regolare nel dettaglio i reciproci diritti ed obblighi derivanti dalla previsione urbanistica.

E’ corretta, pertanto, anche la deduzione contenuta nel ventitreesimo motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano e del Parco, secondo cui la pretesa del Comune – parzialmente esplicitata nella parte motiva del permesso di costruire – di sanare i vizi della procedura di variante per insediamenti produttivi fondando il permesso di costruire direttamente sul P.G.T. (all’epoca non ancora efficace) è giuridicamente insostenibile.

Sono assorbiti gli ulteriori motivi che hanno ad oggetto l’impugnazione degli stessi atti.

IX. Sulla V.A.S. esperita nel corso della procedura di approvazione del P.G.T.

La difesa della controinteressata molto ha insistito sulla circostanza che, approvato il P.G.T., sarebbero state sanate le asserite irregolarità della procedura in variante semplificata, ma in realtà nulla è stato sanato, non fosse altro che perché anche il P.G.T. è, a sua volta, illegittimo.

Il terzo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano e del Parco è, infatti, fondato.

Con questo ricorso il Comune ed il Parco impugnano il P.G.T. di Azzano Mella, che riprende anche nello strumento di pianificazione generale le prescrizioni della variante per insediamenti produttivi sulla previsione e localizzazione del nuovo polo logistico.

E’ fondato in particolare il ventiseiesimo motivo di ricorso, in cui i ricorrenti deducono violazione o falsa applicazione di legge con riguardo particolare all’art. 6 e 11 del codice dell’ambiente. I ricorrenti rilevano che l’autorità procedente è stata nominata ad hoc pochi giorni prima della conclusione del procedimento di valutazione ambientale strategica inserita in seno al P.G.T., ed al solo fine di farle firmare atti che sono stati redatti da altri.

La censura è contenuta anche nel primo motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Dello (in particolare, pagina 8, righe 1821), sia pure nell’ambito di un discorso più complesso incentrato sulla individuazione come autorità competente per la V.A.S. non di una persona fisica estranea all’amministrazione, ma di un complessivo ufficio di altra amministrazione (l’ufficio tecnico del Comune di Iseo).

Ed, in effetti, sul punto non si può dar torto ai ricorrenti:

– la procedura di valutazione ambientale strategica in seno al P.G.T. è iniziata il 22. 1. 2008, e si è snodata attraverso una serie di passaggi procedurali, fino al 26. 3. 2010 (data di adozione del P.G.T.) ed al 23. 9. 2010 (data di approvazione finale dello stesso);

– eppure, l’autorità procedente cui è stata imputata la valutazione ambientale strategica è stata nominata soltanto il 9. 9. 2010 (quando l’ing. Vavassori, estraneo all’amministrazione di Azzano Mella, ha sostituito come responsabile della V.A.S. l’ing. Ferrari, tecnico interno al Comune), ed il 16. 9. 2010 ha concluso i lavori stendendo il documento finale di V.A.S. che poi una settimana dopo è confluito nell’approvazione finale del P.G.T.;

– è impossibile non notare come la V.A.S. sia stata condotta da soggetto diverso da quello cui si è deciso di imputarla formalmente;

– un simile modo di procedere non è conforme al dettato degli invocati artt. 6 e 11 del codice dell’ambiente, che pur non escludendo espressamente la possibilità di sostituire in corso d’opera il soggetto responsabile della V.A.S., non concentrano le attribuzioni relative alla valutazione ambientale strategica soltanto nel provvedimento finale, ma le spalmano sulla intera procedura;

– infatti, l’art. 11, co. 2, prevede che l’autorità competente esprime il proprio parere sull’assoggettabilità delle proposte di piano o di programma alla valutazione ambientale;

– la stessa norma aggiunge che l’autorità competente collabora con l’autorità proponente al fine di definire le forme ed i soggetti della consultazione pubblica;

– la stessa norma aggiunge anche che l’autorità competente esprime un proprio parere motivato sulla proposta di piano;

– si può anche dire che – proprio perché la valutazione ambientale strategica è una attività amministrativa in fieri che da un lato, sollecita, dall’altro indirizza, dall’altro ancora raccoglie apporti collaborativi alla definizione del piano – nella valutazione ambientale strategica davvero il procedimento è la forma della funzione amministrativa, e la dichiarazione di sintesi finale non è il momento più importante, perché avviene quando le decisioni sono state prese, ed ha l’unico scopo di dover precedere l’approvazione finale del piano, a pena di annullabilità dello stesso ex art. 11, co. 5, codice dell’ambiente;

– si aggiunge d’altronde che la decisione del Comune di Azzano Mella di nominare ad hoc un’autorità competente pochi giorni prima dell’approvazione finale del piano, e quando le decisioni relative ad esso erano evidentemente già state prese, non soddisferebbe neanche la condizione enucleata interpretativamente da Cons. Stato 133/2011 sulla necessaria predeterminazione dell’autorità competente, che non deve essere nominata ad hoc in un singolo procedimento ("se da un lato emerge l’intento del legislatore nazionale di lasciare alle Regioni una certa libertà di manovra quanto alla delegabilità delle competenze agli enti locali e alle modalità della loro regolamentazione, tuttavia appare evidente la volontà di assicurare che la fissazione delle "competenze" sia compiuta a priori, con atti che individuino in via generale e astratta i soggetti, uffici o organi cui viene attribuita la veste di "autorità competente".

Ne discende che non risulta in linea con le richiamate disposizioni nazionali la scelta di individuare l’autorità competente alla V.A.S. ex post, in relazione al singolo e specifico procedimento di pianificazione, come avvenuto nel caso di specie (laddove – come già rilevato – la predetta autorità è stata individuata contestualmente alla comunicazione di avvio del procedimento stesso)";

– qui non solo l’autorità competente è nominata ad hoc per la singola valutazione ambientale strategica, ma addirittura non con la comunicazione d’avvio, né per il procedimento (che è stato condotto in seno al Comune), ma soltanto per imputarle formalmente il provvedimento conclusivo.

In definitiva, il ventiseiesimo motivo del terzo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano e del Parco ed il primo motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Dello sono fondati, con assorbimento degli ulteriori motivi spiegati contro l’impugnazione del P.G.T. (l’illegittimità della V.A.S. travolge anche il P.G.T. ex art. 11, co. 5, codice dell’ambiente nei limiti dell’area oggetto della domanda introdotta in giudizio).

X. Sulla compatibilità con le previsioni del P.T.C.P. sulle aree agricole strategiche

A questo punto non sarebbe necessario affrontare la questione della compatibilità dell’insediamento del polo logistico con la previsione del P.T.C.P. (piano territoriale di coordinamento provinciale) che classifica come aree agricole strategiche i terreni su cui il Comune di Azzano Mella vorrebbe insediare il polo logistico. Sia la variante per insediamenti produttivi, sia il P.G.T. vengono infatti annullati in questa decisione già accogliendo altri motivi di ricorso.

L’argomento della compatibilità con il P.T.C.P. della previsione del polo logistico ha formato, però, oggetto di accesa discussione nelle memorie conclusionali e nella discussione orale in udienza e sarà verosimilmente ripreso anche in sede di appello, si preferisce pertanto non eludere l’argomento.

La questione della compatibilità dell’insediamento del polo logistico con le previsioni del P.T.C.P. che classificano le aree in esame come aree agricole strategiche è stata sollevata sotto diverse forme:

– contro la variante per insediamenti produttivi, nel diciassettesimo ricorso dei primi motivi aggiunti del Comune di Capriano e del Parco, in cui si sostiene che ai sensi degli artt. 18 e 15 l.r. 12/05 la individuazione degli ambiti dell’attività agricola di interesse strategico ha efficacia prescrittiva e prevalente;

– sempre contro la variante per insediamenti produttivi, nel quarto motivo del ricorso principale del Comune di Dello, in cui si sostiene che gli artt. 97 e 25 l.r. 12/05 vietino di approvare progetti in variante per insediamenti produttivi che contrastino con previsioni del P.T.C.P. considerate prevalenti dall’art. 18 della legge stessa, quali sono quelle sulle aree agricole strategiche;

– contro il P.G.T. sopravvenuto, nel ventottesimo motivo del terzo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Capriano e del Parco, in cui si contesta che i terreni in esame sono classificati come aree agricole strategiche dal P.G.T. adottato nel 2009, di cui già per effetto dell’adozione scatterebbero le misure di salvaguardia, e che comunque, a norma della l.r. 12/05, anche le aree agricole classificate come tali dal P.T.C.P. approvato nel 2004 avrebbero effetto di salvaguardia sulle proposte di pianificazione comunale;

– sempre contro il P.G.T. sopravvenuto, nel secondo motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti del Comune di Dello, in cui pure si contesta che i terreni in esame sono classificati come aree agricole strategiche dal P.G.T. adottato nel 2009, di cui già per effetto dell’adozione scatterebbero le misure di salvaguardia.

La difesa della Provincia di Brescia sostiene che la censura sulle aree agricole strategiche formulata contro la variante per insediamenti produttivi si riferiva in origine solo alla compatibilità con il P.T.C.P. del 2004, e soltanto in corso di causa con memoria non notificata è stata estesa al P.T.C.P. adottato nel 2009.

La questione sulla corrispondenza tra chiesto e pronunciato riguarderebbe, peraltro, soltanto l’impugnazione della variante semplificata per insediamenti produttivi, perché nell’impugnazione del P.G.T. è, invece, formulato espressamente il riferimento al P.T.C.P. adottato nel 2009 (di cui però la Provincia di Brescia contesta che preveda misure di salvaguardia).

Il Tribunale ritiene di ricostruire la questione nel modo che segue.

X.i. Quanto alla variante semplificata per insediamenti produttivi

Il P.T.C.P. del 2004, che era anteriore alla l.r. 12/05, prevedeva superfici destinate all’agricoltura.

Con l’entrata in vigore della l.r. 12/05, i P.T.C.P. devono essere adeguati, ma nel periodo transitorio (e quindi, per Brescia, nel periodo tra l’entrata in vigore della l.r. 12/05 ed il momento in cui sarà approvato il P.T.C.P. adottato nel 2009) "i piani territoriali di coordinamento provinciali conservano efficacia, ma hanno carattere prescrittivo solo per i casi di prevalenza di cui all’ art. 18 della presente legge" (art. 25, co. 4, l.r. 12/05).

L’art. 18 della legge in esame prevede, in particolare, che abbiano efficacia prescrittiva e prevalente sugli atti del P.G.T. le previsioni del P.T.C.P. relative alla individuazione degli ambiti destinati all’attività agricola di interesse strategico.

Ne consegue che già in base al P.T.C.P. approvato nel 2004 non era possibile per il pianificatore comunale disporre in violazione della previsione sovraordinata del P.T.C.P. sulle aree agricole strategiche cui è riconnesso un effetto di prevalenza.

La difesa della Provincia vorrebbe svuotare la previsione dell’art. 25, co. 4, l.r. 12/05 attraverso la deroga prevista dall’ultimo alinea dell’art. 126 dello stesso P.T.C.P., che consente l’insediamento di aree produttive sovracomunali mediante intesa con la Provincia, ma – a prescindere dalla possibile antinomia tra la salvaguardia che deriverebbe dall’art. 25 e la previsione di fonte sottordinata dell’art. 126 delle n.t.a. che la svuoterebbe del tutto – va detto che comunque la previsione sulle aree agricole strategiche non poteva in ogni caso essere superata attraverso una mera variante semplificata per insediamenti produttivi.

A tale fine è decisiva, infatti, la previsione speciale dell’art. 97, co. 4, l.r. 12/05, su cui si sofferma il ricorso del Comune di Dello, che vieta di approvare con lo strumento semplificato i progetti per i quali la conferenza di servizi rilevi elementi di incompatibilità con previsioni prevalenti del P.T.C.P., tra cui per la disposizione dell’art. 18 sopra citata vi sono anche quelle sulle aree agricole strategiche.

X.ii. Quanto al P.G.T.

Sull’impugnativa del P.G.T., che è lo strumento generale, e non la variante semplificata oggetto della procedura di sportello unico, non è rilevante la previsione dell’art. 97 appena citata, ma diventa decisivo il P.G.T. adottato nel 2009 che classifica i terreni in esame quali aree agricole strategiche.

La difesa della Provincia contesta che ad un P.T.C.P. soltanto adottato non possa essere connessa una misura di salvaguardia e contesta all’ordinanza di sospensiva un "errore duplice", perché 1) il P.T.C.P. è uno strumento di programmazione rivolto al pianificatore di livello inferiore, e non al titolare del diritto di proprietà; 2) nell’ordinamento della regione Lombardia il P.T.C.P. opera in salvaguardia con un meccanismo diverso, e cioè mediante l’esplicita attribuzione di forza precettiva e prevalente sugli strumenti urbanistici comunali che porta – una volta che il P.G.T. è approvato e pubblicato – all’adeguamento automatico delle previsioni in contrasto.

Queste obiezioni non sono corrette, e, ricambiando la cortesia, si ritiene siano viziate da un "errore duplice":

– il P.T.C.P. non è solo uno strumento di programmazione, ma anche uno strumento che ha una portata immediatamente precettiva sul regime giuridico dei suoli; la previsione dell’art. 18, co. 2, l.r. 12/05 che stabilisce che "hanno efficacia prescrittiva e prevalente sugli atti del PGT le seguenti previsioni del PTCP", non si giustifica in altro modo che attribuendo alle "seguenti previsioni del PTCP" (tra cui ci sono quelle sulle aree agricole strategiche) portata conformativa del regime giuridico dei suoli, perché l’espressione "hanno efficacia prescrittiva" non si giustifica in altro modo che con l’attribuzione di portata precettiva a tali previsioni;

– d’altronde, la stessa tesi della difesa della Provincia secondo cui, relativamente agli ambiti territoriali previsti dall’art. 18, co. 2, le previsioni dei piani comunali in contrasto verrebbero sostituite automaticamente con le previsioni sovraordinate del P.T.C.P. porta a riconoscere alle norme del P.T.C.P. una portata non meramente programmatica, ma concretamente precettiva;

– pertanto, l’argomento della difesa della Provincia che vorrebbe negare che il P.T.C.P. abbia, oltre che carattere programmatorio, (anche) efficacia precettiva – per negare in radice che possano essere anche astrattamente ipotizzabili misure di salvaguardia connesse al P.T.C.P. soltanto adottato – è erroneo;

– ma è erronea anche la seconda parte del ragionamento, secondo cui l’ordinamento regionale lombardo avrebbe disciplinato la salvaguardia attraverso un meccanismo diverso, e cioè mediante l’esplicita attribuzione di forza precettiva e prevalente sugli strumenti urbanistici comunali che porta – una volta che il P.T.C.P. è approvato e pubblicato – all’adeguamento automatico delle previsioni in contrasto;

– si tratta forse di capirsi su cosa si intenda per misura di salvaguardia; l’asserito meccanismo innovativo previsto dalla l.r. 12 ed evocato dalla difesa della Provincia non assomiglia, infatti, neanche lontanamente ad una misura di salvaguardia, perché si attiva soltanto con l’approvazione finale del P.T.C.P. e con la sua pubblicazione ed entrata in vigore, e quindi non ha in realtà alcuna utilità come misura di salvaguardia; pertanto, l’argomento introdotto sul diverso meccanismo attraverso cui sarebbe regolata la salvaguardia del P.T.C.P. nella l.r. 12/05 è del tutto inconferente;

Venuti meno i due argomenti (mancanza di forza precettiva; previsione di un diverso meccanismo di funzionamento della misura di salvaguardia) attraverso cui la difesa della Provincia vorrebbe negare l’applicabilità delle misure di salvaguardia al P.T.C.P. adottato nel 2009, si riespandono le costruzioni tradizionali che riconoscono all’adozione di qualunque strumento di piano, nella parte in cui esso ha portata precettiva e non programmatoria, un effetto di salvaguardia in attesa dell’approvazione finale.

Sul punto non è rilevante che la l.r. 12/05 non preveda espressamente che con l’adozione del P.T.C.P. scattino le misure di salvaguardia, perché l’effetto soprassessorio caratteristico delle misure di salvaguardia è proprio di ogni strumento di piano con efficacia non meramente programmatoria, ma precettiva.

In diritto amministrativo le norme attributive di potere non si ricavano soltanto dalle norme espresse, ma anche da quelle che risultano da un combinato di norme, o da principi generali che regolano il sistema. Nel caso in esame il potere soprassessorio conseguente all’applicazione della misura di salvaguardia si fonda sull’applicazione di un principio generale del diritto urbanistico, secondo cui l’autorità amministrativa non può rilasciare titoli edilizi in contrasto con una previsione di piano avente effetti prescrittivi sul regime dei suoli già adottata – ma non ancora approvata definitivamente – in quanto il rilascio del titolo modificherebbe l’assetto del territorio rispetto a quello fotografato in occasione della delibera di adozione e renderebbe necessario rielaborare il progetto di piano dall’inizio per adeguarlo alle edificazioni medio tempore intervenute su aree che nella delibera di adozione devono rimanere libere (o devono essere edificate con carichi minori o comunque diversi).

La necessità di misure di salvaguardia con l’adozione dei piani aventi un regime prescrittivo sui suoli si ricava dai principi del diritto urbanistico, perché se non esistesse la norma attributiva del potere soprassessorio, si innescherebbe un circolo vizioso destinato a non concludersi mai (perché la fotografia del territorio risultante dal piano rielaborato dall’inizio e adottato una seconda volta verrebbe ad essere, a sua volta, modificata dai titoli edilizi rilasciati nelle more dell’approvazione anche di questo secondo piano, con l’obbligo di ricominciare nuovamente la procedura di pianificazione, e così via).

Pertanto, come ha detto altro Tribunale, esistono dei "principi generali ispiratori della legislazione statale, diretta in generale a salvaguardare le scelte di pianificazione paesaggistica o urbanistica prima della loro definitiva approvazione" (Tar Sardegna 1997/08).

Da questo punto di vista, la circostanza che l’art. 103, co. 1, lett. a), l.r. 12/05 abbia ritenuto di includere l’art. 12 d.p.r. 380/01 (che al co. 3 disciplina anche le misure di salvaguardia) tra le disposizioni che cessano di avere applicazione nel territorio regionale dopo l’approvazione della l.r. 12 stessa è del tutto inutile – come si immagina che la difesa della Provincia sappia – in quanto in un contesto di potestà legislativa concorrente il compito di dettare i principi spetta alla norma dello Stato, e non alla norma regionale che non può legiferare sul punto.

E che l’art. 12, co. 3, d.p.r. 380/01 sia una disposizione di principio, che opera in materia riservata alla legislazione dello Stato, e che quindi non può essere dichiarata cedevole dalla legge regionale, lo ha detto in modo chiaro l’Adunanza plenaria 2/2008 più volte citata dalle parti ricorrenti.

Ne consegue che quando il legislatore della l.r. 12/05 ha stabilito che alcune previsioni del P.T.C.P. siano prescrittive e prevalenti, e quando ha aggiunto che esse si inseriscono automaticamente nel piano comunale sostituendo automaticamente le previsioni comunali eventualmente difformi, allora inevitabilmente queste previsioni prescrittive e prevalenti che sono dettate a livello sovracomunale (ma che integrano il piano urbanistico comunale per disposizione di legge), devono per forza di cose essere assistite dalla misura di salvaguardia fin dal momento dell’adozione del P.T.C.P..

La variante per insediamenti produttivi ed il P.G.T., pertanto, meritano di essere annullati anche sotto questo ulteriore profilo.

XI. Sulle spese

Le spese seguono la soccombenza (addossate al Comune resistente, alla Provincia di Brescia, ed alla S. in solido tra loro, in quanto l’attività amministrativa illegittima è stata posta in essere dal Comune, su conforme parere della Provincia, ma su richiesta – e nell’interesse – della controinteressata) (cfr. sul punto anche CdS, IV, 23. 1. 1998, n. 53, secondo cui agli effetti della condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte vittoriosa è sufficiente che la parte onerata sia stata riconosciuta titolare di una posizione di vantaggio assicuratale dall’atto impugnato e, quindi, legittimata a difenderla) e vengono liquidate come da dispositivo, in ragione del diverso impegno processuale che hanno dovuto sostenere le parti vittoriose e del numero di attività difensive espletate.

Resta estranea alla condanna alle spese l’arch. V.F., responsabile V.A.S. di Azzano Mella, convenuta in giudizio dal Comune di Capriano e dal Parco (e che peraltro non ha svolto attività difensiva autonoma rispetto al Comune di Azzano Mella), perché nei giudizi a carattere meramente impugnatorio le persone fisiche che costituiscono organi dell’amministrazione non sono contraddittori processuali essendo coperta la loro posizione dal rapporto organico.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

ACCOGLIE i ricorsi, e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

CONDANNA il Comune di Azzano Mella, la Provincia di Brescia e la S., in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite in favore delle controparti, che determina in euro 9.000 (oltre i.v.a. e c.p.a.) per ciascuno dei Comuni ricorrenti, ed in euro 3.000 (oltre i.v.a. e c.p.a.) per l’interveniente Legambiente.

DISPONE la trasmissione del presente provvedimento, corredato di copia del ricorso principale del Comune di Dello, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia per l’esercizio delle valutazioni di propria esclusiva competenza sul comportamento dell’arch. M.S. e la sua riconducibilità alla norma dell’art. 323 c.p. (per quanto esposto nel punto VII della motivazione in diritto, pagine 2528 di questa sentenza).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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