Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-07-2011) 17-10-2011, n. 37380 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata, in riforma della sentenza del Tribunale di Enna in data 21.6.2007, S.S. veniva assolto per insussistenza del fatto dall’imputazione del reato di cui all’art. 594 c.p., contestato come commesso l'(OMISSIS) nel corso di una riunione del consiglio di istituto della scuola professionale di (OMISSIS), della quale l’imputato era preside, rivolgendo al docente Sp.Mi.An. la frase "lei dice solo stronzate".

Le conclusione assolutoria era assunta osservando che l’avverbio "solo" anteposto alla parola volgare non compariva nel verbale nella riunione e dello stesso racconto della persona offesa, e che di conseguenza la frase ne risultava indirizzata non al modo di essere di quest’ultima ma a quanto la stessa aveva argomentato nella specifica circostanza.

Il ricorrente deduce violazione di legge e contraddittorietà o illogicità della motivazione osservando che il termine stronzate, pur se privo dell’avverbio peraltro non escluso dallo stesso imputato, mantiene un significato offensivo soprattutto in quanto pronunciato in un consesso di educatori, e in quanto rivolto in presenza dei colleghi si riverbera necessariamente sul pensiero e quindi sul modo di essere della parte offesa, rivelando l’intenzione di umiliarla.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Pur non considerando l’avverbio la cui formulazione veniva ritenuta non provata dalla Corte territoriale, non è invero possibile valutare la portata offensiva del termine oggetto dell’Imputazione, sotto il profilo della sua incidenza sulla persona del soggetto passivo piuttosto che sulla sola validità dell’opinione dallo stesso manifestata, in una prospettiva avulsa dal contesto nel quale l’espressione è pronunciata.

Dei beni che costituiscono l’oggetto giuridico del reato in discussione, l’onore attiene alle qualità che concorrono a determinare il valore di un individuo, mentre il decoro concerne il rispetto o il riguardo di cui ciascun essere umano è comunque degno (Sez. 5, n. 34599 del 4.7.2008, imp. Camozzi, Rv. 241346); il giudizio sulla lesione effettiva di detti beni non può pertanto prescindere dal considerare se, rispetto all’ambiente nel quale una determinata espressione è profferita, la stessa si limiti alla pur aspra critica di un’opinione non condivisa ovvero trasmodi nello squalificare la persona destinataria rispetto ai profili appena indicati.

Nel caso in esame, la collocazione dell’episodio in una riunione di docenti di un istituto scolastico, lo svolgimento dello stesso in presenza di colleghi quotidianamente impegnati in un’attività professionale comune a quella del soggetto passivo e la provenienza dell’espressione contestata da un immediato superiore di quest’ultimo sono elementi sicuramente rilevanti nel definire l’incidenza lesiva della condotta, e la cui portata doveva pertanto essere esaminata ai fini di un compiuto giudizio sull’esistenza o meno di un pregiudizio per l’onore e il decoro della parte offesa nel proprio ambiente lavorativo ed umano.

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Caltanissetta per un nuovo esame che tenga conto degli aspetti motivazionali appena indicati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’Appello di Caltanissetta.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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