Cass. civ. Sez. III, Sent., 30-03-2012, n. 5190 Opposizione all’esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.M., F.R. e F.M.T. proposero opposizione ex art. 615 cod. proc. civ., comma 2, nella procedura esecutiva immobiliare promossa dall’ISVEIMER contro F.V., loro dante causa, deceduto nelle more, esecutato in qualità di terzo datore di ipoteca in favore dell’ISVEIMER a garanzia dei crediti da questo vantati nei confronti di SIPE S.p.A. (dichiarata fallita in data 20 giugno 1988).

Dedussero gli opponenti che, avendo il terzo concesso la garanzia ipotecaria sino alla concorrenza di 1.500.000 dollari USA, con riferimento ad un mutuo di 1.000.000 di dollari, ed avendo l’ISVEIMER, insinuatasi nello stato passivo fallimentare, incamerato 2.448 milioni di vecchie Lire, nonchè ricavato l’ulteriore somma di L. 569 milioni, all’esito di altra procedura esecutiva nei confronti di una coobbligata, il creditore aveva integralmente soddisfatto il proprio credito e non aveva diritto di procedere nei loro confronti.

L’opposto si costituì e resistette all’opposizione, negando che il proprio credito, per capitale ed interessi, fosse stato integralmente soddisfatto.

Il Tribunale di Chieti, disposta ed espletata una CTU, con sentenza depositata l’8 agosto 2006, ha rigettato l’opposizione, compensando le spese di causa.

Avverso questa sentenza i F. propongono ricorso straordinario per cassazione, affidato a due motivi, illustrati da memoria.

La Società per la Gestione di Attività – S.G.A. spa, cessionaria dei crediti in blocco dell’ISVEIMER spa in liquidazione, resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, affidato a tre motivi.

La S.G.A. ha depositato memoria; i ricorrenti hanno proposto controricorso a ricorso incidentale.

Motivi della decisione

1.- Preliminarmente, i ricorsi, principale ed incidentale, proposti avverso la stessa sentenza, vanno riuniti.

Sempre in via preliminare, va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale sollevata dalla resistente con riferimento al fatto che gli odierni ricorrenti abbiano proposto anche appello avverso la sentenza oggetto del presente ricorso, notificato nella data del 1 gennaio 2007 e deciso con sentenza di inammissibilità della Corte d’Appello di L’Aquila n. 965 del 21/7- 15/11 2010.

La situazione processuale dedotta dalla resistente non da luogo all’inammissibilità del presente ricorso, notificato in data 2 febbraio 2007, per avvenuta consumazione del potere di impugnazione in capo ai ricorrenti F..

L’unico principio di diritto da applicare nel caso di specie è quello, per il quale "La notificazione dell’impugnazione equivale – agli effetti della scienza legale – alla notificazione della sentenza oggetto di impugnazione. Da ciò consegue che, ove il soccombente in primo grado proponga, avverso la relativa sentenza non notificata, una prima impugnazione davanti al giudice di appello e, successivamente, ritenendo la medesima sentenza ricorribile soltanto per cassazione, una seconda impugnazione mediante ricorso in sede di legittimità, quest’ultimo, in tanto può essere ritenuto ammissibile e tempestivo, in quanto sia proposto entro il termine breve decorrente dalla notificazione dell’originario atto di appello" (così Cass. n. 2055/2010, nonchè già Cass. n. 5548/98, n. 15797/03).

Nel caso di specie, il ricorso per cassazione è stato notificato nel termine di sessanta giorni (2 febbraio 2007), utile se calcolato sia con decorrenza dalla notificazione della sentenza di primo grado (4 dicembre 2006) che con decorrenza dalla proposizione dell’appello (2 gennaio 2007).

Nemmeno rileva che l’appello sia stato dichiarato inammissibile, poichè proposto avverso una sentenza conclusiva di un giudizio di opposizione all’esecuzione pubblicata dopo il 1 marzo 2006, in applicazione dell’ultimo inciso dell’art. 616 cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis (cfr., per il regime di impugnabilità delle sentenze conclusive dei giudizi di opposizione all’esecuzione, dopo la modifica apportata dalla L. n. 52 del 2006, art. 14 ed abrogata con la L. n. 69 del 2009, art. 49, comma 2, tra le altre, Cass. n. 20392/09, n. 2043/10, ord. n. 20324/10, nonchè, a contrario, Cass. n. 20414/06 ed, ancora, anche per il rigetto di eccezioni di incostituzionalità, Cass. n. 976/08 e Cass. n. 3688/11).

Ed, invero, ciò che rileva, ai fini dell’ammissibilità della seconda impugnazione, qualora si tratti di impugnazione di specie diversa da quella precedentemente proposta, è che sia tempestiva, non applicandosi il principio di consumazione dell’impugnazione (cfr.

Cass. S.U. n. 16162/02, seguita da Cass. n. 7406/03, n. 5927/07, n. 13062/07, n. 15895/09).

E’ perciò da escludere che operi il principio di consumazione dell’impugnazione nel caso di specie in cui i ricorrenti avevano già proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Chieti; è quindi ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, tempestivamente proposto nei termini dì cui sopra, avverso la stessa sentenza.

1.1.- Va invece accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale sollevata dai ricorrenti.

Entrambi i ricorsi sono soggetti, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c. (inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 ed abrogato dalla L. 18 giugno 2008, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), applicabile in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (8 agosto 2006).

I motivi del ricorso incidentale sono inammissibili per mancanza dei quesiti ai sensi della norma appena citata.

Manca, infatti, totalmente il quesito di diritto relativo alla censura di vizio di violazione di legge, contenuta, nel terzo motivo, con riguardo all’art. 2855 cod. civ., commi 2 e 3.

Quanto al vizio di motivazione, denunciato con i primi due motivi di ricorso ed anche col terzo, non è rinvenibile, in alcuno dei tre, nel corpo dell’illustrazione ovvero all’inizio od alla fine di questa (con riguardo a ciascuno dei motivi di che trattasi), il momento di sintesi che questa Corte ha ripetutamente ritenuto indispensabile per una corretta formulazione del quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., nel testo come sopra vigente (cfr., tra le altre, Cass. n. 4556/09).

2.- Col primo motivo del ricorso principale si denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 1362, 1372 c.c. e art. 2809 cod. civ., comma 1 e art. 615 cod. proc. civ., comma 2 e art. 512 cod. proc. civ., nonchè vizio di motivazione. Deducono i ricorrenti che, in forza dell’art. 9 del contratto di mutuo del 1982 (del quale riportano il seguente contenuto: "A garanzia del capitale mutuato e di ogni accessorio, e per quanto di rispettiva pertinenza, … i sigg.ri C.E., C.G. e F. V. consentono che i Conservatori dei Registri Immobiliari di Pescara e di Chieti iscrivano ipoteca a favore dell’Istituto per lo sviluppo economico dell’Italia Meridionale – Isveimer – ente di diritto pubblico … per la complessiva somma di dollari USA 1.500.000, cosi distinta: – per capitale mutuato, pari al controvalore in lire di dollari Usa 1.000.000, per interessi annui variabili, capitalizzati al tasso Libor più 2,50, sulle rate di rimborso, per interessi di mora espressi sul controvalore in lire dei dollari dovuti, calcolati …omissis…, con un minimo del 25% per commissioni e penali, per eventuali imposte o spese non privilegiate, per spese legali e per premi di assicurazione che, per qualsiasi motivo, fossero pagati dall’Istituto per lo Sviluppo … per conto della società mutuataria, dei fideiussori e dei terzi datori di ipoteca, doll. USA 500.000, in totale doll. USA 1.500.000 sul complesso di suoli, fabbricati, impianti e macchinari e attrezzature descritti nell’allegato B del presente contratto di mutuo"), nel quale risultava dettagliato tanto l’importo dovuto con riguardo alla sorte capitale quanto e soprattutto quello dovuto con riguardo agli interessi convenzionali, i terzi datori di ipoteca sarebbero stati obbligati a garantire, a titolo di interessi di qualunque sorta e dunque anche moratori, solo il controvalore in Lire/Euro di 500.000 dollari USA, cioè, al massimo, la somma di L. 651.125.000 delle vecchie lire, quantificate al tasso vigente al momento della dichiarazione di fallimento della Sipe; che, secondo l’interpretazione data dal Tribunale, e censurata con il motivo in esame, il giudice del merito avrebbe riconosciuto tale limite, ma l’avrebbe interpretato nel senso che si sarebbe trattato del limite massimo entro il quale i beni del F. sarebbero stati vincolati a garanzia del credito per interessi; che, invece, si sarebbe dovuto tenere conto del fatto che l’ISVEIMER aveva percepito dal Fallimento SIPE l’intera sorte capitale ed una somma, a titolo di interessi, superiore a quella massima garantita secondo la volontà delle parti, nonchè del fatto che lo stesso creditore, avendo escusso il patrimonio degli altri due coobbligati del F., avrebbe ricavato da costoro una somma a titolo di interessi di per sè ben superiore al limite massimo di garanzia stabilito per convenzione nell’atto di mutuo, che la stessa sentenza impugnata ha quantificato nell’importo di L. 651.125.000.

Si sarebbe avuta pertanto violazione del canone ermeneutico dell’art. 1362 cod. civ., avendo il giudice male interpretato la comune intenzione dei contraenti, con conseguente violazione degli artt. 1322 e 1372 cod. civ., in materia contrattuale, e dell’art. 2809 cod. civ., in forza del quale, per il principio di specialità dell’ipoteca, l’obbligazione di garanzia può essere limitata quantitativamente dal soggetto garante, al momento della relativa concessione.

Avendo i tre coobbligati indicato nella somma anzidetta il limite massimo per il quale veniva iscritta ipoteca, in essa compresi interessi ed accessori, sarebbe questo il limite entro il quale operano gli effetti dell’iscrizione ipotecaria, con esclusione di questi effetti per i crediti accessori eccedenti tale limite: secondo i ricorrenti, la conclusione del Tribunale, secondo cui eventuali contestazioni sul calcolo degli interessi sarebbero rimesse alla fase distributiva ex art. 512 cod. proc. civ., si porrebbe in contrasto con detta volontà delle parti e con le previsioni normative in tema di garanzia ipotecaria, in ragione delle quali non sussisterebbe più, nel caso di specie, il diritto di ISVEIMER (oggi S.G.A.) di procedere ad esecuzione forzata nei confronti degli aventi causa da F.V.; e ciò, malgrado la sussistenza di un ulteriore credito per interessi in capo allo stesso, in quanto per tale parte di interessi non potrebbe operare la garanzia prestata da F. V..

2.1.- Va trattato unitamente al primo motivo, il secondo, in quanto vi si ripropone, sotto altro profilo, un aspetto della censura proposta col primo.

Si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2855 cod. civ., commi 2 e 3, nonchè vizio di motivazione, sul presupposto che entrambe le norme trovino applicazione nel caso di specie ed, in particolare, che esse comportino una limitazione della garanzia ipotecaria concessa dal dante causa dei ricorrenti, F. V., per il credito vantato da ISVEIMER nei confronti della Sipe Spa, in forza del contratto di mutuo per notaio Napoleone del 25 febbraio 1982 posto a base dell’azione esecutiva.

3.- Il primo motivo, che è assistito da adeguato quesito di diritto, è fondato e va accolto, nei limiti di cui appresso; è invece infondato il secondo motivo, a sua volta peraltro assistito da adeguato quesito di diritto. Risulta dalla sentenza impugnata che ISVEIMER ha percepito all’esito della procedura fallimentare l’intera sorte capitale e gli interessi dovuti in base alla normativa fallimentare ed, inoltre, che lo stesso istituto ha incassato, all’esito di due procedure esecutive promosse nei confronti degli altri datori di ipoteca, l’ulteriore somma complessiva di Euro 757.702,54.

Orbene, avuto riguardo al tenore letterale della clausola contrattuale sopra riportata, il Tribunale avrebbe dovuto considerare quale fosse il limite della garanzia assunta globalmente dai tre coobbligati, vale a dire non soltanto dal F., ma anche dai signori C.E. e C.G.: invece, si legge in sentenza che l’ISVEIMER avrebbe diritto di procedere ad esecuzione nei confronti degli aventi causa da F.V., perchè costoro, e quindi costoro soltanto, "sono obbligati a garantire, a titolo di interessi di qualunque sorta, e dunque anche moratori, solo il controvalore in Lire/Euro di 500.000 dollari USA, e cioè, al massimo, 651,125.000 di vecchie Lire secondo il tasso di cambio vigente al momento della dichiarazione di fallimento del debitore principale". Siffatta interpretazione urta col canone ermeneutico principale, poichè non risulta che il Tribunale abbia tenuto conto della lettera del riportato art. 9 del contratto di mutuo e di concessione di garanzia, nel quale il limite dell’importo entro il quale veniva contenuta l’iscrizione ipotecaria è indicato come riferito alla "somma complessiva" per la quale i tre soggetti indicati nella stessa clausola costituivano, come terzi datori, la garanzia ipotecaria.

Pertanto, in primo luogo il Tribunale avrebbe dovuto interpretare la clausola contrattuale, quindi la comune intenzione dei contraenti, individuando quale fosse l’obbligazione assunta dai coobbligati nei confronti dell’ISVEIMER, vale a dire se questa fosse complessivamente pari alla somma di 1.500.000 dollari USA (di cui 500.000 per interessi ed accessori) ovvero se tale importo fosse riferibile a ciascuno dei garanti; pertanto, avrebbe dovuto verificare se la circostanza che ISVEIMER avrebbe potuto escutere la garanzia, come di fatto l’ha escussa, nei confronti di ciascuno di costoro fosse conseguenza di un’obbligazione solidale tra i garanti ovvero fosse conseguenza della sussistenza di tre distinte obbligazioni gravanti su ciascuno per l’importo di 1.500.000 dollari USA, riferibile quindi ad ognuno dei garanti.

3.1.- A seguito di detta operazione ermeneutica, si sarebbe dovuta svolgere l’ulteriore attività interpretativa di distinguere, con riferimento all’intero importo garantito, quello relativo al capitale e quello relativo ad interessi; procedendo, quindi, all’ulteriore identificazione della tipologia di interessi garantiti.

Il Tribunale risulta avere compiuto correttamente sia la distinzione tra importo garantito per capitale ed importo garantito per interessi (tanto che la sentenza, per questo profilo, non è nemmeno censurata dai ricorrenti), sia l’identificazione degli interessi oggetto di garanzia. Tuttavia, in mancanza della preliminare valutazione della clausola nel senso precisato al precedente punto 3., le conclusioni raggiunte dal Tribunale risultano, allo stato, censurabili.

4.- E’ conforme alla lettera della clausola contrattuale – e comunque non censurabile in questa sede – l’interpretazione per la quale l’importo complessivo di L. 651.125.000 si distingueva dall’importo garantito per il capitale e veniva a coprire, fino al limite corrispondente ed indicato in contratto in 500.000 dollari USA, ogni tipo di credito accessorio, per interessi corrispettivi e moratori, oltre che per spese imposte e spese. Tuttavia, anche per tale limite il giudice del merito si sarebbe dovuto porre l’ulteriore questione dell’operatività di esso, non nei soli rapporti tra ISVEIMER e F.V., ma anche nei rapporti tra il creditore e ciascuno degli altri obbligati unitamente al F..

Orbene, il Tribunale ha ritenuto correttamente che non rilevasse che in sede fallimentare ISVEIMER avesse già percepito una somma per interessi che fosse superiore a quella garantita dai terzi datori di ipoteca, poichè contrariamente a quanto sostenuto dagli opponenti e ribadito, infondatamente, nel ricorso (in parte nel primo motivo, e comunque col secondo)- nei rapporti tra debitore garantito e terzi garanti non è certo possibile escludere la garanzia soltanto perchè il creditore ha ottenuto dal primo una somma per interessi pari a quella per la quale è stata iscritta ipoteca: il limite quantitativo di questa opera infatti nei soli rapporti tra il garante ed il creditore nel senso che quest’ultimo non può pretendere dal terzo datore di ipoteca una somma maggiore di quella massima per la quale la garanzia è stata prestata; non è invece rilevante che, per la medesima (od altra, maggiore o minore) somma abbia già riscosso gli interessi dal debitore principale purchè residui un credito per interessi; infatti, scopo della garanzia è proprio quello di consentire al creditore, che sia ancora tale, di ottenere dal garante il pagamento della differenza tra quanto percepito dal debitore principale e quanto invece complessivamente da questi dovuto.

4.1.- E’ da escludere, inoltre, e da ciò consegue l’infondatezza del secondo motivo di ricorso, che possano trovare applicazione nel caso di specie le norme dei commi secondo e terzo dell’art. 2855 cod. civ., nel senso preteso dai ricorrenti. Questi ultimi mostrano di attribuire alla disposizione normativa (anche) l’effetto di sancire il limite entro il quale dovrebbe essere contenuta l’obbligazione accessoria dei garanti, terzi datori di ipoteca, nei confronti del creditore, laddove è invece diversa la portata della disposizioni in parola. Infatti, la norma disciplina esclusivamente gli effetti dell’iscrizione ipotecaria, e va interpretata nei seguenti termini:

ai fini della collocazione di tutti gli interessi contemplati nell’art. 2855 cod. civ., nello stesso grado del capitale, è possibile per il creditore indicare nella nota di iscrizione una somma riferita agli interessi stessi, sia limitandola agli interessi convenzionali c.d. triennali sia comprendendovi anche gli interessi legali ai sensi del terzo comma ovvero aggiungendo un’ulteriore somma da riferire a questi ultimi interessi; in siffatte ipotesi, non potrà il creditore pretendere l’estensione della garanzia oltre la somma iscritta, ai sensi dei comma secondo e terzo dell’art. 2855 cod. civ., restando la prelazione limitata alla/e somma/e specificamente indicata/e nella nota per l’iscrizione; nel caso in cui, invece, il creditore ipotecario voglia avvalersi delle deroghe che le norme richiamate contemplano alla regola generale della inestensibilità dell’ipoteca agli accessori (regola che è connessa con il principio di specialità dell’ipoteca), dovrà, nella nota per l’iscrizione ipotecaria, enunciare che il credito è produttivo di interessi e ne dovrà indicare il tasso (cfr. Cass. n. 1869/2000; n. 9497/02).

Diversa è, invece, la questione posta dal caso di specie, in cui si tratta di quantificare l’importo entro il quale è obbligato il terzo datore di ipoteca in forza del contratto che di tale obbligazione accessoria è la fonte; l’interpretazione data a tale contratto dal giudice del merito è quella anzidetta. Il ricorso contiene la menzione soltanto della clausola di cui all’art. 9 e solo con riferimento a tale clausola censura l’interpretazione data dal Tribunale: con riguardo a tali censure, l’interpretazione data dal Tribunale appare congrua e logica, ed immune da errori di diritto (specificamente con riferimento alle norme degli artt. 2809 e 2855 cod. civ., richiamate dai ricorrenti). Pertanto, questa Corte non può che concludere nel senso dell’infondatezza del secondo motivo di ricorso e della parte del primo motivo con cui si lamenta che il Tribunale non abbia considerato estinta l’obbligazione del garante per l’intervenuta percezione delle somme liquidate in ambito fallimentare.

5.- Segue a quanto detto sopra, che, invece, le censure mosse dai ricorrenti alla sentenza impugnata sono fondate nei limiti in cui il Tribunale ha ritenuto che la differenza, tra quanto percepito da ISVEIMER dalla procedura fallimentare e quanto ancora spettante allo stesso creditore per il contratto di mutuo azionato in sede esecutiva, fosse per intero (cioè fino al limite di lire 651.125.000) ancora dovuta dagli aventi causa di F.V., senza considerare quanto già percepito da ISVEIMER allo stesso titolo da C.E. e C.G..

Infatti, se quello menzionato nel contratto è da reputarsi quale limite invalicabile complessivamente per tutti e tre i garanti, quanto riscosso da ISVEIMAR ai danni di questi ultimi due ( C. E. e C.G.) dovrà essere imputato a vantaggio degli aventi causa dal terzo ( F.V.), se invece, interpretando il contratto, il giudice di merito dovesse ritenere l’esistenza di una pluralità di obbligazioni di garanzia, sarà consentito ad ISVEIMER (oggi S.G.A.) di proseguire nell’azione esecutiva per riscuotere quanto ancora dovutogli fino al limite contrattuale.

In conclusione, è corretto che la procedura esecutiva prosegua fintantochè il creditore procedente non sia interamente soddisfatto, ma, considerati i motivi di opposizione, il giudice di merito dovrà, in primo luogo, procedere all’interpretazione della clausola di cui all’art. 9 del contratto secondo i criteri sopra esposti, al fine di accertarne la portata nei rapporti tra creditore e ciascuno dei co- obbligati, quali terzi datori di ipoteca. Quindi, dovrà accertare, in punto di fatto, quali somme, ed a quale titolo, lo stesso creditore abbia percepito a seguito dell’escussione dei patrimoni dei coobbligati C.E. e C.G. e dovrà verificare se, tenuto conto dell’accordo contrattuale di che trattasi, residui ancora un credito per interessi, di qualsiasi natura, quindi anche moratori, dell’ISVEIMER, oggi S.G.A., del quale questi possa pretendere il pagamento, anche in via esecutiva, nei confronti dei F., quali aventi causa da F.V..

La sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio al Tribunale di Chieti in diversa composizione, che provvederà ad interpretare il contratto ed a svolgere i conseguenti accertamenti di cui sopra.

Va rimessa al giudice del rinvio anche la decisione sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, nei limiti di cui in motivazione, rigettato il secondo;

dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Cassa e rinvia al Tribunale di Chieti in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di Cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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