Cass. civ. Sez. I, Sent., 30-03-2012, n. 5178 Divorzio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Firenze ha confermato la decisione del tribunale con la quale, dopo la sentenza non definitiva che aveva pronunciato la cessazione degli affetti civili del matrimonio contratto da C.A. con G. A., era stato posto a carico del primo l’obbligo di corresponsione, in favore della G., dell’assegno di mantenimento pari ad Euro 6.212,03, rivalutabile in base agli indici ISTAT; con compensazione delle spese processuali.

La corte di merito ha rigettato l’appello in via principale proposto dal C.A., il quale contestava la valutazione dei documenti effettuata dal Tribunale, sia sotto il profilo dell’an sia sotto il profilo del quantum dell’assegno di mantenimento disposto nonchè l’appello incidentale proposto dall’appellata, la quale aveva impugnato il capo relativo alla compensazione delle spese del primo grado del giudizio.

1.1.- Contro la sentenza di appello il C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi e deduce che la sentenza impugnata e la statuizione della Corte inerente l’assegno di divorzio potrebbe considerarsi caducata perchè la medesima Corte di Appello, ha dichiarato efficace nello Stato italiano la sentenza del 21 novembre 2007 del Tribunale Ecclesiastico Regionale Etrusco, ratificata in appello con decreto del 19 giugno 2008 del Tribunale Ecclesiastico Regionale Flaminio e resa esecutiva con decreto del 20 aprile 2009 del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, che ha dichiarato la nullità del matrimonio concordatario contratto da C.A. e G.A. il (OMISSIS).

Resiste con controricorso l’intimata la quale ha proposto ricorso incidentale in punto compensazione delle spese di primo grado.

Le parti hanno depositato memoria nei termini di cui all’art. 378 c.p.c..

2.1.- Con il primo (articolato) motivo il ricorrente denuncia: A) violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in quanto la motivazione su cui si fonda la sentenza è errata e ciò perchè A1) è evidente che la Sentenza della Corte di Appello impugnata ha omesso di valutare il requisito indicato dall’art. 5 L.D. laddove ha sovrapposto erroneamente quanto disposto dall’art. 156 cod. civ. (da applicare nell’ambito della separazione), con quanto invece disposto dal comma 6, dell’art. 5 L.D. (da applicare nel divorzio e/o nel procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio) (Cassazione civ. sez. 1^, 19 marzo 2004 n. 5555).

A2) L’accertamento, inoltre, delle ragioni oggettive, ovvero della condizione indicata nell’art. 5 L.D. per ottenere l’assegno, devono essere dimostrate dal coniuge che pretende l’assegno mentre la G. non ha dimostrato, nè chiesto di provare tale circostanza.

A.3.) vi è stata violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, nonchè dell’art. 3 L.D., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia perchè non sono stati esaminati tutti i presupposti indicati nel comma citato per verificare la sussistenza dell’an e l’eventuale quantum dell’assegno di divorzio.

2.2.- Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia: B) violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, nonchè dell’art. 3 L.D., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia laddove nella sentenza viene equiparata la quantificazione dell’assegno di divorzio ai criteri invece previsti per l’assegno di separazione ex art. 156 c.c., nonchè sul fatto che l’assegno di divorzio è stato confermato sull’unico presupposto della valutazione sull’ammontare dei patrimoni e redditi nella disponibilità dei coniugi. Deduce che, qualora si ritenesse di non poter quantificare differentemente l’assegno dì separazione (mantenimento), con quello di divorzio (assistenziale), si avrebbe violazione del precetto costituzionale della salvaguardia del matrimonio rispetto a quella del suo scioglimento (non dovuto e solo ammesso in ipotesi tassative), con la conseguenza che la interpretazione così effettuata della norma (art. 5, comma 6, L.D.) dovrebbe essere rimessa alla valutazione della Corte Costituzionale, per violazione dell’art. 29 Cost..

2.3.- Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia: C) violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, nella parte che stabilisce come criteri per la determinazione e quantificazione dell’assegno assistenziale di divorzio, il parametro (criteri che sono comunque tutti da cumulare) delle ragioni della decisione, e del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune.

La sentenza impugnata non ha tenuto conto delle ragioni della decisione: il C. aveva chiesto di dimostrare le gravi violazioni degli obblighi matrimoniali sanciti dall’art. 143 c.c., da parte della moglie (tali comunque da rendere intollerabile anche la mera convivenza tra i coniugi, vista l’efficacia offensiva della condotta tenuta dalla moglie: far pernottare un soggetto terzo nella casa famigliare per consumare una relazione extraconiugale).

Deduce che, non essendo il reddito e il patrimonio riferibile al C. frutto di realizzo durante il matrimonio, ma semplicemente pervenutogli per successione paterna, il suddetto patrimonio non avrebbe potuto essere tenuto in considerazione al fine delle condizioni economiche e del reddito dei coniugi.

3.- Con l’unico motivo di ricorso incidentale la controricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla compensazione delle spese. Deduce che la corte di merito non ha tenuto conto dell’intero iter del procedimento, l’opposizione del C. alla domanda di assegno e la formulazione di richieste istruttorie tutte respinte.

3.1.- La memoria depositata dai nuovi difensori della resistente è nulla perchè nel giudizio di cassazione, il nuovo testo dell’art. 83 cod. proc. civ. secondo il quale la procura speciale può essere apposta a margine od in calce anche di atti diversi dal ricorso o dal controricorso, si applica esclusivamente ai giudizi instaurati in primo grado dopo la data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, art. 45 (4 luglio 2009), mentre per i procedimenti instaurati anteriormente a tale data, se la procura non viene rilasciata a margine od in calce al ricorso e al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, come previsto dall’art. 83, comma 2 (C. n. 7241/2010).

4.- Va preliminarmente osservato che il passaggio in giudicato – pacifico tra le parti – della sentenza non definitiva che ha pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio priva di ogni rilevanza l’eventuale (e futuro) passaggio in giudicato della impugnata sentenza dichiarativa dell’efficacia, nell’ordinamento dello Stato, della pronuncia ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario.

4.1.- Ciò premesso va rilevato che tutte le censure formulate con il ricorso principale – là dove non sono inammissibili perchè versate in fatto – sono infondate.

Invero, per la parte che interessa, la corte di merito, nel condividere la decisione del tribunale, ha osservato che le risultanze di fatto emergenti dalla istruttoria dibattimentale, erano state confermate sostanzialmente dalla relazione tecnica di natura patrimoniale svolta nel giudizio di appello, correttamente eseguita e priva di incongruenze di carattere logico o di incompatibilità con fatti accertati in causa ovvero con documentazione prodotta dalle parti, la quale aveva evidenziato un patrimonio comunque riferibile al C.A. pari a numerose decine di milioni di Euro, ed una disponibilità finanziaria per le esigenze di vita certamente ingente.

Ha così puntualizzato, poi, la corte territoriale: "A fronte di tale situazione patrimoniale del C.A. la G.A. non risulta avere alcuna percezione di reddito – così come peraltro è stato nei dieci anni circa del rapporto matrimoniale, evidentemente sulla base di un preciso accordo tra i coniugi -, ed una modesta possidenza immobiliare. La comparazione delle rispettive situazioni patrimoniali, unita alla considerazione che una indagine approfondita sulle modalità di vita durante il rapporto coniugale appare allo stato superflua, anche a fronte della valutazione degli accordi intercorsi tra le parti in sede di assegno di mantenimento in costanza di separazione, circostanza questa che se certamente non è vincolante per il Giudice del divorzio, certamente non è di natura neutra in relazione alla valutazione del tenore dì vita delle parti in costanza di matrimonio, porta a ritenere che le censure mosse dal C.A. nei confronti della sentenza del Giudice di prime cure siano risultate infondate e debbano essere respinte".

La decisione impugnata, dunque, ha fatto corretta applicazione del principio giurisprudenziale secondo il quale (cfr. Sez. 1, n. 1487 del 2004) il giudice del merito, al fine di stabilire l’an ed il quantum dell’assegno, può tenere conto della situazione reddituale al momento della cessazione della convivenza, quale elemento induttivo da cui ricavare, in via presuntiva, il tenore di vita goduto in costanza dì matrimonio (Cass., n. 7068 del 2001; n. 7672 del 1999; cfr. anche, Cass., n. 6541 del 2002), avendo quindi appunto riguardo, quale parametro di valutazione del pregresso tenore di vita, alla documentazione attestante i redditi dell’onerato (Cass., n. 7068 del 2001; n. 8225 del 2000).

Nel resto le censure sono in parte infondate e in parte inammissibili, tenuto conto del principio ampiamente consolidato secondo il quale il giudice, nella quantificazione dell’assegno, non deve necessariamente darne giustificazione in relazione a tutti i parametri stabiliti dall’art. 5 della Legge sul divorzio, potendo dare prevalenza anche ad alcuni o ad uno solo di essi (Sez. 1, Sentenza n. 28892 del 2011), come ha fatto nel caso di specie, mentre è incensurabile in questa sede – essendo congruamente motivata – la valutazione relativa al complessivo contributo dato dalla resistente alla gestione complessiva della vita familiare, implicita nel richiamo al "preciso accordo" intervenuto tra i coniugi. Infine, la corte territoriale ha correttamente tenuto presente l’assetto economico delle parti, accertato in sede di separazione, il quale può fornire utili elementi di valutazione (Sez. 1, n. 5140/2011).

Da ultimo, del tutto inammissibile è il richiamo al comportamento della resistente poichè tale circostanza non risulta dalla sentenza impugnata e il ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza, non ha indicato specificamente in quali atti e con quali modalità la circostanza stessa sia stata sottoposta (se provata) alla corte di merito.

5.- Anche l’unico motivo del ricorso incidentale è infondato perchè la corte territoriale ha adeguatamente motivato la decisione relativa alla compensazione delle spese evidenziando la sostanziale assenza di attività istruttoria in punto dì statuizioni sulla domanda di contribuzione economica, e la assenza di alcuna conflittualità in ordine agli altri aspetti del giudizio divorzile, così provvedendo alla valutazione dell’esito complessivo della lite.

6.- Il rigetto di entrambi i ricorsi giustifica l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa le spese.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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