T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 16-11-2011, n. 2756 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con il primo ricorso, RG 1071/2000, le ricorrenti impugnano l’atto con il quale il Comune ha ordinato la rimozione di un prefabbricato collocato dalle ricorrenti su un’area di loro proprietà senza titolo edilizio.

Contro il suddetto atto sollevano i seguenti motivi di ricorso.

I) Mancanza del parere della Commissione edilizia.

II) Illegittimità della sanzione demolitoria in quanto l’opera sarebbe soggetta ad autorizzazione edilizia.

III)Violazione del principio di tipicità degli atti in quanto l’ordinanza individua anche l’area di sedime da acquisire.

IV) Incompetenza in quanto l’individuazione dell’area di sedime sarebbe di competenza della giunta comunale.

La difesa comunale ha chiesto la reiezione del ricorso.

2. Con il secondo ricorso, RG. 2821/2000, le ricorrenti impugnano l’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione per i seguenti motivi.

I) Illegittimità derivata.

II) L’immobile realizzato non richiederebbe concessione edilizia ma al massimo autorizzazione edilizia per la sua realizzazione con la conseguenza dell’impossibilità di impossibilità di acquisizione gratuita al patrimonio comunale.

Il Comune ha chiesto la reiezione del ricorso.

3. Con il terzo ricorso, RG. 2118/2009, le ricorrenti impugnano un nuovo ordine di demolizione e chiedono il risarcimento dei danni per i seguenti motivi.

I) Violazione dell’ordinanza cautelare n. 2475/2000 che ha concesso la sospensione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale.

II) Illegittimità derivata dalle ordinanza di demolizione impugnate con precedenti ricorsi.

III.1) Mancanza del parere della Commissione edilizia.

III.2) Difetto di comunicazione di avvio del procedimento.

III.3) Violazione delle norme sulle costruzioni in zona agricola, impossibilità di considerare il manufatto in lamiera una costruzione; realizzabilità mediante d.i.a.; violazione del principio di proporzionalità.

Chiedono quindi il risarcimento dei danni.

Il Comune chiede la reiezione del ricorso.

All’udienza del 18 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

4. In primo luogo occorre riunire i ricorsi indicati in considerazione della connessione soggettiva ed oggettiva dei medesimi.

4.1. Il primo ricorso, rg. 1071/2000, è infondato.

Il primo motivo è infondato in quanto la giurisprudenza ha chiarito che non è necessaria l’acquisizione di alcun parere (della commissione edilizia o della sezione urbanistica regionale), nell’ipotesi in cui si debba procedere alla repressione di un abuso edilizio (non dovendosi procedere a valutazioni tecniche, ma fare applicazione di valutazioni di natura giuridica) (cfr sul punto T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 27 ottobre 2008, n. 18243; 27 marzo 2007, n. 2885;23 giugno 2005, n. 8579; T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 26 giugno 2009, n. 3530; 15 luglio 2003, n. 8246; T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 20 aprile 2010 n. 2057) con conseguente spettanza al Dirigente dei relativi poteri sanzionatori.

Il secondo motivo di ricorso è infondato in quanto la costruzione abusiva di un manufatto di non trascurabili dimensioni (m. 5.20x 7.80 e di altezza pari a mt. 3) rientra a pieno titolo tra quelle trasformazioni fisiche del territorio a carattere permanente che l’art. 1 della L. n. 10 del 1977 (all’epoca vigente) assoggettava a previo rilascio della concessione edilizia (ora permesso di costruire) (TAR Emilia RomagnaBologna, Sez. II, sentenza 28.05.2010 n. 5157).

Neppure può ritenersi che l’opera sia precaria e quindi non soggetta a titolo.

Infatti la precarietà individuata dalla legge non è determinata dalla caratteristica di costruzione, bensì dall’uso realmente precario e temporaneo del manufatto destinato a fini specifici e limitati nel tempo. Si tratta quindi di un concetto di precarietà funzionale, che si desume dalla funzione, temporanea o stabile, che il manufatto riveste. E’ quindi precario e non richiede titolo edilizio il manufatto che è diretto a soddisfare esigenze specifiche e cronologicamente delimitate.

Solo se l’opera è destinata a dare al costruttore una utilità prolungata, e quindi è di fatto destinata a durare nel tempo, tale manufatto è riconducibile alla nozione di "costruzioni" e, come tali, necessita di un titolo edilizio (cfr Tar Lazio Roma sez. II 3/2/2006 n.780; Tar Sardegna Sez. II 27/9/2006 n.2013; Tar Campania Napoli Sez. IV 28/2/2006 n.2451).

Ne consegue che a nulla rileva, pertanto, che i manufatti non siano stabilmente collegati al suolo e siano facilmente amovibili, dal momento che gli stessi manufatti sono stati destinati ad uso continuativo e durevole nel tempo.

Ugualmente sono irrilevanti le caratteristiche costruttive e al tipo di materiale utilizzato, come, nel caso in giudizio, una struttura metallica e copertura in legno.

Poiché la struttura realizzata si presta ad un uso stabile nel tempo, come dimostra l’ormai lungo tempo trascorso (10 anni) dal momento in cui è stata sanzionata, si deve concludere che si tratta di una struttura non precaria che richiede il rilascio di un titolo edilizio.

Da ultimo non è neppure possibile ritenere che la costruzione potesse essere assentita con autorizzazione edilizia in quanto in primo luogo l’autorizzazione si applicava alle opere realizzate su immobili già esistenti, mentre nel caso in questione si tratta di una nuova costruzione.

In secondo luogo l’autorizzazione si applicava alle occupazioni di suolo mediante deposito di materiale o esposizione di merci a cielo libero, le opere di demolizione, i reinterri e gli scavi non riguardanti la coltivazione di cave o torbiere, categorie nelle quali non rientra la realizzazione di una nuova costruzione che comporta la realizzazione di nuova volumetria, essendo chiusa da tutti i lati, con la conseguenza che il regime autorizzatorio statale (art. 7 Legge 25 marzo 1982, n. 94) o regionale non era applicabile.

D’altro canto la realizzabilità mediante d.i.a. ex L.R. 22/1999 non era possibile in quanto tale legge ha esteso l’applicabilità della denuncia di inizio attività anche agli interventi di nuova costruzione, alla sola condizione della loro conformità alla vigente strumentazione urbanistica comunale.

Tale conformità nel caso in questione, infatti non sussiste.

In primo luogo le ricorrenti non hanno provato i presupposti soggettivi per la costruzione in area agricola, qual è la destinazione urbanistica dell’area, cioè la qualifica di imprenditore agricolo; in secondo luogo non hanno provato i presupposti oggettivi, cioè la destinazione della costruzione alla conduzione del fondo, in quanto non risultano coltivazioni, né il rispetto del rapporto di copertura previsto dalla L.R. 93/1980.

In terzo luogo l’ordinanza di demolizione è il procedimento sanzionatorio previsto dalla legislazione edilizia anche nel caso di superdia, con la conseguenza che, quand’anche fosse possibile l’applicazione del regime formale previsto dalla L.R. 22/1999, l’abuso non avrebbe potuto essere sanzionato diversamente.

Neppure il terzo motivo di ricorso è fondato in quanto l’individuazione nell’ordine di demolizione dell’area di sedime da acquisire non vizia l’ordinanza medesima.

Infatti la giurisprudenza ha chiarito che l’ingiunzione di demolizione, prevista dall’art. 7 comma 2, l. n 47 del 1985, deve contenere l’accertamento dell’esecuzione delle opere abusive e il conseguente ordine di demolizione; non è necessario, invece, che precisi quali siano le conseguenze per il caso della sua inosservanza, nè tanto meno che identifichi l’area destinata, in tale caso, ad acquisizione gratuita(Consiglio di Stato, sez. V 26 gennaio 2000, n. 341).

L’inserimento della previsione dell’indicazione dell’area da acquisire nell’ordine di demolizione è avvenuta con l’art. 31 c. 2 del DPR 380/01 secondo il quale "Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3".

Tuttavia deve escludersi che l’inserimento di tale previsione renda illegittimo l’ordine di demolizione impartito prima dell’entrata in vigore del T.U. Edilizia in quanto si tratta di un elemento aggiuntivo che svolge la funzione di rafforzare le garanzie del cittadino che viene così a sapere delle conseguenze dell’omissione della demolizione.

Ne consegue che l’anticipazione dell’individuazione dell’area da acquisire in caso di inottemperanza non incide sulla legittimità dell’ordine di demolizione, che possiede tutti i requisiti suoi tipici, e non lede la posizione del privato destinatario dell’ordine di demolizione.

Il quarto motivo è infondato in quanto si tratta di attività tecnica e non in un atto di scelta in merito all’acquisto di un bene, con la conseguenza che rientra nelle competenze dei dirigenti.

Infatti ai sensi dell’art. 51, comma 3, lett. f), l. 8 giugno 1990, n. 142, nel testo novellato dall’art. 6, comma 2, l. 15 maggio 1997, n. 127, rientra nella competenza esclusiva dei dirigenti e non in quella degli organi politici, l’emanazione di atti vincolati e sanzionatori, tra i quali rientra anche l’acquisizione al patrimonio dell’area in caso di omessa demolizione, trattandosi di un accertamento vincolato e di un atto sanzionatorio dell’inottemperanza all’ordine di demolizione (Corte Costituzionale, 15.07.1991, n. 345)

D’altro canto l’acquisizione da parte del Comune dell’immobile abusivo e dell’area di sedime avviene ipso iure, a seguito dell’emissione dell’ordinanza sindacale di demolizione e dello spirare del novantesimo giorno dalla notifica della stessa all’intimato, ove questi non vi abbia prestato ottemperanza (Corte di Cassazione penale, Sez. III, 08.01.2009 (Ud. 19.11.2008), Sent. n. 143), con la conseguenza che non si tratta di effettuare una scelta discrezionale in merito all’acquisto di un bene al patrimonio comunale, competenza che spetterebbe agli organi politici.

In definitiva quindi il primo ricorso va respinto.

4.2 Il secondo ricorso, RG. 2821/2000, è infondato.

Il primo motivo è infondato per la legittimità dell’ordine di demolizione.

Il secondo motivo è inammissibile in quanto non è possibile proporre motivi attinenti alla legittimità delle opere nei confronti di un atto, qual è l’accertamento dell’inottemperanza che ha la sola funzione di accertare la mancata demolizione delle opere abusive.

In ogni caso tale motivo è anche infondato secondo quanto già indicato in sede di impugnazione dell’ordine di demolizione.

In definitiva quindi il ricorso dev’essere respinto.

Da ciò consegue che, venuto meno l’effetto sospensivo dell’ordinanza cautelare n. 2475/2000 con il deposito della presente sentenza, si produce ipso iure l’effetto di acquisizione da parte del Comune dell’immobile abusivo e dell’area di sedime in quanto è decorso il novantesimo giorno dalla notifica dell’ordinanza di demolizione alle intimate e queste non vi hanno prestato ottemperanza (Corte di Cassazione penale, Sez. III, 08.01.2009 (Ud. 19.11.2008), Sent. n. 143).

4.3. Anche il terzo ricorso, RG. 2118/2009, è infondato.

Il primo motivo è infondato in quanto non sussiste contrasto tra l’ordine di demolizione e l’ordinanza cautelare n. 2475/2000.

Infatti quest’ultima ha concesso la sospensione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, con la conseguenza che permaneva efficace il dovere delle ricorrenti di provvedere alla demolizione.

Il secondo motivo è infondato in quanto le precedenti ordinanze sono legittime.

Il motivo 3.1 è infondato in quanto, come sopra indicato, il parere della Commissione edilizia non è necessario per l’emanazione dei provvedimenti di demolizione, soprattutto a seguito dell’entrata in vigore del DPR 380/01 che ha reso facoltativo tale organo.

Il motivo 3.2 è infondato in quanto l’ordine di demolizione di opere edilizie abusive non deve essere preceduto dall’avviso ex art. 7 della L. n. 241/1990, trattandosi di un atto dovuto, che viene emesso quale sanzione per l’accertamento della inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e conseguente disciplinato rigidamente dalla legge (Tar Campania, Napoli, sez. IV, 10.12.2007, n. 15871)

A tale conclusione deve giungersi a maggior ragione in un caso come questo, nel quale l’atto è meramente confermativo di altro già emesso e conosciuto dalle ricorrenti.

Il motivo 3.3 è infondato per gli stessi motivi indicati sopra.

A ciò si aggiunge che l’amministrazione non ha l’onere di motivare l’ingiunzione di demolizione comparando l’interesse pubblico a quello privato in quanto non esiste, in caso di abuso, un affidamento del privato degno di tutela da parte dell’ordinamento (v. TAR Campania, Napoli, sez. VI, 30 luglio 2007 n. 7130).

A maggior ragione nel caso in questione, ove il provvedimento è meramente confermativo di altro già emesso da diverso tempo, con la conseguenza che il mantenimento dell’abuso dipende esclusivamente dall’inottemperanza del privato e dall’esistenza di un atto di sospensione parziale, senza che possa addossarsi all’amministrazione alcuna colpa del ritardo.

Il motivo 3.4 è da ultimo infondato per gli stessi motivi indicati sopra.

In definitiva quindi il ricorso va respinto.

La legittimità degli ordini di demolizione emanati dal Comune comporta la reiezione della domanda risarcitoria.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, li rigetta.

Condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali a favore del Comune, che liquida in euro 1.500,00 oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *