Cass. civ. Sez. I, Sent., 30-03-2012, n. 5173 Separazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con sentenza non definitiva in data 27.11.2007 il Tribunale di Melfi pronunciò la separazione personale dei coniugi P. P. e T.F. provvedendo con separata ordinanza per la prosecuzione del processo in ordine alla domanda di addebito.

Contro tale sentenza propose appello il P. chiedendone la dichiarazione di nullità sulla base di un unico motivo concernente l’inammissibilità di una sentenza non definitiva sulla separazione siccome non prevista dalla normativa in materia.

La Corte d’appello dichiarò l’appello inammissibile.

Contro la sentenza di appello il P. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Resiste con controricorso l’intimata.

2.- Con i due motivi il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione e formula, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., il seguente quesito: "è inammissibile solo l’appello diretto alla pronunzia di nullità della sentenza di 1^ grado, al di fuori delle previsioni degli artt. 353 e 354 c.p.c., e non anche quello che implicitamente imponga la pronunzia sul merito della causa. La sentenza di appello che decide il merito, rende sempre ammissibile l’appello".

Con la denuncia del vizio di motivazione il ricorrente deduce che la motivazione della sentenza di separazione, fondata soltanto sulla intollerabilità della convivenza, rende impossibile una successiva motivazione in ordine alla violazione dei doveri coniugali.

3.- La fattispecie concreta ripete quella oggetto di altra pronuncia di questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 16985 del 2007), con la quale, dunque, si può ribadire che la sentenza impugnata contiene una duplice ratio decidendi.

La prima rileva la inammissibilità dell’appello per carenza di interesse in quanto proposto solo sulla questione processuale relativa alla possibilità di pronunciare una sentenza parziale senza proporre una impugnazione nel merito in relazione alla pronuncia di separazione.

La seconda ratio afferma che la pronuncia sulla separazione è scindibile rispetto a quella dell’addebito e può formare oggetto di una sentenza parziale non definitiva.

Per quanto concerne la seconda ratio questa Corte non può non rilevarne la esattezza e la piena fondatezza giuridica, dovendosi ribadire il principio già enunciato dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 15248 del 2001, a tenore del quale, nel giudizio di separazione personale dei coniugi, la richiesta di declaratoria d1addebitabilità della separazione stessa, avanzata ai sensi dell’art. 151 cod. civ., comma 2, dalla parte attrice con l’atto introduttivo o dalla parte convenuta in via riconvenzionale, ha natura di "domanda autonoma", pure se logicamente subordinata alla pronuncia di separazione, in quanto non sollecita modalità o varianti dell’accertamento già devoluto al giudice con la domanda di separazione, ne1 mira a semplici specificazioni o qualificazioni di detta pronuncia, ma amplia il tema dell’indagine su fatti ulteriori ed indipendenti da quelli giustificativi del regime di separazione, ed inoltre tende ad una statuizione aggiuntiva, priva di riflessi sulla pronuncia di separazione e dotata di propri effetti di natura patrimoniale.

Da ciò discende la consentita scindibilità della pronuncia sulla domanda di separazione e la consolidabilita della stessa (ove non impugnata) nel giudicato, che autorizza la proposizione della successiva domanda di divorzio, non ostante la prosecuzione del giudizio in ordine alla domanda di addebito dalla separazione (Cass. 15157/05).

Il secondo motivo di ricorso, dunque, è infondato nel mentre il primo motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., stante la formulazione "criptica" del quesito, nella seconda parte, e nella genericità dello stesso nella prima parte.

Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 2.700.00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori come per legge.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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