Cass. civ. Sez. I, Sent., 30-03-2012, n. 5168 Comunicazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il 16 agosto 2009 la Rovigobanca Credito Cooperativo soc. coop. a r.l. (in prosieguo indicata come Rovigobanca) chiese che un proprio credito di Euro 183.811,75 fosse ammesso, con privilegio ipotecario, al passivo del fallimento della Gatti s.r.l.. Essendo stata la domanda rigettata dal giudice delegato, la medesima Rovigobanca propose opposizione, che fu però dichiarata improcedibile dal Tribunale di Rovigo, con decreto depositato in cancelleria il 17 novembre 2010, in quanto l’opponente aveva omesso di produrre il decreto di esecutività dello stato passivo, come prescritto dall’art. 347 c.p.c., da ritenersi applicabile al procedimento in esame.

Per la cassazione di tale decreto la Rovigobanca ha proposto ricorso, al quale la curatela del fallimento ha resistito con controricorso.

La ricorrente ha depositato anche una memoria.

Motivi della decisione

E’ stata preliminarmente eccepita l’inammissibilità del ricorso, siccome notificato dopo la scadenza del termine indicato dalla L. Fall., art. 99, u.c..

Detta norma prescrive che il decreto col quale il tribunale decide sull’opposizione allo stato passivo del fallimento debba essere comunicato dalla cancelleria alle parti, le quali possono proporre ricorso per cassazione nei successivi trenta giorni. Non può quindi esservi dubbio sul fatto che il termine in questione decorra dalla data dell’avvenuta comunicazione di cancelleria – sul presupposto, ovviamente, che il decreto venga comunicato nella sua interezza – a prescindere dall’eventuale successiva notificazione, ad iniziativa di parte, del provvedimento.

Nel caso in esame risulta che il decreto è stato comunicato a mezzo telefax, come consentito dall’art. 136 c.p.c., u.c. (nel testo vigente all’epoca della comunicazione) al difensore della Rovigobanca, avv. Grasselli, in data 17 novembre 2010. Il ricorso per cassazione è stato poi notificato (e spedito all’ufficiale giudiziario per la notifica) il 14 gennaio 2011: dunque dopo lo scadere dei trenta giorni dalla comunicazione del decreto impugnato.

Nella memoria depositata a norma dell’art. 378 c.p.c., la ricorrente obietta di non avere in realtà ricevuto l’anzidetta comunicazione a mezzo telefax, e svolge considerazioni sull’inidoneità di tale strumento a garantire l’effettivo ricevimento dell’atto che dovrebbe esser comunicato.

Occorre però osservare che è stato ritualmente prodotto il "Rapporto conferma messaggi", sottoscritto dal cancelliere nella stessa data del 17 novembre 2010, dal quale emerge che alle ore 12,42 di quel giorno il provvedimento in questione, composto da tre pagine, è stato inviato a mezzo telefax al numero di fax corrispondente a quello dell’avv. Grasselli, difensore della Rovigobanca, e che la trasmissione ha avuto esito positivo (Risultati: OK).

Ciò posto, non essendo in discussione che il numero telefonico del ricevente fosse esatto, appaiono pienamente adempiuti i requisiti prescritti dalla citata disposizione dell’art. 136 c.p.c., la quale – come già ricordato -include senz’altro la trasmissione a mezzo telefax tra le modalità di possibile comunicazione alla parte del biglietto di cancelleria. La circostanza che, con la successiva modifica apportata dalla L. n. 183, art. 25 al comma 3 del predetto art. 136, l’uso legittimo di siffatta modalità di comunicazione sia stato condizionato al difetto di consegna diretta ed all’impossibilità di avvalersi della posta elettronica certificata è del tutto irrilevante ai fini della presente vertenza, in cui si discute di una comunicazione avvenuta prima di quella modifica. Nè vi sono ragioni per mettere in discussione, in via generale, l’idoneità allo scopo dell’uso del telefax, che evidentemente costituisce una delle modalità oggi consentite dall’evoluzione tecnologica, di cui il legislatore ha inteso avvalersi al fine di accelerare e semplificare gli adempimenti procedurali, introducendo la citata L. n. 263 del 2005, art. 136, comma 3.

Quanto, poi, al dubbio che detto sistema di trasmissione non garantisca a sufficienza l’effettivo ricevimento dell’atto comunicato, è sufficiente osservare che, una volta dimostrato l’avvenuto inoltro del documento a mezzo telefax al numero corrispondente a quello del destinatario, è perfettamente logico presumere che detta trasmissione sia effettivamente avvenuta e che il destinatario abbia perciò avuto modo di acquisire piena conoscenza di quanto comunicatogli. Sarà suo onere, allora, dedurre e dimostrare l’esistenza di elementi idonei a confutare l’avvenuta ricezione, non bastando certo a tal fine che egli si limiti a negarla.

Si può dunque senz’altro enunciare, al riguardo, il principio di diritto secondo cui, in presenza di una comunicazione di cancelleria eseguita a mezzo telefax nel rispetto di quanto dispone l’art. 136 c.p.c., comma 3, l’attestato del cancelliere da cui risulti che il messaggio è stato trasmesso con successo al numero di fax corrispondente a quello del destinatario è sufficiente a far considerare la comunicazione avvenuta, salvo che il destinatario fornisca elementi idonei a fornire la prova del mancato o incompleto ricevimento.

L’applicazione di tale principio al caso in esame conduce alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso.

Ne consegue la condanna della banca ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che vengono liquidate in Euro 4.000,00 per onorari e 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

P.Q.M.

La corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.000,00 per onorari e 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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