Cass. civ. Sez. I, Sent., 30-03-2012, n. 5167 Ammissione al passivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto depositato in cancelleria il 30 novembre 2010 il Tribunale di Milano rigettò l’opposizione proposta dall’avv. C.G. avverso il provvedimento di formazione dello stato passivo del fallimento della Fast Polish Transport s.r.l..

Il tribunale, premesso che il ricorrente aveva chiesto l’ammissione in privilegio di un proprio credito per complessivi Euro 48.403,45, derivante dall’attività professionale prestata in alcuni procedimenti di cognizione ed esecutivi promossi da dipendenti della società poi fallita, credito che era stato invece considerato chirografario dal giudice delegato, ritenne anzitutto inammissibile la diversa domanda con cui, per la prima volta in sede di opposizione, l’avv. C. aveva chiesto il riconoscimento della prededuzione per una parte di detto credito.

Quanto al privilegio, il medesimo tribunale escluse che potesse trovare applicazione l’art. 2755 c.c., in tema di crediti per spese di giustizia per atti conservativi o espropriativi compiuti nell’interesse comune dei creditori, sia perchè i procedimenti di espropriazione presso terzi promossi dai dipendenti della fallita con il patrocinio dell’avv. C. erano stati interrotti al momento della dichiarazione di fallimento senza alcun effetto utile per la massa dei creditori, sia perchè il credito per prestazioni professionali del legale appariva per lo più riferibile ai giudizi di cognizione e non era specificata la minima parte imputabile all’attività esecutiva. Fu altresì escluso dal tribunale che il credito per il compenso dell’attività professionale prestata a vantaggio dei lavoratori dipendenti della società fallita potesse godere del beneficio previsto per i crediti di lavoro dall’art. 2151 bis c.c., n. 1, non bastando che le spese di una causa siano distratte in favore del difensore a far loro assumere la medesima natura del credito azionato nella stessa causa.

Per la cassazione di tale decreto l’avv. C. ha proposto ricorso articolato in tre motivi, illustrati poi anche con memoria Nessuna difesa ha spiegato in questa sede la curatela del fallimento.

Motivi della decisione

1. Col primo motivo il ricorrente insiste nell’affermare l’ammissibilità della domanda volta al riconoscimento del carattere prededucibile di una parte del credito da lui vantato, ad onta del fatto che tale carattere sia stato prospettato per la prima volta solo nell’atto di opposizione allo stato passivo. Secondo il ricorrente ciò non implicherebbe alcun inammissibile mutamento della domanda, dal momento che le circostanze invocate a fondamento della prededuzione non sono diverse, in punto di fatto, da quelle esposte nell’originaria richiesta di ammissione del credito in via privilegiata e che l’individuazione della causa di prelazione applicabile compete al giudice.

2. Nel secondo motivo di ricorso si fa invece riferimento al privilegio richiesto a norma dell’art. 2755 c.c. (richiamato dall’art. 2777 c.c.), per sostenere che erroneamente il tribunale ha escluso l’utilità, per i creditori, delle procedure esecutive instaurate prima del fallimento dai dipendenti della società fallita con l’assistenza professionale dell’avv. C.. La sola circostanza che tali procedure siano state interrotte per il sopravvenuto fallimento non esclude, infatti, che potessero essere utilmente riattivare dagli organi della procedura concorsuale, e se ciò non è avvenuto la conseguenza non è imputabile al ricorrente.

3. L’ultimo motivo di ricorso è volto a lamentare la violazione dell’art. 2751 bis c.c., n. 1, sul presupposto che il diritto spettante al difensore distrattario nei confronti della parte soccombente – e dunque, nel caso di specie, all’avv. C., quale difensore dei dipendenti che avevano agito in causa contro la società poi fallita – ha natura e contenuto corrispondente a quello dell’analogo diritto della parte vittoriosa, onde ad esso compete il medesimo rango privilegiato che spetta a quest’ultimo diritto.

4. Il primo motivo di ricorso è privo di fondamento.

Già prima delle modifiche apportare nello scorso decennio alla legge fallimentare questa corte aveva ripetutamente chiarito che, avendo il giudizio di opposizione allo stato passivo natura impugnatoria ed essendo perciò retto dal principio dell’immutabilità della domanda, non possono essere in esso introdotte domande nuove o modificazioni sostanziali delle domande già avanzate in sede d’insinuazione al passivo, con la conseguenza che deve reputarsi inammissibile la richiesta di riconoscimento della prededucibilita del credito insinuato formulata per la prima volta nel giudizio di opposizione (si vedano in tal senso, tra le altre, Cass. 5 settembre 1992, n. 10241; Cass. 8 novembre 1997, n. 11026; e Cass. 10 novembre 1997, n. 11044). Il medesimo principio, con riferimento alla richiesta di ammissione al rango privilegiato, ma con argomenti che a fortiori escludono la proponibilità per la prima volta nel giudizio di opposizione della domanda di riconoscimento del carattere prededucibile di un credito, è stato ribadito anche dopo la suaccennata riforma della legge fallimentare (si veda Cass. 15 luglio 2011, n. 15702), e nella presente causa non viene dedotto alcun argomento che valga a rimetterlo in discussione.

Può certo consentirsi sul fatto che l’eventuale errore della parte nell’indicare la norma in base alla quale debba esserle riconosciuto il privilegio da lei invocato è suscettibile di esser corretto dal giudice anche d’ufficio; ma ben altra è la situazione quando si tratti d’invocare un asserito carattere prededucibile del credito:

perchè la prededucibiltà – da sempre, ma ancor più dopo la riformulazione della L. Fall., art. 111, comma 2, ad opera del D.Lgs. n. 5 del 2006 – ha presupposti del tutto diversi da quelli cui si lega l’attribuzione del rango privilegiato ad un credito concorsuale, ed implica perciò l’introduzione nel giudizio di un tema di discussione e d’indagine necessariamente diverso (restando la questione del rango privilegiato confinata all’eventuale necessità di procedere ad una graduazione tra più crediti prededucibili, come indicato dall’ultimo comma del successivo art. 111 bis).

5. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

Come già accennato nell’esposizione del fatto, il tribunale non ha escluso la riconoscibilità del privilegio per spese di giustizia unicamente a causa della non dimostrata utilità di tali spese per la massa dei creditori partecipanti alla procedura concorsuale, ma anche in considerazione dell’impossibilità di distinguere le spese afferenti ai procedimenti esecutivi – le sole cui astrattamente competerebbe il privilegio previsto dall’art. 2755 c.c. – da quelle riferibili ai precedenti giudizi di cognizione. Si tratta, con ogni evidenza, di una ratio decidendi autonoma e da sola sufficiente a sorreggere il rigetto della pretesa fatta valere dall’opponente, il quale però non ha svolto in proposito alcun rilievo nel ricorso, in cui si insiste solo nel sostenere che dette spese sarebbero state almeno potenzialmente utili per la massa dei creditori.

Le argomentazioni addotte a tal riguardo dal ricorrente, oltre ad implicare un esame delle risultanze documentali ed una valutazione di merito non consentiti in sede di legittimità, non valgono dunque a scalfire l’alternativo fondamento della decisione impugnata. Donde l’inammissibilità del motivo di ricorso in esame.

6. Anche il terzo motivo di ricorso è inammissibile.

E’ vero, infatti, che è stato affermato da questa corte il principio per cui compete il privilegio generale sui mobili, ai sensi dell’art. 2151 bis c.c., n. 1, in relazione all’art. 2749 c.c., al credito per spese, competenze e onorari attribuiti al difensore distrattario in esito al giudizio di esecuzione forzata insorto per il soddisfacimento di un credito di lavoro subordinato riconosciuto da sentenza irrevocabile nei confronti del soggetto in seguito fallito (Cass. 10 novembre 2006, n. 24052). Ma deve trattarsi, appunto, di spese processuali afferenti ad un procedimento di esecuzione, perchè solo per esse il citato art. 2749 prevede l’estensione del privilegio accordato al credito per il cui soddisfacimento si procede, e non anche per le spese processuali sostenute nel giudizio di cognizione in cui il suddetto credito è stato accertato (si veda anche, in tal senso, la risalente ma mai successivamente smentita pronuncia di Cass. 29 marzo 1977, n. 1211).

Di conseguenza torma ad essere decisivo il rilievo del giudice di merito, già sopra richiamato, in ordine all’omessa specificazione ad opera del ricorrente delle spese dei procedimenti esecutivi da lui patrocinati rispetto a quelle relative ai processi di cognizione.

L’impossibilità d’individuare quale parte di credito si riferisca alla prima categoria di spese, per le quali il privilegio astrattamente competerebbe, e quale alla seconda, cui nessun privilegio accede, si risolve nell’inammissibilità della censura:

perchè l’accoglimento della tesi in diritto in essa sostenuta non potrebbe comunque condurre ad accordare il richiesto privilegio, in difetto degli elementi identificativi del credito cui tale privilegio accede.

7. Al rigetto del ricorso non fa seguito alcun provvedimento sulle spese del giudizio di legittimità, nel quale il fallimento intimato non ha svolto difese.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *