Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-06-2011) 17-10-2011, n. 37384 Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

U.G. è stato condannato alla pena di anni 14 di reclusione con sentenza del GUP del tribunale di Roma del 29 maggio 2007; la sentenza di primo grado è stata confermata dalla Corte d’appello con sentenza del 3 ottobre 2008. Questa sentenza è stata annullata dalla Corte di cassazione con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.

Nel frattempo la Corte d’appello di Roma, con ordinanza del 17 novembre 2010, ha rigettato l’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari; contro quest’ultima ordinanza della Corte d’appello di Roma ha proposto appello il ricorrente. Il tribunale del riesame di Roma ha rigettato l’appello e condannato l’appellante al pagamento delle spese processuali.

Contro quest’ultima ordinanza presenta ricorso per cassazione U. G. per difetto di motivazione e inosservanza di normativa e violazione di legge in relazione agli artt. 309, 310 e 311 c.p.p..

Lamenta il ricorrente che l’ordinanza della Corte d’appello di Roma era totalmente vuota sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e che l’ordinanza del tribunale della libertà ha correttamente motivato, ma non poteva integrare la carenza dell’ordinanza della Corte d’appello, poichè si era in sede di appello e non di riesame. Secondo il ricorrente il tribunale della libertà, quando si pronuncia in tema di riesame, può integrare la motivazione sulla misura, ma quando decide sull’appello non può sostituirsi del tutto al giudice del provvedimento appellato. Quanto alle esigenze cautelari, lamenta il ricorrente che il tribunale non abbia correttamente valutato le stesse e soprattutto con riferimento al superamento della presunzione di legge.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di censura, U.G. si è doluto del fatto che l’ordinanza della Corte d’appello di Roma fosse totalmente priva di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

La doglianza non merita accoglimento; con la richiesta di revoca degli arresti domiciliari del 11.11.2010, la difesa non aveva chiesto espressamente una rivalutazione degli indizi di colpevolezza, limitandosi a rilevare – en passant ed in modo del tutto generico (tra l’altro sotto il capo di doglianza relativo alle esigenze cautelari) – che la sentenza di condanna era stata annullata dalla Corte di Cassazione (allegandone il dispositivo). Dunque la doglianza non fu affatto specifica, non vennero indicati i motivi per cui doveva ritenersi mutato il quadro indiziario, nè era possibile per il giudice della cautela effettuare autonomamente alcun giudizio in ordine alle conseguenze derivanti (sul quadro indiziario) dall’annullamento della sentenza di condanna, perchè a quel momento la Cassazione non aveva ancora depositato la motivazione. Oggi, peraltro, dall’esame della sentenza si apprende che l’annullamento non fu conseguente alla mancanza di prova in ordine alla colpevolezza dell’imputato, bensì all’inidoneità della motivazione, il che non implica automaticamente il venir meno dei gravi indizi. Comunque, al tempo della richiesta di revoca degli arresti domiciliari la Corte d’appello non poteva motivare diversamente, sia per mancanza di doglianza specifica ed articolata, sia perchè non si conoscevano ancora le ragioni della sentenza di annullamento. Tutto ciò è stato correttamente evidenziato nell’ordinanza del riesame, che pertanto non è censurabile sul punto.

Quanto alle esigenze cautelari, lamenta il ricorrente che il tribunale del riesame non abbia correttamente valutato le stesse, soprattutto con riferimento al superamento della presunzione di legge.

Orbene, le questioni relative alle esigenze cautelari sono questioni di merito sottratte al controllo di questa Corte, se correttamente motivate; nel caso di specie, l’ordinanza impugnata ha fornito una specifica motivazione sul punto (cfr. pgg. 2 e 3 dell’ordinanza), ma effettivamente ha in gran parte fatto riferimento alla vecchia ordinanza di riesame, omettendo di fornire una dettagliata valutazione delle esigenze cautelari in base alla situazione attuale.

La risposta alle doglianze del ricorrente non è mancata del tutto, anche con riferimento al quadro attuale (cfr. ultimo capoverso della pagina 2), ma non sembra sufficientemente approfondita. La Corte ha motivato in modo molto conciso ritenendo che, comunque, i reati addebitati all’ U. ricadessero sotto la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3.

Si tratta – quest’ultima – di una considerazione espressa, allora, sulla base della giurisprudenza di questa Corte, anche recente, espressamente richiamata nel provvedimento, ma che oggi non è più condivisibile, a seguito del recentissimo intervento delle Sezioni Unite, che hanno adottato la soluzione opposta, affermando che la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3 non opera con riferimento alle misure applicate prima dell’entrata in vigore della novella codicistica (Cassazione penale, sez. un., 31 marzo 2011, Ambrogio/Pellegrino).

Venuta meno la presunzione di legge di cui all’art. 275, ne risulta un eccessivo "alleggerimento" del provvedimento nella parte relativa alla persistenza delle esigenze cautelari, per cui è opportuno che il tribunale del riesame di Roma proceda a nuovo esame, motivando approfonditamente in ordine al dedotto affievolimento delle stesse, in relazione agli elementi specifici allegati dalla difesa.

P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al tribunale di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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