T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 17-11-2011, n. 923 Condono

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. I ricorrenti sono proprietari in Sperlonga di un’abitazione, in località Angolo, via Flacca km. 15,700, acquistata il 3 aprile 1985.

Relativamente a quest’abitazione il signor T. ha presentato al comune due istanze di condono.

La prima di queste istanze fu presentata, ex lege 28 febbraio 1985, n. 47, in data 20 marzo 1986 (prot. n. 2249) e si riferisce a un’abitazione avente superficie coperta di mq. 70, superficie utile abitabile di mq. 58,70 e volume di mc. 202,09; la seconda istanza, presentata ex lege 23 dicembre 1994, n. 724 in data 1 marzo 1995 (prot. n. 2915), si riferisce a un ampliamento dell’abitazione preesistente e ha ad oggetto una superficie coperta di mq. 50,30, una superficie utile abitabile di mq. 41 e volume di mc. 134,40.

L’immobile in questione è ubicato all’interno della fascia di rispetto stradale della s.s. Flacca.

2. Le due istanze erano una prima volta respinte dal comune di Sperlonga con provvedimento del 13 gennaio 2007, nel presupposto che – avendo chiesto il signor T. il n.o. all’ente gestore del vincolo stradale ed essendo questo (cioè l’A.) rimasto silente – il parere dovesse intendersi reso in senso negativo.

La sezione annullava il provvedimento con sentenza n. 1864 del 19 dicembre 2008.

Peraltro l’A. si pronunciava ugualmente sull’istanza di nulla osta. Anzitutto vi era un primo parere recante la data del 1619 marzo 2007 con cui essa si pronunciava in senso negativo nel presupposto che una parte dell’opera fosse stata ultimata il 2 settembre 1967 (al riguardo va chiarito che il ricorrente signor T., che nelle sue istanze di condono aveva indicato come periodo di ultimazione del fabbricato quello anteriore al 1° settembre 1967 e come periodo di ultimazione dell’ampliamento quello del 19861988, ha prodotto nell’ambito del procedimento di sanatoria dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà in cui ha attestato quale momento di completamento delle opere oggetto della prima istanza di condono la data del 2 settembre 1967).

Questo parere negativo era tuttavia sostituito da un parere parzialmente favorevole datato 14 maggio 2008, avendo l’A. acquisito una nuova dichiarazione del signor T. che rettificava la precedente, indicando come data di ultimazione delle opere oggetto della prima istanza di sanatoria il periodo antecedente al 1° settembre 1967; in pratica l’A. ritirava il precedente parere negativo e esprimeva parere favorevole alla sanatoria relativamente alla sola porzione dell’immobile risalente a periodo anteriore al 1° settembre 1967.

3. A seguito della sentenza della sezione sopra indicata il comune di Sperlonga procedeva a rinnovazione del procedimento.

La rinnovazione aveva come esito i due provvedimenti recanti la data del 15 novembre 2010 con cui il comune negava il condono.

In particolare, per quanto concerne l’istanza relativa alla porzione originaria dell’immobile (in pratica quella presentata il 20 marzo 1986) il comune sosteneva di aver eseguito una nuova istruttoria da cui era risultata la sua realizzazione in data posteriore a quella del 1° novembre 1967, con conseguente dolosa infedeltà della domanda e negazione della sanatoria.

Quanto alla seconda istanza di condono (quella relativa all’ampliamento presentata il 1° marzo 1995) la sanatoria era negata in applicazione dell’articolo 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47; in sostanza il comune negava la sanatoria in quanto il vincolo stradale è vincolo di inedificabilità assoluta e nella specie esso era stato imposto prima della realizzazione dell’ampliamento (che, secondo quanto denunciato dallo stesso ricorrente, risaliva al periodo 19861988).

4. I signori T. e Miele proponevano quindi il ricorso principale con cui impugnavano i due provvedimenti di diniego.

La sezione respingeva l’istanza di tutela cautelare con ordinanza n. 63 del 27 gennaio 2011.

5. Nel frattempo l’A. in data 13 gennaio 2011 aveva revocato, avendo ricevuto comunicazione dei provvedimenti di diniego del condono del comune di Sperlonga, il parere parzialmente favorevole alla sanatoria del 14 maggio 2008 e emesso un nuovo parere negativo.

Per parte sua il comune in data 14 gennaio 2011, nel presupposto del diniego di condono, ingiungeva ai signori T. e Miele la demolizione dell’immobile.

6. Erano quindi proposti motivi aggiunti coi quali erano impugnati l’ingiunzione alla demolizione e le nuove determinazioni dell’A..

La sezione, con ordinanza n. 153 del 24 marzo 2011 fissava la trattazione del merito del ricorso ex articolo 55, comma 10, cod. proc. amm.; l’ordinanza era riformata dal Consiglio di Stato che concedeva la tutela cautelare con ordinanza n. 2118 del 17 maggio 2011.

7. Il comune di Sperlonga e l’A. si sono costituiti in giudizio e resistono al ricorso.

8. I ricorrenti hanno depositato in data 12 luglio 2011 un fascicolo di documenti.

Stante la violazione dei termini di deposito previsti dall’articolo 73 cod. proc. amm. (il termine di 40 giorni liberi prima dell’udienza veniva a cadere, tenuto conto del periodo di sospensione feriale, in data 11 luglio 2011) di essi non si terrà conto ai fini della decisione, come richiesto dalle parti resistenti.

Diverso è il discorso per la memoria di replica che i ricorrenti hanno depositato nel giorno di sabato, 30 luglio 2011; il comune eccepisce che il termine che scade nel giorno del sabato è omologato al termine che scade in giorno festivo dall’articolo 155, comma 5, cod. proc. civ., che è applicabile anche al processo amministrativo in forza dell’articolo 39 cod. proc. amm.; di conseguenza il termine di deposito delle memorie sarebbe venuto a scadere venerdì, 29 luglio.

Deve osservarsi in contrario: a) la disposizione dell’articolo 155, comma 5, cod. proc. civ. non si applica ai termini da computare a ritroso (Cassazione civile, sez. lav., 7 maggio 2008, n. 11163); b) l’interpretazione proposta dal comune è smentita dall’articolo 52 cod. proc. amm. che prevede, nel caso di termini a ritroso, l’anticipazione della scadenza al giorno antecedente solo in caso di termine che cade in giorno festivo e tale non è considerato il sabato come si desume dal combinato dei commi 3 e 5 del medesimo articolo 52.

9. Il ricorso principale è in parte fondato.

10. Deve anzitutto rilevarsi che risultano infondate le censure relative ai profili sostanzialprocedimentali.

I ricorrenti denunciano al riguardo che il comune di Sperlonga avrebbe violato la sentenza n. 1864 del 2008 della sezione (incidentalmente va rilevato che nel frattempo il Consiglio di Stato ha definito con sentenza n. 4880 del 30 agosto 2011 gli appelli proposti avverso la stessa in parte dichiarandone l’improcedibilità e in parte respingendoli) e non avrebbe considerato i loro apporti procedimentali con violazione dell’articolo 10bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. Inoltre i ricorrenti sostengono che sulle loro domande di condono si sarebbe formato il silenzio assenso.

Sotto il primo profilo va osservato che i ricorrenti fraintendono il contenuto della sentenza n. 1864 del 2008, dato che questa aveva sì annullato il precedente diniego opposto alle istanze di sanatoria ma con motivazione che lasciava salvo il potere del comune di rideterminarsi sulle stesse; deve quindi escludersi che il comune fosse obbligato, come sostenuto dai ricorrenti, a rilasciare il titolo a sanatoria.

Infondato in fatto è anche il rilievo relativo alla violazione delle garanzie procedimentali, avendo il comune di Sperlonga rispettato il disposto dell’articolo 10bis della legge 7 agosto 1990, n. 241: ai ricorrenti è stato infatti comunicato il "preavviso di rigetto" ed è stato assegnato loro un termine per presentare memorie (irrilevante essendo che l’ultimo giorno utile coincidesse con un giorno di ferie del responsabile dell’ufficio); di tale memoria il comune ha tenuto conto ai fini del provvedimento finale.

Nessuna preclusione può derivare – come invece sostenuto in ricorso – dalla circostanza che il comune non avrebbe impugnato o contestato il parere A. del 14 maggio 2008, dato che, a parte ogni altra considerazione, si tratta di un atto endoprocedimentale, le cui conclusioni il comune ha comunque considerato, discostandosene motivatamente con il primo dei provvedimenti impugnati (cioè il diniego del condono richiesto nel 1986).

Infine va negato che la sanatoria sia stata conseguita attraverso il meccanismo del silenzio assenso dato che quest’ultimo, nel caso di immobili soggetti a vincolo presuppone che sulla istanza siano stati acquisiti i pareri favorevoli delle autorità preposte alla tutela dei medesimi (condizione che non si è verificata nel caso all’esame). Sul punto va solo precisato, in relazione alla circostanza che per la prima istanza di condono l’A. aveva formulato parere favorevole in data 14 maggio 2008, che il termine di ventiquattro mesi per la formazione del silenzio assenso non può farsi decorrere da quest’ultima data, avendo il comune all’epoca già respinto l’istanza di condono con il provvedimento poi annullato dalla sezione con la sentenza n. 1864 del 2008 più volte citata; non può cioè ritenersi che, per la prima istanza di condono, si fosse formato il silenzio assenso al compimento di 24 mesi dalla data del 14 maggio 2008, dato che in quel periodo era ancora efficace il precedente diniego del 13 febbraio 2007; né la retroattività degli effetti dell’annullamento giurisdizionale di tale provvedimento può giungere sino al punto da far ritenere che il termine per la formazione del silenzio assenso potesse decorrere in un periodo in cui era formalmente produttivo di effetti il diniego; la retroattività dell’annullamento infatti significa che la pronuncia del giudice ripristina la situazione anteriore al provvedimento impugnato ma ciò, pur implicando la caducazione degli effetti giuridici e di fatto che esso ha prodotto, non implica una cancellazione anche degli effetti ormai irretrattabili e, tra questi ultimi, rientra anche l’effetto preclusivo dell’esercizio dei poteri comunali durante il periodo in cui l’atto annullato è stato formalmente produttivo di effetti. In altri termini nel periodo tra il 14 maggio 2008 e la pubblicazione della sentenza n. 1864 del 2008 al comune era precluso, salvo esercizio dei poteri di riesame, rimettere in discussione la pratica di condono relativa al signor T. avendola già definita con il provvedimento sub judice poi annullato.

10. Si può quindi passare ai profili di carattere propriamente sostanziale dei due dinieghi.

11 Per maggiore chiarezza espositiva, ritiene il Collegio di prendere le mosse dal diniego di condono relativo all’ampliamento (cioè dal diniego opposto alla istanza del 1 marzo 1995).

In questo caso ritiene il Collegio che il diniego sia legittimo.

E infatti come già rilevato nella sentenza n. 1864 del 2008 (che su questo punto è stata confermata dal Consiglio di Stato) "alla fattispecie si applica non l’articolo 32, comma 2, lettera c) della legge n. 47 ma, ex comma 3, il successivo articolo 33, venendo in rilievo un immobile abusivo realizzato su area soggetta a vincolo di inedificabilità assoluta imposto in epoca anteriore all’abuso; e infatti il vincolo di inedificabilità in zona di rispetto stradale è considerato un vincolo di inedificabilità assoluta e – di conseguenza – allorchè l’abuso edilizio sia stato compiuto dopo la sua imposizione la fattispecie va ricondotta all’articolo 33 con conseguente insanabilità dell’abuso (Consiglio di Stato, sez. IV, 5 luglio 2000, n. 3731). Irrilevanti dunque sono le argomentazioni dei ricorrenti in ordine alla non pericolosità della porzione di manufatto in questione per la sicurezza del traffico". A ciò va aggiunto che sulla posteriorità dell’abuso all’imposizione del vincolo non vi sono dubbi dato che per ammissione dello stesso ricorrente l’ampliamento fu realizzato nel periodo 19861988 (successivo quindi alla imposizione del vincolo di rispetto stradale che risale al D.M. 1 aprile 1968, n. 1404).

12. In parte diverso è il discorso relativamente alla prima istanza di condono, cioè quella relativa all’originario immobile.

Va premesso che il provvedimento di diniego si basa sul rilievo che l’immobile in questione risalirebbe a epoca posteriore al 1° settembre 1967, come "risulta dai riscontri effettuati dall’ufficio e dalla documentazione prodotta dall’istante in varie occasioni", con conseguente dolosa infedeltà della domanda e della dichiarazione sostitutiva di atto notorio del ricorrente; negli stessi termini si esprime il "preavviso di rigetto" datato 25 ottobre 2010.

I riscontri eseguiti si ritrovano nella relazione istruttoria del 25 ottobre 2010.

Nella relazione si legge che le opere oggetto di condono "sono state accertate in maggiore consistenza da parte dell’ufficio di polizia urbana con rapporto prot. n. 338/P.U. del 12 maggio 1983 e dell’ufficio tecnico comunale con rapporto del 31 maggio 1983; le medesime sono state altresì oggetto dell’ordinanza di sospensione e demolizione lavori n. 42 del 20 giugno 1983".

La relazione, in punto di epoca di completamento, aggiunge che il ricorrente nella dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà afferma che le opere oggetto di condono sono state completate "entro la data del 2 novembre 1967"; questa dichiarazione sarebbe tuttavia falsa in quanto: a) nell’atto di vendita la parte venditrice dichiara che oggetto della vendita è "il locale terraneo di vecchia costruzione non censito in catasto sito in Sperlonga località Angolo della superficie di mq. 39 circa" e aggiunge che "il suddetto locale risulta costruito in data anteriore al 2 settembre 1967…"; b) invece "dall’esame delle mappe aerofotogrammetriche presenti agli atti dell’ufficio non si evince la presenza dei manufatti di cui in condono alla data del 1968 di stesura della citata mappa da parte della società Aerofoto consult di Roma"; tali elementi "sono altresì avallati dal rapporto di polizia urbana prot. n. 338 del 12 maggio 1983".

13. Oppongono i ricorrenti che: a) l’immobile compravenduto nel 1985 è stato in realtà costruito in epoca di molti anni antecedente al 1967; b) la dichiarazione del 29 novembre 1993 è il frutto di un equivoco perché riprende la dichiarazione del venditore inserita nell’atto di vendita che aveva il diverso scopo di consentirne la rogabilità da parte del notaio, nel senso che, non esistendo un titolo edilizio, il venditore – al fine di rendere possibile la stipulazione – si è limitato a dichiarare che l’immobile era stato realizzato in epoca anteriore all’entrata in vigore della cd. legge ponte; ciò è stato confermato dal venditore in successiva dichiarazione sostitutiva di atto notorio del 26 novembre 2007; c) in ordine alla aerofotogrammetria della Aerofoto Consult essa è inficiata da un errore come dimostra una foto aerea del 14 ottobre 1966, conservata presso l’istituto geografico militare di Firenze, in cui invece l’immobile in contestazione è chiaramente visibile; d) in ogni caso è stata proposta innanzi al competente tribunale querela di falso in relazione all’atto di vendita, alla dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del 29 novembre 1993 e in relazione alla mappa aerofotogrammetrica su cui si basa il provvedimento di diniego; e) quanto agli accertamenti compiuti nel 1983, essi si riferiscono a immobile diverso e precisamente all’immobile in cui è ubicato il ristorante "G.D.T.".

I ricorrenti infine evidenziano che le determinazioni assunte dall’amministrazione comunale costituirebbero una sorta di ritorsione nei loro confronti collegata a un contenzioso che li oppone da tempo all’amministrazione e alla proprietà del finitimo albergoristorante "La G.D.T."; ciò sarebbe dimostrato dalla circostanza che l’immobile in contestazione è ubicato in una palazzina condominiale dove esistono altre due unità immobiliari, parimenti abusive e oggetto di procedure di condono, per le quali l’A. ha rilasciato parere favorevole alla sanatoria così realizzando la situazione paradossale di un immobile che è stato ritenuto sanabile relativamente alle porzioni che, essendo state realizzate ai piani superiori, non possono che essere state costruite in epoca successiva; a parte l’ulteriore paradosso derivante dalla circostanza che il comune ha disposto la demolizione del piano terra che mai potrebbe essere eseguita se non a condizione di demolire anche le porzioni dell’immobile poste al di sopra.

14. Le argomentazioni dei ricorrenti sono in parte fondate.

Va premesso che la causa può essere decisa indipendentemente dall’esito del giudizio per querela di falso pendente presso il Tribunale di Latina (tra l’altro il rilievo aerofotogrammetrico non costituisce un atto pubblico), dato che sono stati acquisiti al processo vari elementi che dimostrano come il provvedimento recante il diniego del condono chiesto il 20 marzo 1986 sia basato su un’istruttoria inadeguata.

In particolare il comune non ha accertato con sufficiente sicurezza il presupposto su cui si basa il diniego, che, cioè, l’immobile acquistato dai ricorrenti nel 1986 sia stato realizzato in epoca successiva al 1° settembre 1967.

Anzitutto questo assunto non può esser fondato sulla autodichiarazione del signor T. del 29 novembre 1993 cui non può essere attribuito un valore vincolante.

Egli infatti ha acquistato l’immobile solo nell’aprile del 1985, per cui evidentemente non poteva essere a conoscenza diretta dell’epoca della sua realizzazione; sul punto va osservato che l’articolo 47 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 prevede che la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà possa avere a oggetto fatti e stati di cui il dichiarante abbia "diretta conoscenza"; nella fattispecie questa conoscenza era in possesso del venditore che nell’atto di vendita ha dichiarato che esso era stato realizzato prima del 2 settembre 1967, vale a dire prima che entrasse in vigore la cd. legge ponte (cioè la legge che ha generalizzato la cd. licenza edilizia). Lo stesso venditore ha poi anche dichiarato nel 2007 che l’immobile risaliva a epoca di molto anteriore al 1967 ma questo non ha – come si vedrà – rilievo determinante.

Ciò che, ad avviso del Collegio, ha invece rilievo essenziale è la fotografia aerea del 14 ottobre 1966 – allegata al ricorso – che smentisce il rilievo aerofotogrammetrico su cui si basa l’assunto comunale dell’inesistenza dell’immobile per cui è causa nel 1968.

A ciò si aggiunge che effettivamente gli accertamenti compiuti nel 1983 menzionati nella relazione istruttoria che chiarisce le ragioni dell’operato dell’amministrazione si riferiscono ad abusi compiuti presso il ristorante "G.D.T.".

In questa situazione – e benchè permangano zone d’ombra (in particolare la divergenza tra le dimensioni dell’immobile compravenduto e le superfici dichiarate in sede di istanza di condono) – sussiste ad avviso del Collegio un difetto di istruttoria.

15. Il provvedimento di diniego recante il numero di protocollo 24753 del 15 novembre 2010 deve quindi essere annullato.

Parimenti annullata deve essere la conseguente ingiunzione a demolire.

Sussiste anzitutto il vizio di illegittimità derivata, quanto meno in relazione alla demolizione relativa alla porzione di immobile oggetto del condono richiesto nel 1986.

L’annullamento, tuttavia, deve essere integrale, nonostante, come già visto, il diniego di condono contrassegnato dal numero di protocollo 24754 (cioè quello relativo all’ampliamento) risulti legittimo.

E infatti il Collegio condivide l’assunto del ricorrente secondo cui la demolizione ingiuntagli è impossibile andando la stessa a incidere sulle parti della palazzina condominiale sovrastanti, di proprietà aliena.

In pratica, se la circostanza che le unità immobiliari sovrastanti (e perciò costruite in epoca successiva a quella dei ricorrenti) hanno ottenuto il n.o. dell’A. non può giustificare, stante il carattere vincolato dell’atto, una pronuncia di illegittimità dei dinieghi impugnati a mezzo del ricorso principale (in applicazione del principio secondo cui il vizio di disparità di trattamento presuppone atti discrezionali non essendo giuridicamente tutelata la pretesa a fruire di illegittimità di altri abbiano già beneficiato), diverso è il discorso per l’ingiunzione a demolire che, per quanto misura costituente atto dovuto a seguito del diniego del condono, non può prescindere da una valutazione in termini di possibilità pratica e giuridica. Nella fattispecie la demolizione, fin quando il comune non intervenga sulla situazione delle unità immobiliari sovrastanti, appare impossibile, perché inciderebbe inevitabilmente sulle porzioni sovrastanti della palazzina, che, come già accennato, sono di proprietà di soggetti diversi dai ricorrenti.

16. Può ora passarsi all’esame dell’impugnativa delle determinazioni dell’A. del 13 gennaio 2011 con cui essa ha ritirato il parere del maggio 2008 ed espresso parere contrario alla sanatoria.

L’A. eccepisce che si tratterebbe di impugnativa inammissibile per difetto d’interesse, dato che si tratta di atti successivi ai dinieghi di sanatoria pronunciati dal comune di Sperlonga cosicchè dal loro annullamento nessun vantaggio trarrebbero i ricorrenti.

L’eccezione è infondata in quanto, data l’illegittimità del diniego opposto dal comune sulla prima istanza di condono e la necessità che, a seguito del suo annullamento, esso si ridetermini sulla medesima, è indubbio l’interesse dei ricorrenti a ottenere la rimozione del parere sfavorevole dell’A. (il quale, ove rimanesse fermo, renderebbe inevitabile un ulteriore rigetto presupponendo la sanatoria di abusi compiuti in aree soggette a vincolo stradale il n.o. favorevole del soggetto gestore del vincolo).

Ciò premesso – e assorbita ogni ulteriore denuncia – è chiaro che l’illegittimità del diniego opposto sulla istanza di sanatoria del 20 marzo 1986 determina l’illegittimità degli atti dell’A. (revoca e nuovo parere) che quel diniego hanno come presupposto.

Deve solo aggiungersi – in relazione alla circostanza che la sezione ha invece ritenuto legittimo il diniego opposto alla istanza di sanatoria dell’ampliamento – che questa circostanza non potrebbe giustificare un annullamento solo parziale degli atti dell’A., dato che essi hanno un contenuto unitario e inscindibile non distinguendo tra le istanze di condono proposte dal signor T. (peraltro da questo punto di vista poco cambia dato che l’annullamento degli atti del 13 gennaio 2011 determina la reviviscenza del parere del maggio 2008 che, relativamente all’ampliamento, aveva contenuto negativo).

17. In definitiva, ricorso e motivi aggiunti sono in parte fondati. Per l’effetto, sono annullati il provvedimento 15 novembre 2010 prot. n. 24753 del responsabile del settore urbanistica/demanio Sportello unico dell’edilizia del comune di Sperlonga, la conseguente ingiunzione alla demolizione n. 1 del 14 gennaio 2011 e gli atti dell’A. del 13 gennaio 2011.

18. Quanto alle spese di giudizio, la parziale reciproca soccombenza e la particolarità delle questioni ne giustificano l’integrale compensazione.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe e sui motivi aggiunti, li accoglie in parte, come specificato in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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