Cass. civ. Sez. I, Sent., 30-03-2012, n. 5166 Opposizione al precetto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 29 ottobre 2001 la sig.ra Z.A. e le società Famiglia Zeppieri s.n.c. e Zeta General Services Group s.p.a. proposero opposizione avverso il precetto con cui la Edera Compagnia Italiana di Assicurazioni s.p.a., in liquidazione coatta amministrativa (in prosieguo indicata come Edera), aveva loro ingiunto il versamento della somma di Euro 26.952,11, dovuta a seguito della condanna al pagamento delle spese processuali pronunciata dal Tribunale di Roma all’esito di un giudizio di cui era stata dichiarata l’estinzione a norma dell’art. 306 c.p.c..

Avendo il tribunale rigettato l’opposizione, gli opponenti proposero gravame, che fu però anch’esso rigettato dalla Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata in cancelleria il 14 luglio 2011.

La corte territoriale ritenne che non avesse fondamento la tesi degli opponenti secondo cui il precetto loro notificato era giuridicamente inesistente, o comunque nullo, perchè proveniente da un commissario liquidatore dell’Edera la cui nomina era a propria volta da considerare inesistente, al pari del decreto ministeriale che aveva disposto la liquidazione coatta di detta società. Secondo la corte del gravame, una tale questione, non dedotta nel giudizio all’esito del quale si era formato il titolo esecutivo, non avrebbe potuto essere prospettata in sede di opposizione al precetto. D’altronde, l’asserita inesistenza della nomina del commissario liquidatore dell’Edera non poteva basarsi, come preteso dagli opponenti, su precedenti pronunce della Suprema corte riguardanti unicamente il riparto di giurisdizione, nè su una decisione di merito emessa nel 2004 dalla medesima Corte d’appello di Roma, perchè tale decisione era relativa ad un giudizio non vertente tra le stesse parti e non era comunque passata in giudicato. Del pari ininfluente, ai fini dell’asserito difetto di legittimazione del commissario liquidatore dell’Edera, fu ritenuta un’ennesima sentenza emessa della medesima corte d’appello nel 2008, dovendosi la relativa statuizione sul punto considerare caducata per effetto di una successiva pronuncia con cui la Suprema corte aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dal Ministero dello Sviluppo economico avverso la propria condanna al risarcimento dei danni. In ogni caso, un’ulteriore sentenza delle Sezioni unite (n. 27346 del 2009) aveva affermato il principio della sussistenza della piena legittimazione processuale del commissario liquidatore, insediatosi nella carica, fin quando non fosse stata accertata – ma con effetto ex nunc – l’eventuale inesistenza giuridica della sua nomina, onde non avrebbe potuto dubitarsi di tale legittimazione alla data di formazione del titolo esecutivo contro cui era stata proposta opposizione.

La corte d’appello, disattendendo ulteriori eccezioni degli opponenti, ritenne poi che la sentenza di condanna al pagamento delle spese processuali emessa dal tribunale e posta a base del precetto, quantunque non passata in giudicato nè correlata ad una pronuncia di condanna anche nel merito, fosse dotata d’immediata efficacia esecutiva; ritenne che correttamente fosse stata conteggiata nel precetto anche l’imposta sul valore aggiunto relativa ai compensi professionali liquidati dal giudice all’esito della causa; e che, infine, fosse inammissibile l’eccezione di compensazione con un preteso controcredito derivante da una condanna al pagamento delle spese emessa in favore degli appellanti in un diverso giudizio tra le stesse parti, in quanto sollevata solo all’atto della precisazione delle conclusioni in appello.

Per la cassazione di tale sentenza la sig.ra Z. e gli altri suoi litisconsorti sopra indicati hanno proposto ricorso, articolato in quattro motivi, al quale l’Edera ha replicato con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie

Motivi della decisione

1. E’ stata preliminarmente eccepita l’inammissibilità del controricorso dell’Edera, siccome proposto dal commissario liquidatore che tale ormai non avrebbe più potuto considerarsi essendo stata definitivamente accertata l’inesistenza giuridica della sua nomina.

Come però questa corte ha già avuto modo di osservare nella sentenza n. 4690 del 2011, pronunciata tra le stesse parti, giacchè ciò di cui si discute in causa è proprio l’esistenza o meno della legittimazione processuale del predetto commissario liquidatore, affermata dalla corte d’appello e contestata dai ricorrenti per cassazione, la legittimazione del commissario a resistere al ricorso costituisce il posterius dell’eventuale accoglimento del ricorso e non può perciò essere esclusa a priori.

2. Venendo all’esame del ricorso, giova subito rilevare che i primi due motivi attengono ancora al tema del difetto assoluto di poteri in capo al commissario liquidatore dell’Edera, come conseguenza dell’inesistenza giuridica della sua nomina; il terzo concerne l’eccezione di compensazione dichiarata inammissibile dalla corte d’appello; l’ultimo afferisce alle spese di causa.

Converrà esaminare i tre profili separatamente.

2.1. L’assunto centrale intorno al quale ruota l’impostazione difensiva dei ricorrenti è imperniato sull’esistenza di un giudicato esterno la cui formazione avrebbe dovuto imporre alla corte d’appello di considerare giuridicamente inesistente il decreto di sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa dell’Edera e di nomina del commissario liquidatore, con la conseguente negazione in capo a costui di qualsiasi legittimazione a procedere esecutivamente nei confronti dei ricorrenti medesimi.

Il giudicato invocato da questi ultimi sarebbe costituito, in particolare, da una precedente sentenza (n. 2064 del 2008) con cui la stessa corte d’appello capitolina ha per l’appunto dichiarato inesistente il suddetto decreto di liquidazione coatta e di nomina del commissario liquidatore.

Siffatta tesi difensiva è stata disattesa dalla sentenza impugnata essenzialmente per tre distinte ed autonome ragioni, che possono così riassumersi: a) l’asserito difetto di legittimazione del commissario liquidatore dell’Edera non avrebbe potuto esser dedotto come motivo di opposizione al precetto, trattandosi di una questione preesistente alla formazione del titolo esecutivo giudiziale, ottenuto in favore della società Edera proprio dal medesimo commissario liquidatore, titolo la cui validità non può essere perciò sindacata dal giudice dell’esecuzione; b) non sarebbe vero che la suaccennata declaratoria d’inesistenza del decreto di sottoposizione dell’Edera a liquidazione coatta e di nomina del commissario liquidatore è passata in giudicato, essendo la relativa statuizione venuta meno in conseguenza dell’annullamento in parte qua della citata sentenza della Corte d’appello n. 2064 del 2008 ad opera della Suprema corte (Cass. n. 4690 del 2011); e) se anche dovesse ammettersi che la nomina del commissario liquidatore dell’Edera fosse all’origine affetta da vizi che in astratto ne abbiano comportato la giuridica inesistenza, l’instaurazione in concreto della procedura liquidatoria ed il principio di conservazione della stessa non consentono di ritenere privi di rilevanza giuridica per carenza di potere gli atti compiuti dal commissario fin quando alla procedura stessa, in conseguenza dell’accertamento giurisdizionale dell’illegittimità della sua instaurazione, non sia stato effettivamente posto termine.

I ricorrenti muovono critiche ai rilievi sopra riportati sub a) e b), non anche a quello sub c), dal quale anzi ritengono di trarre argomento a favore della propria linea difensiva. Essi, infatti, contestano vivacemente che l’accertamento dell’inesistenza del decreto ministeriale di sottoposizione dell’Edera a liquidazione coatta e di nomina del commissario liquidatore sarebbe stato travolto dalla citata sentenza di questa, corte n. 4690 del 2011. Ne deducono che, a partire dalla data in cui è stata emessa quest’ultima sentenza, la summenzionata procedura di liquidazione coatta sarebbe da ritenersi definitivamente conclusa. Il conseguente difetto di legittimazione processuale del commissario liquidatore ben poteva quindi esser dedotto dinanzi al giudice dell’opposizione a precetto, nè varrebbe obiettare che la legittimazione sussisteva quando il precetto medesimo fu notificato e l’opposizione fu proposta, trattandosi di un requisito che deve sussistere non solo all’atto dell’instaurazione del giudizio ma altresì al momento in cui il giudice è chiamato a decidere.

Siffatte censure non colgono nel segno.

Anche a voler condividerle nella parte in cui sostengono che l’annullamento della più volte citata sentenza della Corte d’appello di Roma n. 2064 del 2008 ad opera della Cassazione non ha travolto la declaratoria d’inesistenza giuridica del decreto di sottoposizione dell’Edera a liquidazione coatta e di nomina del commissario liquidatore, e che tale declaratoria è invece divenuta definitiva per effetto di quanto statuito da questa corte con la pure già citata sentenza n. 4690 del 2011, non per questo l’atto di precetto contro cui è stata proposta opposizione ne risulterebbe intaccato.

Non v’è ragione di discostarsi dall’indicazione formulata dalle sezioni unite di questa corte nella sentenza n. 27346 del 2009 – indicazione non contestata, del resto, neppure dagli stessi ricorrenti – secondo cui le esigenze di certezza giuridica espresse nel generale principio di conservazione degli effetti degli atti legalmente compiuti nelle procedure concorsuali comportano che, in relazione alla costituzione dei rapporti processuali attinenti ai soggetti sottoposti a tale procedura, l’apertura della stessa con la nomina dei suoi organi sulla base di un provvedimento formalmente idoneo e la loro immissione nel possesso e nella gestione del patrimonio, costituiscono un fatto giuridico di per sè idoneo a radicare la legittimazione processuale, attiva e passiva, del commissario liquidatore in relazione ai rapporti giuridici che ne formano oggetto; e ciò a prescindere dalla validità intrinseca del predetto provvedimento e finchè esso non venga rimosso dalla stessa amministrazione ovvero annullato, dichiarato nullo o giuridicamente inesistente con pronuncia giurisdizionale passata in giudicato che renda non più proseguibile la procedura e che è dunque destinato ad avere effetti ex nunc. Analogamente, del resto, si era già espressa, sempre in una causa tra le stesse parti, anche Cass. 29 aprile 2004, n. 8204, affermando che il commissario liquidatore di società di assicurazioni designato dalla pubblica autorità, e di fatto insediato nella carica, ha il potere rappresentativo della società, e può pertanto costituirsi in giudizio ed esercitare i correlati poteri processuali in nome e per conto della medesima, anche quando l’atto amministrativo di preposizione del detto commissario alla gestione della società, contestualmente posta in liquidazione coatta, sia giuridicamente inesistente, per essere stato emesso in totale carenza dei relativi poteri.

Ma se, allora, deve riconoscersi che il precetto del quale si discute bene è stato intimato da chi esercitava in quel momento la funzione di commissario liquidatore della società in cui favore il titolo esecutivo era stato emesso, non si vede davvero come il successivo venir meno in capo al predetto commissario dei poteri rappresentativi dell’ente, con effetto ex nunc, possa aver inficiato la validità del medesimo titolo esecutivo. E’ fuorviante invocare qui il principio per il quale la legittimazione attiva di chi agisce in giudizio deve sussistere al momento della decisione, perchè il soggetto giuridico che ha agito esecutivamente non è il commissario liquidatore, quale persona fisica, bensì la società Edera, in liquidazione coatta, da quello rappresentata. Nè il venir meno del potere rappresentativo di chi promuove un procedimento giudiziale in nome e per conto di una persona giurìdica, nè il passaggio di questa dalla condizione di soggetto in liquidazione coatta a quello di soggetto in liquidazione volontaria incidono sulla legittimazione ad agire dell’ente, la quale infatti prescinde da chi sia di volta in volta il soggetto munito di rappresentanza processuale, perchè il diritto dell’ente ad agire per la riscossione anche coattiva dei propri crediti giudizialmente accertati permane intatto anche se frattanto sia cessata la procedura di liquidazione coatta e siano stati eventualmente già ripristinati gli organi sociali di nomina assembleare.

Di contro i ricorrenti invocano il principio a suo tempo enunciato da Cass. n. 11181 del 2001, secondo cui la sopravvenuta revoca del fallimento rende improcedibili i giudizi in atto che siano stati in precedenza promossi dal curatore. Quel principio è però riferito ai giudizi nei quali si controverta di posizioni giuridiche riferibili alla massa dei creditori, e non al soggetto fallito (in tal senso anche Cass. n. 5438 del 2008). Nel caso in esame nè l’impugnata sentenza nè il ricorso forniscono indicazioni da cui si possa dedurre che il titolo esecutivo in base al quale è stato notificato il precetto fosse relativo ad un diritto maturato in favore della massa dei creditori dell’Edera e non, invece, ad un diritto facente capo propriamente a quest’ultima. E’ solo indicato che il titolo esecutivo azionato consiste in una pronuncia di condanna degli odierni ricorrenti al pagamento di spese processuali in favore dell’anzidetta società, in liquidazione coatta amministrativa.

Neppure risulta in atti, del resto, se al provvedimento amministrativo di liquidazione coatta si sia mai accompagnato o abbia fatto seguito a suo tempo la dichiarazione d’insolvenza della società. Se ne deve quindi dedurre che la vicenda in esame riguarda un credito del quale l’Edera medesima era ed è tuttora titolare, credito che in suo nome è stato azionato esecutivamente da chi in quel momento aveva la legittimazione processuale per farlo. Il successivo venir meno del potere di rappresentanza in capo al commissario liquidatore, per le ragioni sopra riferite, non ha dunque in alcun modo intaccato la legittimazione sostanziale della società a far valere il diritto ad essa spettante. Al più ne sarebbe potuta scaturire la necessità d’interrompere il processo di opposizione a precetto in corso (ove si ritenga che la disposizione della L. Fall., art. 43, u.c., sia applicabile anche nell’ipotesi di ritorno in bonis del fallito e che la medesima regola debba velare pure nel caso di sopravenuta cessazione della liquidazione coatta, nonostante il mancato richiamo da parte del successivo art. 200), ma nessuna censura è stata proposta sotto questo profilo, che perciò sarebbe fuor d’opera qui approfondire.

I primi due motivi di ricorso debbono, pertanto, essere rigettati.

2.2. Nemmeno il terzo motivo è fondato.

I ricorrenti sostengono che, nel dichiarare inammissibile perchè tardiva l’eccezione di compensazione da loro sollevata in sede di precisazione delle conclusioni d’appello, la corte territoriale avrebbe violato il principio che impone di tener conto, in qualsiasi stato e fase del giudizio, del giudicato che si sia formato medio tempore tra le stesse parti.

L’invocazione di tale principio non è però qui pertinente. La necessità di tener conto del giudicato anche se sopravenuto in corso di causa discende, come la stessa difesa dei ricorrenti non manca di ricordare, dall’esigenza di evitare decisioni contrastanti. Ma ciò non autorizza a proporre un’eccezione di compensazione oltre i limiti temporali consentiti dalle regole del processo, perchè l’inammissibilità di tale eccezione non contraddice in alcun modo la forza del giudicato formatosi nell’altro giudizio, nè si pone in contrasto con quanto in quella sede accertato, implicando solo che ciascuno dei contrapposti crediti resti autonomamente esigibile.

2.3. Inammissibile è, infine, l’ultimo motivo di ricorso, col quale ci si duole della condanna al pagamento delle spese processuali sul presupposto che tale condanna sia stata pronunciata dalla corte d’appello in favore del commissario liquidatore dell’Edera, la cui legittimazione i ricorrenti contestano.

Ma in giudizio era ed è la società Edera, non personalmente chi la ha rappresentata o la rappresenta, ed anche la condanna al pagamento delle spese processuali afferenti al giudizio di merito è stata pronunciata in favore della "parte appellata", cioè appunto dell’anzidetta società. La doglianza dei ricorrenti si riferisce dunque ad una statuizione che, nei termini in cui il ricorso la censura, non sussiste.

3. Le peculiarità della vicenda giustificano la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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