Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-06-2011) 17-10-2011, n. 37371 Procedure concorsuali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.S. propone ricorso contro la sentenza della corte d’appello di Catanzaro con la quale è stata confermata la sentenza pronunciata dal tribunale di Cosenza, per mezzo della quale il ricorrente è stato dichiarato colpevole del reato di bancarotta fraudolenta e condannato alla pena di anni tre di reclusione. La sentenza della corte d’appello di Catanzaro viene censurata sotto tre profili:

1. con il primo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai primi due episodi distrattivi e cioè le distrazioni di Euro 10.535,72 e di Euro 2.800,00. Sostiene il ricorrente che tali operazioni non costituiscano distrazioni di somme in quanto si tratterebbe di deviazione di somme di spettanza della società fallita verso un’altra società riferibile al S., verso la quale vi era un rapporto debitorio. La sentenza impugnata sarebbe viziata sia per difetto di motivazione, che per travisamento della prova. Non vi sarebbe poi alcuna motivazione relativa alla mancata configurabilità di una bancarotta preferenziale, invece che della contestata bancarotta fraudolenta;

2. con il secondo motivo, relativo ai prelievi operati per cassa o dal conto corrente intestato alla società, sostiene il ricorrente che secondo le emergenze istruttorie testimoniali (dottori D.R. e C.) si tratterebbe di prelievi giustificati in quanto anticipazioni inerenti alla procedura liquidatoria, in relazione ai quali sarebbe possibile una legittima prededuzione. In secondo luogo vi sarebbe carenza di prova relativamente al prelievo di Euro 9.129,21 del 1 marzo 2003 e carenza di motivazione, non integrabile con i richiami alla sentenza di primo grado. In terzo luogo si censura l’interpretazione dell’articolo 216 della legge fallimentare, laddove la corte d’appello ha ritenuto che integri il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore che si appropria di somme di denaro per compensare dei crediti vantati nei confronti della società dichiarata fallita (Cass. 17616/2008).

3. Con il terzo motivo si censura mancanza di motivazione in ordine alla mancata concessione della circostanza attenuante di cui alla L. Fall., art. 219, comma 3.

Motivi della decisione

Sostiene il ricorrente che i primi due episodi contestati, e cioè le presunte distrazioni di Euro 10.535,72 e di Euro 2.800,00 non siano in realtà qualificabili come tali, in quanto si tratterebbe di "deviazione" di somme di spettanza della società fallita verso un’altra società riferibile al S., verso la quale vi era un rapporto debitorio.

La censura è infondata; come ha già correttamente evidenziato la sentenza impugnata, non vi è prova sufficiente in ordine ai rapporti di debito della società fallita nei confronti delle società terze, cui sarebbero stati "deviati" i pagamenti diretti alla CORECI s.r.l., per cui le valutazioni della Corte di appello di Catanzaro, che costituiscono valutazioni discrezionali in fatto, sfuggono ad ogni censura in questa sede di legittimità, essendo correttamente motivate. Non sussiste, inoltre, il lamentato travisamento della prova (peraltro espresso in maniera assai generica alla pagina 5 del ricorso), che si ha solo qualora un dato di essa sia stato letto da parte del giudice di merito in modo tale da condurre all’affermazione dell’esistenza di una specifica circostanza oggetti va mente esclusa dal risultato probatorio o alla negazione della sussistenza di una circostanza sicuramente risultante dalla prova. Deve trattarsi, quindi, di un errore che inquini la trama motivazionale dell’intero provvedimento stravolgendola al punto di disarticolarla, con la conseguenza di rendere "ictu oculi" errato il risultato decisorio raggiunto su un punto rilevante e perciò decisivo ai fini della decisione. Solo in tal caso, e sempre che dell’errore il ricorrente abbia fatto una precisa e specifica individuazione tra gli atti del processo, indicando alla Corte, con assoluto rigore, la sua precisa collocazione "topografica", è possibile al giudice di legittimità esaminare quell’atto e procedere all’annullamento della sentenza, ove sia rilevata l’esattezza della deduzione del ricorrente (Cassazione penale, sez. 6^, 13 marzo 2009, n. 26149).

Va, infine, rilevato che il vizio di "travisamento della prova", che si realizza allorchè si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia, può essere dedotto solo nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronuncia conforme il limite del "devolutum" non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice di appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cassazione penale, sez. 2^, 28 maggio 2008, n. 25883; conf. Cassazione penale, sez. 4^, 10 febbraio 2009, n. 20395). Quanto premesso consente a questa Corte di affermare la piena legittimità, sotto il profilo della motivazione, della sentenza impugnata. Secondo il ricorrente, poi, non vi sarebbe alcuna motivazione relativa alla mancata configurabilità di una bancarotta preferenziale, invece che della contestata bancarotta fraudolenta, ma la censura è destituita di fondamento, giacchè la Corte di Catanzaro fornisce specifica motivazione alla pagina 4 della sentenza, laddove precisa che per aversi bancarotta preferenziale deve esserci certezza del credito, mentre in caso di rapporto sinallagmatico solo fittizio (come nel caso in esame), si realizza evidentemente un depauperamento patrimoniale della società, che configura distrazione.

In merito agli invocati rapporti infragruppo, sia sufficiente rilevare che ai sensi dell’art. 2634 c.c., non è considerato ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall’appartenenza al gruppo; ed in applicazione di tale norma questa Corte ha affermato che in tema di reati fallimentari, integra la distrazione rilevante ai fini della bancarotta fraudolenta patrimoniale, il trasferimento di risorse infra-gruppo, ossia tra società appartenenti allo stesso gruppo imprenditoriale, effettuato, senza alcuna contropartita economica, da società che versi in gravi difficoltà finanziarie a vantaggio di società in difficoltà economiche, posto che, in tal caso, nessuna prognosi fausta dell’operazione può essere consentita (Cassazione penale sez. 5^, 16 aprile 2009 n. 36595) e che qualora il fatto si riferisca a rapporti intercorsi tra società appartenenti a un medesimo gruppo, l’interesse che esclude l’effettività della distrazione e la configurabilità del reato non può ridursi alla partecipazione al gruppo stesso nè identificarsi nel vantaggio della società controllante, in quanto il collegamento tra le società e l’appartenenza a un gruppo imprenditoriale unitario è solo la premessa per individuare uno specifico e concreto vantaggio per la società che compie l’atto di disposizione patrimoniale (Cassazione Penale Sez. 5^ 17 dicembre 2008 n. 1137). Nel caso in esame non è stato nemmeno indicato il vantaggio che alla società poi fallita sarebbe conseguito dal trasferimento ad altra società delle somme oggetto di contestazione.

Quanto ai prelievi operati per cassa o dal conto corrente intestato alla società, sostiene il ricorrente che secondo le emergenze istruttorie testimoniali (dottori D.R. e C.) si tratterebbe di prelievi giustificati in quanto anticipazioni inerenti alla procedura liquidatoria, in relazione ai quali sarebbe possibile una legittima prededuzione. In secondo luogo vi sarebbe carenza di prova relativamente al prelievo di Euro 9.129,21 del 1 marzo 2003 e carenza di motivazione, non integrabile con i richiami alla sentenza di primo grado. Ebbene, è proprio attraverso l’integrazione delle motivazioni di primo e secondo grado, assolutamente conformi, che deve essere valutato il complessivo apparato motivazionale della decisione; pertanto, non sussiste mancanza o vizio della motivazione allorquando i giudici di secondo grado, in conseguenza della completezza e della correttezza dell’indagine svolta in primo grado, nonchè della corrispondente motivazione, seguano le grandi linee del discorso del primo giudice. E invero, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione (cfr. Cassazione penale, sez. 2^, 15 maggio 2008, n. 19947). E sul punto la sentenza di primo grado fornisce adeguata motivazione sul perchè si è ritenuto sussistente il prelievo, anche in mancanza della relativa contestuale registrazione bancaria (cfr. pagg. 8 e 9 della sentenza di primo grado), mentre la censura del ricorrente è priva degli indefettibili requisiti della specificità e della completezza, non avendo egli indicato le ragioni per le quali le dichiarazioni dei testi indicati inficerebbero e comprometterebbero, in modo decisivo, la tenuta logica e la coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato.

Tanto senza considerare che, per poter stabilire se le richiamate testimonianze, asseritamente non considerate dal giudice, possano assumere effettivamente un significato probatorio pregnante, occorreva una valutazione complessiva del materiale probatorio disponibile – del tutto omessa nel ricorso – pacificamente non operabile dal giudice di legittimità sulla base della lettura necessariamente parziale suggerita dai ricorrenti. Era, cioè, necessario che venissero evidenziati gli elementi probatori tutti in ordine alla ricostruzione dei fatti, per impingerne che quelli pretesamente omessi dalla Corte d’appello (ma già correttamente valutati dalla sentenza di primo grado, che la Corte di Catanzaro ha espressamente richiamato) erano comunque idonei, con giudizio di certezza, a condurre a diversa decisione. Al contrario, non solo si pretenderebbe di vagliare in modo atomistico gli elementi probatori asseritamente omessi, ma degli stessi si offre non più che un mero stralcio, senza che, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, siano allegati gli atti richiamati. Analoga considerazione si deve fare con riferimento alla questione della qualificazione giuridica dei prelievi, che i giudici di merito hanno ritenuto integrare la fattispecie distrattiva di cui alla L. Fall., art. 216; qui è preliminare la valutazione in fatto relativa alla natura dei pregressi versamenti, che il giudice di primo grado esamina con motivazione approfondita e logica alla pagina 8 della sua sentenza, affermandone la natura di crediti postergati e da ciò, correttamente, deducendone la sussunzione della condotta del ricorrente nell’ipotesi distrattiva di bancarotta. Premessa l’impossibilità, per questa Corte, di entrare nella valutazione degli elementi di fatto, se, come nel caso di specie, correttamente motivati, non si può che richiamare, in quanto perfettamente attinente alla fattispecie in esame, il precedente di questa corte, secondo cui "Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta dell’amministratore (o del liquidatore) che si appropria di somme di denaro per compensare dei crediti vantati nei confronti della società dichiarata fallita" (Sez. 6^, Sentenza n. 17616 del 27/03/2008 Ud. (Rv. 240069), dovendosi ritenere che tale considerazione valga, a maggior ragione, per i crediti postergati (cfr. sentenza di primo grado, pag. 8).

E’ fondata, invece, l’ultima censura; manca totalmente, infatti, la motivazione in ordine alla mancata concessione della circostanza attenuante di cui alla L. Fall., art. 219, comma 3, pur essendoti stato uno specifico motivo di appello.

Sul punto, è necessario che la Corte d’Appello si pronunci e che fornisca adeguata motivazione.

Consegue, a quanto detto, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente all’attenuante del danno di speciale tenuità, con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Catanzaro per nuovo esame.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata limitatamente all’attenuante del danno di speciale tenuità con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro per nuovo esame.

Rigetta il ricorso nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *