Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-10-2011) 18-10-2011, n. 37689 Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 23.10.2009, il G.U.P. presso il Tribunale di Roma dichiarò F.S. responsabile dei reati di estorsione continuata (capo 1), incendio e danneggiamento seguito da incendio (capo 2), danneggiamento aggravato e continuato (capo 4), porto e detenzione illegale di armi (capo 6) ed estorsione (capo 7), aggravati ai sensi della L. n. 575 del 1965, art. 7 (in quanto sottoposto a misura di prevenzione), unificati sotto il vincolo della continuazione e – con la diminuente per il rito – lo condannò alla pena di anni 6 di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa, pena accessoria.

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame e la Corte d’appello di Roma, con sentenza in data 16.7.2010, in parziale riforma della decisione di primo grado, qualificata l’estorsione di cui al capo 7 nel reato di cui all’art. 611 cod. pen. concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, ridusse la pena ad anni 4 di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo: 1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato di estorsione in quanto l’imputato, insieme alla sua compagna N.S. e ad A.S. aveva avviato un’attività di macelleria, subendo atti di sabotaggio; rivoltosi alla Famas Carni S.a.s. di Sensi Danilo per acquistare carne, fu invitato da S. (già a conoscenza delle richieste) a rivolgersi a C.C. in quanto S. avrebbe stipulato con costui un contratto di esclusiva, mai esibito nè da S. nè da C.; sarebbe illogica la motivazione laddove ipotizza l’esistenza di un contratto anche orale; in difetto della titolarità di un diritto di esclusiva non potrebbe esservi rinuncia e ciò escluderebbe il reato di estorsione; mancherebbe l’elemento soggettivo del reato posto che F. si sarebbe considerato vittima del reato di cui all’art. 513 bis cod. pen.; peraltro il fatto che C.C. avesse costretto alla chiusura altri negozi chiarirebbe la genesi della vicenda ed escluderebbe la coartazione; non vi sarebbe stato alcun danno patrimoniale in capo a alla Casa Romanesca di Cristea Cosmin nè alla Famas Carni dal momento che la stessa denunzia chiarisce che non vi fu flessione nelle vendite di carne;

2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al delitto di incendio, ascrivibile al solo A., confesso e già giudicato; la corresponsabilità di F. sarebbe stata ritenuta sulla base di una mera congettura.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, perchè propone censure attinenti al merito della decisione impugnata, congruamente giustificata.

La Corte territoriale ha ritenuto la sussistenza del contratto di esclusiva in base alle dichiarazioni delle persone offese e passato in rassegna gli elementi dai quali ha desunto la minaccia. In relazione al danno questo è stato ravvisato nel mancato guadagno derivante dalla limitata disponibilità di carne suina. In relazione al concorso di F. con A. nel delitto di incendio (nella cui flagranza A. fu arrestato) la Corte d’appello ha motivato non solo richiamando il fatto che F. era il vero dominus della attività, ma che nel proferire minacce richiamò l’incendio.

In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda sindacabile in questa sede.

Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5A sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2A sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).

Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di motivazione o la sua manifesta illogicità.

Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla verità degli enunciati che la compongono.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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