T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 17-11-2011, n. 8955

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento del 15 dicembre 2010, ha deliberato che:

a) le società H.I. S.p.A., U.I.H. S.r.l., R.- B.H. (Italia) S.r.l., C.P. S.p.A., P. & G. S.r.l., S.L.H. & B.C.I. S.p.A., L’O. Italia S.p.A., Società I.B. L.M.H.R. & Co S.p.A., B. S.p.A., J. & J. S.p.A., l’Associazione Italiana dell’Industria di Marca – C., M. S.p.A., P.P. S.p.A., L.M. S.r.l., W. & J. S.r.l., G.C.H. S.p.A. e S.S. SA hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’articolo 101 del TFUE, avente per oggetto la totale alterazione del confronto concorrenziale realizzata attraverso il coordinamento delle strategie commerciali;

b) le imprese si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;

c) in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alla società H. S.p.A. il beneficio della non imposizione della sanzione, di cui al paragrafo 2 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287;

d) in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alle società C.P. S.p.A. e P.&G. S.r.l. il beneficio della riduzione della sanzione, di cui al paragrafo 4 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 nella misura, rispettivamente, del 50% e del 40%;

e) sono irrogate, in ragione di quanto indicato in motivazione, le sanzioni amministrative pecuniarie ai seguenti soggetti:

a) U.I.H. S.r.l. 18.766.440 euro

b) R.- B.H. (Italia) S.r.l. 2.457.840 euro

c) C.P. S.p.A. 2.467.080 euro

d) P. & G. S.r.l. 6.227.021 euro

e) S.L.H. & B.C.I. S.p.A. 4.029.300 euro

f) L’O. Italia S.p.A. 26.977.500 euro

g) Società I.B. L.M.H.R. & Co S.p.A. 7.653.360 euro

h) B. S.p.A. 3.483.480 euro

i) J. & J. S.p.A. 3.298.680 euro

l) M. S.p.A. 2.244.375 euro

m) P.P. S.p.A. 908.628 euro

n) L.M. S.r.l. 217.200 euro

o) W.&J. S.r.l. 147.571 euro

p) G.C.H. S.p.A. 2.275.680 euro

q) S.S. SA 10.080 euro

r) Associazione Italiana dell’Industria di Marca – C. 17.100 euro.

Di talchè, la Società I.B. L. M. e H. R. Spa ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Sotto il profilo procedimentale:

l’Autorità avrebbe avviato il procedimento in relazione ad una condotta specificamente limitata al biennio 2005 – 2007 e, senza darne comunicazione alle parti, avrebbe esteso l’ambito temporale di accertamento della presunta condotta anticoncorrenziale anche agli anni 2000 – 2005.

Sotto il profilo sostanziale:

l’Autorità avrebbe operato una definizione del mercato rilevante superficiale, approssimativa e contraddittoria, omettendo l’analisi delle dinamiche che guidano le relazioni tra industria e GDO;

non vi sarebbero i presupposti per attribuire alla ricorrente la qualifica di leader dell’intesa, atteso che la stessa, oltre a non essere riconosciuta come tale dai suoi stessi competitors e dai clienti, non avrebbe una rilevante presenza internazionale, non sarebbe presente in settori diversi dai cosmetici, non avrebbe un fatturato comparabile con gli altri operatori leaders nel settore e non sarebbe stata una controparte importante nella negoziazione con la GDO;

non sarebbe stato apprezzato il diverso contributo causale di ciascuna impresa e la ricorrente sarebbe stata coinvolta in atti e comportamenti non tenuti e comunque non provati;

la condotta della ricorrente difetterebbe di quei requisiti di gravità che giustificherebbero una sanzione pari a circa il 6% del fatturato;

la sanzione sarebbe stata moltiplicata per una durata eccessiva e con l’aggravante dell’insussistente leadership e, inoltre, sarebbe stata calcolata con un metodo non conosciuto.

L’Avvocatura Generale dello Stato, con ampia ed analitica memoria, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

H.I. spa si è costituita in giudizio.

La ricorrente ha prodotto altra memoria a sostegno delle proprie ragioni.

All’udienza pubblica del 12 ottobre 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento adottato nell’adunanza del 15 dicembre 2010, ha deliberato che:

a) le società H.I. S.p.A., U.I.H. S.r.l., R.- B.H. (Italia) S.r.l., C.P. S.p.A., P. & G. S.r.l., S.L.H. & B.C.I. S.p.A., L’O. Italia S.p.A., Società I.B. L.M.H.R. & Co S.p.A., B. S.p.A., J. & J. S.p.A., l’Associazione Italiana dell’Industria di Marca – C., M. S.p.A., P.P. S.p.A., L.M. S.r.l., W. & J. S.r.l., G.C.H. S.p.A. e S.S. SA hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’articolo 101 del TFUE, avente per oggetto la totale alterazione del confronto concorrenziale realizzata attraverso il coordinamento delle strategie commerciali;

b) le imprese si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;

c) in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alla società H. S.p.A. il beneficio della non imposizione della sanzione, di cui al paragrafo 2 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287;

d) in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alle società C.P. S.p.A. e P.&G. S.r.l. il beneficio della riduzione della sanzione, di cui al paragrafo 4 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 nella misura, rispettivamente, del 50% e del 40%;

e) è irrogata, in ragione di quanto indicato in motivazione, tra le altre, la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 7.653.360 a M. & R. S.p.a.

L’Autorità, nelle proprie considerazioni conclusive (parr. 268 e ss. del provvedimento), ha posto in rilievo che l’insieme delle condotte evidenziate nelle risultanze istruttorie costituisce parte di una intesa unica, complessa e continuata nel tempo, volta alla limitazione del confronto concorrenziale nel settore dei prodotti cosmetici commercializzati attraverso il canale della Grande Distribuzione Organizzata.

In particolare, ha sostenuto che lo scambio di informazioni sensibili nell’ambito delle riunioni del Gruppo Chimico di C., lo scambio di informazioni sensibili al di fuori delle riunioni associative, l’allineamento degli aumenti dei prezzi di listino al di sopra del tasso di inflazione e, infine, il coordinamento teso ad arginare le possibili conseguenze derivanti dal comportamento commerciale di Esselunga forniscono una dimostrazione inequivocabile del perseguimento di un unico ed articolato disegno anticoncorrenziale.

Pertanto, l’autonomia che dovrebbe caratterizzare le attività delle imprese è stata compromessa e condizionata dal perseguimento di un unico disegno anticoncorrenziale articolato e complesso che ha ridotto qualsiasi incentivo ad adottare autonome strategie commerciali e, se tale esigenza di autonomia non esclude il diritto degli operatori economici di adattarsi intelligentemente al comportamento constatato dai loro concorrenti, non si può invece consentire ogni presa di contatto, diretta o indiretta, tra operatori, avente per oggetto o per effetto, sia di influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, sia di svelare ad un tale concorrente il comportamento che ci si è decisi o si pensa di tenere sul mercato.

Tutti i riscontri in atti, ha evidenziato l’AGCM, si intrecciano e si completano reciprocamente dando vita all’evidenza di un unicum fattuale, articolato e complesso, che costituisce prova della totale alterazione dei meccanismi concorrenziali. La rilevante quantità di riscontri in atti dimostra che le riunioni ed i contatti intervenuti tra i concorrenti, le azioni elaborate e condivise al fine di risolvere la "questione Esselunga", anche grazie al contributo attivo di C., sono stati univocamente finalizzati al concorde mantenimento di un artificiale equilibrio di mercato. Il mantenimento di un mercato "calmo" ha consentito, infatti, che fossero ritenute credibili le richieste di aumento dei prezzi di listino singolarmente avanzate da ciascun produttore di cosmetici alla GDO, in quanto gli aumenti comunicati erano sempre coerenti con quelli del mercato.

L’intesa in esame, ha soggiunto ancora l’Autorità, risulta inoltre presentare il carattere di consistenza coinvolgendo imprese che cumulativamente detengono, in ciascuna categoria merceologica ricompresa nel settore del personal care, una quota aggregata che oscilla tra il 58% (ad esempio, nel segmento dell’after shave) ed il 92% (ad esempio, nel segmento dei prodotti shaving preparation) delle vendite in valore.

L’intesa in questione, secondo le considerazioni conclusive dell’amministrazione procedente, è stata inoltre caratterizzata da un significativo grado di stabilità assicurato dall’artificiale trasparenza delle informazioni commerciali e dai contatti tra le imprese nell’ambito del Gruppo Chimico di C., grazie anche al contributo attivo dell’associazione stessa nell’elaborazione e distribuzione di informazioni idonee a consentire il monitoraggio di quanto concordato.

La stabilità del coordinamento è stata, inoltre, assicurata dal fatto che, in presenza di multimarket contacts, il rischio di retaliation costituisce una minaccia credibile affinché nessuna delle imprese coinvolte – leader multiprodotto e follower – abbia un incentivo a deviare da una strategia collusiva di prezzo. La stabilità del coordinamento è dimostrata, infine, dalla reazione congiunta dei produttori di cosmetici in relazione alla strategia commerciale adottata da Esselunga nel corso del 2005.

2. Le censure di carattere procedimentale sono infondate.

La durata dell’intesa per la maggior parte delle imprese partecipanti, tra cui M. & R., è stata individuata a far tempo dalla riunione del Gruppo Chimico del 5 aprile 2000.

Nella comunicazione di avvio del procedimento del 12 giugno 2008, l’Autorità ha fatto presente che dalle informazioni disponibili è ragionevole desumere l’esistenza, "quanto meno a partire dal gennaio del 2005 fino a tutto il 2007", di un reciproco scambio di informazioni sensibili e di un coordinamento delle strategie commerciali tra U.R.B.C.- P., P. & G., S.L.H. & B. e L’O. che rappresentano i principali produttori di cosmetici distribuiti attraverso il canale retail.

In data 19 febbraio 2009 il procedimento è stato esteso soggettivamente nei confronti, tra le altre, di M. – R. & Co. Spa.

Nella comunicazione delle risultanze istruttorie trasmessa alle parti il 18 dicembre 2009, al par. 122, è indicato che "in atti vi sono evidenze di riunioni del Gruppo Chimico a partire dal 27 gennaio 2000".

Nella comunicazione di avvio, l’oggetto del procedimento, vale a dire le circostanze in relazione alle quali l’Autorità ha ritenuto di procedere, è stato chiaramente specificato in quanto vi è l’espresso riferimento all’accertamento di un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza e, quindi, alla possibile violazione dell’art. 81, co. 1, del Trattato CE e, infatti, l’istruttoria è stata avviata ai sensi dell’art. 14 l. 287/1990.

Di talché, la comunicazione di avvio del procedimento ha senz’altro riportato gli elementi essenziali per consentire un efficace e completo contraddittorio e, quindi, per un pieno esercizio del diritto di difesa, né è possibile ritenere che la stessa avrebbe dovuto necessariamente avere un maggior grado di dettaglio in quanto l’analiticità delle argomentazioni riguarda la fase conclusiva del procedimento, che costituisce l’esito della fase istruttoria, mentre non sempre può caratterizzare la fase di avvio, nella quale, invece, devono essere con precisione identificati i soli profili delle condotte delle imprese oggetto dell’indagine, al fine di mettere in grado le stesse di poter proficuamente partecipare all’istruttoria.

L’Autorità, utilizzando la locuzione "quanto meno dal 2005", ha evidenziato la concreta possibilità che l’intessa potesse avere una decorrenza anche antecedente a tale data e, d’altra parte, avrebbe potuto legittimamente utilizzare anche l’espressione "fino al 2007" senza indicare affatto l’eventuale dies a quo dell’illecito, atteso che, una volta individuato l’oggetto dell’accertamento, vale a dire l’infrazione ipotizzata, è evidente che l’impresa interessata avrebbe avuto ogni la possibilità di esercitare il proprio diritto di difesa senza alcuna limitazione di carattere temporale.

In sostanza, una nuova comunicazione di avvio del procedimento si rivela necessaria solo se muta la natura intrinseca della violazione accertata rispetto a quella contestata ovvero se all’originaria violazione si aggiunge l’accertamento anche di una ulteriore violazione non contestata, ma non anche per una più specifica indicazione dell’arco temporale in cui la violazione ha avuto luogo.

D’altra parte, come espressamente messo in rilievo dall’Autorità procedente al par. 209 del provvedimento, tutte le parti del procedimento hanno esercitato i diritti di accesso e di partecipazione come dimostrato dai verbali di accesso e di audizione contenuti nel fascicolo del procedimento, dai quali risulta come l’oggetto di indagine non fosse necessariamente limitato agli anni 20052007 e, dalla richiesta di informazioni inviata a tutte le parti in data 31 agosto 2009, si evince che il periodo potenzialmente interessato dall’istruttoria era compreso tra il 1999 ed il 2008.

In proposito, giova anche osservare, per dare atto della possibilità attribuita alle parti di esplicare pienamente il proprio diritto di difesa, che, dopo la comunicazione delle risultanze istruttorie, i termini risultano prorogati con atti del 7 gennaio 2010, del 3 marzo 2010, del 28 aprile 2010, del 7 luglio 2010 e del 26 agosto 2010, tanto che la delibera impugnata è stata adottata il 15 dicembre 2010.

3. La ricorrente ha prospettato l’erronea definizione del mercato rilevante.

Le relative censure non sono persuasive.

Il Collegio rileva in primo luogo che l’individuazione del mercato rilevante – definito solitamente come quella zona geograficamente circoscritta dove, dato un prodotto o una gamma di prodotti considerati tra loro sostituibili, le imprese che forniscono quel prodotto si pongono fra loro in rapporto di concorrenza – non è sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità se non per vizi logici, di difetto di istruttoria o di motivazione, atteso che il giudice amministrativo non può sostituire le proprie valutazioni a quelle riservate all’Autorità e, quindi, non può dare un’autonoma definizione.

La giurisprudenza ha altresì chiarito che al giudice amministrativo è consentito sindacare senza alcun limite tutte le valutazioni tecniche compiute dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per l’individuazione del mercato rilevante, potendo valutare sia la correttezza delle scelte tecniche dalla stessa compiute, sia l’esattezza dell’interpretazione ed applicazione dei concetti giuridici indeterminati alla fattispecie concreta.

La definizione del mercato costituisce uno strumento per individuare e definire l’ambito nel quale le imprese sono in concorrenza tra loro, per cui scopo principale della definizione è di individuare attraverso un criterio sistematico le pressioni concorrenziali alle quali sono sottoposte le imprese interessate e che sono in grado di condizionarne il comportamento.

Nei casi di intese restrittive della libertà di concorrenza, in particolare, la ricostruzione dell’ambito merceologico è soprattutto volta ad individuare le caratteristiche del contesto economico e giuridico nel quale si colloca l’intesa stessa ossia lo spazio di concorrenza entro il quale le imprese hanno ritenuto di coordinare le loro strategie commerciali.

L’Autorità, nell’individuazione del contesto merceologico di riferimento (parr. da 45 a 60 della delibera), ha posto innanzitutto in evidenza che il settore interessato dall’intesa è quello dei prodotti cosmetici commercializzati attraverso la Grande Distribuzione Organizzata, in quanto, come dichiarato dai rappresentanti di H. e di C., le condotte oggetto del procedimento hanno riguardato principalmente i prodotti cosmetici quali quelli per la cura del corpo, per la cura dei capelli e i prodotti per l’igiene orale.

Ha poi specificato che, per prodotti cosmetici, in linea di principio, si intende una varietà di articoli che includono principalmente i prodotti per l’igiene personale, i prodotti igienicosanitari, i prodotti per l’igiene orale, i prodotti per la rasatura e la depilazione, i prodotti per capelli e i prodotti per il viso.

In tale settore, si possono individuare sei operatori leader corrispondenti a B., L’O., U., P&G, C. e M&R. Ciascuna di tali imprese fornisce la maggior parte delle categorie di prodotti e riveste un ruolo di primo piano in almeno una delle macrocategorie di prodotti ricomprese nel settore cosmetico: M&R, ad esempio, per i deodoranti e i detergenti per il corpo (con quote, rispettivamente del (2030%) e del (1020%) circa); L’O. con riferimento all’intera gamma dei prodotti per i capelli (con una quota pari al (3545%) circa seguita da P&G con una quota del (1020%) circa); U. per l’intera gamma dei prodotti relativi all’igiene orale (con una quota pari a circa il (2030%), seguito da C. con una quota del (1020%) circa); B., per tutta la gamma di creme per il corpo (con una quota del (3545%) circa); P&G con riferimento ai prodotti per la rasatura e depilazione e ai prodotti per l’igiene intima (con una quota del (3545%) circa per la rasatura e con una quota del (2030%) circa relativa ai prodotti per l’igiene intima).

Ciascuna delle imprese citate, ha soggiunto l’amministrazione procedente, riveste inoltre un ruolo di primo piano anche in relazione a singole categorie merceologiche. Con riferimento al dentifricio, ad esempio, tre operatori principali detengono il 60% del mercato retail (nell’ambito del quale dominano U., C. e P&G con quote rispettivamente del (2030%), del (1020%) e del (1020%)); ancora più significativo quanto risulta con riferimento agli shampoo, dove L’O. guida il mercato con una quota del (3545%), seguita da P&G con il (1020%) e U. al (1020%). P&G guida anche il mercato dei prodotti per la rasatura uomo, con una quota del (3545%) (principalmente riconducibile alla commercializzazione dei prodotti a marchio Gillette e Noxzema).

La struttura dell’offerta sopra descritta è comune anche al settore contiguo dei prodotti detergenti per la casa in cui, oltre a U. e C., anche H. e R.B. detengono posizioni di assoluto rilievo. Nel solo mercato degli ammorbidenti per tessuti, ad esempio, U. ed H. detengono rispettivamente, quote pari al (20- 30%) ed al (2030%) circa del mercato. Analogamente, nel mercato dei detersivi per stoviglie, R. detiene una quota del (6070%) circa.

Nell’intero settore dei prodotti chimici (cosmetici e detergenti) è possibile individuare un nucleo compatto di grandi operatori multinazionali costituito da H., R.B., B., L’O., U., P&G, C. e M&R il cui portafoglio di prodotti commercializzati e la posizione detenuta in determinate categorie e/o macrocategorie di prodotti assegna loro un ruolo determinante nei rapporti con gli operatori della Grande Distribuzione Organizzata. L’interesse dei distributori è infatti rivolto, generalmente, non all’acquisto del singolo prodotto/referenza o di una determinata categoria, ma dell’intero paniere di prodotti commercializzati da ciascun produttore di cosmetici. In tale scenario, ha rilevato l’Autorità, la forza contrattuale di ciascun produttore di marca si misura, oltre che sull’attrattività dei marchi gestiti, anche e soprattutto sull’ampiezza e sulla varietà del paniere offerto alla GDO.

Dal punto di vista della domanda, infatti, contrariamente a quanto sostenuto da alcune Parti del procedimento nelle memorie finali, l’interesse della Grande Distribuzione Organizzata è volto proprio ad arricchire quanto più possibile la varietà intrabrand e interbrand di alternative su cui costruire i propri assortimenti. Il conferimento di uno spessore adeguato alla propria offerta rappresenta per i distributori una scelta razionale atteso che le parti del procedimento sono produttori di beni di marca affermati, molti dei quali rientrano tra le referenze da tenere a scaffale, in quanto percepite dal consumatore come qualificanti l’offerta distributiva della catena. Tale considerazione, peraltro, vale anche per le referenze fornite dai produttori più piccoli che consentono ai distributori di riequilibrare le posizioni di forza riducendo il potere contrattuale delle grandi società multinazionali.

L’AGCM ha pertanto evidenziato che la struttura del settore dei cosmetici commercializzati attraverso la GDO presenta dinamiche tipiche dei fenomeni di multimarket contacts ed il fatto che i principali produttori detengano, a rotazione, posizioni di leadership in una o più categorie o macrocategorie di prodotti rientranti nel paniere complessivamente venduto alla GDO, rende altamente probabile l’instaurarsi di un equilibrio collusivo, atteso che nessuna delle imprese coinvolte potrebbe avere incentivi reali a deviare da una strategia collusiva di prezzo giacché la circostanza che i principali produttori siano attivi nella quasi totalità delle categorie merceologiche fa sì che il rischio di ritorsione rappresenti una minaccia credibile.

In definitiva, a fronte delle memorie difensive delle parti, che escludono la sussistenza di un automatismo tra multimarket contacts ed equilibrio collusivo, l’AGCM ha fatto presente che le grandi società multinazionali attive nel settore chimico (H., R.B., B., L’O., U., P&G, C. e M&R) commercializzano tutte le principali macrocategorie di cosmetici e detengono, in almeno una di queste, una posizione di leadership individuale o condivisa con propri concorrenti. Anche nei casi in cui tali società commercializzano solo una o poche categorie di prodotti cosmetici – come, ad esempio, nel caso di R.B. col marchio Veet – l’equilibrio collusivo basato sulla minaccia credibile di ritorsioni commerciali in altri mercati sussiste comunque in quanto si fonda anche sulla posizione di forza detenuta da tali soggetti nel settore contiguo della detergenza.

L’equilibrio esistente tra le grandi società multibrand basta, pertanto, a garantire la stabilità dell’intesa atteso che queste condizionano il comportamento degli operatori minori in una logica di leader/follower, in quanto rivestono un ruolo di primo piano nei rapporti con gli operatori della GDO.

In definitiva, il mercato rilevante ai fini del procedimento è stato ritenuto coincidente con tutta la gamma dei prodotti cosmetici commercializzati attraverso il canale retail.

Il Collegio fa presente che, così come correttamente rilevato dall’Autorità, ai fini della valutazione di fattispecie aventi ad oggetto intese tra concorrenti la definizione di uno specifico contesto merceologico e geografico non è necessaria come, invece, nelle ipotesi di valutazione di operazioni di concentrazione e di comportamenti abusivi di posizioni dominanti.

In particolare, occorre ribadire che nelle ipotesi di intese restrittive della libertà di concorrenza, la definizione del mercato rilevante è successiva all’individuazione dell’intesa in quanto sono l’ampiezza e l’oggetto della stessa a circoscrivere il mercato su cui l’illecito è commesso (ex multis: Cons. St., VI, 25 marzo 2009, n. 1796).

Ad ogni buon conto, la definizione di mercato rilevante, concetto giuridico indeterminato e dal significato opinabile, elaborata nel provvedimento si presenta esaustivamente motivata e non è manifestamente irragionevole o illogica; il percorso argomentativo sviluppato, anzi, si rivela coerente e consequenziale.

Il concetto fondamentale su cui ruota la definizione di mercato rilevante nel caso di specie è che il rapporto venditore/acquirente non sussiste tra i produttori ed i consumatori finali, ma tra i produttori e gli operatori della grande distribuzione, per i quali non assumono rilievo, come invece avviene per i consumatori, le singole referenze, ma piuttosto i prodotti cosmetici commercializzati nel loro insieme.

In altri termini, il mercato non si presta ad essere frazionato in ulteriori mercati di dimensioni inferiori, per quante sono le sottocategorie merceologiche, in quanto la domanda presa in considerazione non è quella dei consumatori finali, ma quella dei rivenditori della grande distribuzione organizzata.

L’interesse di questi ultimi, infatti, è generalmente rivolto non già all’acquisto del singolo prodotto, bensì dell’intero paniere di prodotti commercializzati da ciascun produttore di cosmetici e proprio la presenza nell’ambito del mercato dei prodotti cosmetici di mercati distinti di minori dimensioni e contigui consente plausibilmente di ritenere che in questi ultimi possono realizzarsi i fenomeni di ritorsione che concorrono ad assicurare la stabilità dell’intesa in condizioni di multimarket contacts.

Nella fattispecie in esame, peraltro, essendo stata accertata un’intesa consistente nel coordinamento delle strategie commerciali relative all’intero paniere dei prodotti cosmetici distribuiti attraverso il canale della grande distribuzione organizzata, l’Autorità, anche a voler prescindere da ogni altra argomentazione, ha preso correttamente in considerazione tale ambito merceologico, corrispondente per l’appunto a quello dove si sarebbe manifestato un coordinamento fra imprese concorrenti e si sarebbero realizzati gli effetti derivanti dall’illecito anticoncorrenziale.

4. Con riferimento alle censure concernenti l’effettiva sussistenza dell’intesa e l’analisi dei relativi effetti, il Collegio – tenuto conto che al par. 130 del provvedimento è indicato che gli aumenti annuali dei prezzi di listino sono stati ricompresi tra il 3% ed il 5% o sono stati sempre superiori al tasso di inflazione – ritiene opportuno acquisire agli atti del processo una dettagliata relazione dell’Autorità procedente, con allegata documentazione, sugli aumenti annuali dei prezzi di listino, in forma aggregata e per singola impresa, relativa a ciascuno degli anni per i quali è stata accertata la durata dell’intesa per ciascuna impresa.

Con riferimento alle censure con cui è stata contestata la quantificazione della sanzione, inoltre, il Collegio – rilevato che, ai sensi del par. 317 del provvedimento, per calcolare l’importo base della sanzione è stato preso a riferimento il valore delle vendite dei beni a cui l’infrazione si riferisce, ossia il fatturato realizzato dalle parti in Italia nel settore dei prodotti cosmetici nell’ultimo anno in cui è avvenuta l’infrazione, e cioè il 2007, e che tali dati, come evidenziato dall’Avvocatura Generale dello Stato nella propria memoria difensiva, non sono stati espressamente indicati nel provvedimento in quanto oggetto di apposita istanza di riservatezza – ritiene opportuno acquisire agli atti del processo una dettagliata relazione dell’Autorità procedente indicante il valore delle vendite dei beni realizzato da ciascuna impresa utilizzato, tenuto conto degli Orientamenti per il calcolo delle ammende, per calcolare l’importo base della sanzione nonché l’ammontare del fatturato realizzato da ciascuna impresa nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida, in riferimento al quale, ai sensi dell’art. 15 l. 287/1990, sono determinate le sanzioni amministrative pecuniarie.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

riservata al definitivo ogni ulteriore pronuncia in rito, in merito e sulle spese, così provvede:

respinge in parte qua il ricorso in epigrafe;

ordina al Presidente pro tempore dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di depositare la documentazione di cui in motivazione (dettagliata relazione dell’Autorità procedente, con allegata documentazione, sugli aumenti annuali dei prezzi di listino, in forma aggregata e per singola impresa, in relazione a ciascuno degli anni per i quali è stata accertata la durata dell’intesa per ogni singola impresa; dettagliata relazione dell’Autorità procedente indicante il valore delle vendite dei beni realizzato da ciascuna impresa, utilizzato per calcolare l’importo base della sanzione, nonché l’ammontare del fatturato realizzato da ciascuna impresa nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida) presso la Segreteria della Sezione entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o la notificazione, se anteriore, della presente sentenza non definitiva.

Fissa per il prosieguo l’udienza pubblica del 22 febbraio 2012.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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