Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-10-2011) 18-10-2011, n. 37686

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 12.6.2008, il Tribunale di Pavia dichiarò M.V., Mo.Gi., R.M. e U. G. responsabili dei reati di truffa pluriaggravata, unificati sotto il vincolo della continuazione e – concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti a M., Mo. e R. – condannò:

U. alla pena di anni 2 di reclusione ed Euro 1.500,00 di multa;

M. e Mo. alla pena di anni 1 mesi 8 di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa;

R. alla pena di anni 1 mesi 6 di reclusione ed Euro 800,00 di multa.

Gli imputati furono altresì condannati in solido al risarcimento dei danni (da liquidarsi in separato giudizio, con provvisionale) ed alla rifusione delle spese a favore delle parti civili: DO-FORM di Dozza Angela; Oroformaggi S.r.l.; Pasetti S.a.s..

Avverso tale pronunzia gli imputati proposero gravame e la Corte d’appello di Milano, con sentenza in data 10.11.2010, in parziale riforma della decisione di primo grado, dichiarò non doversi procedere nei confronti degli imputati per essere i reati ascritti per intervenuta prescrizione e confermò nel resto la sentenza appellata.

Ricorrono per cassazione i difensori degli imputati.

Il difensore di M.V. e Mo.Gi. deduce violazione di legge, mancata assunzione di una prova decisiva e vizio di motivazione in quanto non sarebbe stata data risposta all’osservazione che il problema delle quote latte eventualmente sforate era anteriore al prelievo dai magazzini, come emerge dalla deposizione di F., il quale ha ammesso che la distruzione dei DDT potesse celare vendite in nero. Non vi è traccia in motivazione circa la presentazione di una querela da parte di M. nei confronti di U., presentata ben prima che M. e Mo. avessero notizia del procedimento a loro carico. La presentazione della querela era stata posta dal P.M. a base della richiesta di archiviazione. M. avrebbe potuto perciò essere stato ingannato da U..

Il difensore di R.M. e di U.G. deduce vizio di motivazione in relazione alla declaratoria di estinzione del reato benchè nella motivazione si dia atto che numerose ditte destinatane avessero ricevuto merce, il che renderebbe credibile la prospettazione di trasporti in nero su richiesta delle persone offese. Non sarebbe stato perciò possibile un provvisionale in difetto di una prova certa relativa agli importi, senza indicare i giustificati motivi relativi ad una provvisionale immediatamente esecutiva come imposto dall’art. 540 cod. proc. pen.. Sarebbe difficilmente ipotizzabile un danno morale in capo ad una società.

La mancata concessione delle attenuanti generiche ad U. avrebbe avuto un peso determinante nella quantificazione della pena e quindi nella determinazione degli importi liquidati a titolo di provvisionale.

Motivi della decisione

Il ricorso proposto nell’interesse di M. e Mo. è manifestamente infondato.

In ordine alla mancata pronunzia di assoluzione nel merito anzichè per prescrizione è sufficiente ricordare che, secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio "in presenza di una causa estintiva del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. solo nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la sua rilevanza penale e la non commissione del medesimo da parte dell’imputato emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile; tanto che la valutazione da compiersi in proposito appartiene più al concetto di "constatazione" che a quello di "apprezzamento". Ed invero il concetto di "evidenza", richiesto dall’art. 129 cod. proc. pen., comma 2, presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara ed obiettiva, che renda superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi cosi in qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia, oltre la correlazione ad un accertamento immediato. Ne consegue che gli atti dai quali può essere desunta la sussistenza della "causa più favorevole" sono costituiti unicamente dalla stessa sentenza impugnata, in conformità ai limiti di deducibilità del vizio di mancanza o manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e)". (Cass. Sez. 6A sent. n. 31463 del 8.6.2004 dep. 16.7.2004 rv 229275).

Nel caso di specie non si ravvisa nella motivazione della sentenza della Corte territoriale alcun vizio di tal genere in relazione alla dichiarazione di non doversi procedere per estinzione del reato per prescrizione, dal momento che è stata motivatamente esclusa la evidenza di cause di immediato proscioglimento nel merito.

Il ricorso proposto nell’interesse di R. e U. è inammissibile in quanto i relativi motivi non erano stati dedotti in appello.

I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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