T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 17-11-2011, n. 8954

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento del 15 dicembre 2010, ha deliberato che:

a) le società H.I. S.p.A., U. I. H. S.r.l., R.- B.H. (I.) S.r.l., C.- P. S.p.A., P.&.G. S.r.l., S.L.H. & B. C. I. S.p.A., L’O. I. S.p.A., Società I.B. L.M.H.R. & Co S.p.A., B. S.p.A., J. & J. S.p.A., l’Associazione I.na dell’Industria di Marca – C., M. S.p.A., P. P. S.p.A., L.M. S.r.l., W. & J. S.r.l., G.C.H. S.p.A. e S.S. SA hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’articolo 101 del TFUE, avente per oggetto la totale alterazione del confronto concorrenziale realizzata attraverso il coordinamento delle strategie commerciali;

b) le imprese si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;

c) in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alla società H. S.p.A. il beneficio della non imposizione della sanzione, di cui al paragrafo 2 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287;

d) in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alle società C.- P. S.p.A. e P.& G. S.r.l. il beneficio della riduzione della sanzione, di cui al paragrafo 4 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 nella misura, rispettivamente, del 50% e del 40%;

e) sono irrogate, in ragione di quanto indicato in motivazione, le sanzioni amministrative pecuniarie ai seguenti soggetti:

a) U. I. H. S.r.l. 18.766.440 euro

b) R.- B.H. (I.) S.r.l. 2.457.840 euro

c) C.- P. S.p.A. 2.467.080 euro

d) P.&.G. S.r.l. 6.227.021 euro

e) S.L.H. & B. C. I. S.p.A. 4.029.300 euro

f) L’O. I. S.p.A. 26.977.500 euro

g) Società I.B. L.M.H.R. & Co S.p.A. 7.653.360 euro

h) B. S.p.A. 3.483.480 euro

i) J. & J. S.p.A. 3.298.680 euro

l) M. S.p.A. 2.244.375 euro

m) P. P. S.p.A. 908.628 euro

n) L.M. S.r.l. 217.200 euro

o) W. & J. S.r.l. 147.571 euro

p) G.C.H. S.p.A. 2.275.680 euro

q) S.S. SA 10.080 euro

r) Associazione I.na dell’Industria di Marca – C. 17.100 euro.

Di talchè, l’O. I. s.p.a., avverso tale atto, ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione dell’art. 15, co. 2 bis, l. 287/1990 e della comunicazione 15 febbraio 2007. Errore nei presupposti di fatto e di diritto. Difetto di istruttoria. Violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa. Difetto di motivazione. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento.

Le dichiarazioni dei leniency applicant non sarebbero supportate da riscontri documentali.

Tali dichiarazioni presenterebbero ulteriori anomalie come l’assenza di testimonianza diretta, l’assenza di contraddittorio e di riscontri, la tempistica e la contraddittorietà delle dichiarazioni, le valutazioni giuridiche, la non pertinenza dei documenti forniti, il mancato ritrovamento nel corso delle ispezioni di materiale rilevante nonché la genericità delle dichiarazioni.

Errore nei presupposti di fatto e di diritto. Difetto di istruttoria. Violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa.

L’avvio dell’intesa a far tempo dalla riunione del gruppo chimico del 5 aprile 2000 sarebbe una contestazione nuova ed ulteriore rispetto alle contestazioni iniziali.

Violazione delle norme e principi in materia di procedimenti sanzionatori. Violazione del principio del contraddittorio. Difetto di istruttoria. Difetto di motivazione.

Le difese svolte dalla ricorrente nel corso del procedimento non sarebbero state considerate.

Errore nei presupposti di fatto e di diritto. Difetto di istruttoria. Eccesso di potere per illogicità manifesta. Difetto di motivazione.

Il provvedimento sarebbe viziato quanto alla definizione del mercato rilevante, con specifico riferimento alla ricostruzione del "contesto merceologico di riferimento".

Errore nei presupposti di fatto e di diritto. Difetto di istruttoria. Illogicità manifesta.

Lo scambio di informazioni non sarebbe un "cartello", ma favorirebbe la concorrenza e, peraltro, sarebbe avvenuto tra imprese non concorrenti.

Difetto di istruttoria. Errore nei presupposti di fatto e di diritto. Eccesso di potere per illogicità manifesta. Difetto di motivazione.

L’andamento del prezzo di listino medio dell’intero assortimento, oggetto del presunto scambio di informazioni, non consentirebbe di inferire elementi sufficientemente precisi circa l’andamento dei prezzi effettivi delle singole categorie merceologiche.

Le informazioni talvolta sommariamente trasmesse avrebbero avuto lo scopo di permettere ai fornitori di migliorare la propria conoscenza del mercato per reagire al potere della Grande Distribuzione Organizzata.

Difetto di istruttoria. Errore nei presupposti di fatto e di diritto. Difetto di motivazione.

La vicenda avrebbe avuto natura episodica e L’O. sarebbe stata sostanzialmente estranea alla questione Esselunga. La capacità degli acquirenti di imporre condizioni di prezzo escluderebbe in radice la possibilità di una collusione tra i venditori.

Violazione delle norme e principi in tema di identificazione e sanzionabilità di condotte anticoncorrenziali. Errore nei presupposti di fatto e di diritto. Difetto di istruttoria. Eccesso di potere per illogicità manifesta.

Il provvedimento rifletterebbe un difetto di istruttoria in ordine agli effetti dell’intesa di coordinamento tra i produttori.

L’amministrazione sarebbe stata in possesso di una serie di dati relativi ai prezzi di sellin nonché della serie completa dei listini per un periodo coincidente con gli anni in cui si ipotizzavano le condotte, ma tali dati non sarebbero stati utilizzati perché degli stessi non vi sarebbe traccia nemmeno nel provvedimento.

Violazione dell’art. 15 l. 287/1990. Violazione dell’art. 11 l. 689/1981 e della comunicazione della commissione 2006/C 210/02 (orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 23, par. 2, lett. a), del regolamento CE n. 1/2003). Violazione delle norme e principi in materia di sanzioni amministrative. Errore sui presupposti di fatto e di diritto. Illogicità ed irragionevolezza manifesta. Contraddittorietà e perplessità della motivazione.

Il provvedimento sarebbe illegittimo anche nella parte relativa alla quantificazione della sanzione sia in ragione della durata e della gravità delle condotte asseritamente illecite sia con riferimento all’asserito ruolo di leader attribuito a L’O..

L’Avvocatura Generale dello Stato, con ampia ed analitica memoria, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

H.I. S.p.a. si è costituita in giudizio.

La ricorrente ha prodotto altre memorie a sostegno ed illustrazione delle proprie ragioni.

All’udienza pubblica del 12 ottobre 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento adottato nell’adunanza del 15 dicembre 2010, ha deliberato che:

a) le società H.I. S.p.A., U. I. H. S.r.l., R.- B.H. (I.) S.r.l., C.- P. S.p.A., P.&.G. S.r.l., S.L.H. & B. C. I. S.p.A., L’O. I. S.p.A., Società I.B. L.M. H.R. & Co S.p.A., B. S.p.A., J. & J. S.p.A., l’Associazione I.na dell’Industria di Marca – C., M. S.p.A., P. P. S.p.A., L.M. S.r.l., W. & Joel S.r.l., G.C.H. S.p.A. e S. S. SA hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’articolo 101 del TFUE, avente per oggetto la totale alterazione del confronto concorrenziale realizzata attraverso il coordinamento delle strategie commerciali;

b) le imprese si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;

c) in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alla società H. S.p.A. il beneficio della non imposizione della sanzione, di cui al paragrafo 2 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287;

d) in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alle società C.- P. S.p.A. e P.& G. S.r.l. il beneficio della riduzione della sanzione, di cui al paragrafo 4 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 nella misura, rispettivamente, del 50% e del 40%;

e) è irrogata, in ragione di quanto indicato in motivazione, tra le altre, la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 26.977.500 a L’O. I. S.p.a.

L’Autorità, nelle proprie considerazioni conclusive (parr. 268 e ss. del provvedimento), ha posto in rilievo che l’insieme delle condotte evidenziate nelle risultanze istruttorie costituisce parte di una intesa unica, complessa e continuata nel tempo, volta alla limitazione del confronto concorrenziale nel settore dei prodotti cosmetici commercializzati attraverso il canale della Grande Distribuzione Organizzata.

In particolare, ha sostenuto che lo scambio di informazioni sensibili nell’ambito delle riunioni del Gruppo Chimico di C., lo scambio di informazioni sensibili al di fuori delle riunioni associative, l’allineamento degli aumenti dei prezzi di listino al di sopra del tasso di inflazione e, infine, il coordinamento teso ad arginare le possibili conseguenze derivanti dal comportamento commerciale di Esselunga forniscono una dimostrazione inequivocabile del perseguimento di un unico ed articolato disegno anticoncorrenziale.

Pertanto, l’autonomia che dovrebbe caratterizzare le attività delle imprese è stata compromessa e condizionata dal perseguimento di un unico disegno anticoncorrenziale articolato e complesso che ha ridotto qualsiasi incentivo ad adottare autonome strategie commerciali e, se tale esigenza di autonomia non esclude il diritto degli operatori economici di adattarsi intelligentemente al comportamento constatato dai loro concorrenti, non si può invece consentire ogni presa di contatto, diretta o indiretta, tra operatori, avente per oggetto o per effetto, sia di influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, sia di svelare ad un tale concorrente il comportamento che ci si è decisi o si pensa di tenere sul mercato.

Tutti i riscontri in atti, ha evidenziato l’AGCM, si intrecciano e si completano reciprocamente dando vita all’evidenza di un unicum fattuale, articolato e complesso, che costituisce prova della totale alterazione dei meccanismi concorrenziali. La rilevante quantità di riscontri in atti dimostra che le riunioni ed i contatti intervenuti tra i concorrenti, le azioni elaborate e condivise al fine di risolvere la "questione Esselunga", anche grazie al contributo attivo di C., sono stati univocamente finalizzati al concorde mantenimento di un artificiale equilibrio di mercato. Il mantenimento di un mercato "calmo" ha consentito, infatti, che fossero ritenute credibili le richieste di aumento dei prezzi di listino singolarmente avanzate da ciascun produttore di cosmetici alla GDO, in quanto gli aumenti comunicati erano sempre coerenti con quelli del mercato.

L’intesa in esame, ha soggiunto ancora l’Autorità, risulta presentare il carattere di consistenza coinvolgendo imprese che cumulativamente detengono, in ciascuna categoria merceologica ricompresa nel settore del personal care, una quota aggregata che oscilla tra il 58% (ad esempio, nel segmento dell’after shave) ed il 92% (ad esempio, nel segmento dei prodotti shaving preparation) delle vendite in valore.

L’intesa in questione, secondo le considerazioni conclusive dell’amministrazione procedente, è stata anche caratterizzata da un significativo grado di stabilità assicurato dall’artificiale trasparenza delle informazioni commerciali e dai contatti tra le imprese nell’ambito del Gruppo Chimico di C., grazie anche al contributo attivo dell’associazione stessa nell’elaborazione e distribuzione di informazioni idonee a consentire il monitoraggio di quanto concordato.

La stabilità del coordinamento è stata, inoltre, assicurata dal fatto che, in presenza di multimarket contacts, il rischio di retaliation costituisce una minaccia credibile affinché nessuna delle imprese coinvolte – leader multiprodotto e follower – abbia un incentivo a deviare da una strategia collusiva di prezzo. La stabilità del coordinamento è dimostrata, infine, dalla reazione congiunta dei produttori di cosmetici in relazione alla strategia commerciale adottata da Esselunga nel corso del 2005.

2. La ricorrente, con una prima serie di censure, ha contestato che le dichiarazioni dei leniency applicant siano supportate da idonei riscontri documentali, evidenziando la presenza di ulteriori anomalie come l’assenza di testimonianza diretta, l’assenza di contraddittorio, la tempistica e la contraddittorietà delle dichiarazioni, le valutazioni giuridiche, la non pertinenza dei documenti forniti, il mancato ritrovamento nel corso delle ispezioni di materiale rilevante nonché la genericità delle dichiarazioni.

Le censure non possono essere condivise.

L’art. 15, co. 2 bis, l. 287/1990, aggiunto dall’art. 14 d.l. 223/2006 come modificato dalla relativa legge di conversione, stabilisce che l’Autorità, in conformità all’ordinamento comunitario, definisce con proprio provvedimento generale i casi in cui, in virtù della qualificata collaborazione prestata dalle imprese nell’accertamento di infrazioni alle regole di concorrenza, la sanzione amministrativa pecuniaria può essere non applicata ovvero ridotta nelle fattispecie previste dal diritto comunitario.

L’Autorità antitrust, di conseguenza, ha adottato una comunicazione, modificata con provvedimento n. 21092 del 6 maggio 2010, sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi della richiamata norma di legge.

Tale comunicazione si applica alle intese orizzontali segrete, anche nell’ambito di procedure ad evidenza pubblica, con particolare riguardo a quelle consistenti nella fissazione dei prezzi d’acquisto o di vendita, nella limitazione della produzione o delle vendite e nella ripartizione dei mercati.

L’Autorità ha stabilito di non applicare le sanzioni previste all’art. 15, co. 1, l. 287/1990 e dall’art. 81 del Trattato CE (ora art. 101 TFUE) all’impresa che, per prima, fornisca spontaneamente informazioni o prove documentali in ordine all’esistenza di un’intesa orizzontale segreta, qualora sussistano cumulativamente le seguenti condizioni:

a giudizio dell’Autorità, in relazione alla natura e alla qualità degli elementi comunicati dal richiedente, tali informazioni o evidenze siano decisive per l’accertamento dell’infrazione, eventualmente attraverso un’ispezione mirata;

l’Autorità non disponga già di informazioni o evidenze sufficienti a provare l’esistenza dell’infrazione;

siano soddisfatte le altre condizioni per l’accesso al trattamento favorevole, di cui al paragrafo 7 della stessa comunicazione (l’impresa deve porre fine alla propria partecipazione all’intesa immediatamente dopo avere presentato la domanda di trattamento favorevole, deve cooperare con l’Autorità in modo completo e continuativo per l’intera durata del procedimento istruttorio e non deve informare alcuno della sua intenzione di presentare domanda di trattamento favorevole, ad eccezione di altre autorità di concorrenza).

Possono beneficiare di una riduzione della sanzione, in misura di regola non superiore al 50%, le imprese che forniscono all’Autorità materiale probatorio in relazione ad un’intesa orizzontale segreta ed a tal fine occorre che le evidenze prodotte rafforzino in misura significativa, in ragione della loro natura o del livello di dettaglio, l’impianto probatorio di cui l’Autorità già disponga, contribuendo in misura apprezzabile alla capacità dell’Autorità di fornire la prova dell’infrazione ed occorre altresì che siano soddisfatte le altre condizioni per l’accesso al trattamento favorevole di cui al richiamato paragrafo 7 della comunicazione.

Il Collegio rileva su un piano generale che i programmi di clemenza, noti come leniency programmes, costituiscono un efficace mezzo di destabilizzazione dei "cartelli" tra imprenditori.

Per inquadrare gli stessi, occorre anzitutto soffermarsi sull’equilibrio instabile tra fiducia e sfiducia tra i membri di un cartello.

Infatti, per un verso, per far funzionare in modo efficace e duraturo il pactum sceleris è necessario rafforzare la cooperazione interna ed il collante principale tra le imprese è costituito dalla fiducia reciproca.

Per altro verso, però, la tentazione a tradire la fiducia può essere altrettanto forte per la singola impresa che, ad esempio, praticando riservatamente sconti rispetto ai prezzi concordati con gli altri membri del cartello conquista, a danno degli altri, nuove quote di mercato.

Gli economisti hanno da tempo studiato il fenomeno applicando la teoria dei giochi e hanno analizzato la coesione dei cartelli sotto il profilo degli incentivi e disincentivi a mantenere fede agli impegni.

Le imprese che partecipano ad un cartello, insomma, in un clima di incertezza in ordine ai comportamenti altrui, si trovano di fronte ad una scelta strategica, vale a dire mantenere gli impegni che nel lungo periodo massimizzano l’utile di tutti i membri, confidando che anche gli altri lo facciano, ovvero tradire gli impegni preferendo una logica di massimizzazione del profitto individuale nel breve periodo, sicchè la stabilità di un cartello dipende dal grado di coesione e di fiducia reciproca che si crea tra i suoi partecipanti.

I programmi di clemenza costituiscono un mezzo particolarmente efficace per destabilizzare i cartelli in quanto pongono i componenti di fronte ad un ulteriore dilemma, e cioè restare leali nei confronti degli altri aderenti al cartello allo scopo di ritrarne i vantaggi di lungo periodo, confidando che anche gli altri facciano altrettanto, oppure autodenunciare alla competente autorità la propria adesione guadagnando in cambio l’immunità o la riduzione della sanzione.

Peraltro, poiché i programmi di clemenza prevedono di norma che solo l’impresa che sporge per prima la denuncia possa ottenere l’immunità totale, mentre gli eventuali altri denuncianti possono ottenere solo una riduzione della sanzione, tali incentivi possono scatenare, se e quando la fiducia interna comincia ad incrinarsi, una vera e propria corsa tra le imprese a chi presenta per prima la domanda volta ad ottenere l’immunità.

2.1 Il Collegio rileva, in primo luogo, che le eventuali censure avverso l’applicazione delle norme relative ai programmi di clemenza alle società H., alla quale non è stata imposta la sanzione, P.&.G. e C. Palmolive, alle quali sono state applicate riduzioni delle sanzioni, rispettivamente, del 40% e del 50%, sono inammissibili per carenza di interesse in quanto l’impresa sanzionata non potrebbe ritrarre alcuna utilità dall’annullamento dell’atto nella parte in cui lo stesso ha applicato alle imprese cooperanti il beneficio della non imposizione o della riduzione della sanzione.

Diversamente, le censure relative all’applicazione dei programmi di clemenza sono senz’altro ammissibili laddove tendano a dimostrare che la loro illegittimità si è tradotta in un nocumento per l’impresa ricorrente.

In altri termini, le doglianze afferenti alla concreta applicazione dei programmi di clemenza sono ammissibili solo ove, attraverso di esse, l’impresa ricorrente miri a dimostrare un rapporto di causalità diretta tra l’illegittimità dell’azione amministrativa e la lesione della sua posizione giuridica derivante dal provvedimento afflittivo, mentre non sono ammissibili per carenza di interesse laddove, ferma restando la responsabilità della ricorrente accertata nel provvedimento, mirino unicamente a dimostrare l’illegittima applicazione delle misure premiali alle denuncianti.

2.2 La prospettazione dell’inapplicabilità dei programmi di leniency in quanto la fattispecie contestata non sarebbe un’intesa anticoncorrenziale ma un legittimo scambio di informazioni non sensibili non coglie nel segno in quanto l’eventuale insussistenza del "cartello" anticoncorrenziale determinerebbe non tanto l’illegittima applicazione del programma di clemenza, quanto piuttosto l’illegittimità dell’accertamento dell’intesa contenuto nel provvedimento conclusivo del procedimento.

Va peraltro soggiunto che il nucleo complessivo degli addebiti ascritti alle imprese sanzionate, tra cui la ricorrente, è fondato non solo su elementi istruttori acquisiti dalle imprese collaboranti ma anche su elementi acquisiti autonomamente dall’Autorità procedente, sicchè il quadro fattuale sulla cui base è stato adottato il provvedimento è più ampio e non si esaurisce solo nelle dichiarazioni fornite dai leniency applicant.

Ad esempio, un elemento di estremo rilievo, quale la data di avvio dell’illecito (5 aprile 2000), è stata individuata dall’AGCM sulla base di un documento, fornito da altra impresa parte del procedimento, la società M., in risposta ad una richiesta di informazioni, e non dalla dichiarazione degli applicant.

2.3 Le dichiarazioni fornite dalle imprese collaboranti hanno natura non solo eteroaccusatoria, ma anche confessoria, e un possibile tentativo di indurre in errore l’amministrazione procedente potrebbe far dubitare della sincera e completa cooperazione del richiedente e, conseguentemente, potrebbe mettere in pericolo la possibile applicazione del beneficio sicché, come ben evidenziato nella memoria difensiva dell’Avvocatura Generale dello Stato, se nella trattazione delle domande di clemenza è comunque opportuno agire in modo cauto, è sicuramente erroneo presumere la loro scarsa genuinità in quanto l’impresa collaborante ha un interesse diretto a rispettare le regola al fine di ottenere concretamente il beneficio per il quale si è indotta a fornire elementi che, si ribadisce, non sono solo eteroaccusatori, ma sono anche confessori della partecipazione ad un’intesa illecita.

Inoltre, essendo rara l’acquisizione del testo dell’accordo o di una documentazione inequivoca dello stesso, al fine di non vanificare le finalità perseguite dalla normativa di settore, è da ritenere sufficiente e necessaria l’emersione di indizi, purché gravi, precisi e concordanti, circa l’intervento di illecite forme di coordinamento.

In altre parole, è ben difficile che i partecipanti ad un accordo illecito lascino "prove scritte" da cui dedurre in modo certo ed obiettivo l’esistenza ed il funzionamento dell’accordo stesso, per cui non è possibile pretendere che il collaborante il quale confessi l’intesa debba fornire un riscontro probatorio vasto e del tutto corroborante le proprie affermazioni, che verosimilmente non esiste, perché in tal modo si porrebbero nel nulla le possibilità applicative della norma e si vanificherebbe la loro ratio, mentre deve ritenersi sufficiente che alle dichiarazioni si accompagni un qualche elemento documentale idoneo a fungere da indizio preciso e concordante con le dichiarazioni rese e soprattutto, anche in assenza di questi ultimi, deve ritenersi comunque necessario che sia l’Autorità, sulla base della propria istruttoria, a vagliare l’attendibilità delle dichiarazioni.

In sostanza, come già chiarito da questa Sezione con sentenza n. 36126 del 13 dicembre 2010, la veridicità e l’attendibilità delle dichiarazioni non transita attraverso l’imposizione dell’obbligo del collaborante di corroborarne il contenuto con corrispondenti rilievi probatori, mentre, laddove tale evenienza non si verifichi, incombe sull’Autorità procedente l’obbligo di dimostrare in maniera concludente l’esistenza della concertazione, quand’anche attraverso elementi indiziari.

Di talché, la sola dichiarazione del leniency applicant, ove non supportata da concludenti e concordanti elementi di prova non è sufficiente alla dimostrazione dell’intesa restrittiva della libertà di concorrenza, fermo restando che detti elementi di prova non devono essere necessariamente forniti dagli stessi collaboranti, atteso che la loro ricerca fa carico all’Autorità procedente e, anzi, costituisce il proprium dell’attività di indagine rimessa alla stessa.

Peraltro, nel caso di specie, ed a prescindere dal rilievo di tali riscontri ai fini dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale, rilievo che sarà valutato nell’esame delle censure relative all’effettiva sussistenza dell’illecito, il provvedimento dà conto di come le società collaboranti abbiano fornito elementi documentali a supporto delle proprie dichiarazioni.

H. ha denunciato, in data 29 aprile, 26 maggio e 10 giugno 2008 un’intesa complessa posta in essere tra i principali produttori attivi nel settore nazionale dei cosmetici (quali, oltre ad H., U., R.- B., C. Palmolive, P & G, S.L., L’O., Beiesdorf ed il gruppo Bolton/Manitoba) venduti attraverso il canale retail; secondo la ricostruzione fornita da H., l’intesa riguardava tutto il territorio nazionale ed era finalizzata, da un lato, a ridurre il grado di incertezza reciproca di tutti i partecipanti sulle strategie commerciali dei concorrenti e, dall’altro, a coordinare una risalita dei prezzi di rivendita da parte di un particolare distributore nel corso del 2005.

A sostegno delle informazioni, come risulta dal par. 67 del provvedimento, la collaborante ha fornito alcuni documenti e, in particolare, un elenco dei dipendenti delle aziende coinvolte, convocazioni a riunioni del gruppo chimico di C. nel periodo compreso tra il 2005 ed il 2007 (da cui risultano gli indirizzi email di tutti i dipendenti delle aziende coinvolte) e taluni report elaborati da C. dai quali si evince che la tematica delle negoziazioni con la Grande Distribuzione era all’ordine del giorno, al pari dei trend di prezzo e delle dinamiche di mercato.

Nel par. 68 è altresì indicato, in ordine al coordinamento dei produttori di cosmetici in relazione alla generalizzata riduzione dei prezzi da parte di Esselunga nel corso del primo semestre del 2005, che H. ha fornito un report di un dipendente che aveva partecipato al meeting.

Ancora, come emerge dal par. 75, la denunciante, oltre agli elaborati di C. riguardanti l’accettazione o meno dei listini e le trattative contrattuali con la GDO, ha fornito evidenze di convocazioni e report di riunioni del gruppo Chimico dalle quali si evince che gli argomenti all’ordine del giorno fossero le condizioni di sellin, di sellout e i rapporti tra produttori di cosmetici e le catene della GDO.

C., successivamente all’avvio del procedimento, in data 31 luglio 2008, ha denunciato la prassi invalsa nelle riunioni del Gruppo Chimico di C. di procedere ad uno scambio diretto di informazioni riguardante il livello di incremento dei prezzi da comunicare agli operatori della GDO e lo stato delle negoziazioni annuali intercorrenti con questi. Tali condotte – stando a quanto riferito dai rappresentanti di C. – sarebbero state realizzate quantomeno tra il 2002 e l’inizio del 2006. I rappresentanti di C. hanno riferito, tuttavia, di non poter escludere del tutto che il direttore commerciale avesse partecipato ad uno o più incontri anche nel corso del 2001. Le principali imprese partecipanti a tali "giri di tavolo" sarebbero state U., P&G, R.B., M&R, H., J&J, GSK, L’O.. Rispetto a quanto dichiarato dai rappresentanti di H. precedentemente all’avvio del procedimento, pertanto, le dichiarazioni dei rappresentanti di C. hanno evidenziato, dal punto di vista soggettivo, il coinvolgimento di due ulteriori imprese partecipanti ai giri di tavolo e attive nel settore cosmetico: J.& J. e GSK.

C., come emerge dal par. 77 del provvedimento, ha inoltre evidenziato che C. inviava ad ogni membro del Gruppo Chimico che avesse contribuito alla compilazione dell’Osservatorio sui rapporti IDMGDO una distinta comunicazione "confidenziale" contenente la chiave di decodifica che svelava l’identità di ciascuna catena della GDO citata nel documento in maniera apparentemente anonima.

Contestualmente alle dichiarazioni rese in data 31 luglio 2008, C. ha fornito copia di un Osservatorio sui rapporti con la GDO, risalente al 2001, corredato dalla comunicazione confidenziale di C. che consente di "decodificare" i dati svelando l’identità di ciascuna catena della GDO citata nel documento (parr. 78 e 302).

Successivamente all’avvio del procedimento e alla presentazione della seconda domanda di ammissione al programma di clemenza di C., in data 4 novembre 2008, anche i rappresentanti di P.&.G. hanno denunciato le condotte invalse nel contesto delle riunioni del Gruppo Chimico di C., dichiarando che i "giri di tavolo" nel corso dei quali i partecipanti si scambiavano informazioni in merito agli aumenti di prezzo programmati ed allo stato delle negoziazioni in essere con la GDO si sono tenuti quantomeno a partire dal 1998 e fino alla fine del 2006.

In una successiva dichiarazione del 3 febbraio 2009, i rappresentanti di P&G hanno indicato quali soggetti partecipanti all’intesa, ulteriori rispetto ai destinatari del provvedimento di avvio di istruttoria, le società B., M.& R., GSK, J&J, L.M., M. e P..

Pertanto, rispetto a quanto fosse già noto all’Autorità in data 3 febbraio 2009, i rappresentati di P&G hanno aggiunto, dal punto di vista soggettivo, il coinvolgimento di tre ulteriori imprese partecipanti ai giri di tavolo e attive nel settore cosmetico, vale a dire M. S.p.A., L.M. S.r.l. e P. Profumi S.p.A., e, dal punto di vista oggettivo, l’apporto dei rappresentanti di P&G è consistito nell’estensione temporale dell’intesa, risalente quantomeno a partire dal 1998.

In relazione alla "questione Esselunga", come risulta dal par. 87 del provvedimento, la documentazione consegnata da P&G mostra che alla riunione del gruppo Chimico del 25 maggio 2005, nel corso della quale furono concordati gli interventi da intraprendere nei confronti dei distributori, finalizzati ad ottenere risalite congiunte dei prezzi di rivendita dei prodotti cosmetici, avrebbero partecipato le società BDF, GSK, J&J, L’O., M&R, M., P., P&G, S.L. e U..

Di conseguenza – ribadito che l’attendibilità delle dichiarazioni rese dal leniency applicant non postula la necessaria produzione di riscontri documentali, essendo la verifica di attendibilità onere dell’Autorità e rimessa alla relativa attività istruttoria, ed a prescindere da ogni valutazione sulla rilevanza delle dichiarazioni e della documentazione fornita ai fini dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale, valutazione che sarà effettuata nell’ambito dell’esame delle censure con cui la ricorrente ha contestato l’effettiva sussistenza di un’intesa orizzontale segreta – non può sussistere dubbio sul fatto che i leniency applicant e, anzitutto, la prima denunciante H., abbiano anche supportato le loro dichiarazioni con taluni significativi riscontri probatori.

2.4 Le dichiarazioni dei leniency applicant, come emerge dal par. 211 del provvedimento, sono state rese dai rappresentanti di H. (legale interno e consulente esterno), nonché dai rappresentanti di C.- P. e P&G (consulenti esterni) e sono basate sulla testimonianza dei rispettivi responsabili commerciali, tutti testimoni diretti delle circostanze esposte, in quanto personalmente partecipanti ai giri di tavolo nell’ambito delle riunioni del gruppo Chimico.

L’assenza della testimonianza resa all’Autorità direttamente dai responsabili commerciali che hanno partecipato ai giri di tavolo non può costituire vizio di legittimità del provvedimento in quanto la possibilità che le dichiarazioni confessorie possano essere rese dai "rappresentanti" dell’impresa è espressamente prevista dal par. 10 della comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’art. 15 l. 287/1990.

D’altra parte, per quanto riguarda H., la società ha evidenziato nella propria memoria difensiva che tra i soggetti che hanno partecipato alle audizioni dell’Autorità e reso dichiarazioni orali confessorie, figura sistematicamente l’avv. Katrin Steinbuckel, responsabile dell’ufficio legale interno di H., la quale, in quanto dipendente, si identifica con la società stessa.

Né può rinvenirsi la sussistenza di un obbligo per l’amministrazione procedente di convocare in audizione i testimoni diretti dei fatti, atteso che di tale obbligo non vi è traccia nelle fonti normative di settore.

Tra le condizioni per l’accesso al trattamento favorevole, infatti, la richiamata "comunicazione", al punto 7, lett. b), fa presente che l’impresa deve adoperarsi perché i suoi attuali dipendenti, e, nella misura in cui ciò sia possibile, quanti siano stati dipendenti dell’impresa in un periodo precedente, possano, ove necessario, essere ascoltati in audizione dall’Autorità, sicché quest’ultima è titolare di un potere discrezionale nel decidere se ritenere necessario ascoltare direttamente i dipendenti o meno e, nel caso, di specie non può dirsi che tale potere sia stato irragionevolmente esercitato, anche perché non risulta essere pervenuta alcuna contestazione da parte dei diretti interessati di quanto riferito in audizione dai rappresentanti delle imprese.

2.5 Le prospettazioni relative alla contraddittorietà delle dichiarazioni rese dai leniency applicant sono altresì da disattendere in quanto, a prescindere dalle fisiologiche differenze che possono sussistere nel dettaglio della ricostruzione dei fatti tra l’uno e l’altro dichiarante, deve rilevarsi come nel loro "nucleo forte" le dichiarazioni sono tendenzialmente coincidenti, per cui anche eventuali incongruenze non possono incidere sul fatto che tutte e tre le imprese hanno evidenziato la sussistenza di un’intesa riguardante il territorio nazionale tra i principali produttori attivi nel settore dei cosmetici venduti attraverso il canale retail.

Le imprese collaboranti, nelle loro dichiarazioni, hanno anche coerentemente evidenziato che lo scambio di informazioni non avveniva sui prezzi delle singole referenze, ma sugli aumenti medi dei listini, contenenti più referenze.

Parimenti oggetto di concorde dichiarazioni è l’esistenza di uno scambio di informazioni nell’ambito del gruppo Chimico di C. e l’indicazione, tra gli episodi di maggiore rilevanza ai fini in questione, della reazione ai prezzi di rivendita adottati da Esselunga nel 2005.

Le valutazioni giuridiche fornite in proposito dai leniency applicant, peraltro, non sono state recepite acriticamente dall’AGCM, la quale ha autonomamente valutato gli elementi istruttori evidenziando, al par. 268 del provvedimento, che la dimostrazione inequivocabile del perseguimento di un unico ed articolato disegno anticoncorrenziale discende: a) dallo scambio di informazioni sensibili nell’ambito delle riunioni del gruppo Chimico di C.; b) dallo scambio di informazioni sensibili al di fuori delle riunioni associative; c) dall’allineamento degli aumenti dei prezzi di listino al di sopra del tasso di inflazione; d) dal coordinamento teso ad arginare le possibili conseguenze derivanti dal comportamento commerciale di Esselunga.

2.6 In definitiva, per tutto quanto esposto, le censure proposte in ordine all’applicazione della normativa sui programmi di clemenza non possono essere condivise.

3. Le censure di carattere procedimentale sono parimenti infondate.

3.1 La durata dell’intesa per la maggior parte delle imprese partecipanti, tra cui L’O., è stata individuata a far tempo dalla riunione del Gruppo Chimico del 5 aprile 2000.

Nella comunicazione di avvio del procedimento del 12 giugno 2008, l’Autorità ha fatto presente che dalle informazioni disponibili è ragionevole desumere l’esistenza, "quanto meno a partire dal gennaio del 2005 fino a tutto il 2007", di un reciproco scambio di informazioni sensibili e di un coordinamento delle strategie commerciali tra H., U., R.B., C. -Palmolive, P.&.G., S.L.H. & B. e L’O. che rappresentano i principali produttori di cosmetici distribuiti attraverso il canale retail.

Nella comunicazione delle risultanze istruttorie trasmessa alle parti il 18 dicembre 2009, al par. 122, è indicato che "in atti vi sono evidenze di riunioni del Gruppo Chimico a partire dal 27 gennaio 2000".

Nella comunicazione di avvio, l’oggetto del procedimento, vale a dire le circostanze in relazione alle quali l’Autorità ha ritenuto di procedere, è stato chiaramente specificato in quanto vi è l’espresso riferimento all’accertamento di un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza e, quindi, alla possibile violazione dell’art. 81, co. 1, del Trattato CE e, infatti, l’istruttoria è stata avviata ai sensi dell’art. 14 l. 287/1990.

Di talché, la comunicazione di avvio del procedimento ha senz’altro riportato gli elementi essenziali per consentire un efficace e completo contraddittorio e, quindi, per un pieno esercizio del diritto di difesa, né è possibile ritenere che la stessa avrebbe dovuto necessariamente avere un maggior grado di dettaglio in quanto l’analiticità delle argomentazioni riguarda la fase conclusiva del procedimento, che costituisce l’esito della fase istruttoria, mentre non sempre può caratterizzare la fase di avvio, nella quale, invece, devono essere con precisione identificati i soli profili delle condotte delle imprese oggetto dell’indagine, al fine di mettere in grado le stesse di poter proficuamente partecipare all’istruttoria.

L’Autorità, utilizzando la locuzione "quanto meno dal 2005", ha evidenziato la concreta possibilità che l’intessa potesse avere una decorrenza anche antecedente a tale data e, d’altra parte, avrebbe potuto legittimamente utilizzare anche l’espressione "fino al 2007" senza indicare affatto l’eventuale dies a quo dell’illecito, atteso che, una volta individuato l’oggetto dell’accertamento, vale a dire l’infrazione ipotizzata, è evidente che l’impresa interessata avrebbe avuto ogni la possibilità di esercitare il proprio diritto di difesa senza alcuna limitazione di carattere temporale.

In sostanza, una nuova comunicazione di avvio del procedimento si rivela necessaria solo se muta la natura intrinseca della violazione accertata rispetto a quella contestata ovvero se all’originaria violazione si aggiunge l’accertamento anche di una ulteriore violazione non contestata, ma non anche per una più specifica indicazione dell’arco temporale in cui la violazione ha avuto luogo.

D’altra parte, come espressamente messo in rilievo dall’Autorità procedente al par. 209 del provvedimento, tutte le parti del procedimento hanno esercitato i diritti di accesso e di partecipazione come dimostrato dai verbali di accesso e di audizione contenuti nel fascicolo del procedimento, dai quali risulta come l’oggetto di indagine non fosse necessariamente limitato agli anni 20052007 e, dalla richiesta di informazioni inviata a tutte le parti in data 31 agosto 2009, si evince che il periodo potenzialmente interessato dall’istruttoria era compreso tra il 1999 ed il 2008.

In proposito, giova anche osservare, per dare atto della possibilità attribuita alle parti di esplicare pienamente il proprio diritto di difesa, che, dopo la comunicazione delle risultanze istruttorie, i termini risultano prorogati con atti del 7 gennaio 2010, del 3 marzo 2010, del 28 aprile 2010, del 7 luglio 2010 e del 26 agosto 2010, tanto che la delibera impugnata è stata adottata il 15 dicembre 2010.

3.2 In ordine alla doglianza secondo cui le difese svolte dalla ricorrente nel corso del procedimento non sarebbero state considerate, è sufficiente rilevare che, sulla base di una consolidata giurisprudenza, l’obbligo di esame delle memorie procedimentali presentate dalle parti non impone un’analitica confutazione su ogni argomento utilizzato, essendo sufficiente un iter motivazionale che renda nella sostanza percepibile la ragione del mancato adeguamento dell’azione amministrativa alle deduzioni difensive sviluppate.

Nel caso di specie, il provvedimento contiene una ponderosa motivazione di tutte le determinazioni adottate, per cui l’assenza di un’analitica confutazione di ogni singola deduzione esposta dalla parte nel corso del procedimento non può essere di per sé sola idonea a determinare il vizio dell’azione amministrativa e la conseguente illegittimità del provvedimento impugnato, fermo restando che quanto esposto dalla parte e non recepito dall’Autorità potrebbe rivelarsi nella sostanza, e non sotto un mero profilo procedimentale, idoneo a dare conto dell’illegittimità del provvedimento finale.

4. La ricorrente ha prospettato l’erronea definizione del mercato rilevante, con specifico riferimento alla ricostruzione del "contesto merceologico di riferimento".

La censura non è persuasiva.

Il Collegio rileva in primo luogo che l’individuazione del mercato rilevante – definito come quella zona geograficamente circoscritta dove, dato un prodotto o una gamma di prodotti considerati tra loro sostituibili, le imprese che forniscono quel prodotto si pongono fra loro in rapporto di concorrenza – non è sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità se non per vizi logici, di difetto di istruttoria o di motivazione, atteso che il giudice amministrativo non può sostituire le proprie valutazioni a quelle riservate all’Autorità e, quindi, non può dare un’autonoma definizione.

La giurisprudenza ha altresì chiarito che al giudice amministrativo è consentito sindacare senza alcun limite tutte le valutazioni tecniche compiute dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per l’individuazione del mercato rilevante, potendo valutare sia la correttezza delle scelte tecniche dalla stessa compiute, sia l’esattezza dell’interpretazione ed applicazione dei concetti giuridici indeterminati alla fattispecie concreta.

La definizione del mercato costituisce uno strumento per individuare e definire l’ambito nel quale le imprese sono in concorrenza tra loro, per cui scopo principale della definizione è di individuare attraverso un criterio sistematico le pressioni concorrenziali alle quali sono sottoposte le imprese interessate e che sono in grado di condizionarne il comportamento.

Nei casi di intese restrittive della libertà di concorrenza, in particolare, la ricostruzione dell’ambito merceologico è soprattutto volta ad individuare le caratteristiche del contesto economico e giuridico nel quale si colloca l’intesa stessa ossia lo spazio di concorrenza entro il quale le imprese hanno ritenuto di coordinare le loro strategie commerciali.

L’Autorità, nell’individuazione del contesto merceologico di riferimento (parr. da 45 a 60 della delibera), ha posto innanzitutto in evidenza che il settore interessato dall’intesa è quello dei prodotti cosmetici commercializzati attraverso la Grande Distribuzione Organizzata, in quanto, come dichiarato dai rappresentanti di H. e di C., le condotte oggetto del procedimento hanno riguardato principalmente i prodotti cosmetici quali quelli per la cura del corpo, per la cura dei capelli e i prodotti per l’igiene orale.

Ha poi specificato che, per prodotti cosmetici, in linea di principio, si intende una varietà di articoli che includono principalmente i prodotti per l’igiene personale, i prodotti igienicosanitari, i prodotti per l’igiene orale, i prodotti per la rasatura e la depilazione, i prodotti per capelli e i prodotti per il viso.

In tale settore, si possono individuare sei operatori leader corrispondenti a B., L’O., U., P&G, C. e M&R. Ciascuna di tali imprese fornisce la maggior parte delle categorie di prodotti e riveste un ruolo di primo piano in almeno una delle macrocategorie di prodotti ricomprese nel settore cosmetico: M&R, ad esempio, per i deodoranti e i detergenti per il corpo (con quote, rispettivamente del (2030%) e del (1020%) circa); L’O. con riferimento all’intera gamma dei prodotti per i capelli (con una quota pari al (3545%) circa seguita da P&G con un quota del (1020%) circa); U. per l’intera gamma dei prodotti relativi all’igiene orale (con una quota pari a circa il (2030%), seguito da C. con una quota del (1020%) circa); B., per tutta la gamma di creme per il corpo (con una quota del (3545%) circa); P&G con riferimento ai prodotti per la rasatura e depilazione e ai prodotti per l’igiene intima (con una quota del (3545%) circa per la rasatura e con una quota del (2030%) circa relativa ai prodotti per l’igiene intima).

Ciascuna delle imprese citate, ha soggiunto l’amministrazione procedente, riveste inoltre un ruolo di primo piano anche in relazione a singole categorie merceologiche. Con riferimento al dentifricio, ad esempio, tre operatori principali detengono il 60% del mercato retail (nell’ambito del quale dominano U., C. e P&G con quote rispettivamente del (2030%), del (1020%) e del (1020%)); ancora più significativo quanto risulta con riferimento agli shampoo, dove l’O. guida il mercato con una quota del (3545%), seguita da P&G con il (1020%) e U. al (1020%). P&G guida anche il mercato dei prodotti per la rasatura uomo, con una quota del (3545%) (principalmente riconducibile alla commercializzazione dei prodotti a marchio Gillette e Noxzema).

La struttura dell’offerta sopra descritta è comune anche al settore contiguo dei prodotti detergenti per la casa in cui, oltre a U. e C., anche H. e R.B. detengono posizioni di assoluto rilievo. Nel solo mercato degli ammorbidenti per tessuti, ad esempio, U. ed H. detengono rispettivamente, quote pari al (20- 30%) ed al (2030%) circa del mercato. Analogamente, nel mercato dei detersivi per stoviglie, R. detiene una quota del (6070%) circa.

Nell’intero settore dei prodotti chimici (cosmetici e detergenti) è possibile individuare un nucleo compatto di grandi operatori multinazionali costituito da H., R.B., B., L’O., U., P&G, C. e M&R il cui portafoglio di prodotti commercializzati e la posizione detenuta in determinate categorie e/o macrocategorie di prodotti assegna loro un ruolo determinante nei rapporti con gli operatori della Grande Distribuzione Organizzata. L’interesse dei distributori è infatti rivolto, generalmente, non all’acquisto del singolo prodotto/referenza o di una determinata categoria, ma dell’intero paniere di prodotti commercializzati da ciascun produttore di cosmetici. In tale scenario, ha rilevato l’Autorità, la forza contrattuale di ciascun produttore di marca si misura, oltre che sull’attrattività dei marchi gestiti, anche e soprattutto sull’ampiezza e sulla varietà del paniere offerto alla GDO.

Dal punto di vista della domanda, infatti, contrariamente a quanto sostenuto da alcune Parti del procedimento nelle memorie finali, l’interesse della Grande Distribuzione Organizzata è volto proprio ad arricchire quanto più possibile la varietà intrabrand e interbrand di alternative su cui costruire i propri assortimenti. Il conferimento di uno spessore adeguato alla propria offerta rappresenta per i distributori una scelta razionale atteso che le parti del procedimento sono produttori di beni di marca affermati, molti dei quali rientrano tra le referenze da tenere a scaffale, in quanto percepite dal consumatore come qualificanti l’offerta distributiva della catena. Tale considerazione, peraltro, vale anche per le referenze fornite dai produttori più piccoli che consentono ai distributori di riequilibrare le posizioni di forza riducendo il potere contrattuale delle grandi società multinazionali.

L’AGCM ha pertanto evidenziato che la struttura del settore dei cosmetici commercializzati attraverso la GDO presenta dinamiche tipiche dei fenomeni di multimarket contacts ed il fatto che i principali produttori detengano, a rotazione, posizioni di leadership in una o più categorie o macrocategorie di prodotti rientranti nel paniere complessivamente venduto alla GDO, rende altamente probabile l’instaurarsi di un equilibrio collusivo, atteso che nessuna delle imprese coinvolte potrebbe avere incentivi reali a deviare da una strategia collusiva di prezzo giacché la circostanza che i principali produttori siano attivi nella quasi totalità delle categorie merceologiche fa sì che il rischio di ritorsione rappresenti una minaccia credibile.

In definitiva, a fronte delle memorie difensive delle parti, che escludono la sussistenza di un automatismo tra multimarket contacts ed equilibrio collusivo, l’AGCM ha fatto presente che le grandi società multinazionali attive nel settore chimico (H., R.B., B., L’O., U., P&G, C. e M&R) commercializzano tutte le principali macrocategorie di cosmetici e detengono, in almeno una di queste, una posizione di leadership individuale o condivisa con propri concorrenti. Anche nei casi in cui tali società commercializzano solo una o poche categorie di prodotti cosmetici – come, ad esempio, nel caso di R.B. col marchio Veet – l’equilibrio collusivo basato sulla minaccia credibile di ritorsioni commerciali in altri mercati sussiste comunque in quanto si fonda anche sulla posizione di forza detenuta da tali soggetti nel settore contiguo della detergenza.

L’equilibrio esistente tra le grandi società multibrand basta, pertanto, a garantire la stabilità dell’intesa atteso che queste condizionano il comportamento degli operatori minori in una logica di leader/follower, in quanto rivestono un ruolo di primo piano nei rapporti con gli operatori della GDO.

Il mercato rilevante ai fini del procedimento, quindi, è stato ritenuto coincidente con tutta la gamma dei prodotti cosmetici commercializzati attraverso il canale retail.

Il Collegio fa presente che, così come correttamente rilevato dall’Autorità, ai fini della valutazione di fattispecie aventi ad oggetto intese tra concorrenti la definizione di uno specifico contesto merceologico e geografico non è necessaria, come nelle ipotesi di valutazione di operazioni di concentrazione e di comportamenti abusivi di posizioni dominanti.

In particolare, occorre ribadire che nelle ipotesi di intese restrittive della libertà di concorrenza, la definizione del mercato rilevante è successiva all’individuazione dell’intesa in quanto sono l’ampiezza e l’oggetto della stessa a circoscrivere il mercato su cui l’illecito è commesso (ex multis: Cons. St., VI, 25 marzo 2009, n. 1796).

Ad ogni buon conto, la definizione di mercato rilevante, concetto giuridico indeterminato e dal significato opinabile, elaborata nel provvedimento si presenta esaustivamente motivata e non è manifestamente irragionevole o illogica; il percorso argomentativo sviluppato, anzi, si rivela coerente e consequenziale.

Il concetto fondamentale su cui ruota la definizione di mercato rilevante nel caso di specie è che il rapporto venditore/acquirente non sussiste tra i produttori ed i consumatori finali, ma tra i produttori e gli operatori della grande distribuzione, per i quali non assumono rilievo, come invece avviene per i consumatori, le singole referenze, ma piuttosto i prodotti cosmetici commercializzati nel loro insieme.

In altri termini, il mercato non si presta ad essere frazionato in ulteriori mercati di dimensioni inferiori, per quante sono le sottocategorie merceologiche, in quanto la domanda presa in considerazione non è quella dei consumatori finali, ma quella dei rivenditori della grande distribuzione organizzata.

L’interesse di questi ultimi, infatti, è generalmente rivolto non già all’acquisto del singolo prodotto, bensì dell’intero paniere di prodotti commercializzati da ciascun produttore di cosmetici e proprio la presenza nell’ambito del mercato dei prodotti cosmetici di mercati distinti di minori dimensioni e contigui consente plausibilmente di ritenere che in questi ultimi possono realizzarsi i fenomeni di ritorsione che concorrono ad assicurare la stabilità dell’intesa in condizioni di multimarket contacts.

Nella fattispecie in esame, peraltro, essendo stata accertata un’intesa consistente nel coordinamento delle strategie commerciali relative all’intero paniere dei prodotti cosmetici distribuiti attraverso il canale della grande distribuzione organizzata, l’Autorità, anche a voler prescindere da ogni altra argomentazione, ha preso correttamente in considerazione tale ambito merceologico, corrispondente per l’appunto a quello dove si sarebbe manifestato un coordinamento fra imprese concorrenti e si sarebbero realizzati gli effetti derivanti dall’illecito anticoncorrenziale.

5. Con riferimento alle censure concernenti l’effettiva sussistenza dell’intesa e l’analisi dei relativi effetti, il Collegio – tenuto conto che al par. 130 del provvedimento è indicato che gli aumenti annuali dei prezzi di listino sono stati ricompresi tra il 3% ed il 5% o sono stati sempre superiori al tasso di inflazione – ritiene opportuno acquisire agli atti del processo una dettagliata relazione dell’Autorità procedente, con allegata documentazione, sugli aumenti annuali dei prezzi di listino, in forma aggregata e per singola impresa, relativo a ciascuno degli anni per i quali è stata accertata la durata dell’intesa per ciascuna impresa.

Con riferimento alle censure con cui è stata contestata la quantificazione della sanzione, inoltre, il Collegio – rilevato che, ai sensi del par. 317 del provvedimento, per calcolare l’importo base della sanzione è stato preso a riferimento il valore delle vendite dei beni a cui l’infrazione si riferisce, ossia il fatturato realizzato dalle parti in I. nel settore dei prodotti cosmetici nell’ultimo anno in cui è avvenuta l’infrazione, e cioè il 2007, e che tali dati, come evidenziato dall’Avvocatura Generale dello Stato nella propria memoria difensiva, non sono stati espressamente indicati nel provvedimento in quanto oggetto di apposita istanza di riservatezza – ritiene opportuno acquisire agli atti del processo una dettagliata relazione dell’Autorità procedente indicante il valore delle vendite dei beni realizzato da ciascuna impresa utilizzato, tenuto conto degli Orientamenti per il calcolo delle ammende, per calcolare l’importo base della sanzione nonché l’ammontare del fatturato realizzato da ciascuna impresa nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida, in riferimento al quale, ai sensi dell’art. 15 l. 287/1990, sono determinate le sanzioni amministrative pecuniarie.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

riservata al definitivo ogni ulteriore pronuncia in rito, in merito e sulle spese, così provvede:

respinge in parte qua il ricorso in epigrafe;

ordina al Presidente pro tempore dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di depositare la documentazione di cui in motivazione (dettagliata relazione dell’Autorità procedente, con allegata documentazione, sugli aumenti annuali dei prezzi di listino, in forma aggregata e per singola impresa, in relazione a ciascuno degli anni per i quali è stata accertata la durata dell’intesa per ogni singola impresa; dettagliata relazione dell’Autorità procedente indicante il valore delle vendite dei beni realizzato da ciascuna impresa, utilizzato per calcolare l’importo base della sanzione, nonché l’ammontare del fatturato realizzato da ciascuna impresa nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida) presso la Segreteria della Sezione entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione, se anteriore, della presente sentenza non definitiva.

Fissa per il prosieguo l’udienza pubblica del 22 febbraio 2012.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *