T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 17-11-2011, n. 8953

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento del 15 dicembre 2010, ha deliberato che:

a) le società H.I. S.p.A., U.I.H. S.r.l., R.- B.H. (Italia) S.r.l., C.- P. S.p.A., P.&.G. S.r.l., S.L. H. & B. C.I. S.p.A., L’O.I. S.p.A., Società I.B. L.ManettiH.Roberts & Co S.p.A., B. S.p.A., J. & J. S.p.A., l’Associazione Italiana dell’Industria di Marca – C., M. S.p.A., P.P. S.p.A., L.M. S.r.l., W. & Joel S.r.l., G.C.H. S.p.A. e S.S. SA hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’articolo 101 del TFUE, avente per oggetto la totale alterazione del confronto concorrenziale realizzata attraverso il coordinamento delle strategie commerciali;

b) le imprese si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;

c) in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alla società H. S.p.A. il beneficio della non imposizione della sanzione, di cui al paragrafo 2 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287;

d) in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alle società C.- P. S.p.A. e P.&G. S.r.l. il beneficio della riduzione della sanzione, di cui al paragrafo 4 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 nella misura, rispettivamente, del 50% e del 40%;

e) sono irrogate, in ragione di quanto indicato in motivazione, le sanzioni amministrative pecuniarie ai seguenti soggetti:

a) U.I.H. S.r.l. 18.766.440 euro

b) R.- B.H. (Italia) S.r.l. 2.457.840 euro

c) C.- P. S.p.A. 2.467.080 euro

d) P.&.G. S.r.l. 6.227.021 euro

e) S.L. H. & B. C.I. S.p.A. 4.029.300 euro

f) L’O.I. S.p.A. 26.977.500 euro

g) Società I.B. L.M.H.R. & Co S.p.A. 7.653.360 euro

h) B. S.p.A. 3.483.480 euro

i) J. & J. S.p.A. 3.298.680 euro

l) M. S.p.A. 2.244.375 euro

m) P.P. S.p.A. 908.628 euro

n) L.M. S.r.l. 217.200 euro

o) W.&J. S.r.l. 147.571 euro

p) G.C.H. S.p.A. 2.275.680 euro

q) S.S. SA 10.080 euro

r) Associazione Italiana dell’Industria di Marca – C. 17.100 euro.

Di talché, l’Associazione Italiana dell’Industria di Marca – C., ha proposto il presente ricorso avverso tale, articolando i seguenti motivi di impugnativa:

Violazione e falsa applicazione dell’art. 101 TFUE. Violazione dell’art. 2 l. 287/1990. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti. Eccesso di potere per carenza di istruttoria, contraddittorietà intrinseca, perplessità, irragionevolezza e illogicità. Eccesso di potere per insufficienza e contraddittorietà della motivazione. Violazione dei principi generali contenuti nella disciplina nazionale e comunitaria relativa all’immunità dalle ammende o alla loro riduzione in caso di cartelli tra imprese.

Le evidenze endogene ed esogene addotte dall’Autorità a sostegno della propria tesi non rispetterebbero i requisiti richiesti di gravità, precisione e concordanza.

Lo SPI non costituirebbe un’informazione sensibile in quanto avente ad oggetto la variazione del prezzo di listino medio dell’intero assortimento offerto da ciascuna azienda, enormemente variabile per ciascun produttore quanto a numero di prodotti considerati e settore merceologico degli stessi.

L’Autorità contesterebbe un’intesa avente ad oggetto il coordinamento dei prezzi di listino negoziati con la distribuzione, corroborando la propria tesi con l’andamento che i prezzi di sellin avrebbero registrato tra il 2003 e il 2007, da cui sarebbe emerso un aumento compreso tra il 3% ed il 5% e comunque superiore al tasso d’inflazione, laddove l’asserita intesa non avrebbe prodotto alcun effetto di coordinamento; infatti, a prescindere dall’inidoneità dello scambio dei dati sullo SPI medio a determinare le strategie commerciali future dei concorrenti, le risultanze istruttorie sarebbero in contraddizione con l’ipotesi di un coordinamento dei prezzi.

La necessaria programmata attitudine del contestato scambio di informazioni ad incidere sul mercato con valenza consistente, in definitiva, non potrebbe dirsi adeguatamente dimostrata e, d’altra parte, la condotta tenuta dalla ricorrente troverebbe legittimo fondamento giustificativo nel ruolo sindacale della stessa.

L’AGCM avrebbe omesso di identificare puntualmente il mercato o i mercati del prodotto nei quali la presunta intesa avrebbe dispiegato i suoi effetti.

In particolare, le imprese sanzionate non opererebbero contestualmente in tutti i singoli mercati del prodotto interessati dall’intesa e, quindi, non sarebbero pienamente concorrenti tra loro; la situazione di fatto sarebbe diversa da quella in cui possono verificarsi i c.d. multimarket contacts e ciò non consentirebbe in alcun modo l’utilizzo della relativa teoria economica.

Alle dichiarazioni dei tre leniency applicant sarebbe stata attribuita portata decisiva nella configurazione degli illeciti, sebbene le medesime siano fra loro contraddittorie e smentite dalle evidenze documentali rinvenute nel corso delle ispezioni nonché dalle memorie difensive presentate dalle parti del procedimento.

In via subordinata, con riferimento alla quantificazione della sanzione: violazione e falsa applicazione dell’art. 11 l. 689/1981. Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 l. 287/1990. Violazione e falsa applicazione del regolamento CE n. 1/2003. Eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità e contraddittorietà intrinseca. Eccesso di potere per disparità di trattamento. Violazione dell’art. 3 l. 241/1990.

La sanzione irrogata rappresenterebbe poco meno dell’8% del fatturato rilevante di C..

Peraltro, a causa dell’assenza nel provvedimento di una qualsiasi motivazione in merito alla quantificazione della sanzione, non sarebbe possibile ricostruire il metodo di calcolo seguito dall’Autorità.

L’Avvocatura Generale dello Stato, con ampia ed articolata memoria, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

H.I. spa si è costituita in giudizio.

La ricorrente ha insistito a sostegno delle proprie ragioni.

All’udienza pubblica del 12 ottobre 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento adottato nell’adunanza del 15 dicembre 2010, ha deliberato che:

a) le società H.I. S.p.A., U.I.H. S.r.l., R.- B.H. (Italia) S.r.l., C.- P. S.p.A., P.&.G. S.r.l., S.L. H. & B. C.I. S.p.A., L’O.I. S.p.A., Società I.B. L.M.H.R. & Co S.p.A., B. S.p.A., J. & J. S.p.A., l’Associazione Italiana dell’Industria di Marca – C., M. S.p.A., P.P. S.p.A., L.M. S.r.l., W. & J. S.r.l., G.C.H. S.p.A. e S.S. SA hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’articolo 101 del TFUE, avente per oggetto la totale alterazione del confronto concorrenziale realizzata attraverso il coordinamento delle strategie commerciali;

b) le imprese si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;

c) in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alla società H. S.p.A. il beneficio della non imposizione della sanzione, di cui al paragrafo 2 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287;

d) in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alle società C.- P. S.p.A. e P.& G. S.r.l. il beneficio della riduzione della sanzione, di cui al paragrafo 4 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 nella misura, rispettivamente, del 50% e del 40%;

e) è irrogata, in ragione di quanto indicato in motivazione, tra le altre, la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 17.100 ad Associazione Italiana dell’Industria di Marca – C..

L’Autorità, nelle proprie considerazioni conclusive (parr. 268 e ss. del provvedimento), ha posto in rilievo che l’insieme delle condotte evidenziate nelle risultanze istruttorie costituisce parte di una intesa unica, complessa e continuata nel tempo, volta alla limitazione del confronto concorrenziale nel settore dei prodotti cosmetici commercializzati attraverso il canale della Grande Distribuzione Organizzata.

In particolare, ha sostenuto che lo scambio di informazioni sensibili nell’ambito delle riunioni del Gruppo Chimico di C., lo scambio di informazioni sensibili al di fuori delle riunioni associative, l’allineamento degli aumenti dei prezzi di listino al di sopra del tasso di inflazione e, infine, il coordinamento teso ad arginare le possibili conseguenze derivanti dal comportamento commerciale di Esselunga forniscono una dimostrazione inequivocabile del perseguimento di un unico ed articolato disegno anticoncorrenziale.

Pertanto, l’autonomia che dovrebbe caratterizzare le attività delle imprese è stata compromessa e condizionata dal perseguimento di un unico disegno anticoncorrenziale articolato e complesso che ha ridotto qualsiasi incentivo ad adottare autonome strategie commerciali e, se tale esigenza di autonomia non esclude il diritto degli operatori economici di adattarsi intelligentemente al comportamento constatato dai loro concorrenti, non si può invece consentire ogni presa di contatto, diretta o indiretta, tra operatori, avente per oggetto o per effetto, sia di influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, sia di svelare ad un tale concorrente il comportamento che ci si è decisi o si pensa di tenere sul mercato.

Tutti i riscontri in atti, ha evidenziato l’AGCM, si intrecciano e si completano reciprocamente dando vita all’evidenza di un unicum fattuale, articolato e complesso, che costituisce prova della totale alterazione dei meccanismi concorrenziali. La rilevante quantità di riscontri in atti dimostra che le riunioni ed i contatti intervenuti tra i concorrenti, le azioni elaborate e condivise al fine di risolvere la "questione Esselunga", anche grazie al contributo attivo di C., sono stati univocamente finalizzati al concorde mantenimento di un artificiale equilibrio di mercato. Il mantenimento di un mercato "calmo" ha consentito, infatti, che fossero ritenute credibili le richieste di aumento dei prezzi di listino singolarmente avanzate da ciascun produttore di cosmetici alla GDO, in quanto gli aumenti comunicati erano sempre coerenti con quelli del mercato.

L’intesa in esame, ha soggiunto ancora l’Autorità, risulta presentare il carattere di consistenza coinvolgendo imprese che cumulativamente detengono, in ciascuna categoria merceologica ricompresa nel settore del personal care, una quota aggregata che oscilla tra il 58% (ad esempio, nel segmento dell’after shave) ed il 92% (ad esempio, nel segmento dei prodotti shaving preparation) delle vendite in valore.

L’intesa in questione, secondo le considerazioni conclusive dell’amministrazione procedente, è stata inoltre caratterizzata da un significativo grado di stabilità assicurato dall’artificiale trasparenza delle informazioni commerciali e dai contatti tra le imprese nell’ambito del Gruppo Chimico di C., grazie anche al contributo attivo dell’associazione stessa nell’elaborazione e distribuzione di informazioni idonee a consentire il monitoraggio di quanto concordato.

La stabilità del coordinamento è stata, inoltre, assicurata dal fatto che, in presenza di multimarket contacts, il rischio di retaliation costituisce una minaccia credibile affinché nessuna delle imprese coinvolte – leader multiprodotto e follower – abbia un incentivo a deviare da una strategia collusiva di prezzo. La stabilità del coordinamento è dimostrata, infine, dalla reazione congiunta dei produttori di cosmetici in relazione alla strategia commerciale adottata da Esselunga nel corso del 2005.

2. La ricorrente ha sostenuto che sarebbe stata attribuita portata decisiva nella configurazione degli illeciti alle dichiarazioni dei leniency applicant, sebbene le medesime siano fra loro contraddittorie e smentite dalle evidenze documentali rinvenute nel corso delle ispezioni nonché dalle memorie difensive presentate dalle parti del procedimento.

Le censure non possono essere condivise.

L’art. 15, co. 2 bis, l. 287/1990, aggiunto dall’art. 14 d.l. 223/2006 come modificato dalla relativa legge di conversione, stabilisce che l’Autorità, in conformità all’ordinamento comunitario, definisce con proprio provvedimento generale i casi in cui, in virtù della qualificata collaborazione prestata dalle imprese nell’accertamento di infrazioni alle regole di concorrenza, la sanzione amministrativa pecuniaria può essere non applicata ovvero ridotta nelle fattispecie previste dal diritto comunitario.

L’Autorità antitrust, di conseguenza, ha adottato una comunicazione, modificata con provvedimento n. 21092 del 6 maggio 2010, sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi della richiamata norma di legge.

Tale comunicazione si applica alle intese orizzontali segrete, anche nell’ambito di procedure ad evidenza pubblica, con particolare riguardo a quelle consistenti nella fissazione dei prezzi d’acquisto o di vendita, nella limitazione della produzione o delle vendite e nella ripartizione dei mercati.

L’Autorità ha stabilito di non applicare le sanzioni previste all’art. 15, co. 1, l. 287/1990 e dall’art. 81 del Trattato CE (ora art. 101 TFUE) all’impresa che, per prima, fornisca spontaneamente informazioni o prove documentali in ordine all’esistenza di un’intesa orizzontale segreta, qualora sussistano cumulativamente le seguenti condizioni:

a giudizio dell’Autorità, in relazione alla natura e alla qualità degli elementi comunicati dal richiedente, tali informazioni o evidenze siano decisive per l’accertamento dell’infrazione, eventualmente attraverso un’ispezione mirata;

l’Autorità non disponga già di informazioni o evidenze sufficienti a provare l’esistenza dell’infrazione;

siano soddisfatte le altre condizioni per l’accesso al trattamento favorevole, di cui al paragrafo 7 della stessa comunicazione (l’impresa deve porre fine alla propria partecipazione all’intesa immediatamente dopo avere presentato la domanda di trattamento favorevole, deve cooperare con l’Autorità in modo completo e continuativo per l’intera durata del procedimento istruttorio e non deve informare alcuno della sua intenzione di presentare domanda di trattamento favorevole, ad eccezione di altre autorità di concorrenza).

Possono beneficiare di una riduzione della sanzione, in misura di regola non superiore al 50%, le imprese che forniscono all’Autorità materiale probatorio in relazione ad un’intesa orizzontale segreta ed a tal fine occorre che le evidenze prodotte rafforzino in misura significativa, in ragione della loro natura o del livello di dettaglio, l’impianto probatorio di cui l’Autorità già disponga, contribuendo in misura apprezzabile alla capacità dell’Autorità di fornire la prova dell’infrazione ed occorre altresì che siano soddisfatte le altre condizioni per l’accesso al trattamento favorevole di cui al richiamato paragrafo 7 della comunicazione.

Il Collegio rileva su un piano generale che i programmi di clemenza, noti come leniency programmes, costituiscono un efficace mezzo di destabilizzazione dei "cartelli" tra imprenditori.

Per inquadrare gli stessi, occorre anzitutto soffermarsi sull’equilibrio instabile tra fiducia e sfiducia tra i membri di un cartello.

Infatti, per un verso, per far funzionare in modo efficace e duraturo il pactum sceleris è necessario rafforzare la cooperazione interna ed il collante principale tra le imprese è costituito dalla fiducia reciproca.

Per altro verso, però, la tentazione a tradire la fiducia può essere altrettanto forte per la singola impresa che, ad esempio, praticando riservatamente sconti rispetto ai prezzi concordati con gli altri membri del cartello conquista, a danno degli altri, nuove quote di mercato.

Gli economisti hanno da tempo studiato il fenomeno applicando la teoria dei giochi e hanno analizzato la coesione dei cartelli sotto il profilo degli incentivi e disincentivi a mantenere fede agli impegni.

Le imprese che partecipano ad un cartello, insomma, in un clima di incertezza in ordine ai comportamenti altrui, si trovano di fronte ad una scelta strategica, vale a dire mantenere gli impegni che nel lungo periodo massimizzano l’utile di tutti i membri, confidando che anche gli altri lo facciano, ovvero tradire gli impegni preferendo una logica di massimizzazione del profitto individuale nel breve periodo, sicché la stabilità di un cartello dipende dal grado di coesione e di fiducia reciproca che si crea tra i suoi partecipanti.

I programmi di clemenza costituiscono un mezzo particolarmente efficace per destabilizzare i cartelli in quanto pongono i componenti di fronte ad un ulteriore dilemma, e cioè restare leali nei confronti degli altri aderenti al cartello allo scopo di ritrarne i vantaggi di lungo periodo, confidando che anche gli altri facciano altrettanto, oppure autodenunciare alla competente autorità la propria adesione guadagnando in cambio l’immunità o la riduzione della sanzione.

Peraltro, poiché i programmi di clemenza prevedono di norma che solo l’impresa che sporge per prima la denuncia possa ottenere l’immunità totale, mentre gli eventuali altri denuncianti possono ottenere solo una riduzione della sanzione, tali incentivi possono scatenare, se e quando la fiducia interna comincia ad incrinarsi, una vera e propria corsa tra le imprese a chi presenta per prima la domanda volta ad ottenere l’immunità.

Il nucleo degli addebiti ascritti alle imprese sanzionate, nella fattispecie in esame, è fondato non solo su elementi istruttori acquisiti dalle opere collaboranti ma anche su elementi acquisiti autonomamente dall’Autorità procedente, sicchè il quadro fattuale sulla cui base è stato adottato il provvedimento è più ampio e non si esaurisce solo nelle dichiarazioni fornite dai leniency applicant.

Ad esempio, un elemento di estremo rilievo, quale la data di avvio dell’illecito (5 aprile 2000), è stata individuata dall’AGCM sulla base di un documento, fornito da altra impresa parte del procedimento, la società Mirato, in risposta ad una richiesta di informazioni, e non dalla dichiarazione degli applicant.

Le dichiarazioni fornite dalle imprese collaboranti hanno natura non solo eteroaccusatoria, ma anche confessoria, e un possibile tentativo di indurre in errore l’amministrazione procedente potrebbe far dubitare della sincera e completa cooperazione del richiedente e, conseguentemente, potrebbe mettere in pericolo la possibile applicazione del beneficio sicché, come ben evidenziato nella memoria difensiva dell’Avvocatura Generale dello Stato, se nella trattazione delle domande di clemenza è comunque opportuno agire in modo cauto, è sicuramente erroneo presumere la loro scarsa genuinità in quanto l’impresa collaborante ha un interesse diretto a rispettare le regola al fine di ottenere concretamente il beneficio per il quale si è indotta a fornire elementi che, si ribadisce, non sono solo eteroaccusatori, ma sono anche confessori della partecipazione ad un’intesa illecita.

Inoltre, essendo rara l’acquisizione del testo dell’accordo o di una documentazione inequivoca dello stesso, al fine di non vanificare le finalità perseguite dalla normativa di settore, è da ritenere sufficiente e necessaria l’emersione di indizi, purché gravi, precisi e concordanti, circa l’intervento di illecite forme di coordinamento.

In altre parole, è ben difficile che i partecipanti ad un accordo illecito lascino "prove scritte" da cui dedurre in modo certo ed obiettivo l’esistenza ed il funzionamento dell’accordo stesso, per cui non è possibile pretendere che il collaborante il quale confessi l’intesa debba fornire un riscontro probatorio vasto e del tutto corroborante le proprie affermazioni, che verosimilmente non esiste, perché in tal modo si porrebbero nel nulla le possibilità applicative della norma e si vanificherebbe la loro ratio, mentre deve ritenersi sufficiente che alle dichiarazioni si accompagni un qualche elemento documentale idoneo a fungere da indizio preciso e concordante con le dichiarazioni rese e soprattutto, anche in assenza di questi ultimi, deve ritenersi comunque necessario che sia l’Autorità, sulla base della propria istruttoria, a vagliare l’attendibilità delle dichiarazioni.

In sostanza, come già chiarito da questa Sezione con sentenza n. 36126 del 13 dicembre 2010, la veridicità e l’attendibilità delle dichiarazioni non transita attraverso l’imposizione dell’obbligo del collaborante di corroborarne il contenuto con corrispondenti rilievi probatori, mentre, laddove tale evenienza non si verifichi, incombe sull’Autorità procedente l’obbligo di dimostrare in maniera concludente l’esistenza della concertazione, quand’anche attraverso elementi indiziari.

Di talché, la sola dichiarazione del leniency applicant, ove non supportata da concludenti e concordanti elementi di prova, non è sufficiente alla dimostrazione dell’intesa restrittiva della libertà di concorrenza, fermo restando che detti elementi di prova non devono essere necessariamente forniti dagli stessi collaboranti, atteso che la loro ricerca fa carico all’Autorità procedente e, anzi, costituisce il proprium dell’attività di indagine rimessa alla stessa.

Peraltro, nel caso di specie, ed a prescindere dal rilievo di tali riscontri ai fini dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale, rilievo che sarà valutato nell’esame delle censure relative all’effettiva sussistenza dell’illecito, il provvedimento dà conto di come le società collaboranti abbiano fornito elementi documentali a supporto delle proprie dichiarazioni.

H. ha denunciato, in data 29 aprile, 26 maggio e 10 giugno 2008 un’intesa complessa posta in essere tra i principali produttori attivi nel settore nazionale dei cosmetici (quali, oltre ad H., U., R.Benckiser, C. Palmolive, P & G, S.L., L’O., B. ed il gruppo Bolton/Manitoba) venduti attraverso il canale retail; secondo la ricostruzione fornita da H., l’intesa riguardava tutto il territorio nazionale ed era finalizzata, da un lato, a ridurre il grado di incertezza reciproca di tutti i partecipanti sulle strategie commerciali dei concorrenti e, dall’altro, a coordinare una risalita dei prezzi di rivendita da parte di un particolare distributore nel corso del 2005.

A sostegno delle informazioni, come risulta dal par. 67 del provvedimento, la collaborante ha fornito alcuni documenti e, in particolare, un elenco dei dipendenti delle aziende coinvolte, convocazioni a riunioni del gruppo chimico di C. nel periodo compreso tra il 2005 ed il 2007 (da cui risultano gli indirizzi email di tutti i dipendenti delle aziende coinvolte) e taluni report elaborati da C. dai quali si evince che la tematica delle negoziazioni con la Grande Distribuzione era all’ordine del giorno, al pari dei trend di prezzo e delle dinamiche di mercato.

Nel par. 68 è altresì indicato, in ordine al coordinamento dei produttori di cosmetici in relazione alla generalizzata riduzione dei prezzi da parte di Esselunga nel corso del primo semestre del 2005, che H. ha fornito un report di un dipendente che aveva partecipato al meeting.

Ancora, come emerge dal par. 75, la denunciante, oltre agli elaborati di C. riguardanti l’accettazione o meno dei listini e le trattative contrattuali con la GDO, ha fornito evidenze di convocazioni e report di riunioni del gruppo Chimico dalle quali si evince che gli argomenti all’ordine del giorno fossero le condizioni di sellin, di sellout e i rapporti tra produttori di cosmetici e le catene della GDO.

C., successivamente all’avvio del procedimento, in data 31 luglio 2008, ha denunciato la prassi invalsa nelle riunioni del Gruppo Chimico di C. di procedere ad uno scambio diretto di informazioni riguardante il livello di incremento dei prezzi da comunicare agli operatori della GDO e lo stato delle negoziazioni annuali intercorrenti con questi. Tali condotte – stando a quanto riferito dai rappresentanti di C. – sarebbero state realizzate quantomeno tra il 2002 e l’inizio del 2006. I rappresentanti di C. hanno riferito, tuttavia, di non poter escludere del tutto che il direttore commerciale avesse partecipato ad uno o più incontri anche nel corso del 2001. Le principali imprese partecipanti a tali "giri di tavolo" sarebbero state U., P&G, R.B., M&R, H., J&J, GSK, L’O.. Rispetto a quanto dichiarato dai rappresentanti di H. precedentemente all’avvio del procedimento, pertanto, le dichiarazioni dei rappresentanti di C. hanno evidenziato, dal punto di vista soggettivo, il coinvolgimento di due ulteriori imprese partecipanti ai giri di tavolo e attive nel settore cosmetico: Johnson&Johnson e GSK.

C., come emerge dal par. 77 del provvedimento, ha inoltre evidenziato che C. inviava ad ogni membro del Gruppo Chimico che avesse contribuito alla compilazione dell’Osservatorio sui rapporti IDMGDO una distinta comunicazione "confidenziale" contenente la chiave di decodifica che svelava l’identità di ciascuna catena della GDO citata nel documento in maniera apparentemente anonima.

Contestualmente alle dichiarazioni rese in data 31 luglio 2008, C. ha fornito copia di un Osservatorio sui rapporti con la GDO, risalente al 2001, corredato dalla comunicazione confidenziale di C. che consente di "decodificare" i dati svelando l’identità di ciascuna catena della GDO citata nel documento (parr. 78 e 302).

Successivamente all’avvio del procedimento e alla presentazione della seconda domanda di ammissione al programma di clemenza di C., in data 4 novembre 2008, anche i rappresentanti di P.&.G. hanno denunciato le condotte invalse nel contesto delle riunioni del Gruppo Chimico di C., dichiarando che i "giri di tavolo" nel corso dei quali i partecipanti si scambiavano informazioni in merito agli aumenti di prezzo programmati ed allo stato delle negoziazioni in essere con la GDO si sono tenuti quantomeno a partire dal 1998 e fino alla fine del 2006.

In una successiva dichiarazione del 3 febbraio 2009, i rappresentanti di P&G hanno indicato quali soggetti partecipanti all’intesa, ulteriori rispetto ai destinatari del provvedimento di avvio di istruttoria, le società B., M.&R., GSK, J&J, L.M., M. e P..

Pertanto, rispetto a quanto fosse già noto all’Autorità in data 3 febbraio 2009, i rappresentati di P&G hanno aggiunto, dal punto di vista soggettivo, il coinvolgimento di tre ulteriori imprese partecipanti ai giri di tavolo e attive nel settore cosmetico, vale a dire M. S.p.A., L.M. S.r.l. e P. P. S.p.A., e, dal punto di vista oggettivo, l’apporto dei rappresentanti di P&G è consistito nell’estensione temporale dell’intesa, risalente quantomeno a partire dal 1998.

In relazione alla "questione Esselunga", come risulta dal par. 87 del provvedimento, la documentazione consegnata da P&G mostra che alla riunione del gruppo Chimico del 25 maggio 2005, nel corso della quale furono concordati gli interventi da intraprendere nei confronti dei distributori, finalizzati ad ottenere risalite congiunte dei prezzi di rivendita dei prodotti cosmetici, avrebbero partecipato le società BDF, GSK, J&J, L’O., M&R, M., P., P&G, S.L. e U..

Di conseguenza – ribadito che l’attendibilità delle dichiarazioni rese dal leniency applicant non postula la necessaria produzione di riscontri documentali, essendo la verifica di attendibilità onere dell’Autorità e rimessa alla relativa attività istruttoria, ed a prescindere da ogni valutazione sulla rilevanza delle dichiarazioni e della documentazione fornita ai fini dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale, valutazione che sarà effettuata nell’ambito dell’esame delle censure con cui la ricorrente ha contestato l’effettiva sussistenza di un’intesa orizzontale segreta – non può sussistere dubbio sul fatto che i leniency applicant e, anzitutto, la prima denunciante H., abbiano anche supportato le loro dichiarazioni con taluni significativi riscontri probatori.

Va soggiunto che, a prescindere dalle fisiologiche differenze che possono sussistere nel dettaglio della ricostruzione dei fatti tra l’uno e l’altro dichiarante, le dichiarazioni, nel loro "nucleo forte", sono tendenzialmente coincidenti, per cui anche eventuali incongruenze non possono incidere sul fatto che tutte e tre le imprese hanno evidenziato la sussistenza di un’intesa riguardante il territorio nazionale tra i principali produttori attivi nel settore dei cosmetici venduti attraverso il canale retail.

Le imprese collaboranti, nelle loro dichiarazioni, hanno anche coerentemente evidenziato che lo scambio di informazioni non avveniva sui prezzi delle singole referenze, ma sugli aumenti medi dei listini, contenenti più referenze.

Parimenti oggetto di concorde dichiarazione è l’esistenza di uno scambio di informazioni nell’ambito del gruppo Chimico di C. e l’indicazione, tra gli episodi di maggiore rilevanza ai fini in questione, della reazione ai prezzi di rivendita adottati da Esselunga nel 2005.

Le valutazioni giuridiche fornite in proposito dai leniency applicant, peraltro, non sono state recepite acriticamente dall’AGCM, la quale ha autonomamente valutato gli elementi istruttori evidenziando, al par. 268 del provvedimento, che la dimostrazione inequivocabile del perseguimento di un unico ed articolato disegno anticoncorrenziale discende: a) dallo scambio di informazioni sensibili nell’ambito delle riunioni del gruppo Chimico di C.; b) dallo scambio di informazioni sensibili al di fuori delle riunioni associative; c) dall’allineamento degli aumenti dei prezzi di listino al di sopra del tasso di inflazione; d) dal coordinamento teso ad arginare le possibili conseguenze derivanti dal comportamento commerciale di Esselunga.

3. La ricorrente ha prospettato l’erronea definizione del mercato rilevante.

Le relative censure non sono persuasive.

Il Collegio rileva in primo luogo che l’individuazione del mercato rilevante – definito solitamente come quella zona geograficamente circoscritta dove, dato un prodotto o una gamma di prodotti considerati tra loro sostituibili, le imprese che forniscono quel prodotto si pongono fra loro in rapporto di concorrenza – non è sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità se non per vizi logici, di difetto di istruttoria o di motivazione, atteso che il giudice amministrativo non può sostituire le proprie valutazioni a quelle riservate all’Autorità e, quindi, non può dare un’autonoma definizione.

La giurisprudenza ha altresì chiarito che al giudice amministrativo è consentito sindacare senza alcun limite tutte le valutazioni tecniche compiute dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per l’individuazione del mercato rilevante, potendo valutare sia la correttezza delle scelte tecniche dalla stessa compiute, sia l’esattezza dell’interpretazione ed applicazione dei concetti giuridici indeterminati alla fattispecie concreta.

La definizione del mercato costituisce uno strumento per individuare e definire l’ambito nel quale le imprese sono in concorrenza tra loro, per cui scopo principale della definizione è di individuare attraverso un criterio sistematico le pressioni concorrenziali alle quali sono sottoposte le imprese interessate e che sono in grado di condizionarne il comportamento.

Nei casi di intese restrittive della libertà di concorrenza, in particolare, la ricostruzione dell’ambito merceologico è soprattutto volta ad individuare le caratteristiche del contesto economico e giuridico nel quale si colloca l’intesa stessa ossia lo spazio di concorrenza entro il quale le imprese hanno ritenuto di coordinare le loro strategie commerciali.

L’Autorità, nell’individuazione del contesto merceologico di riferimento (parr. da 45 a 60 della delibera), ha posto innanzitutto in evidenza che il settore interessato dall’intesa è quello dei prodotti cosmetici commercializzati attraverso la Grande Distribuzione Organizzata, in quanto, come dichiarato dai rappresentanti di H. e di C., le condotte oggetto del procedimento hanno riguardato principalmente i prodotti cosmetici quali quelli per la cura del corpo, per la cura dei capelli e i prodotti per l’igiene orale.

Ha poi specificato che, per prodotti cosmetici, in linea di principio, si intende una varietà di articoli che includono principalmente i prodotti per l’igiene personale, i prodotti igienicosanitari, i prodotti per l’igiene orale, i prodotti per la rasatura e la depilazione, i prodotti per capelli e i prodotti per il viso.

In tale settore, si possono individuare sei operatori leader corrispondenti a B., L’O., U., P&G, C. e M&R. Ciascuna di tali imprese fornisce la maggior parte delle categorie di prodotti e riveste un ruolo di primo piano in almeno una delle macrocategorie di prodotti ricomprese nel settore cosmetico: M&R, ad esempio, per i deodoranti e i detergenti per il corpo (con quote, rispettivamente del (2030%) e del (1020%) circa); L’O. con riferimento all’intera gamma dei prodotti per i capelli (con una quota pari al (3545%) circa seguita da P&G con una quota del (1020%) circa); U. per l’intera gamma dei prodotti relativi all’igiene orale (con una quota pari a circa il (2030%), seguito da C. con una quota del (1020%) circa); B., per tutta la gamma di creme per il corpo (con una quota del (3545%) circa); P&G con riferimento ai prodotti per la rasatura e depilazione e ai prodotti per l’igiene intima (con una quota del (3545%) circa per la rasatura e con una quota del (2030%) circa relativa ai prodotti per l’igiene intima).

Ciascuna delle imprese citate, ha soggiunto l’amministrazione procedente, riveste inoltre un ruolo di primo piano anche in relazione a singole categorie merceologiche. Con riferimento al dentifricio, ad esempio, tre operatori principali detengono il 60% del mercato retail (nell’ambito del quale dominano U., C. e P&G con quote rispettivamente del (2030%), del (1020%) e del (1020%)); ancora più significativo quanto risulta con riferimento agli shampoo, dove L’O. guida il mercato con una quota del (3545%), seguita da P&G con il (1020%) e U. al (1020%). P&G guida anche il mercato dei prodotti per la rasatura uomo, con una quota del (3545%) (principalmente riconducibile alla commercializzazione dei prodotti a marchio Gillette e Noxzema).

La struttura dell’offerta sopra descritta è comune anche al settore contiguo dei prodotti detergenti per la casa in cui, oltre a U. e C., anche H. e R.B. detengono posizioni di assoluto rilievo. Nel solo mercato degli ammorbidenti per tessuti, ad esempio, U. ed H. detengono rispettivamente, quote pari al (20- 30%) ed al (2030%) circa del mercato. Analogamente, nel mercato dei detersivi per stoviglie, R. detiene una quota del (6070%) circa.

Nell’intero settore dei prodotti chimici (cosmetici e detergenti) è possibile individuare un nucleo compatto di grandi operatori multinazionali costituito da H., R.B., B., L’O., U., P&G, C. e M&R il cui portafoglio di prodotti commercializzati e la posizione detenuta in determinate categorie e/o macrocategorie di prodotti assegna loro un ruolo determinante nei rapporti con gli operatori della Grande Distribuzione Organizzata. L’interesse dei distributori è infatti rivolto, generalmente, non all’acquisto del singolo prodotto/referenza o di una determinata categoria, ma dell’intero paniere di prodotti commercializzati da ciascun produttore di cosmetici. In tale scenario, ha rilevato l’Autorità, la forza contrattuale di ciascun produttore di marca si misura, oltre che sull’attrattività dei marchi gestiti, anche e soprattutto sull’ampiezza e sulla varietà del paniere offerto alla GDO.

Dal punto di vista della domanda, infatti, contrariamente a quanto sostenuto da alcune Parti del procedimento nelle memorie finali, l’interesse della Grande Distribuzione Organizzata è volto proprio ad arricchire quanto più possibile la varietà intrabrand e interbrand di alternative su cui costruire i propri assortimenti. Il conferimento di uno spessore adeguato alla propria offerta rappresenta per i distributori una scelta razionale atteso che le parti del procedimento sono produttori di beni di marca affermati, molti dei quali rientrano tra le referenze da tenere a scaffale, in quanto percepite dal consumatore come qualificanti l’offerta distributiva della catena. Tale considerazione, peraltro, vale anche per le referenze fornite dai produttori più piccoli che consentono ai distributori di riequilibrare le posizioni di forza riducendo il potere contrattuale delle grandi società multinazionali.

L’AGCM ha pertanto evidenziato che la struttura del settore dei cosmetici commercializzati attraverso la GDO presenta dinamiche tipiche dei fenomeni di multimarket contacts ed il fatto che i principali produttori detengano, a rotazione, posizioni di leadership in una o più categorie o macrocategorie di prodotti rientranti nel paniere complessivamente venduto alla GDO, rende altamente probabile l’instaurarsi di un equilibrio collusivo, atteso che nessuna delle imprese coinvolte potrebbe avere incentivi reali a deviare da una strategia collusiva di prezzo giacché la circostanza che i principali produttori siano attivi nella quasi totalità delle categorie merceologiche fa sì che il rischio di ritorsione rappresenti una minaccia credibile.

In definitiva, a fronte delle memorie difensive delle parti, che escludono la sussistenza di un automatismo tra multimarket contacts ed equilibrio collusivo, l’AGCM ha fatto presente che le grandi società multinazionali attive nel settore chimico (H., R.B., B., L’O., U., P&G, C. e M&R) commercializzano tutte le principali macrocategorie di cosmetici e detengono, in almeno una di queste, una posizione di leadership individuale o condivisa con propri concorrenti. Anche nei casi in cui tali società commercializzano solo una o poche categorie di prodotti cosmetici – come, ad esempio, nel caso di R.B. col marchio Veet – l’equilibrio collusivo basato sulla minaccia credibile di ritorsioni commerciali in altri mercati sussiste comunque in quanto si fonda anche sulla posizione di forza detenuta da tali soggetti nel settore contiguo della detergenza.

L’equilibrio esistente tra le grandi società multibrand basta, pertanto, a garantire la stabilità dell’intesa atteso che queste condizionano il comportamento degli operatori minori in una logica di leader/follower, in quanto rivestono un ruolo di primo piano nei rapporti con gli operatori della GDO.

In definitiva, il mercato rilevante ai fini del procedimento è stato ritenuto coincidente con tutta la gamma dei prodotti cosmetici commercializzati attraverso il canale retail.

Il Collegio fa presente che, così come correttamente rilevato dall’Autorità, ai fini della valutazione di fattispecie aventi ad oggetto intese tra concorrenti la definizione di uno specifico contesto merceologico e geografico non è necessaria come, invece, nelle ipotesi di valutazione di operazioni di concentrazione e di comportamenti abusivi di posizioni dominanti.

In particolare, occorre ribadire che nelle ipotesi di intese restrittive della libertà di concorrenza, la definizione del mercato rilevante è successiva all’individuazione dell’intesa in quanto sono l’ampiezza e l’oggetto della stessa a circoscrivere il mercato su cui l’illecito è commesso (ex multis: Cons. St., VI, 25 marzo 2009, n. 1796).

Ad ogni buon conto, la definizione di mercato rilevante, concetto giuridico indeterminato e dal significato opinabile, elaborata nel provvedimento si presenta esaustivamente motivata e non è manifestamente irragionevole o illogica; il percorso argomentativo sviluppato, anzi, si rivela coerente e consequenziale.

Il concetto fondamentale su cui ruota la definizione di mercato rilevante nel caso di specie è che il rapporto venditore/acquirente non sussiste tra i produttori ed i consumatori finali, ma tra i produttori e gli operatori della grande distribuzione, per i quali non assumono rilievo, come invece avviene per i consumatori, le singole referenze, ma piuttosto i prodotti cosmetici commercializzati nel loro insieme.

In altri termini, il mercato non si presta ad essere frazionato in ulteriori mercati di dimensioni inferiori, per quante sono le sottocategorie merceologiche, in quanto la domanda presa in considerazione non è quella dei consumatori finali, ma quella dei rivenditori della grande distribuzione organizzata.

L’interesse di questi ultimi, infatti, è generalmente rivolto non già all’acquisto del singolo prodotto, bensì dell’intero paniere di prodotti commercializzati da ciascun produttore di cosmetici e proprio la presenza nell’ambito del mercato dei prodotti cosmetici di mercati distinti di minori dimensioni e contigui consente plausibilmente di ritenere che in questi ultimi possono realizzarsi i fenomeni di ritorsione che concorrono ad assicurare la stabilità dell’intesa in condizioni di multimarket contacts.

Nella fattispecie in esame, peraltro, essendo stata accertata un’intesa consistente nel coordinamento delle strategie commerciali relative all’intero paniere dei prodotti cosmetici distribuiti attraverso il canale della grande distribuzione organizzata, l’Autorità, anche a voler prescindere da ogni altra argomentazione, ha preso correttamente in considerazione tale ambito merceologico, corrispondente per l’appunto a quello dove si sarebbe manifestato un coordinamento fra imprese concorrenti e si sarebbero realizzati gli effetti derivanti dall’illecito anticoncorrenziale.

4. Con riferimento alle censure concernenti l’effettiva sussistenza dell’intesa e l’analisi dei relativi effetti, il Collegio – tenuto conto che al par. 130 del provvedimento è indicato che gli aumenti annuali dei prezzi di listino sono stati ricompresi tra il 3% ed il 5% o sono stati sempre superiori al tasso di inflazione – ritiene opportuno acquisire agli atti del processo una dettagliata relazione dell’Autorità procedente, con allegata documentazione, sugli aumenti annuali dei prezzi di listino, in forma aggregata e per singola impresa, relativa a ciascuno degli anni per i quali è stata accertata la durata dell’intesa per ciascuna impresa.

Con riferimento alle censure con cui è stata contestata la quantificazione della sanzione, inoltre, il Collegio – rilevato che, ai sensi del par. 317 del provvedimento, per calcolare l’importo base della sanzione è stato preso a riferimento il valore delle vendite dei beni a cui l’infrazione si riferisce, ossia il fatturato realizzato dalle parti in Italia nel settore dei prodotti cosmetici nell’ultimo anno in cui è avvenuta l’infrazione, e cioè il 2007, e che tali dati, come evidenziato dall’Avvocatura Generale dello Stato nella propria memoria difensiva, non sono stati espressamente indicati nel provvedimento in quanto oggetto di apposita istanza di riservatezza – ritiene opportuno acquisire agli atti del processo una dettagliata relazione dell’Autorità procedente indicante il valore delle vendite dei beni realizzato da ciascuna impresa utilizzato, tenuto conto degli Orientamenti per il calcolo delle ammende, per calcolare l’importo base della sanzione nonché l’ammontare del fatturato realizzato da ciascuna impresa nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida, in riferimento al quale, ai sensi dell’art. 15 l. 287/1990, sono determinate le sanzioni amministrative pecuniarie.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

riservata al definitivo ogni ulteriore pronuncia in rito, in merito e sulle spese, così provvede:

respinge in parte qua il ricorso in epigrafe;

ordina al Presidente pro tempore dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di depositare la documentazione di cui in motivazione (dettagliata relazione dell’Autorità procedente, con allegata documentazione, sugli aumenti annuali dei prezzi di listino, in forma aggregata e per singola impresa, in relazione a ciascuno degli anni per i quali è stata accertata la durata dell’intesa per ogni singola impresa; dettagliata relazione dell’Autorità procedente indicante il valore delle vendite dei beni realizzato da ciascuna impresa, utilizzato per calcolare l’importo base della sanzione, nonché l’ammontare del fatturato realizzato da ciascuna impresa nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida) presso la Segreteria della Sezione entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o la notificazione, se anteriore, della presente sentenza non definitiva.

Fissa per il prosieguo l’udienza pubblica del 22 febbraio 2012.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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