Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-09-2011) 18-10-2011, n. 37745

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 15 aprile 2011 e depositata il 22 aprile 2011, il Tribunale ordinario di Lecce, in funzione di giudice del riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive, giudicando su rinvio di questa Corte – Sezione 5 Penale, giusta sentenza 29 ottobre 2010, n. 1607/2011, di annullamento, su ricorso del Pubblico Ministero, della ordinanza di quel Tribunale, 26 giugno 2010 (di sostituzione con gli arresti domiciliari della custodia intramuraria), ha confermato in toto la ordinanza del giudice per le indagini preliminari del tribunale ordinario di Brindisi, 28 maggio 2010, di applicazione della custodia cautelare in carcere a carico di B.A., indagato pel concorso nei delitti di bancarotta fraudolente, patrimoniale e documentale, perpetrati in qualità di amministratore della società di capitali Tubisaldo Eco Industriale, s.r.l., fallita il (OMISSIS).

Dopo aver dato atto che nelle more delle decisione della Corte di cassazione, in seguito all’evasione dell’indagato, il giudice per le indagini preliminari ha ripristinato, ai sensi dell’art. 276 c.p.p., comma 1-ter, la custodia cautelare in carcere, e che B. non ha impugnato il provvedimento, sicchè "si è ormai formato il giudicato", Tribunale ha diffusamente analizzato la condotta delittuosa dell’indagato, anche alla luce del sopravvenuto fallimento di altra società amministrata (la Plus Service s.r.l.), valutando la "spiccata professionalità criminale", evincendo il pericolo di reiterazione delle condotte delittuose ed, altresì, apprezzando, alla luce della mistificatoria condotta processuale (in relazione all’assunto difensivo, risultato mendace, di aver retribuito "in nero" le maestranze) il pericolo "concreto e attuale di inquinamento probatorio"; conclusivamente il Collegio – dopo un riferimento assolutamente incongruo e dissonante circa la idoneità degli arresti domiciliari a fronteggiare il periculum libertatis – ha motivato la conferma della ordinanza riesaminata (sul punto della selezione delle misura intramuraria), argomentando che la custodia cautelare in carcere appare proporzionata alla entità della sanzione prevedibilmente infliggenda (senza il beneficio della sospensione condizionale della esecuzione della pena) ed è imposta dalla "accertata inaffidabilità del B. di recente evaso proprio dagli arresti domiciliari". 2. – Ricorre per cassazione l’imputato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Ladislao Massari, mediante atto recante la data del 5 maggio 2011, col quale dichiara promiscuamente di denunziare, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e), inosservanza di norme processuali, in relazione all’art. 274 c.p.p., nonchè mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Dopo aver rilevato alcuni errori materiali contenuti nella ordinanza impugnata (sede del giudice per le indagini preliminari che emise la ordinanza cautelare, indicazione della misura originariamente applicata), dopo aver ricapitolato lo svolgimento del procedimento e dopo aver correttamente individuato il punto oggetto del rinvio, il difensore ha dedotto: erroneamente il Tribunale ha preso in considerazione "ai fini della conferma della ordinanza genetica" fatti successivi (la contestata evasione e il fallimento della società Plus service s.r.l.); incongruamente il Collegio ha motivato sul punto che non fossero cessate le esigenze cautelari la cui (pacifica) esistenza non era in discussione; privo di pregio è il rilievo della preclusione supposta in conseguenza della mancata impugnazione della ordinanza ripristinatrice della custodia cautelare in carcere, in seguito alla evasione; la decisione di non impugnare il provvedimento "poteva evidentemente essere legata" a esigenze di strategia difensiva; l’inosservanza degli arresti domiciliari (peraltro risalente a tre mesi prima) non influisce sul pericolo di recidiva; l’estensore della ordinanza impugnata ha riportato "pedissequamente" brani della precedente ordinanza annullata dalla Corte di Cassazione; sicchè è dato leggere un passaggio, affatto contraddittorio rispetto alla decisione, circa l’affidabilità del B., la inadeguatezza della custodia cautelare in carcere e la appropriatezza degli arresti domiciliari, quale misura più confacente a salvaguardare le esigenze cautelari alla stregua del principio di gradualità; il Collegio ha, invero, "perso di vista il dettato dell’art. 274 c.p.p."; e "del tutto fuori di luogo" è la prospettazione del pericolo di reiterazione del reato di evasione, che (per la pena edittale) non consente alcuna misura coercitiva.

3. – Il ricorso è inammissibile per carenza di interesse.

Al di là del rilievo che sono risultate per tabulas evidenti la inadeguatezza degli arresti domiciliari (applicata dal giudice del riesame colla precedente ordinanza annullata proprio sul punto della selezione della misura) e la conseguente necessità della custodia cautelare in carcere, avendo la successiva condotta dell’indagato imposto il ripristino della coercizione intramuraria, ai sensi dell’art. 276 c.p.p., comma 1-ter, ogni statuizione circa la conferma della originaria ordinanza, oggetto di riesame – sul punto della scelta della misura, in relazione alla opzione tra gli arresti domiciliari (già applicati in sostituzione della custodia cautelare in carcere colla ordinanza del 26 giugno 2010) e la custodia cautelare in carcere – appare superata alla stregua della sopravvenuta situazione cautelare, la quale renderebbe privo di effetto e inutiliter datum (sul punto della scelta della misura) l’epilogo decisorio dell’incidente de liberiate, promosso dall’indagato colla richiesta di riesame della originaria ordinanza coercitiva.

Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione – al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.

La Cancelleria provvederà agli adempimenti di rito ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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