T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 17-11-2011, n. 8948

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento del 15 dicembre 2010, ha deliberato che:

a) le società H.I. S.p.A., U. I.H.s S.r.l., R.- B.H. (I.) S.r.l., C.- P. S.p.A., P.&.G. S.r.l., S.L.H. & B.C.I. S.p.A., L’O. I. S.p.A., Società I.B. L.M.H.R. & Co S.p.A., B. S.p.A., J. & J. S.p.A., l’Associazione I.na dell’Industria di Marca – Centromarca, M. S.p.A., P. P. S.p.A., L.M. S.r.l., W. & Joel S.r.l., G.C.H. S.p.A. e S.S. SA hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’articolo 101 del TFUE, avente per oggetto la totale alterazione del confronto concorrenziale realizzata attraverso il coordinamento delle strategie commerciali;

b) le imprese si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;

c) in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alla società H. S.p.A. il beneficio della non imposizione della sanzione, di cui al paragrafo 2 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287;

d) in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alle società C.- P. S.p.A. e P. S.r.l. il beneficio della riduzione della sanzione, di cui al paragrafo 4 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 nella misura, rispettivamente, del 50% e del 40%;

e) sono irrogate, in ragione di quanto indicato in motivazione, le sanzioni amministrative pecuniarie ai seguenti soggetti:

a) U. I.H.s S.r.l. 18.766.440 euro

b) R.- B.H. (I.) S.r.l. 2.457.840 euro

c) C.- P. S.p.A. 2.467.080 euro

d) P.&.G. S.r.l. 6.227.021 euro

e) S.L.H. & B.C.I. S.p.A. 4.029.300 euro

f) L’O. I. S.p.A. 26.977.500 euro

g) Società I.B. L.M. H.R.& Co S.p.A. 7.653.360 euro

h) B. S.p.A. 3.483.480 euro

i) J. & J. S.p.A. 3.298.680 euro

l) M. S.p.A. 2.244.375 euro

m) P. P. S.p.A. 908.628 euro

n) L.M. S.r.l. 217.200 euro

o) W.&Joel S.r.l. 147.571 euro

p) G.C.H. S.p.A. 2.275.680 euro

q) S.S. SA 10.080 euro

r) Associazione I.na dell’Industria di Marca – Centromarca 17.100 euro.

Di talchè, U. I.H.s Srl ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione e falsa applicazione dell’art. 15, co 2 bis l. 287/1990. Violazione dell’art. 3 Cost. Eccesso di potere per carenza di istruttoria.

L’Autorità avrebbe acriticamente accettato le dichiarazioni dei leniency applicant con conseguente: 1) illegittima ammissione ai benefici del programma di clemenza di H., C. e P&G sebbene le informazioni fornite e la documentazione prodotta non fossero idonee a soddisfare le condizioni stabilite dalla Comunicazione sulla non imposizione delle ammende; 2) ricorso alle dichiarazioni dei leniency applicant quale elemento fondante della tesi accusatoria in assenza di riscontri probatori adeguati.

Violazione per falsa applicazione dell’art. 101 TFUE; mancata prova dell’intesa restrittiva della concorrenza. Violazione dell’art. 14 l. 287/1990 e dell’art. 14 d.P.R. 217/1998. Eccesso di potere per carenza di istruttoria, contraddittorietà e difetto di motivazione.

L’Autorità non si sarebbe preoccupata di provare l’esistenza delle condizioni imprescindibili che rendono uno scambio di informazioni tra concorrenti incompatibile con il diritto antitrust né di controdedurre in merito agli elementi rappresentati da U..

La struttura della domanda, la presenza sul mercato di poche catene distributive e pochissime centrali d’acquisto con un enorme potere contrattuale, il fatto che nessuno dei distributori acquista la totalità delle referenze facenti capo ad un unico fornitore, la circostanza che il prezzo di listino è solo il primo passo di una lunga e complessa negoziazione che si svolge con riferimento ad ogni singola categoria merceologica sarebbero tutti elementi che rendono il dato sull’aumento medio dei listini un’informazione inidonea a creare trasparenza in ordine alle condotte dei concorrenti.

In conclusione, la ricorrente ha sostenuto che le condotte oggetto di esame non integrerebbero una violazione dell’art. 101 TFUE in quanto:

a causa del potere contrattuale di cui gode la GDO nei confronti degli operatori del settore del personal care, nessuno di questi ultimi sarebbe in grado di imporre i propri prezzi di listino;

i prezzi di listino rappresenterebbero solo il punto di partenza di una lunga trattativa bilaterale con ciascun cliente, in cui vengono concessi sconti e contributi di notevole rilievo, determinati in modo variabile con riguardo ad ogni categoria merceologica che compone il settore del personal care;

la negoziazione non riguarderebbe l’intero assortimento dei prodotti, quanto invece i singoli prodotti o, al più, singole categorie merceologiche;

l’aumento medio programmato dei listini, pertanto, non sarebbe un dato sensibile in quanto non costituirebbe l’elemento centrale della negoziazione con la GDO;

lo SPI medio è un dato enormemente aggregato dal quale sarebbe impossibile risalire all’incremento percentuale del prezzo di un determinato prodotto;

i dati presuntamente scambiati in ambito Centromarca avrebbero natura pubblica in quanto facilmente reperibili, con molta maggiore precisione e attendibilità, sul mercato attraverso legittime attività di market intelligence presso i distributori, ovvero attraverso dati pubblici acquisiti presso agenzie specializzate;

il presunto scambio di informazioni non sarebbe né regolare né strutturato.

Nel provvedimento non sarebbero contestate le argomentazioni proposte da U. per ribaltare l’ipotesi accusatoria.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 l. 287/1990 e dell’art. 11 l. 689/1981. Eccesso di potere per violazione degli orientamenti della Commissione europea per il calcolo delle sanzioni.

Non vi sarebbe riscontro alla gravità dell’illecito con riferimento all’omessa valutazione degli effetti prodotti dal presunto cartello.

Il settore del personal care sarebbe risultato caratterizzato, durante il periodo oggetto dell’istruttoria, dall’estrema variabilità delle quote di mercato dei principali operatori nelle diverse categorie merceologiche.

La partecipazione di U. alle riunioni del Gruppo Chimico in Centromarca si sarebbe rivelata sporadica e del tutto passiva e, comunque, dovrebbe essere, al più, circoscritta all’anno 2006.

Vi sarebbe stata un’erronea applicazione delle circostanze aggravanti ed un’omessa applicazione delle circostanze attenuanti.

L’Avvocatura dello Stato, con ampia ed analitica memoria, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

H.I. Spa, C.P. Spa e P.&.G. Srl si sono costituite in giudizio.

La ricorrente ha insistito a sostegno delle proprie ragioni.

All’udienza pubblica del 12 ottobre 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento adottato nell’adunanza del 15 dicembre 2010, ha deliberato che:

a) le società H.I. S.p.A., U. I.H.s S.r.l., R.- B.H. (I.) S.r.l., C.- P. S.p.A., P.&.G. S.r.l., S.L.H. & B.C.I. S.p.A., L’O. I. S.p.A., Società I.B. L.M.H.R. & Co S.p.A., B. S.p.A., J. & J. S.p.A., l’Associazione I.na dell’Industria di Marca – Centromarca, M. S.p.A., P. P. S.p.A., L.M. S.r.l., W. & Joel S.r.l., G.C.H. S.p.A. e S.S. SA hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’articolo 101 del TFUE, avente per oggetto la totale alterazione del confronto concorrenziale realizzata attraverso il coordinamento delle strategie commerciali;

b) le imprese si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;

c) in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alla società H. S.p.A. il beneficio della non imposizione della sanzione, di cui al paragrafo 2 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287;

d) in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alle società C.- P. S.p.A. e P. S.r.l. il beneficio della riduzione della sanzione, di cui al paragrafo 4 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 nella misura, rispettivamente, del 50% e del 40%;

e) è irrogata, in ragione di quanto indicato in motivazione, tra le altre, la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 18.766.440 ad U. I.H.s srl.

L’Autorità, nelle proprie considerazioni conclusive (parr. 268 e ss. del provvedimento), ha posto in rilievo che l’insieme delle condotte evidenziate nelle risultanze istruttorie costituisce parte di una intesa unica, complessa e continuata nel tempo, volta alla limitazione del confronto concorrenziale nel settore dei prodotti cosmetici commercializzati attraverso il canale della Grande Distribuzione Organizzata.

In particolare, ha sostenuto che lo scambio di informazioni sensibili nell’ambito delle riunioni del Gruppo Chimico di Centromarca, lo scambio di informazioni sensibili al di fuori delle riunioni associative, l’allineamento degli aumenti dei prezzi di listino al di sopra del tasso di inflazione e, infine, il coordinamento teso ad arginare le possibili conseguenze derivanti dal comportamento commerciale di Esselunga forniscono una dimostrazione inequivocabile del perseguimento di un unico ed articolato disegno anticoncorrenziale.

Pertanto, l’autonomia che dovrebbe caratterizzare le attività delle imprese è stata compromessa e condizionata dal perseguimento di un unico disegno anticoncorrenziale articolato e complesso che ha ridotto qualsiasi incentivo ad adottare autonome strategie commerciali e, se tale esigenza di autonomia non esclude il diritto degli operatori economici di adattarsi intelligentemente al comportamento constatato dai loro concorrenti, non si può invece consentire ogni presa di contatto, diretta o indiretta, tra operatori, avente per oggetto o per effetto, sia di influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, sia di svelare ad un tale concorrente il comportamento che ci si è decisi o si pensa di tenere sul mercato.

Tutti i riscontri in atti, ha evidenziato l’AGCM, si intrecciano e si completano reciprocamente dando vita all’evidenza di un unicum fattuale, articolato e complesso, che costituisce prova della totale alterazione dei meccanismi concorrenziali. La rilevante quantità di riscontri in atti dimostra che le riunioni ed i contatti intervenuti tra i concorrenti, le azioni elaborate e condivise al fine di risolvere la "questione Esselunga", anche grazie al contributo attivo di Centromarca, sono stati univocamente finalizzati al concorde mantenimento di un artificiale equilibrio di mercato. Il mantenimento di un mercato "calmo" ha consentito, infatti, che fossero ritenute credibili le richieste di aumento dei prezzi di listino singolarmente avanzate da ciascun produttore di cosmetici alla GDO, in quanto gli aumenti comunicati erano sempre coerenti con quelli del mercato.

L’intesa in esame, ha soggiunto ancora l’Autorità, risulta presentare il carattere di consistenza coinvolgendo imprese che cumulativamente detengono, in ciascuna categoria merceologica ricompresa nel settore del personal care, una quota aggregata che oscilla tra il 58% (ad esempio, nel segmento dell’after shave) ed il 92% (ad esempio, nel segmento dei prodotti shaving preparation) delle vendite in valore.

L’intesa in questione, secondo le considerazioni conclusive dell’amministrazione procedente, è stata anche caratterizzata da un significativo grado di stabilità assicurato dall’artificiale trasparenza delle informazioni commerciali e dai contatti tra le imprese nell’ambito del Gruppo Chimico di Centromarca, grazie anche al contributo attivo dell’associazione stessa nell’elaborazione e distribuzione di informazioni idonee a consentire il monitoraggio di quanto concordato.

La stabilità del coordinamento è stata, inoltre, assicurata dal fatto che, in presenza di multimarket contacts, il rischio di retaliation costituisce una minaccia credibile affinché nessuna delle imprese coinvolte – leader multiprodotto e follower – abbia un incentivo a deviare da una strategia collusiva di prezzo. La stabilità del coordinamento è dimostrata, infine, dalla reazione congiunta dei produttori di cosmetici in relazione alla strategia commerciale adottata da Esselunga nel corso del 2005.

2. La ricorrente ha formulato alcune censure relative all’applicazione delle norme sui programmi di clemenza, sostenendo, in particolare, che l’Autorità avrebbe acriticamente accettato le dichiarazioni dei leniency applicant con conseguente illegittima ammissione ai benefici di H., C. e P&G, sebbene le informazioni fornite e la documentazione prodotta non fossero idonee a soddisfare le condizioni stabilite dalla Comunicazione sulla non imposizione delle ammende, e ricorso alle dichiarazioni dei leniency applicant quale elemento fondante della tesi accusatoria in assenza di riscontri probatori adeguati.

In conclusione, U. ha dedotto che, in ragione dell’assenza dei riscontri probatori sui fatti riferiti, le dichiarazioni dei leniency applicant non presenterebbero il grado di affidabilità necessario al fine di soddisfare lo standard probatorio gravante su un’autorità di concorrenza in relazione all’accertamento ed alla sanzione di infrazioni ex art. 101 TFUE e che non sarebbe legittimo delegare alle imprese dichiaranti non solo la ricostruzione degli eventi, ma anche la stessa valutazione circa la liceità o meno del comportamento "denunciato".

Le censure non possono essere condivise.

L’art. 15, co. 2 bis, l. 287/1990, aggiunto dall’art. 14 d.l. 223/2006 come modificato dalla relativa legge di conversione, stabilisce che l’Autorità, in conformità all’ordinamento comunitario, definisce con proprio provvedimento generale i casi in cui, in virtù della qualificata collaborazione prestata dalle imprese nell’accertamento di infrazioni alle regole di concorrenza, la sanzione amministrativa pecuniaria può essere non applicata ovvero ridotta nelle fattispecie previste dal diritto comunitario.

L’Autorità antitrust, di conseguenza, ha adottato una comunicazione, modificata con provvedimento n. 21092 del 6 maggio 2010, sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi della richiamata norma di legge.

Tale comunicazione si applica alle intese orizzontali segrete, anche nell’ambito di procedure ad evidenza pubblica, con particolare riguardo a quelle consistenti nella fissazione dei prezzi d’acquisto o di vendita, nella limitazione della produzione o delle vendite e nella ripartizione dei mercati.

L’Autorità ha stabilito di non applicare le sanzioni previste all’art. 15, co. 1, l. 287/1990 e dall’art. 81 del Trattato CE (ora art. 101 TFUE) all’impresa che, per prima, fornisca spontaneamente informazioni o prove documentali in ordine all’esistenza di un’intesa orizzontale segreta, qualora sussistano cumulativamente le seguenti condizioni:

a giudizio dell’Autorità, in relazione alla natura e alla qualità degli elementi comunicati dal richiedente, tali informazioni o evidenze siano decisive per l’accertamento dell’infrazione, eventualmente attraverso un’ispezione mirata;

l’Autorità non disponga già di informazioni o evidenze sufficienti a provare l’esistenza dell’infrazione;

siano soddisfatte le altre condizioni per l’accesso al trattamento favorevole, di cui al paragrafo 7 della stessa comunicazione (l’impresa deve porre fine alla propria partecipazione all’intesa immediatamente dopo avere presentato la domanda di trattamento favorevole, deve cooperare con l’Autorità in modo completo e continuativo per l’intera durata del procedimento istruttorio e non deve informare alcuno della sua intenzione di presentare domanda di trattamento favorevole, ad eccezione di altre autorità di concorrenza).

Possono beneficiare di una riduzione della sanzione, in misura di regola non superiore al 50%, le imprese che forniscono all’Autorità materiale probatorio in relazione ad un’intesa orizzontale segreta ed a tal fine occorre che le evidenze prodotte rafforzino in misura significativa, in ragione della loro natura o del livello di dettaglio, l’impianto probatorio di cui l’Autorità già disponga, contribuendo in misura apprezzabile alla capacità dell’Autorità di fornire la prova dell’infrazione ed occorre altresì che siano soddisfatte le altre condizioni per l’accesso al trattamento favorevole di cui al richiamato paragrafo 7 della comunicazione.

Il Collegio rileva su un piano generale che i programmi di clemenza, noti come leniency programmes, costituiscono un efficace mezzo di destabilizzazione dei "cartelli" tra imprenditori.

Per inquadrare gli stessi, occorre anzitutto soffermarsi sull’equilibrio instabile tra fiducia e sfiducia tra i membri di un cartello.

Infatti, per un verso, per far funzionare in modo efficace e duraturo il pactum sceleris è necessario rafforzare la cooperazione interna ed il collante principale tra le imprese è costituito dalla fiducia reciproca.

Per altro verso, però, la tentazione a tradire la fiducia può essere altrettanto forte per la singola impresa che, ad esempio, praticando riservatamente sconti rispetto ai prezzi concordati con gli altri membri del cartello conquista, a danno degli altri, nuove quote di mercato.

Gli economisti hanno da tempo studiato il fenomeno applicando la teoria dei giochi e hanno analizzato la coesione dei cartelli sotto il profilo degli incentivi e disincentivi a mantenere fede agli impegni.

Le imprese che partecipano ad un cartello, insomma, in un clima di incertezza in ordine ai comportamenti altrui, si trovano di fronte ad una scelta strategica, vale a dire mantenere gli impegni che nel lungo periodo massimizzano l’utile di tutti i membri, confidando che anche gli altri lo facciano, ovvero tradire gli impegni preferendo una logica di massimizzazione del profitto individuale nel breve periodo, sicchè la stabilità di un cartello dipende dal grado di coesione e di fiducia reciproca che si crea tra i suoi partecipanti.

I programmi di clemenza costituiscono un mezzo particolarmente efficace per destabilizzare i cartelli in quanto pongono i componenti di fronte ad un ulteriore dilemma, e cioè restare leali nei confronti degli altri aderenti al cartello allo scopo di ritrarne i vantaggi di lungo periodo, confidando che anche gli altri facciano altrettanto, oppure autodenunciare alla competente autorità la propria adesione guadagnando in cambio l’immunità o la riduzione della sanzione.

Peraltro, poiché i programmi di clemenza prevedono di norma che solo l’impresa che sporge per prima la denuncia possa ottenere l’immunità totale, mentre gli eventuali altri denuncianti possono ottenere solo una riduzione della sanzione, tali incentivi possono scatenare, se e quando la fiducia interna comincia ad incrinarsi, una vera e propria corsa tra le imprese a chi presenta per prima la domanda volta ad ottenere l’immunità.

2.1 Il Collegio rileva, in primo luogo, che le eventuali censure avverso l’applicazione delle norme relative ai programmi di clemenza alle società H., alla quale non è stata imposta la sanzione, P.&.G. e C.P., alle quali sono state applicate riduzioni delle sanzioni, rispettivamente, del 40% e del 50%, sono inammissibili per carenza di interesse in quanto l’impresa sanzionata non potrebbe ritrarre alcuna utilità dall’annullamento dell’atto nella parte in cui lo stesso ha applicato alle imprese cooperanti il beneficio della non imposizione o della riduzione della sanzione.

Diversamente, le censure relative all’applicazione dei programmi di clemenza sono senz’altro ammissibili laddove tendano a dimostrare che la loro illegittimità si è tradotta in un nocumento per l’impresa ricorrente.

In altri termini, le doglianze afferenti alla concreta applicazione dei programmi di clemenza sono ammissibili solo ove, attraverso di esse, l’impresa ricorrente miri a dimostrare un rapporto di causalità diretta tra l’illegittimità dell’azione amministrativa e la lesione della sua posizione giuridica derivante dal provvedimento afflittivo, mentre non sono ammissibili per carenza di interesse laddove, ferma restando la responsabilità della ricorrente accertata nel provvedimento, mirino unicamente a dimostrare l’illegittima applicazione delle misure premiali alle denuncianti.

2.2 La prospettazione dell’inapplicabilità dei programmi di leniency in quanto la fattispecie contestata non sarebbe un’intesa anticoncorrenziale ma un legittimo scambio di informazioni non sensibili non coglie nel segno in quanto l’eventuale insussistenza del "cartello" anticoncorrenziale determinerebbe non tanto l’illegittima applicazione del programma di clemenza, quanto piuttosto l’illegittimità dell’accertamento dell’intesa contenuto nel provvedimento conclusivo del procedimento.

Va peraltro soggiunto che il nucleo complessivo degli addebiti ascritti alle imprese sanzionate, tra cui la ricorrente, è fondato non solo su elementi istruttori acquisiti dalle imprese collaboranti ma anche su elementi acquisiti autonomamente dall’Autorità procedente, sicchè il quadro fattuale sulla cui base è stato adottato il provvedimento è più ampio e non si esaurisce solo nelle dichiarazioni fornite dai leniency applicant.

Ad esempio, un elemento di estremo rilievo, quale la data di avvio dell’illecito (5 aprile 2000), è stata individuata dall’AGCM sulla base di un documento, fornito da altra impresa parte del procedimento, la società M., in risposta ad una richiesta di informazioni, e non dalla dichiarazione degli applicant.

2.3 Le dichiarazioni fornite dalle imprese collaboranti hanno natura non solo eteroaccusatoria, ma anche confessoria, e un possibile tentativo di indurre in errore l’amministrazione procedente potrebbe far dubitare della sincera e completa cooperazione del richiedente e, conseguentemente, potrebbe mettere in pericolo la possibile applicazione del beneficio sicché, come ben evidenziato nella memoria difensiva dell’Avvocatura Generale dello Stato, se nella trattazione delle domande di clemenza è comunque opportuno agire in modo cauto, è sicuramente erroneo presumere la loro scarsa genuinità in quanto l’impresa collaborante ha un interesse diretto a rispettare le regola al fine di ottenere concretamente il beneficio per il quale si è indotta a fornire elementi che, si ribadisce, non sono solo eteroaccusatori, ma sono anche confessori della partecipazione ad un’intesa illecita.

Inoltre, essendo rara l’acquisizione del testo dell’accordo o di una documentazione inequivoca dello stesso, al fine di non vanificare le finalità perseguite dalla normativa di settore, è da ritenere sufficiente e necessaria l’emersione di indizi, purché gravi, precisi e concordanti, circa l’intervento di illecite forme di coordinamento.

In altre parole, è ben difficile che i partecipanti ad un accordo illecito lascino "prove scritte" da cui dedurre in modo certo ed obiettivo l’esistenza ed il funzionamento dell’accordo stesso, per cui non è possibile pretendere che il collaborante il quale confessi l’intesa debba fornire un riscontro probatorio vasto e del tutto corroborante le proprie affermazioni, che verosimilmente non esiste, perché in tal modo si porrebbero nel nulla le possibilità applicative della norma e si vanificherebbe la loro ratio, mentre deve ritenersi sufficiente che alle dichiarazioni si accompagni un qualche elemento documentale idoneo a fungere da indizio preciso e concordante con le dichiarazioni rese e soprattutto, anche in assenza di questi ultimi, deve ritenersi comunque necessario che sia l’Autorità, sulla base della propria articolata istruttoria, a vagliare l’attendibilità delle dichiarazioni.

In sostanza, come già chiarito da questa Sezione con sentenza n. 36126 del 13 dicembre 2010, la veridicità e l’attendibilità delle dichiarazioni non transita attraverso l’imposizione dell’obbligo del collaborante di corroborarne il contenuto con corrispondenti rilievi probatori, mentre, laddove tale evenienza non si verifichi, incombe sull’Autorità procedente l’obbligo di dimostrare in maniera concludente l’esistenza della concertazione, quand’anche attraverso elementi indiziari.

Di talché, la sola dichiarazione del leniency applicant, ove non supportata da concludenti e concordanti elementi di prova non è sufficiente alla dimostrazione dell’intesa restrittiva della libertà di concorrenza, fermo restando che detti elementi di prova non devono essere necessariamente forniti dagli stessi collaboranti, atteso che la loro ricerca fa carico all’Autorità procedente e, anzi, costituisce il proprium dell’attività di indagine rimessa alla stessa.

Peraltro, nel caso di specie, ed a prescindere dal rilievo di tali riscontri ai fini dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale, rilievo che sarà valutato nell’esame delle censure relative all’effettiva sussistenza dell’illecito, il provvedimento dà conto di come le società collaboranti abbiano fornito elementi documentali a supporto delle proprie dichiarazioni.

H. ha denunciato, in data 29 aprile, 26 maggio e 10 giugno 2008 un’intesa complessa posta in essere tra i principali produttori attivi nel settore nazionale dei cosmetici (quali, oltre ad H., U., R.- B., C.P., P & G, S.L., L’O., B. ed il gruppo Bolton/Manitoba) venduti attraverso il canale retail; secondo la ricostruzione fornita da H., l’intesa riguardava tutto il territorio nazionale ed era finalizzata, da un lato, a ridurre il grado di incertezza reciproca di tutti i partecipanti sulle strategie commerciali dei concorrenti e, dall’altro, a coordinare una risalita dei prezzi di rivendita da parte di un particolare distributore nel corso del 2005.

A sostegno delle informazioni, come risulta dal par. 67 del provvedimento, la collaborante ha fornito alcuni documenti e, in particolare, un elenco dei dipendenti delle aziende coinvolte, convocazioni a riunioni del gruppo chimico di Centromarca nel periodo compreso tra il 2005 ed il 2007 (da cui risultano gli indirizzi email di tutti i dipendenti delle aziende coinvolte) e taluni report elaborati da Centromarca dai quali si evince che la tematica delle negoziazioni con la Grande Distribuzione era all’ordine del giorno, al pari dei trend di prezzo e delle dinamiche di mercato.

Nel par. 68 è altresì indicato, in ordine al coordinamento dei produttori di cosmetici in relazione alla generalizzata riduzione dei prezzi da parte di Esselunga nel corso del primo semestre del 2005, che H. ha fornito un report di un dipendente che aveva partecipato al meeting.

Ancora, come emerge dal par. 75, la denunciante, oltre agli elaborati di Centromarca riguardanti l’accettazione o meno dei listini e le trattative contrattuali con la GDO, ha fornito evidenze di convocazioni e report di riunioni del gruppo Chimico dalle quali si evince che gli argomenti all’ordine del giorno fossero le condizioni di sellin, di sellout e i rapporti tra produttori di cosmetici e le catene della GDO.

C., successivamente all’avvio del procedimento, in data 31 luglio 2008, ha denunciato la prassi invalsa nelle riunioni del Gruppo Chimico di Centromarca di procedere ad uno scambio diretto di informazioni riguardante il livello di incremento dei prezzi da comunicare agli operatori della GDO e lo stato delle negoziazioni annuali intercorrenti con questi. Tali condotte – stando a quanto riferito dai rappresentanti di C. – sarebbero state realizzate quantomeno tra il 2002 e l’inizio del 2006. I rappresentanti di C. hanno riferito, tuttavia, di non poter escludere del tutto che il direttore commerciale avesse partecipato ad uno o più incontri anche nel corso del 2001. Le principali imprese partecipanti a tali "giri di tavolo" sarebbero state U., P&G, Reckitt Benckiser, M&R, H., J&J, GSK, L’O.. Rispetto a quanto dichiarato dai rappresentanti di H. precedentemente all’avvio del procedimento, pertanto, le dichiarazioni dei rappresentanti di C. hanno evidenziato, dal punto di vista soggettivo, il coinvolgimento di due ulteriori imprese partecipanti ai giri di tavolo e attive nel settore cosmetico: J. e GSK.

C., come emerge dal par. 77 del provvedimento, ha inoltre evidenziato che Centromarca inviava ad ogni membro del Gruppo Chimico che avesse contribuito alla compilazione dell’Osservatorio sui rapporti IDMGDO una distinta comunicazione "confidenziale" contenente la chiave di decodifica che svelava l’identità di ciascuna catena della GDO citata nel documento in maniera apparentemente anonima.

Contestualmente alle dichiarazioni rese in data 31 luglio 2008, C. ha fornito copia di un Osservatorio sui rapporti con la GDO, risalente al 2001, corredato dalla comunicazione confidenziale di Centromarca che consente di "decodificare" i dati svelando l’identità di ciascuna catena della GDO citata nel documento (parr. 78 e 302).

Successivamente all’avvio del procedimento e alla presentazione della seconda domanda di ammissione al programma di clemenza di C., in data 4 novembre 2008, anche i rappresentanti di P.&.G. hanno denunciato le condotte invalse nel contesto delle riunioni del Gruppo Chimico di Centromarca, dichiarando che i "giri di tavolo" nel corso dei quali i partecipanti si scambiavano informazioni in merito agli aumenti di prezzo programmati ed allo stato delle negoziazioni in essere con la GDO si sono tenuti quantomeno a partire dal 1998 e fino alla fine del 2006.

In una successiva dichiarazione del 3 febbraio 2009, i rappresentanti di P&G hanno indicato quali soggetti partecipanti all’intesa, ulteriori rispetto ai destinatari del provvedimento di avvio di istruttoria, le società B., Manetti&Roberts, GSK, J&J, L.M., M. e P..

Pertanto, rispetto a quanto fosse già noto all’Autorità in data 3 febbraio 2009, i rappresentati di P&G hanno aggiunto, dal punto di vista soggettivo, il coinvolgimento di tre ulteriori imprese partecipanti ai giri di tavolo e attive nel settore cosmetico, vale a dire M. S.p.A., L.M. S.r.l. e P. P. S.p.A., e, dal punto di vista oggettivo, l’apporto dei rappresentanti di P&G è consistito nell’estensione temporale dell’intesa, risalente quantomeno a partire dal 1998.

In relazione alla "questione Esselunga", come risulta dal par. 87 del provvedimento, la documentazione consegnata da P&G mostra che alla riunione del gruppo Chimico del 25 maggio 2005, nel corso della quale furono concordati gli interventi da intraprendere nei confronti dei distributori, finalizzati ad ottenere risalite congiunte dei prezzi di rivendita dei prodotti cosmetici, avrebbero partecipato le società BDF, GSK, J&J, L’O., M&R, M., P., P&G, S.L. e U..

Di conseguenza – ribadito che l’attendibilità delle dichiarazioni rese dal leniency applicant non postula la necessaria produzione di riscontri documentali, essendo la verifica di attendibilità onere dell’Autorità e rimessa alla relativa attività istruttoria, ed a prescindere da ogni valutazione sulla rilevanza delle dichiarazioni e della documentazione fornita ai fini dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale, valutazione che sarà effettuata nell’ambito dell’esame delle censure con cui la ricorrente ha contestato l’effettiva sussistenza di un’intesa orizzontale segreta – non può sussistere dubbio sul fatto che i leniency applicant e, anzitutto, la prima denunciante H., abbiano anche supportato le loro dichiarazioni con taluni significativi riscontri probatori.

2.4 Le dichiarazioni dei leniency applicant, come emerge dal par. 211 del provvedimento, sono state rese dai rappresentanti di H. (legale interno e consulente esterno), nonché dai rappresentanti di C.- P. e P&G (consulenti esterni) e sono basate sulla testimonianza dei rispettivi responsabili commerciali, tutti testimoni diretti delle circostanze esposte, in quanto personalmente partecipanti ai giri di tavolo nell’ambito delle riunioni del gruppo Chimico.

L’assenza della testimonianza resa all’Autorità direttamente dai responsabili commerciali che hanno partecipato ai giri di tavolo non può costituire vizio di legittimità del provvedimento in quanto la possibilità che le dichiarazioni confessorie possano essere rese dai "rappresentanti" dell’impresa è espressamente prevista dal par. 10 della comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell’art. 15 l. 287/1990.

D’altra parte, per quanto riguarda H., la società ha evidenziato nella propria memoria difensiva che tra i soggetti che hanno partecipato alle audizioni dell’Autorità e reso dichiarazioni orali confessorie, figura sistematicamente l’avv. Katrin Steinbuckel, responsabile dell’ufficio legale interno di H., la quale, in quanto dipendente, si identifica con la società stessa.

Né può rinvenirsi la sussistenza di un obbligo per l’amministrazione procedente di convocare in audizione i testimoni diretti dei fatti, atteso che di tale obbligo non vi è traccia nelle fonti normative di settore.

Tra le condizioni per l’accesso al trattamento favorevole, infatti, la richiamata "comunicazione", al punto 7, lett. b), fa presente che l’impresa deve adoperarsi perché i suoi attuali dipendenti, e, nella misura in cui ciò sia possibile, quanti siano stati dipendenti dell’impresa in un periodo precedente, possano, ove necessario, essere ascoltati in audizione dall’Autorità, sicché quest’ultima è titolare di un potere discrezionale nel decidere se ritenere necessario ascoltare direttamente i dipendenti o meno e, nel caso, di specie non può dirsi che tale potere sia stato irragionevolmente esercitato, anche perché non risulta essere pervenuta alcuna contestazione da parte dei diretti interessati di quanto riferito in audizione dai rappresentanti delle imprese.

2.5 Le dichiarazioni rese dai leniency applicant, inoltre, a prescindere dalle fisiologiche differenze che possono sussistere nel dettaglio della ricostruzione dei fatti tra l’uno e l’altro dichiarante, sono tendenzialmente coincidenti nel loro "nucleo forte", per cui anche eventuali incongruenze non possono incidere sul fatto che tutte e tre le imprese hanno evidenziato la sussistenza di un’intesa riguardante il territorio nazionale tra i principali produttori attivi nel settore dei cosmetici venduti attraverso il canale retail.

Le imprese collaboranti, nelle loro dichiarazioni, hanno anche coerentemente evidenziato che lo scambio di informazioni non avveniva sui prezzi delle singole referenze, ma sugli aumenti medi dei listini, contenenti più referenze.

Parimenti oggetto di concorde dichiarazioni è l’esistenza di uno scambio di informazioni nell’ambito del gruppo Chimico di Centromarca e l’indicazione, tra gli episodi di maggiore rilevanza ai fini in questione, della reazione ai prezzi di rivendita adottati da Esselunga nel 2005.

Le valutazioni giuridiche fornite in proposito dai leniency applicant, peraltro, non sono state recepite acriticamente dall’AGCM, la quale ha autonomamente valutato gli elementi istruttori evidenziando, al par. 268 del provvedimento, che la dimostrazione inequivocabile del perseguimento di un unico ed articolato disegno anticoncorrenziale discende: a) dallo scambio di informazioni sensibili nell’ambito delle riunioni del gruppo Chimico di Centromarca; b) dallo scambio di informazioni sensibili al di fuori delle riunioni associative; c) dall’allineamento degli aumenti dei prezzi di listino al di sopra del tasso di inflazione; d) dal coordinamento teso ad arginare le possibili conseguenze derivanti dal comportamento commerciale di Esselunga.

2.6 In definitiva, per tutto quanto esposto, le censure proposte in ordine all’applicazione della normativa sui programmi di clemenza non possono essere condivise.

3. Con riferimento alla doglianza secondo cui il provvedimento non avrebbe controdedotto in merito agli elementi rappresentati da U., è sufficiente rilevare che, sulla base di una consolidata giurisprudenza, l’obbligo di esame delle memorie procedimentali presentate dalle parti non impone un’analitica confutazione su ogni argomento utilizzato, essendo sufficiente un iter motivazionale che renda nella sostanza percepibile la ragione del mancato adeguamento dell’azione amministrativa alle deduzioni difensive sviluppate.

Nel caso di specie, il provvedimento contiene una ponderosa motivazione di tutte le determinazioni adottate, per cui l’assenza di un’analitica confutazione di ogni singola deduzione esposta dalla parte nel corso del procedimento non può essere di per sé sola idonea a determinare il vizio dell’azione amministrativa e la conseguente illegittimità del provvedimento impugnato, fermo restando che quanto esposto dalla parte e non recepito dall’Autorità potrebbe rivelarsi nella sostanza, e non sotto un mero profilo procedimentale, idoneo a dare conto dell’illegittimità del provvedimento finale.

4. Con riferimento alle censure concernenti l’effettiva sussistenza dell’intesa e l’analisi dei relativi effetti, il Collegio – tenuto conto che al par. 130 del provvedimento è indicato che gli aumenti annuali dei prezzi di listino sono stati ricompresi tra il 3% ed il 5% o sono stati sempre superiori al tasso di inflazione – ritiene opportuno acquisire agli atti del processo una dettagliata relazione dell’Autorità procedente, con allegata documentazione, sugli aumenti annuali dei prezzi di listino, in forma aggregata e per singola impresa, relativa a ciascuno degli anni per i quali è stata accertata la durata dell’intesa per ciascuna impresa.

Con riferimento alle censure con cui è stata contestata la quantificazione della sanzione, inoltre, il Collegio – rilevato che, ai sensi del par. 317 del provvedimento, per calcolare l’importo base della sanzione è stato preso a riferimento il valore delle vendite dei beni a cui l’infrazione si riferisce, ossia il fatturato realizzato dalle parti in I. nel settore dei prodotti cosmetici nell’ultimo anno in cui è avvenuta l’infrazione, e cioè il 2007, e che tali dati, come evidenziato dall’Avvocatura Generale dello Stato nella propria memoria difensiva, non sono stati espressamente indicati nel provvedimento in quanto oggetto di apposita istanza di riservatezza – ritiene opportuno acquisire agli atti del processo una dettagliata relazione dell’Autorità procedente indicante il valore delle vendite dei beni realizzato da ciascuna impresa utilizzato, tenuto conto degli Orientamenti per il calcolo delle ammende, per calcolare l’importo base della sanzione nonché l’ammontare del fatturato realizzato da ciascuna impresa nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida, in riferimento al quale, ai sensi dell’art. 15 l. 287/1990, sono determinate le sanzioni amministrative pecuniarie.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

riservata al definitivo ogni ulteriore pronuncia in rito, in merito e sulle spese, così provvede:

respinge in parte qua il ricorso in epigrafe;

ordina al Presidente pro tempore dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di depositare la documentazione di cui in motivazione (dettagliata relazione dell’Autorità procedente, con allegata documentazione, sugli aumenti annuali dei prezzi di listino, in forma aggregata e per singola impresa, in relazione a ciascuno degli anni per i quali è stata accertata la durata dell’intesa per ogni singola impresa; dettagliata relazione dell’Autorità procedente indicante il valore delle vendite dei beni realizzato da ciascuna impresa, utilizzato per calcolare l’importo base della sanzione, nonché l’ammontare del fatturato realizzato da ciascuna impresa nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida) presso la Segreteria della Sezione entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o la notificazione, se anteriore, della presente sentenza non definitiva.

Fissa per il prosieguo l’udienza pubblica del 22 febbraio 2012.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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