Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-03-2012, n. 5146

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- R.G. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni per sentirlo condannare al pagamento degli onorar relativamente agli incarichi professionali conferiti all’istante congiuntamente all’arch.

M..

L’attore, premesso che negli anni 1973-1977 aveva lavorato insieme ad altri professionisti alla progettazione del Nuovo Centro Intercompartimentale Telefonico per conto del predetto Ministero, esponeva che: aveva ricevuto, unitamente all’arch. M., l’incarico della collaborazione artistica dei predetti lavori i quali peraltro vennero sospesi subito dopo l’inizio;

quindi, nel 1981 ebbe l’incarico – con convenzione perfezionata il 23 dicembre 1983 – relativo alla redazione di elaborati tecnici al fine di ottenere la concessione edilizia per la costruzione del complesso per i servizi di telecomunicazione di Cagliari;

con lettera del 16 novembre 1990 il Ministero aveva comunicato la risoluzione dell’incarico sul rilievo che non si sarebbero verificate le condizioni strumentali per conseguire i risultati perseguiti con il disciplinare di incarico;

l’istante, in considerazione del proficuo svolgimento dei lavori conseguente all’approvazione della variante di progetto redatta dal medesimo, aveva contestato la risoluzione dell’incarico.

Si costituiva il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, chiedendo il rigetto della domanda.

Con sentenza n. 30 del 2003 il Tribunale condannava la Poste Italiane s.p.a. – quale successore del Ministero – al pagamento della somma liquidata in Euro 1.088.320,00 oltre alle spese di giudizio.

Con sentenza dep. il primo settembre 2009 la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della decisione impugnata dalla Poste Italiane s.p.a., condannava quest’ultima al pagamento della minor somma di Euro 544.161,79 a favore di R.M., R.L., N.G., G.F., C. V. ed C.E. subentrati iure hereditatis al R..

Per quel che interessa nella presente sede, i Giudici disattendevano il motivo di gravame, con il quale l’appellante aveva dedotto di essere un soggetto processuale del tutto diverso rispetto a quello evocato in giudizio dall’attore e rimasto estraneo al rapporto processuale: la sentenza riteneva che la Poste Italiane s.p.a. è il successore a titolo particolare del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni ai sensi del D.L. n. 487 del 1993, art. 6, per cui il giudizio doveva proseguire, ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ., fra le parti originarie, essendo irrilevante che il complesso edilizio in oggetto non fosse stato trasferito alla Poste Italiane s.p.a. mentre era decisivo che il contratto de quo era intercorso fra l’attore e il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni ed era proseguito con il predetto Ente. I Giudici, quindi, ritenevano che con la nota del 16 novembre 1990 il Ministero aveva inteso recedere unilateralmente dal contratto ai sensi dell’art. 2237 cod. civ., quando l’opera svolta era stata completata con cura tant’è vero che la variante al progetto presentata al Comune era stata approvata.

Peraltro, veniva ridotto il compenso dovuto all’attore per l’opera effettuata, sul rilievo che la metà del relativo importo spettava all’altro professionista che aveva svolto l’attività unitamente all’arch. R..

2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la Poste Italiane s.p.a. sulla base di tre motivi.

Resistono con separati controricorsi proponendo ricorsi incidentali, da un lato, R.M., R.L., N. G. e F.G. sulla base di quattro motivi, e, dall’altro, C.V. ed C.E. in base a due motivi.

La Poste Italiane s.p.a. ha proposto controricorso ai ricorsi incidentali.

I resistenti hanno depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

RICORSO PRINCIPALE. 1.1. – Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione della L. n. 249 del 1997, art. 2, del Decreto n. 487 del 1993, artt. 1 e 2 e della L. n. 58 del 1992, artt. 1 e 3 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la decisione gravata che aveva ritenuto essa ricorrente soggetto legittimato, mentre invece tale doveva considerarsi la Telecom, già IRITEL, che era subentrata all’Azienda di Stato per i Servizi Telefonici; in ogni caso, ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ., secondo cui il processo prosegue fra le parti originarie, la sentenza di condanna doveva essere emessa nei confronti del Ministero PP.TT. 1.2.- Il motivo va accolto nei limiti di quanto si dirà.

Occorre considerare che, ai sensi del D.L. n. 487 del 1993, art. 6, la Poste Italiane s.p.a. è subentrata al Ministero PP.TT nel contratto di opera professionale intercorso con l’attore in virtù della successione a titolo particolare relativa ai rapporti indicati nella citata norma, essendo stata correttamente evidenziata dalla sentenza impugnata l’irrilevanza del soggetto proprietario del complesso edilizio in relazione al quale era effettuata l’attività professionale.

Orbene, ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ., il trasferimento a titolo particolare nel diritto controverso, da luogo ad una sostituzione processuale del dante causa, tanto che la sentenza spiega piena efficacia nei confronti dell’avente causa sostituito, pur se sia pronunziata senza la sua partecipazione al giudizio: con il trasferimento a titolo particolare operato in corso di causa viene a scindersi la titolarità del diritto controverso dalla titolarità dell’azione processuale (dal lato attivo o dal lato passivo); anche se soggetto titolare del rapporto dedotto in giudizio è il successore a titolo particolare, il giudizio prosegue fra le parti originarie e la sentenza, emessa nei confronti del dante causa, produce effetti nei confronti dell’avente causa, il quale peraltro può intervenire in giudizio ed è legittimato a impugnare la decisione.

Il dante causa è litisconsorte necessario nel giudizio di impugnazione, a meno che non sia disposta la sua estromissione previo il necessario consenso delle parti: pertanto, nel caso in cui l’appello non sia stato notificato all’alienante non estromesso e il giudice non abbia disposto l’integrazione del contraddittorio ex art. 331 cod. proc. civ., d’ufficio deve essere rilevata la non integrità del contraddittorio e va disposta la rimessione della causa al giudice per l’eliminazione del vizio (Cass. 1535/2010).

Nella specie: a) la sentenza di primo grado di condanna è stata emessa nei confronti del successore a titolo particolare, la Poste Italiane s.p.a. (che non era stato parte di quel giudizio), mentre la parte evocata in giudizio era stato il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni; b) il giudizio di appello è stato promosso dalla Poste Italiane s.p.a. – che era, come si è detto, legittimata a impugnare ma sì è svolto senza la necessaria partecipazione del Ministero che, pur non essendo stato estromesso, non risulta evocato nel giudizio di gravame: d’altra parte, la mancata partecipazione del Ministero neppure potrebbe configurare una tacita estromissione dal giudizio, tanto più in considerazione dei motivi dedotti con l’appello proposto dalla s.p.a. Poste Italiane, attesa la posizione conflittuale assunta da quest’ultima nei confronti del Ministero medesimo.

Pertanto, va dichiarata la nullità del giudizio di appello e della relativa sentenza: di conseguenza, sono assorbiti gli altri motivi del ricorso principale nonchè i ricorsi incidentali.

La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso principale per quanto in motivazione, assorbiti gli altri motivi del ricorso principale nonchè i ricorsi incidentali cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia,anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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