Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-09-2011) 18-10-2011, n. 37735

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 21 dicembre 2010 e depositata il 28 dicembre 2010, la Corte di assise di appello di Catania, in funzione di giudice della esecuzione, revocata – in parziale accoglimento della opposizione proposta dal condannato Z.M. – la confisca dell’immobile, intestato alla moglie dell’opponente A.G., sito in (OMISSIS), ha confermato, nel resto, la misura ablatoria, adottata ai sensi del D.L. 8 giugno 1992, art. 12-sexies, convertito nella L. 7 agosto 1992, n. 356, a carico dell’opponente e dei familiari di lui, fittizi intestatari (la succitata consorte, i figli, Z.F. e Z.R., e la nuora R.F.A.), di aziende, veicoli e depositi bancari e postali, giusta provvedimenti emessi il 9 ottobre 2009, il 18 novembre 2009, il 23 marzo 2010 e il 21 aprile 2010.

La Corte territoriale – per quanto qui rileva – ha motivato: il titolo dei reati, per i quali l’opponente – in espiazione della pena dell’ergastolo – ha riportato condanna, consente la confisca; ai fini della adozione della misura non è necessaria la positiva dimostrazione della derivazione dell’acquisto dei beni dalla perpetrazione delle attività delittuose ovvero dai profitti ricavati dalla medesime; è, bensì, sufficiente che il condannato non sia in grado di giustificare la (legittima) provenienza dei cespiti; e, nella specie, laddove è fuori discussione e affatto pacifica la interposizione dei familiari intestatari, lo Z. non ha fornito (salvo che per l’immobile di via (OMISSIS)) la prova liberatoria, atta a vincere la presunzione di legge; in proposito, in relazione all’assunto dell’opponente, sulla base della consulenza redatta dal commercialista, dott. I.S., circa l’impiego di lecite risorse dei ridetti familiari, è stata espletata accurata perizia, la quale ha analizzato per l’arco di diciassette anni l’accumulazione patrimoniale del condannato e dei familiari; non merita accoglimento la richiesta dell’opponente, tardivamente formulata il 21 luglio 2010 e ribadita nella conclusioni finali, di estensione della indagine al patrimonio della madre, T. S.; difetta qualsiasi elemento che comprovi il nuovo assunto del condannato di pretesi finanziamenti e sovvenzioni ricevuti dalla genitrice; conclusivamente, la considerazione delle risorse familiari di lecita provenienza, tenuto conto della esigenze di mantenimento e del tenore di vita elevato, non giustifica l’accumulazione e impone la conferma della confisca.

2. – Ricorre per cassazione il condannato, col ministero dei difensori di fiducia, avvocati Giuseppe Rapisarda e Maria Loreta Rao, mediante atto recante la data del 3 febbraio 2001, col quale sviluppa due motivi, dichiarando promiscuamente di denunziare, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione al D.L. 8 giugno 1992, art. 12-sexies, convertito nella L. 7 agosto 1992, n. 356 (primo e secondo motivo) e in relazione agli artt. 666 e 649 c.p.p., L. 27 dicembre 1956, n. 1423, artt. 1 e 2 (primo motivo), nonchè, con entrambi i mezzi, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

2.1 – Con il primo motivo i difensori, previo richiamo di alcune massime di legittimità, deducono: la confisca è stata disposta de plano, senza previa instaurazione del contraddittorio; la mancanza di "redditi ufficiali" di Z. "non esclude tout court" la liceità degli acquisti dei familiari; la Corte territoriale ha preteso dall’opponente la "totale inversione dell’onere probatorio"; alla stregua della consulenza del dott. I. l’opponente ha dato conto della legittima provenienza della risorse investite nell’acquisto della quota della società in accomandita Mangia e Bevi di Filippo Zuccaro e soci, costituite dal finanziamento erogato alla A. dalla Compagnia Meridionale Caffè s.p.a.; "gran parte dei beni confiscati" sono stati acquistati mediante strumenti finanziari "con la formula del leasing"; per quanto riguarda la impresa commerciale, esercente il bar ubicato in (OMISSIS), n. 343, il Tribunale di Catania, in funzione di giudice delle misure di prevenzione, con decreto 23 febbraio 1996, di applicazione al ricorrente della sorveglianza speciale della Pubblica Sicurezza, ha respinto la richiesta di confisca e disposto la restituzione della azienda, avendo accertato che l’esercizio commerciale era stato acquistato "con l’utilizzo di capitali di lecita provenienza"; sicchè opera la preclusione del succitato accertamento.

2.2 – Con il secondo motivo i difensori, reiterando la censura circa la supposta violazione del criterio di distribuzione dell’onere della prova, si dolgono della reiezione della richiesta difensiva, formulata "per la prima volta" alla udienza camerale del 21 luglio 2010 di estensione della indagine peritale alla situazione patrimoniale dei genitori del condannato, in relazione alla giustificazione contestualmente offerta che le risorse investite per l’acquisto dei beni confiscati derivavano da sovvenzioni e tenuto conto che fino al 1993 lo Z. aveva svolto "attività lavorativa documentata". 3. – Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte suprema, con requisitoria del 17 maggio 2011, rileva: le richieste istruttorie del condannato furono tardive e inammissibili; trova infatti applicazione il principio in ordine alla prova contraria intempestivamente dedotta nel corso del dibattimento; nel merito il ricorrente non contesta la inadeguatezza dei redditi, personale e familiare, ai fini della provvista dei beni confiscati; priva di pregio è la prospettazione del reperimento delle risorse mediante prestiti o mutui; tali forme di finanziamento, comportano il fatto, l’obbligo della restituzione e il pagamento dei corrispettivi al finanziatore.

4. – Mediante motivi nuovi, sottoscritti dal difensore, avvocato Armando Veneto, depositati il 15 settembre 2011, il ricorrente censura la omessa considerazione "delle poste attive accumulate negli anni precedenti" e degli "apporti parentali". 5. – Con memoria, depositata il 26 settembre 2011, il prefato difensore stigmatizza la condotta del perito; sostiene che la richiesta di ulteriori indagini peritali fu tempestivamente formulata, nel luglio 2010; censura il travisamento di "dato probatorio rilevante (accertamenti economici sulla famiglia Z. – T. onde individuare flussi di denaro e valori transitati verso la famiglia del ricorrente)"; nega che l’accusa abbia adempiuto l’onere probatorio; deduce: la Corte territoriale non ha osservato i "principi di cui all’art. 192 c.p.p."; gli intestatari dei beni sono i reali proprietari; i giudici hanno presunto la fittizia intestazione; ma non hanno dimostrato nè la interposizione, nè la sproporzione tra il valore dei beni e i redditi dei congiunti.

6. – Il ricorso è fondato, nei termini che seguono, limitatamente alla confisca della impresa commerciale, esercente il bar ubicato in (OMISSIS).

In ordine al capo relativo la ordinanza impugnata è inficiata dal vizio della motivazione.

La Corte territoriale, infatti, non ha dato conto delle nuove evidenze ritenute idonee a vincere la preclusione, costituita dal provvedimento del giudice delle misure di prevenzione, favorevole al condannato.

Conseguono l’annullamento del provvedimento in parte de qua e il rinvio per nuovo esame sul capo relativo alla Corte di assise di appello di Catania.

7. – Pel resto il ricorso è infondato.

7.1 – Deve premettersi che nè i motivi nuovi, nè la memoria devono essere presi in considerazione, in quanto intempestivamente depositati, senza la osservanza dei relativi termini dilatori, ai sensi dell’art. 585 c.p.p. (i motivi nuovi) e dell’art. 611 c.p.p. (la memoria).

7.2 – Non ricorre il vizio della violazione di legge:

– nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);

– nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il giudice della esecuzione esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, nè, oltretutto, opponendo il ricorrente alcuna alternativa interpretazione a quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato.

7.3 – Neppure è dato apprezzare vizio alcuno della motivazione.

Privi di pregio sono i riferimenti del ricorrente al ricorso agli strumenti di finanziamento e al responso del consulente.

Come esattamente osservato dal Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, la prospettazione della mera assunzione del "debito finanziario" lascia insoddisfatto l’onere (conseguente) della giustificazione della legittima provenienza delle risorse necessarie per la corresponsione delle competenze, dovute al finanziatore, e per la finale restituzione della erogazione.

Laddove, in seguito alla produzione della consulenza difensiva, il giudice della esecuzione ha disposto perizia, fondando, quindi, sul responso peritale la decisione, il richiamo della deduzioni del proprio consulente, operato dal ricorrente, non soddisfa il requisito della specificità dei motivi di impugnazione in carenza della confutazione delle correlate conclusioni peritali.

Invero il giudice a quo – anche in ordine alla reiezione delle tardive richieste istruttorie dell’opponente e la negativa valutazione della correlata prospettazione di sovvenzioni da parte dei genitori – ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità.

Mentre le deduzioni, le doglianze e i rilievi residui espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di fina della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili ai termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 7.4 – Consegue il rigetto del ricorso nel resto.

P.Q.M.

Annulla la ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di assise di appello di Catania, limitatamente alla disposta confisca della impresa commerciale, esercente il bar ubicato in (OMISSIS).

Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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